[Sinistrainrete] Anna Angelucci: Il liceo Pilo Albertelli, il PNRR, il digitale e la scuola della Costituzione

Rassegna del 05/06/2023

 

 

Anna Angelucci: Il liceo Pilo Albertelli, il PNRR, il digitale e la scuola della Costituzione

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Il liceo Pilo Albertelli, il PNRR, il digitale e la scuola della Costituzione

di Anna Angelucci*

Le nuove tecnologie ti stanno dando la libertà di non dover scegliere.
Spot televisivo TIM, 2016

albertelli osa conferenza stampa 3La vicenda del liceo Pilo Albertelli (con il suo consiglio d’istituto che rifiuta i progetti di scuola digitale finanziati coi fondi del PNRR) sta assumendo una dimensione molto ampia ed offre a tutti noi – genitori, docenti, studenti, esperti, studiosi – la preziosissima occasione di riflettere sul tema delle trasformazioni implicate nella coazione al digitale imposta massicciamente dal PNRR, a scuola e oltre.

Se il dibattito sollevato trascende il dato concreto e investe questioni politiche, come è stato giustamente osservato, direi che questo non costituisce un limite. Mi permetto di sottolineare che molte nostre scelte di vita trascendono il dato concreto e rimandano a questioni politiche. Comprare un libro nella libreria di quartiere o su Amazon; utilizzare su Internet piattaforme proprietarie o pubbliche; segnare nostro figlio in una scuola piuttosto che in un’altra; invitare a un dibattito un relatore e non un altro; approfondire in classe o in famiglia un certo argomento e tralasciarne altri; indossare una maglietta di un brand noto, di una cooperativa equa e solidale oppure anonima; comprare il latte al supermercato o al negozietto sotto casa: sono tutti gesti concreti che implicano scelte di natura politica, ove politica rimanda a polis, politiké, ovvero al nostro modo di essere cittadini e di vivere nel mondo.

A maggior ragione, nella scuola e nella dimensione didattica e pedagogica che le appartiene costitutivamente, ogni nostra scelta è e deve essere “politica”.

Del resto, tutto il PNRR – nel suo modo di declinare per l’Italia i fondi europei del Next Generation Eu – sottende una visione politica della società che si risolleva dopo la crisi della pandemia facendo una precisa scelta di campo che orienta gli investimenti economici: imboccando la strada della transizione digitale in tutti gli ambiti dell’organizzazione sociale.

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Giulio Palermo: “La strategia imperialistica Usa in Europa ha radici lontane. In Ucraina assistiamo all’ultimo atto”

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“La strategia imperialistica Usa in Europa ha radici lontane. In Ucraina assistiamo all’ultimo atto”

Alessandro Bianchi intervista Giulio Palermo

imperialismo usa“La distruzione delle risorse materiali dell’Ucraina è la prerogativa per l’accaparramento delle sue risorse materiali e umane nella fase di ricostruzione”. Giulio Palermo, economista autore con la nostra casa editrice di “Il conflitto russo-ucraino” (LAD, 2023), ci rilascia una lunga e illuminante intervista per argomentare e attualizzare le sue tesi ad oltre un anno dall’inizio dell’operazione speciale russa.

“Il continente europeo costituisce la scacchiera ma gli scacchi sono per lo più americani e russi e, sullo sfondo, cinesi. La strategia europea per l’Europa semplicemente non esiste. Esistono interessi economici convergenti e divergenti tra settori e tra stati”. Stiamo vivendo una fase di cambiamenti epocali ma per quel che riguarda i processi finanziari Giulio Palermo invita alla prudenza perché il ruolo del dollaro nel breve e medio periodo resta ancora forte. Ma nel lungo periodo i movimenti tellurici saranno inevitabili. “Anche se per il momento questo processo sembra portare alla progressiva chiusura tra blocchi contrapposti, la crescita di un sistema di relazioni internazionali meno sbilanciata su un singolo attore è vista da molti paesi con interesse. La Cina e la Russia hanno le carte in regola per guidare questo processo, sia economicamente, sia politicamente, sia anche militarmente. E a un certo punto anche i paesi europei dovranno fare le loro scelte. È nel corso di queste trasformazioni reali dei rapporti economici, politici e militari che si ridefinirà nel tempo il ruolo del dollaro, il suo ridimensionamento e la fine della sua egemonia, non attraverso semplici accordi per denominare i contratti in rubli o in renminbi.”, chiosa l’economista.

* * * *

D. Nel suo “Conflitto russo-ucraino” porta avanti la tesi che l’imperialismo Usa abbia come obiettivo principale l’Europa attraverso il pretesto ucraino. Ad oltre un anno dall’inizio del conflitto a che punto siamo?

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Fronte del Dissenso: Solidarietà con i serbi del Kosovo

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Solidarietà con i serbi del Kosovo

di Fronte del Dissenso

52 serbi feriti (di cui alcuni gravissimi), 34 i soldati della NATO feriti (tra essi alcuni italiani). Questo il bilancio degli scontri avvenuti il 29 maggio a Zvecan, cittadina serba nel nord del Kosovo.

Che ci facevano le truppe NATO a Zvecan è presto detto: manu militari volevano rimuovere i posti di blocco serbi allestiti per impedire l’insediamento del sindaco albanese eletto nelle elezioni amministrative svoltesi il 23 aprile.

Il “piccolo” problema è che i serbi hanno boicottato quelle elezioni e al voto è andata l’infima minoranza del 3%. Ergo: le truppe NATO agivano come scorta armata di un sindaco fantoccio, e come longa manus del governo centrale albanese.

Ha quindi una bella faccia tosta il generale italiano Angelo Michele Ristuccia, comandante della missione NATO-Kfor quando, subito dopo gli scontri, ha assicurato che “il contingente NATO resta neutrale”. Tanto neutrale da aggiungere, per tutta risposta, ai 4000 soldati NATO presenti in Kosovo, altri 800 militari.

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Fabrizio Poggi: Il Fronte ucraino di Bernard-Henri Lévy

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Il Fronte ucraino di Bernard-Henri Lévy

di Fabrizio Poggi

La trovata non è nuova: privare la Russia del seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, o perlomeno toglierle il diritto di veto, è un’idea che fa gola a molti e più di una volta qualche buontempone l’ha buttata sul tavolo delle serate in famiglia.

Anche le cosiddette “pezze d’appoggio”, per dare a intendere che la cosa non esca per caso dalla bocca, tra un sospiro e l’altro, ma sia stata “ponderata” con ragionamenti – pur se affrontati nella pausa pranzo – vengono più meno riproposte col solito ritornello.

Nei giorni scorsi è toccato al filo-sionista e filo-nazigolpista francese (in precedenza, non si era fatto mancare nemmeno l’appoggio ai contras anti-sandinisti) Bernard-Henri Lévy (BHL) il quale, per distinguersi in qualche modo dalla penombra dei “vecchi filosofi”, sulle colonne del The Wall Street Journal ha addirittura proposto di togliere quel seggio alla Russia e darlo all’Ucraina.

Bernard Henry detiene il simpatico record di aver ricevuto in varie conferenze pubbliche ben sette torte in faccia. Quasi un riconoscimento universale…

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Thierry Meyssan: Gli Occidentali rifiutano la pace in Ucraina

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Gli Occidentali rifiutano la pace in Ucraina

di Thierry Meyssan

A nome della Cina, Li Hui ha proposto agli Occidentali di rappacificare l’Ucraina attraverso il riconoscimento dei propri errori. La sua analisi è precisa e argomentata. Ma gli Occidentali non hanno voluto ascoltare. Continuano imperterriti nell’atteggiamento che hanno affinato durante la guerra fredda: loro sono i democratici; gli altri, tutti gli altri, non lo sono. Continueranno a sostenere l’Ucraina, nonostante Kiev non abbia più soldati e sia già stata sconfitta sul campo

La scorsa settimana ricordavo come, secondo il diritto internazionale, chi vende armi risponde dell’uso che ne viene fatto [1]. Quindi, se gli Occidentali forniscono armi all’Ucraina devono essere certi che Kiev le utilizzerà solo per difendersi, mai per attaccare il territorio russo del 2014. In caso contrario si troveranno, loro malgrado, in guerra contro Mosca.

Difatti gli Occidentali stanno ben attenti a non diventare co-belligeranti. Per esempio, prima di consegnare all’Ucraina gli aerei promessi vi hanno rimosso alcuni armamenti, in modo da non consentirle di tirare missili terra-aria su obiettivi all’interno della Russia. Ma, se riuscissero a procurarsi l’occorrente, gli ucraini potrebbero riequipaggiare gli aerei.

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Massimo Zucchetti: Uranio impoverito, tracciante morale di malafede

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Uranio impoverito, tracciante morale di malafede

di Massimo Zucchetti

Mi occupo di uso militare dell’uranio impoverito (DU) da ormai un quarto di secolo. (Libro gratis: https://www.researchgate.net/publication/293649257_Depleted_Uranium). Anni fa coniai la definizione, per il DU, di “tracciante morale” per la malafede e l’ignoranza di chi lo utilizzava, e di coloro che ne giustificavano l’uso con argomentazioni negazioniste.

Le vicende di queste settimane sono state un’ulteriore tragica prova di quanto sostenevo e sostengo. Sapete che recentemente i britannici hanno fornito all’Ucraina proiettili al DU. Io speravo che qualcuno cum grano salis (anche in Ucraina come in Russia ce ne sono molti, non bisogna demonizzare un’intera nazione per colpa dei loro governanti è da qualunquisti) respingesse al mittente l’offerta, basandosi sui un ragionamento semplice: il DU è radioattivo, emette radiazioni alfa che lo rendono pericolosissimo qualora incendiato, polverizzato, inalato, ingerito.

Contaminare con DU un campo di battaglia è una pratica non giustificabile secondo i più semplici principi di radioprotezione: tanto più – scusate il cinismo – se il campo di battaglia è casa tua. Contamina il tuo territorio, le conseguenze a lungo termine sono ben note.

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Paolo Massucci: Filosofie del lavoro e sviluppi del movimento operaio

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Filosofie del lavoro e sviluppi del movimento operaio

di Paolo Massucci

Nell’ambiente di lavoro, dove si realizza la valorizzazione del capitale mediante l’estrazione del pluslavoro, si formano anche ideologie determinanti per il movimento operaio: sembra oggi prevalere una acritica e piatta adesione e deferenza nei confronti delle opinioni e delle direttive del potere, il conformismo

L’interessante videoconferenza “Filosofie del lavoro. Filosofie al lavoro” (Il prezzo della libertà. L’invenzione del lavoro), del 28 gennaio 2020 di Enrico Donaggio, coinvolge questioni centrali del pensiero marxista che potrebbero spiegare alcuni motivi per cui il movimento socialista e comunista non sia riuscito a soppiantare il sistema capitalistico e fare luce sul processo storico in corso per pensare i possibili destini della società mondiale e “che fare” oggi. La storia delle filosofie del lavoro si intrecciano con il corso della storia e gli sviluppi dei diversi pensieri politici e filosofici.

Le ragioni per le quali il proletariato nei Paesi avanzati non ha abbracciato in massa la lotta rivoluzionaria contro il capitalismo, per quanto sia possibile comprendere, sono complesse e multifattoriali.

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Vijay Prashad: “Bisogna chiudere il G7”

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“Bisogna chiudere il G7”

di Vijay Prashad*

Si tratta di un organismo antidemocratico che usa il suo potere storico per imporre i propri interessi ristretti a un mondo che è alle prese con una serie di dilemmi più pressanti

720x410c50mjytfdeDurante il vertice del Gruppo dei Sette (G7) del maggio 2023, i leader di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti hanno visitato il Museo della Pace di Hiroshima, vicino al luogo in cui si è tenuto l’incontro. Non farlo sarebbe stato un atto di immensa scortesia.

Nonostante le numerose richieste di scuse da parte degli Stati Uniti. da parte degli Stati Uniti per aver sganciato una bomba atomica su una popolazione civile nel 1945, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rifiutato. Ha invece scritto nel libro degli ospiti del Peace Memorial: “Che le storie di questo museo possano ricordare a tutti noi i nostri obblighi di costruire un futuro di pace”.

Le scuse, amplificate dalle tensioni del nostro tempo, assumono interessanti ruoli sociologici e politici. Le scuse suggerirebbero che i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 1945 sarebbero stati sbagliati e che gli Stati Uniti non avrebbero concluso la loro guerra contro il Giappone assumendo la superiorità morale.

Le scuse contraddirebbero anche la decisione degli Stati Uniti, sostenuta pienamente da altre potenze occidentali oltre 70 anni dopo, di mantenere una presenza militare lungo la costa asiatica dell’Oceano Pacifico (una presenza costruita sulla base dei bombardamenti atomici del 1945) e di usare questa forza militare per minacciare la Cina con armi di distruzione di massa ammassate in basi e navi vicine alle acque territoriali cinesi.

È impossibile immaginare un “futuro di pace” se gli Stati Uniti continuano a mantenere una struttura militare aggressiva che va dal Giappone all’Australia, con l’intento esplicito di disciplinare la Cina.

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Giuseppe Imperatore: De libertate: da Hegel a Corto Maltese

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De libertate: da Hegel a Corto Maltese

di Giuseppe Imperatore

Hegel 1 1 scaled 1“Hegel è un pensatore aperto”, così argomenta Zizek alla presentazione del suo testo Hegel e il cervello postumano, e ancora: “più che il pensatore della sintesi, per me è il vero teorico dell’assioma che se pianifichi qualcosa, non importa quali sono i tuoi piani, le cose andranno sempre per il verso sbagliato. Un esempio viene offerto dalla rivoluzione francese, in cui la voglia di libertà è sfociata nel terrore. Rinconciliazione per Hegel non significa arrivare a un punto in cui va tutto bene, ma è il momento in cui ci si riappacifica con il fallimento”.

La sintesi non è luogo di appiattimento o di negazione delle profonde rotture e delle laceranti ferite, ma è manifestazione di queste nel loro ricomporsi.

La sintesi presuppone dunque una presa d’atto, per questo non si può rinunciare al soggetto, che è l’espressione non del vuoto compromesso, ma del pieno vivere dello Spirito nel mondo anche senza mediazioni alcune.

L’atto del sintetizzare non deriva dalla pura ragione, ma la supera, va ben oltre la stessa.

La Ragione che trova quindi fondamento nella non-Ragione, ovvero la verità noumenica come non tutto, o ancora più precisamente come eterna parzialità del Tutto.

Hegel non nasconde mai il negativo, anzi è il primo a farlo affiorare, quindi ne dà una lettura tendente al superamento (Aufhebung), così che si possa realizzare, in un punto di apparente quiete, il mondo.

Il moto si arresta solo per una frazione d’attimo e poi riprende la sua vorticosa ed incessante marcia.

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Giacomo Gabellini: “Effetto contagio” e tetto al debito. La FED ha aperto il vaso di Pandora?

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“Effetto contagio” e tetto al debito. La FED ha aperto il vaso di Pandora?

di Giacomo Gabellini

La spettacolarizzazione della diatriba tra democratici e repubblicani incentrata sull’accordo per l’innalzamento del limite legale – il cosiddetto “tetto” – del debito federale Usa sta distogliendo l’attenzione dai problemi strutturali che affliggono l’economia statunitense.

Lo scorso marzo, per evitare il temutissimo “effetto contagio” che rischiava di scaturire dai fallimenti di Silicon Valley Bank, Signature Bank e Silvergate Bank, l’amministrazione Biden ha elaborato un piano di intervento in accordo con la Federal Reserve e la Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic) implicante l’estensione della garanzia federale sui depositi superiori ai 250.000 dollari.

L’operazione, ha tuttavia specificato la Casa Bianca, non avrebbe comportato alcun costo per i contribuenti, perché l’intera copertura sarebbe stata assicurata dalla Federal Reserve mediante l’apposita creazione ex nihilo di nuova liquidità.

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Fabio Mini: Il G7 ricorda Hiroshima e ne prepara tante altre

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Il G7 ricorda Hiroshima e ne prepara tante altre

di Fabio Mini

Il G7 appena concluso in Giappone ha confermato il sostegno dei sette Paesi più industrializzati (o presunti tali) alla guerra in Ucraina contro la Russia. La presenza e il ruolo del presidente Zelensky lo hanno trasformato in un G7 e 1/2 come anticipazione del ritorno al G8, questa volta con l’ucraina al posto dell’estromessa Russia. Il consesso ha anche confermato l’impegno comune nella guerra contro la Cina. Non è però riuscito a convincere nessuno del resto del mondo (i tre quarti) a mostrare un qualche interesse per l’ambizioso progetto. È comprensibile, si tratta di guerre mondiali di cui verifichiamo ogni giorno il potenziale distruttivo e sempre meno la soluzione o i vantaggi. Sono guerre già in atto anche se con un leggero scarto nella successione delle fasi: la prima è un conflitto aperto su tutti i piani, da quello psicologico a quello economico e a quello militare; la seconda è attiva a tutti i livelli tranne quello dello scontro armato per il quale è in atto la preparazione. La guerra contro la Russia coinvolge direttamente il continente europeo facendo perno sull’ucraina, quella contro la Cina coinvolge direttamente il continente asiatico facendo perno su Taiwan.

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Giulio Chinappi: Il terrorismo fa parte integrante della strategia bellica ucraina

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Il terrorismo fa parte integrante della strategia bellica ucraina

di Giulio Chinappi

Nell’ultimo anno, l’Ucraina ha dato vita a numerosi attacchi terroristici contro il territorio e i cittadini russi, dimostrando come il terrorismo faccia parte integrante della strategia bellica di Kiev, con il sostegno compiaciuto dell’Occidente

Dall’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina, Kiev ha dato vita a numerosi attacchi terroristici contro il territorio e i cittadini della Federazione Russa. Soprattutto a partire dall’agosto dello scorso anno, il terrorismo e diventato parte integrante della strategia bellica del governo ucraino, con il sostegno compiaciuto dell’Occidente, che con ogni probabilità ha sostenuto o realizzato parte di questi attacchi. Procedendo in ordine cronologico, gli episodi più importanti di questa serie di atti terroristici sono:

1) l’omicidio di Dar’ja Dugina, sul quale persino gli Stati Uniti non sembrano avere piu dubbi circa il coinvolgimento diretto dell’Ucraina;

2) il ricatto nucleare della centrale di Zaporož’e, continuamente bombardata dagli ucraini, con rischi per la sicurezza dell’intero continente europeo;

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Il Chimico Scettico: I fondamentali (e due cose su scienza e “scienza”)

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I fondamentali (e due cose su scienza e “scienza”)

di Il Chimico Scettico

“Questi chimici con tutte le loro arie di ricercatori della verità non sono molto dissimili da quell’equipaggio della flotta che re Salomone aveva inviata a Tarsis e che dalla e faticosa navigazione riportò non soltanto oro, argento e pietre preziose, ma anche scimmie e pavoni” Con tali espressioni impertinenti il giovane nobile inglese Robert Boyle gettò la sfida nel 1661 alle “scimmie e ai pavoni”. (Albert Bettex, “The discovery of nature”, 1962).

Forse questa citazione per qualcuno risulterà significativa. Probabilmente per i più no. Ma questo è lo spirito di Boyle che qualcuno, nel 2017, ritenne attuale e assolutamente necessario. C’è in gestazione un lungo post su Kuhn e le rivoluzioni scientifiche. È una gestazione lunga e il risultato finale sarà probabilmente a quattro mani. Comunque Kuhn parla di paradigmi delle scienze che mostrano crescentemente i propri limiti fino a farsi da parte con la nascita di nuovi paradigmi, e queste sono le rivoluzioni scientifiche. La rivoluzione chimica vera e propria avvenne nel secolo successivo a quello in cui Boyle scriveva.

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Piccole Note: Ucraina. Droni su Mosca: la nuova escalation dettata dalla frustrazione

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Ucraina. Droni su Mosca: la nuova escalation dettata dalla frustrazione

di Piccole Note

Altra svolta nella guerra ucraina: ieri otto droni hanno attaccato Mosca. Era già accaduto che Kiev inviasse un drone sulla capitale russa, ma allora, era il 3 maggio, aveva un obiettivo specifico, cioè il Cremlino. Stavolta, invece, l’attacco era diretto contro edifici residenziali, un bombardamento indiscriminato.

I droni su Mosca

Pochi, stavolta, i droni attaccanti, ma a stare alle dinamiche di questa guerra, caratterizzata da escalation graduali, potrebbe essere solo l’inizio di una nuova fase del conflitto, nella quale Kiev prenderà di mira le città russe.

Di per sé si tratterebbe di legittima difesa: essendo bombardate le sue città, Kiev ha diritto di fare altrettanto con le città russe. Sul punto, però, appare ineludibile quanto scrive Anatol Lieven su Responsible Statecraft a proposito degli attacchi in territorio russo: “Dato il ruolo fondamentale degli Stati Uniti nell’armare e sostenere l’Ucraina, l’amministrazione statunitense ha anche il diritto di dire la sua su come vengono utilizzati gli aiuti.

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