Amnesty International: “Pena di morte: una punizione da consegnare alla storia”

Amnesty International – 18/05/2023

Pena di morte: una punizione da consegnare alla storia – Amnesty International Italia

 

La pena di morte è una punizione crudele, disumana e degradante che ormai la maggior parte degli stati del mondo ha consegnato alla storia.

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LA PENA DI MORTE NEL 2022
Il numero delle esecuzioni registrate nel 2022 è il più alto da cinque anni, a causa dell’aumento delle condanne a morte eseguite nell’area Medio Oriente – Africa del Nord. Nel mondo, 20 stati hanno eseguito condanne a morte, mentre il numero delle condanne alla pena capitale è rimasto sostanzialmente invariato: 2016 rispetto alle 2052 del 2021. Sono riprese le esecuzioni in cinque stati: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore. Abbiamo assistito anche a un’impennata degli stati abolizionisti.

883 esecuzioni, record dal 2017
81 esecuzioni in un solo giorno in Arabia Saudita
20 stati hanno eseguito condanne a morte
6 stati hanno abolito del tutto o parzialmente la pena di morte

DOVE È ANCORA IN VIGORE LA PENA DI MORTE?
La pena di morte è stata abolita in più della metà degli stati del mondo: 112 stati sono totalmente abolizionisti, 23 stati sono considerati abolizionisti di fatto perché non eseguono condanne a morte da almeno 10 anni o hanno assunto l’impegno a livello internazionale a non ricorrere alla pena capitale; altri nove stati hanno cancellato la pena di morte per i reati ordinari. In totale, dunque, 144 stati hanno abolito la pena di morte nella legge o nella prassi; 55 stati la mantengono in vigore, ma quelli che eseguono condanne a morte sono un terzo.

QUALI SONO GLI STATI DOVE SONO AVVENUTE PIÙ ESECUZIONI?
Il 90 per cento delle esecuzioni registrate ha avuto luogo in soli tre paesi del Medio Oriente e Africa del Nord: in Iran sono salite da 314 nel 2021 a 576 nel 2022; in Arabia Saudita sono triplicate, da 65 nel 2021 a 196 nel 2022, il più alto numero registrato da Amnesty International in 30 anni; e in Egitto, dove sono state messi a morte 24 prigionieri. Il dato non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina.

Decine di persone, tra cui tre minorenni, rischiano l’esecuzione in relazione alle proteste in corso in Iran. Le autorità iraniane usano la pena di morte come mezzo di repressione politica per instillare la paura tra i manifestanti e mettere fine alle proteste.

L’8 dicembre scorso, le autorità hanno messo a morte il manifestante Mohsen Shekari, dopo averlo condannato in un processo gravemente iniquo con l’accusa di “inimicizia contro Dio” meno di tre mesi dopo il suo arresto.

Il 12 dicembre, le autorità hanno messo a morte pubblicamente un altro giovane manifestante, Majidreza Rahanvard, a Mashahd, provincia di Khorasan-e Razavi, dopo averlo condannato per “inimicizia contro Dio” in un processo gravemente iniquo. Da allora, altri manifestanti sono stati messi a morte per reati collegati alle proteste dopo essere stati sottoposti a processi iniqui. Secondo fonti ben informate, numerosi imputati sono stati torturati e le loro confessioni, estorte con la tortura, sono state usate come prove nel corso dei processi. Le TV di stato hanno mandato in onda le ”confessioni” forzate di almeno nove imputati, prima dei loro processi.

Il timore di imminenti esecuzioni è accresciuto dalle richieste da parte del parlamento e di altre istituzioni di avere processi rapidi ed esecuzioni pubbliche.

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Il Rapporto 2022-’23
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