Rassegna del 01/06/2023
Piero Pagliani: “Guerra e Rivoluzione” di Carlo Formenti. Appunti di lettura
“Guerra e Rivoluzione” di Carlo Formenti. Appunti di lettura
di Piero Pagliani
1. Nel panorama delle analisi italiane sulla guerra si devono segnalare il volume di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli, “La guerra capitalista” (Mimesis), quello di Raffaele Sciortino, “Stati Uniti e Cina allo scontro globale” (Asterios) e infine quello di Carlo Formenti, in due volumi, “Guerra e rivoluzione”.
In estrema sintesi l’analisi di Brancaccio, Giammetti e Lucarelli ci presenta un conflitto inquadrabile come uno scontro interimperialistico tra i debitori in declino e i creditori in ascesa, mosso dalla tendenza ineliminabile del capitalismo alla concentrazione.
Considerare, come fanno gli autori, anche il cosiddetto “socialismo di mercato con caratteristiche cinesi” come un tipo nuovo di imperialismo ha suscitato critiche e perplessità, a mio avviso legittime, tra cui quelle, pur differenti, di Sciortino e Formenti.
L’interpretazione di Brancaccio e coautori si colloca nella scia di una lettura “classico marxista” della realtà economica e sociale e anche, si potrebbe dire, “classico leninista”, dove con “classico” intendo un approccio logico che seppur ben fondato su poderose categorie fatica ad adeguarsi ai processi storici e quindi è in difficoltà a cogliere lo snodo politico della crisi.
È utile capire la natura di questo tipo di errore.
Lo scorso ottobre in un articolo apparso su Sinistrainrete (“La caduta. Lineamenti e prospettive del prossimo futuro”) ho presentato il conflitto globale in corso, di cui l’Operazione Militare Speciale in Ucraina è la parte ad oggi più drammatica – ma l’attacco proxy e a volte diretto degli Usa alla Siria non è stato meno drammatico – come un contrasto tra due “modi di essere” nello spazio economico globale:
Stefano Lucarelli: Diario della crisi – Dalla gestione della crisi al sistema di guerra
Diario della crisi – Dalla gestione della crisi al sistema di guerra
di Stefano Lucarelli
In questa decima puntata del Diario della crisi – progetto nato dalla collaborazione tra Effimera, Machina-DeriveApprodi ed El Salto – Stefano Lucarelli riflette sull’inopportuno susseguirsi di crisi che, spiazzando ed eliminando le cause e dunque le possibilità d’intervenire sulle conseguenze di quelle precedenti, fanno sì che gli effetti di queste ultime si accumulino e si articolino con quelli delle prime in modo sempre più intrattabile. L’economia dell’attenzione è quindi legata alla formazione di un potere politico sempre più autoritario, che ci invita a pagare il «prezzo della libertà» (Josep Borrel) e ad accettare la creazione di circuiti economici definiti in termini strettamente geopolitici (friend-shoring) legati all’opzione della guerra come orizzonte normalizzato. Le politiche economiche, monetarie e fiscali sono di conseguenza concepite dalle attuali classi dirigenti secondo questi parametri reazionari, con assoluta indipendenza dai loro effetti nocivi sulle classi lavoratrici e povere. Nel frattempo, l’Unione Europea segue docilmente il disegno delle classi dominanti egemoniche globali, imprigionata nella propria impotenza nazionalista.
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1. Esistono dei collegamenti fra la Pandemia e il nuovo scenario militare ̶ uno scenario in cui la guerra appare sempre più vicina all’Europa, e diviene una parte via via più rilevante dell’insieme informativo che condiziona le scelte politiche, ma anche le scelte di chi subisce le politiche?
Non si tratta di una domanda oziosa se in ballo c’è la comprensione del fenomeno della crisi. Redigere un diario della crisi significa innanzitutto non arrendersi alla logica degli shock esogeni, gli eventi del tutto inattesi che non dipendono dalla responsabilità di nessuno. A tal riguardo appare molto interessante l’editoriale che Kamran Abbasi, editor in chief del British Medical Journal ha redatto il 16 Marzo 2022.
Fabrizio Poggi: F-16 a Kiev: considerazioni tecnico-tattiche russe
F-16 a Kiev: considerazioni tecnico-tattiche russe
di Fabrizio Poggi
Sull’edizione di RT in lingua tedesca, Anastasija Prikazcikova ricorda come appena un anno fa la coalizione occidentale avesse condotto difficili negoziati, anche se per pura ipocrisia, sulla fornitura di armi letali a Kiev e infatti, fino a un certo punto, gli invii hanno riguardato (quantomeno ufficialmente) mezzi non letali, come medicinali, giubbotti antiproiettile, ottiche e veicoli di supporto. Poi il vento è cambiato: sono arrivati missili antiaerei, carri armati, mezzi anticarro, ecc. Ora, al G7 di Hiroshima, «gli Stati Uniti e le loro sei marionette hanno deciso di consegnare all’Ucraina aerei da combattimento F-16».
La cosa, non potrebbe essere altrimenti, preoccupa Mosca, anche se vari esperti militari, mettono in luce diversi problemi legati all’impiego vero e proprio di tali velivoli in Ucraina.
Ancora il 16 maggio scorso, la russa Vzgljad aveva pubblicato un servizio all’interno del quale alcuni specialisti cercavano di spiegare come mai i paesi NATO «non inviassero all’Ucraina i caccia F-16», motivando la decisione con il timore USA di «rovinare l’immagine» di quei velivoli, se avessero dovuto affrontare i Su-30 o MiG-35 russi. Perché, la guerra è guerra, ma gli aerei devono essere venduti e non possono fare figure cacine.
Claudio Conti: Germania in recessione, poi toccherà a tutta l’Europa
Germania in recessione, poi toccherà a tutta l’Europa
di Claudio Conti
I nodi stanno arrivando al pettine. E se qualcuno credeva davvero che la crisi avrebbe colpito la Russia in modo fatale, adesso deve prendere atto che è l’Europa a entrare in recessione.
Quasi tutti i paesi del Vecchio Continente sono alle prese con una crescita minima o nulla. Ma se il motore economico – la Germania – entra ufficialmente in “recessione tecnica” allora bisogna necessariamente prevedere che l’identica sorte sarà ben presto comune a molti altri (e soprattutto ai “contoterzisti” dell’industria tedesca, come l’Italia e i paesi dell’Est).
L’istituto federale di statistica, Destatis, ha comunicato stamattina che nel primo trimestre di quest’anno il Pil di Berlino è sceso dello 0,3%. Sembra poco, in fondo, ma si somma al -0,5% del quarto trimestre del 2022, e questo basta per identificare questa fase come recessione.
Per comprenderne davvero l’importanza, però, bisogna tener conto del fatto che l’inverno è stato particolarmente “tiepido”, consentendo così forti risparmi nei consumi di gas proprio nel periodo in cui i prezzi erano schizzati a livelli insostenibili. Altrimenti l’andamento del Pil sarebbe stato certamente molto peggiore.
Fernanda Mazzoli: La vendetta dei fatti
La vendetta dei fatti
di Fernanda Mazzoli
Si dice che i fatti parlano da soli e mai come in questo caso il luogo comune si dimostra fondato; tuttavia, in un’epoca in cui il mainstream con uno spericolato gioco di specchi tende a confondere la realtà con una sua narrazione di comodo, non parlano mai abbastanza. Inoltre, l’incessante catena di produzione delle informazioni tende, qualora consistenza e crudezza dei fatti stessi arrivassero a perforare il muro della menzogna, del silenzio e dell’indifferenza, a smussarne le punte più fastidiose, ad annegarli nel flusso indistinto delle notizie macinate quotidianamente dall’industria mediatica e destinati dal premere dei successivi ad essere risucchiati nelle paludi dell’oblio. Al massimo, possono contare su qualche giorno di celebrità, se con l’apposito sostegno di immagini spaventose o strappalacrime riescono a scatenare tempeste emotive nel pubblico, atte ad aumentare indici di ascolto o vendite; oppure, possono essere promossi alla ribalta per periodi più lunghi (un esempio fra tutti: il trattamento mediale della pandemia da Covid 19) se si prestano a manipolazioni delle condotte individuali e collettive.
Jordi Maiso: Capitalismo, Stato e Dissociazione: tre dimensioni centrali della società capitalista-patriarcale
Capitalismo, Stato e Dissociazione: tre dimensioni centrali della società capitalista-patriarcale
di Jordi Maiso
L’obiettivo del capitalismo non è quello di soddisfare i bisogni, bensì di valorizzare il capitale: la sua unica finalità è valorizzare il valore, e di conseguenza fare, col denaro, sempre più soldi; era in questo senso, che Marx parlava del capitale come di un «soggetto automatico». Il solo scopo dell’economia capitalista è la massimizzazione del valore – nella sua forma di denaro – in quanto fine in sé: il suo obiettivo non consiste nello sviluppare le forze produttive, in modo che così si possa riuscire a dominare meglio la natura, ma si tratta piuttosto di investire 100 euro per arrivare a ottenerne 120, e poi continuare a ripetere, in un processo senza fine, tale meccanismo di valorizzazione. Di conseguenza, la sua logica è astratta e implacabile: non tiene in nessun conto quale che sia la realtà concreta del mondo sociale ed empirico in cui si svolge un simile processo, e neppure delle condizioni che lo rendono possibile. La riproduzione della realtà materiale e sociale non è affar suo, e il capitalismo non riconosce che ci possa essere alcuna restrizione alla logica della valorizzazione vista come fine in sé.
Hakim Bey: “L’unico Sé che ha valore è il Sé borghese?”
“L’unico Sé che ha valore è il Sé borghese?”
Un estratto da “La vendetta di Zarathustra”
di Hakim Bey
Pubblichiamo, ringraziando l’editore, la prefazione di Marco Philopat a La vendetta di Zarathustra di Hakim Bey (traduzione di Alessandro Mazzi e Gianluca Didino, pubblicato da Agenzia X in collaborazione con Ampère Books)
Per chi ha partecipato all’esperienza controculturale, la lettura dei testi di Hakim Bey è simile all’osservazione di un quadro di Jackson Pollock. Nel caleidoscopio cromatico lanciato sulla tela e sugli occhi del pubblico, si può ritrovare un’intuizione annidata nel cervello chissà da quanto tempo, un’idea che magicamente si trasforma nel momento della lettura in un pensiero sublime e spiazzante.
La sua scrittura è una lama frattalica di luce, un flusso inarrestabile di tesi e controtesi, di ragionamenti collegati con fili più sottili di capelli, concatenazioni che si affidano al caso e si ricompongono in un puzzle di associazioni mentali che l’autore ha avuto nel momento stesso in cui muoveva la penna sul foglio. La sua sfilata di immaginari e percorsi interiori, attraverso tutti i suoi scritti, musiche e azioni, vanno molto al di là del lessico e del razionale, proprio come in un dipinto realizzato in modo impulsivo e istintivo, facendo sgocciolare i colori su una tela.
Giannetto Edoardo (Nanni) Marcenaro: La funzione dialettica del “Manifesto del Partito Comunista” nel processo storico
La funzione dialettica del “Manifesto del Partito Comunista” nel processo storico
di Giannetto Edoardo (Nanni) Marcenaro
«La lotta contro la frantumazione della classe operaia è al tempo stesso la lotta contro il pregiudizio nazionale o razziale» (Losurdo, Introduzione, “Manifesto del Partito Comunista”, p. XXIV)
1. Introduzione
Il 175° anniversario della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista cade in un’epoca nella quale lo sviluppo del processo storico, da una parte, ha dimostrato come – a dispetto dei trionfali proclami dei liberali all’indomani del dissolvimento dell’Unione Sovietica – il socialismo e l’ideologia Marxista-leninista siano ben vivi e abbiano acquisito più forza e ricchezza di quanta mai ne avessero creata prima, soprattutto nella Repubblica Popolare della Cina, e dall’altra parte, invece, ha segnato in Occidente l’inizio di una profonda crisi di credibilità, diffusione, e radicamento nelle popolazioni dei vari Stati europei, per quegli stessi movimento e pensiero.
Gli ultimi trent’anni hanno visto un ridimensionamento, non distante da una completa cancellazione dal panorama politico nell’Occidente capitalistico, delle formazioni comuniste o socialiste la cui influenza sulla società e sulle culture nazionali, nonostante il continuo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro, si è sempre più ridotta, sotto l’attacco costante e sistematico del revisionismo storico e delle incessanti ondate contrarie dei prodotti culturali di massa.
Lettera aperta a “Spirit of May 28th”
Lettera aperta a “Spirit of May 28th”
e al nuovo spirito rivoluzionario dei neri, meticci e bianchi che si sono sentiti parte della ribellione di George Floyd del 2020
Quella che segue è la traduzione in italiano della lettera aperta originale rivolta dal sottoscritto a questo gruppo o organizzazione informale degli Stati Uniti denominata Spirit of May 28 (SM28.org), un gruppo consolidatosi in conseguenza del movimento di ribellione generale del proletariato giovanile nero e di tanti proletari meticci e bianchi successivo all’assassinio di George Floyd. L’originale inglese della lettera aperta è già presente sul blog la causalità del moto qui.
Questo gruppo composito di militanti, già aveva prodotto diversi e preziosi contributi circa quegli avvenimenti durante quei mesi estivi ed immediatamente dopo, sia sotto forma di articoli pubblici che come contributi di anonimi (molti di questi tradotti in italiano sono presenti su questo blog, sul sito dell’Internazionale Vitalista, e recentemente anche raccolti nel libro “RIOT! George Floyd Rebellion 2020” curato da Calusca City Lights e Radiocane.info). Recentemente SM28.org ha pubblicato sul loro sito un bilancio della loro esperienza ed insieme a quello del movimento di George Floyd, nonché le ragioni per le quali hanno deciso il loro dissolvimento come gruppo organizzato informale. A breve verrà fornita la traduzione in italiano del loro bilancio proprio per l’importanza generale che il movimento spontaneo di George Floyd costituisce nonostante il suo inevitabile riflusso.
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Riconoscere che un movimento è nato, si è sviluppato e poi è rifluito è una grande saggezza, oltre che determinismo nel suo stato “latente” (avrebbe detto Lenin), cioè inconsapevole come concezione teorica ma corretto approccio ai fatti.
Andrew Korybko: La rielezione di Biden dipende dal successo della controffensiva di Kiev
La rielezione di Biden dipende dal successo della controffensiva di Kiev
di Andrew Korybko*
L’alto consigliere presidenziale ucraino Mikhail Podolyak ha dichiarato ai media italiani che la tanto sbandierata controffensiva del suo Paese è iniziata già da qualche giorno, il che è curioso visto che questo lasso di tempo coincide con l’invasione per procura della regione russa di Belgorod, che è stata solo un copione per sviare la perdita di Artyomovsk. Quella trovata mediatica, tuttavia, ha fallito clamorosamente nel conseguire qualsiasi guadagno tangibile, sollevando così ancora più interrogativi che mai sulla possibilità che la controffensiva abbia successo.
A marzo, il Washington Post ha fatto notare la scarsa efficienza delle truppe di Kiev nella guerra per procura tra NATO e Russia, seguito un mese dopo da Politico che citava funzionari anonimi dell’amministrazione Biden, preoccupati per le conseguenze di un fallimento delle aspettative dell’opinione pubblica. L’ex campione di scacchi russo Garry Kasparov ha poi elaborato una teoria del complotto ipotizzando che agenti del Cremlino si siano infiltrati alla Casa Bianca e abbiano sabotato la controffensiva prima ancora che iniziasse.
Fabio Mini: Zelensky è finito intrappolato
Zelensky è finito intrappolato
di Fabio Mini
Mentre in Ucraina i russi aggiustano il tiro sulle difese contraeree di Kiev e fanno fuori il sistema Patriot fornito dagli americani (che però la propaganda segnala soltanto “danneggiato”) e mentre il presidente Zelensky torna a casa con il carniere pieno di colombe abbattute e promesse di guerra, il New York Times (16 maggio) pubblica un appello al negoziato e alla pace in Ucraina lanciato da 15 esperti militari, politici e accademici statunitensi. La cosa passa ovviamente quasi inosservata in Italia e non è gradita nemmeno negli Stati Uniti.
Non meraviglierebbe se la pubblicazione sul prestigioso quotidiano fosse stata possibile dietro un qualche “compenso”. Da tempo la libertà di espressione è proporzionale a quanto e quale sistema di pagamento si preferisce. Anche in Europa. Non meraviglia che tra i firmatari ci siano anche militari di alto livello. Sanno valutare la situazione e soprattutto capiscono i limiti e i rischi della propaganda, specialmente se si finisce per credere alla propria. E non meraviglia che a commentare il “manifesto” siano stati proprio Medea Benjamin e Nicolas Davies sul sito di Codepink.
Pier Paolo Caserta: I “nuclei concettuali essenziali” nella neolingua neoliberale
I “nuclei concettuali essenziali” nella neolingua neoliberale
di Pier Paolo Caserta
Bisogna che dedichiamo ogni tanto del tempo a demistificare la neolingua attraverso la quale si sta provvedendo ad intensificare l’attacco alla scuola pubblica. Tra i molti arnesi al servizio dell’amputazione cognitiva, parallela e funzionale alla trasformazione del discente in cliente, nella scuola pubblica, è al suo posto la nozione di “nuclei concettuali essenziali”. Non si tratta di una nozione innocua, al contrario è parte integrante della neolingua neoliberale e tecnocratica imposta alla scuola dai livelli superiori e dai loro centri di elaborazione e appartiene, dunque, all’armamentario utile a preparare nuove contro-riforme e nuove riduzioni, nonché ad approfondire la ristrutturazione antropologica che passa attraverso la distruzione della scuola pubblica.
In particolare, i “nuclei concettuali essenziali” sono strettamente associati alla contro-riforma del liceo quadriennale, che è stata recentemente proposta come sperimentazione ma che, respinta in molti casi all’ingresso principale dell’adesione volontaria, riapparirà, dobbiamo aspettarcelo, alla finestra in forma di obbligo.
Michele Paris: F-16 e Bakhmut, l’agonia di Zelensky
F-16 e Bakhmut, l’agonia di Zelensky
di Michele Paris
La saga delle armi da garantire al regime ucraino per sopravvivere all’offensiva russa si è arricchita in questi giorni dalle discussioni presumibilmente in corso in sede NATO per fornire a Zelensky aerei da guerra F-16 di produzione americana. In occasione del vertice dei G-7 a Hiroshima la questione è stata presa seriamente in considerazione dagli sponsor di Kiev, anche se, come per i precedenti equipaggiamenti promessi e poi consegnati, i dettagli dell’operazione devono essere ancora definiti. La caduta/liberazione definitiva nel fine settimana della città di Bakhmut/Artemovsk rende tuttavia ancora più dubbia l’utilità dei caccia realizzati da Lockheed Martin, il cui arrivo in Ucraina rappresenterebbe comunque una nuova ulteriore escalation delle provocazioni nei confronti di Mosca.
Zelensky implora da tempo l’invio di F-16 e, almeno ufficialmente, la richiesta era stata al centro dei recenti faccia a faccia tra il presidente ucraino e i leader di Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania.
Ivan Volpi: Rompere le catene della schiavitù: il corpo nelle riflessioni di Silvia Federici
Rompere le catene della schiavitù: il corpo nelle riflessioni di Silvia Federici
di Ivan Volpi
Ci sono donne che hanno legato in maniera coerente il loro pensiero a un vissuto ispirato da pratiche politiche originali; pensatrici che oltre un secolo fa hanno creato i presupposti per una trasformazione degli orientamenti e dei comportamenti femminili, rivoluzionando profondamente i modelli culturali e i paradigmi teorici dominanti. Sono filosofe e scrittrici come Simone de Beauvoir e Virginia Woolf ma, se vogliamo andare ancora più in dietro, sono donne come Mary Wollstonecraft, che nel 1792 a Londra pubblicò la Vindication of the Rights of Women, quello che diverrà il primo manifesto del femminismo ottocentesco.
Oggi Silvia Federici continua a seguire le tracce di un lungo percorso, nel solco di un sentiero già tracciato ma ancora ben lontano dall’essere concluso. Dagli Stati Uniti, dove negli anni Settanta ha cominciato i suoi studi, Federici è entrata in contatto (e ha trovato ispirazione) con il mondo femminista e con quello operaista; il terreno comune tra i due ambiti è alla base di molte delle sue riflessioni, che pongono proprio il femminismo al centro di un rilancio del pensiero marxista.
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