[Rete Ambientalista] Come il Po è diventato il fiume più contaminato d’Europa

Rassegna del 08/05/2023

 

Partendo da Spinetta Marengo, come il Po è diventato il fiume più contaminato d’Europa

  • Sono le ore 7 di un mattino estivo e nel parcheggio dell’Istituto sulle Acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Brugherio i ricercatori Sara Valsecchi e Stefano Polesello caricano due auto per una nuova missione. Destinazione: Piemonte. Una Panda bianca parte alla volta del fiume Po per raccogliere le acque che arrivano nel mar Adriatico, mentre in una Renault Kangoo verde, Valsecchi e Polesello si dirigono verso Alessandria dove i fiumi Bormida e Tanaro confluiscono nel Po. “Il cC6O4 ormai qui è ovunque, lo troviamo nelle uova degli uccelli selvatici che abitano sul Bormida, ma anche nei terreni agricoli vicino allo stabilimento di Solvay”, spiega Valsecchi mentre etichetta le provette di acqua raccolta dallo scarico. Clicca qui il video e leggi:
  • Cosa sono i Pfas
  • La contaminazione Pfas in Italia
  • I Pfas e la salute
  • I processi per inquinamento ambientale
  • I Pfas nel cibo
  • Le possibili soluzioni 

La lettura dura 29 minuti ed è importante e abbastanza completa. Ci permettiamo di integrare l’informazione,

Ci permettiamo di integrare l’informazione, sottolineando che, nel 2009, è il primo di una serie di esposti a firma di Lino Balza alla Procura della Repubblica di Alessandria che ha denunciato la presenza nel sangue dei lavoratori Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria) di PFOA, ADV e cC6O4. E abbiamo individuato con un video lo scarico Solvay in Bormida. In pari data, abbiamo condotto una campagna nazionale per la messa al bando dei PFAS, denunciando anche ai massimi livelli sanitari la presenza del veleno nel sangue dei lavoratori, a loro volta addirittura donatori di sangue. Il libro “Ambiente Delitto Perfetto” e il Sito del Movimento di lotta per la salute Maccacaro ne parlano diffusamente.

Dunque, come dimostrato dalla nostra denuncia del 2009, malgrado la denuncia il cC6O4, brevettato nel 2011, è stato prodotto senza autorizzazione fino al 2020: un decennio in cui Solvay arriva a produrne 40 tonnellate l’anno. Alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie, dunque, hanno mentito il direttore dello stabilimento Andrea Diotto e Claudio Coffano responsabile delle autorizzazioni ambientali della Provincia di Alessandria.

Infine, in Italia nella scorsa legislatura è già stato presentato in Senato da Mattia Crucioli un Disegno di Legge che vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

Il dossier “Pfas. Basta!”, di oltre 400 pagine, è disponibile per chi ne fa richiesta.

Solvay a testa bassa per far fallire il piano europeo di bando ai PFAS.

Il piano europeo ideato con il fine di vietare le sostanze chimiche dannose sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) – una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un loro rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto. Nell’aprile 2022, infatti, la Commissione europea aveva annunciato di voler sostanzialmente vietare numerose sostanze chimiche nocive presenti nei prodotti di largo consumo, pubblicando una tabella di marcia da cui emergeva che in un tempo relativamente breve migliaia di esse, a cominciare dai PFAS, dovrebbero appunto essere messe al bando. Purtroppo i progressi fatti nel corso di un anno si dimostrano ben poco rassicuranti.

Solvay non ha interrotto le produzioni di Spinetta Marengo, il sindaco di Alessandria non ha emesso ordinanza di fermata degli impianti.

Valsusa: 30 milioni di euro per militarizzare il cantiere TAV.

Continua il processo nei confronti degli attivisti del centro sociale torinese Askatasuna, particolarmente attivo nelle proteste contro il Tav. Susa. L’anno scorso la Procura di Torino li ha accusati di formare un’associazione a delinquere; nelle varie udienze del processo, si sono aggiunti dettagli alla spesa che lo Stato italiano sostiene ogni giorno per proteggere i siti preparatori della TAV da contestazioni. In Aula è emerso che, durante il processo di militarizzazione del territorio, sono stati spesi negli ultimi 10 anni circa 30 milioni di euro in filo spinato, jersey di cemento e barriere alte 5 metri sparse tra i boschi, elementi che hanno rovinato il volto naturale dell’area, come raccontato da Nicoletta Dosio: clicca qui articolo . Un’altra spesa collaterale riguarda l’autoporto di San Didero: l’area è stata delimitata da recinzioni e filo spinato, sorvegliata giorno e notte da decine di carabinieri e poliziotti, per un costo totale di oltre 5 milioni di euro; un’area fantasma, con i lavori bloccati da problemi vari nell’assegnazione dell’appalto.

In un’altra udienza, lo Stato ha chiesto un risarcimento per la prolungata esposizione dei poliziotti ai gas lacrimogeni utilizzati per sedare le proteste dei manifestanti. Un risarcimento che nasconde l’ammissione della pericolosità e tossicità dei gas lacrimogeni, classificati come armi chimiche.

Siamo venuti già picchiati.

Primo maggio a Torino: ecco perché non hanno manganellato i No Tav.

Misure urgenti contro l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico.

Le Società medico-scientifiche e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) sostengono l’appello. L’istanza è stata sottoscritta in occasione delle Giornate Italiane Mediche per l’Ambiente (GIMA) ed è promossa dall’ Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) Italia e dell’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) Leggi qui l’appello completo

Torino: nasce “Resistenza Verde”.

In occasione della Giornata mondiale della Terra, centinaia di persone hanno pedalato per le strade di Torino al grido di “Fermate il consumo di suolo nella nostra città”, toccando alcuni dei luoghi interessati da progetti che, da diversi mesi, sono oggetto di vibranti contestazioni da parte dei cittadini. “In Bici contro il cemento e il greenwashing” è stata la prima iniziativa organizzata dalla rete “RESISTENZA VERDE TORINO”, coordinamento dei comitati costituitosi da poche settimane. LEGGI L’ARTICOLO >

“LA TERRA CHE CURA. Coltivare campi e relazioni”.

Il corso promuove un cambiamento culturale ponendo al centro l’importanza dei semi, la cura del suolo, dei modelli di allevamento, della biodiversità, del legame che unisce le coltivazioni alla promozione del valore della terra in termini di universalità.  Clicca qui il programma.

Un ultimo allarme sulla nuova diga di Genova.

L’esperto consulente e professore universitario di Pianificazione Portuale, Nicola Capuzzo,  muove diverse contestazioni all’opera per come è stata concepita e propone un’ipotesi alternatva meno costosa e più rapida da realizzare. Clicca qui.

Il rigassificatore incombe su Ravenna.

Ravenna non ha ancora elaborato il lutto delle “vecchie” nocività industriali  che hanno violentato il territorio negli ultimi 50 anni che, ecco, vengono “regalati” dai decisori politici, subalterni al potere economico, ulteriori gravi rischi, clicca qui Rete Nazionale Lavoro  SicuroAEA- associazione esposti amianto e rischi per la salute.

Fermiamo l’escalation della follia. Ti invitiamo a marciare per la pace da Perugia ad Assisi. Per aderire clicca sul titolo.

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Sito: www.rete-ambientalista.it

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