Zeitun – 06/11/2023
David Hearst
4 novembre 2023 – Middle East Eye
Una fonte vicina alla leadership politica di Hamas afferma che l’organizzazione crede di poter sconfiggere Israele ma riconosce il pesante prezzo pagato da chi è sul campo.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre è stato definito da una delle principali fonti arabe “il più grande di tutti gli errori di valutazione nella storia”.
Un’operazione che secondo le persone informate sui dettagli della sua pianificazione doveva essere una missione tattica progettata per catturare al massimo una ventina di ostaggi militari si è trasformata, in seguito al crollo della Divisione israeliana di Gaza, in un assalto caotico.
Mentre i combattenti di Hamas e una serie di altri partecipanti armati provenienti da Gaza facevano irruzione nel sud di Israele attaccando basi militari, comunità di kibbutz e un festival musicale, l’assalto ha prodotto le immagini terrificanti del peggior massacro di civili israeliani dalla nascita dello Stato.
Hamas è accusata da organizzazioni per i diritti umani di “uccisioni deliberate, rapimenti e attacchi indiscriminati nei confronti di civili” nel corso di episodi oggetto di un’indagine in corso da parte della Corte Penale Internazionale.
Sono stati sequestrati fino a 250 ostaggi, alcuni dei quali cittadini stranieri.
In risposta, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso di estirpare Hamas da Gaza.
Una campagna ritorsiva di bombardamenti mirata a spingere oltre un milione di abitanti della parte settentrionale del Paese verso sud e verso il confine egiziano sta per entrare nella quinta settimana con soldati israeliani e miliziani di Hamas impegnati nei combattimenti.
Secondo i dati del ministero della Sanità palestinese i bombardamenti hanno raso al suolo il nord di Gaza e ucciso oltre 9.000 palestinesi. La situazione non mostra segni di cedimento, dal momento che Israele e gli Stati Uniti resistono alla crescente pressione internazionale per un cessate il fuoco.
Middle East Eye ha riferito che l’ufficio politico di Hamas a Doha è stato tenuto all’oscuro della decisione di Mohammed Deif, comandante delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, di scatenare il raid.
Ma nel suo ruolo di leadership l’ala politica di Hamas ha dovuto assumersene la responsabilità e costituisce al momento una parte fondamentale dei negoziati per il rilascio degli ostaggi su mediazione del Qatar.
Questa è la situazione vista dall’esterno del gruppo combattente, ma non è il modo in cui la stessa Hamas vede questi eventi.
Per scoprire cosa pensa Hamas MEE ha parlato con una fonte palestinese di alto livello in contatto con la leadership politica di Hamas.
MEE ha posto tre domande principali. Perché l’attacco è avvenuto in quel momento? Gli obiettivi di guerra di Israele sono realizzabili? Cosa pensa di ottenere Hamas al termine della guerra?
Perché adesso?
A scatenare l’attacco del 7 ottobre è stata la preoccupazione di Hamas che gli ebrei di estrema destra intendessero sacrificare un animale nel sito della moschea di al-Aqsa, ponendo così le basi per la demolizione del santuario della Cupola sulla Roccia e la costruzione del Terzo Tempio, ha affermato.
Hamas ha seguito da vicino i piani israeliani di istituire una presenza ebraica permanente all’interno del complesso di al-Aqsa. Al-Aqsa è considerato il terzo luogo più sacro dell’Islam e un simbolo dell’identità palestinese. È conosciuto in Israele come il Monte del Tempio.
La presenza quotidiana ad al-Aqsa di ebrei di estrema destra era già stata conseguita, con due irruzioni giornaliere al mattino e al pomeriggio in tour protetti da poliziotti armati fino ai denti e della durata da 30 minuti a un’ora.
Secondo alcune sette religiose messianiche come il Temple Institute, prima che il Terzo Tempio possa essere ricostruito deve essere sacrificata una giovenca rossa senza macchia per purificare il terreno.
A questo scopo sono state importate delle mucche Red Angus dagli Stati Uniti. All’inizio di quest’anno un’organizzazione a favore del Terzo Tempio ha dichiarato che sperava di macellare durante le vacanze di Pasqua del prossimo anno, che cadranno nell’aprile 2024, cinque giovenche importate.
La fonte di MEE afferma che era stata già fatta una programmazione dei tempi rilevando che i coloni avevano eseguito nel sito di al-Aqsa “sacrifici di vegetali”.
Affermazione che sembra riferirsi a un’irruzione avvenuta un mese fa da parte di decine di coloni che trasportavano fronde di palma per celebrare la festa ebraica del Sukhot [festa israeliana di pellegrinaggio della durata di sette giorni, ndt.].
“Resta solo da compiere la macellazione delle giovenche rosse importate dagli Stati Uniti. Se la facessero sarebbe il segnale per la ricostruzione del Terzo Tempio”, dice la fonte.
Hamas aveva già avvertito Israele che stava giocando con il fuoco nel tentare di mettere in atto ad al-Aqsa accordi simili a quelli relativi alla Moschea Ibrahimi di Hebron, divisa tra musulmani ed ebrei [dopo il massacro compiuto dal colono Baruch Goldstein nel 1994 che uccise 29 fedeli palestinesi, l’esercito israeliano confiscò la maggior parte della moschea e ai musulmani viene inoltre impedito l’accesso alla Moschea Ibrahimi durante le festività ebraiche, ndt.].
Anche altre organizzazioni palestinesi, inclusa l’Autorità Nazionale Palestinese, hanno messo in guardia Israele dal cambiare lo status quo nella moschea.
Nelle tre settimane precedenti il raid, si sono svolte tre feste ebraiche terminate con il Sukhot. “La sensazione di Hamas a Gaza era che al-Aqsa fosse in pericolo imminente”, riferisce la fonte a MEE.
Sulla decisione di scatenare l’attacco sono intervenute anche delle considerazioni a lungo termine.
Il destino dei 5.200 prigionieri palestinesi in detenzione israeliana è una “pesante responsabilità” per la leadership di Hamas, riferisce la fonte, ed “Hamas rifletteva ogni giorno su come avrebbero potuto essere rilasciati”.
La terza motivazione alla base dell’attacco era costituita da Gaza stessa, sottoposta a 18 anni di assedio dopo il ritiro da parte di Israele dei suoi coloni dalla Striscia.
“Gli Stati Uniti e le potenze regionali hanno lasciato Gaza ai limiti della sopravvivenza, relegata in un angolo con appena il supporto vitale, in lotta per cibo, denaro o un generatore. Lo sfondamento del 7 ottobre è stato un forte messaggio che gli abitanti di Gaza possono rompere l’assedio”, continua la fonte.
E’ possibile estirpare Hamas?
Non è la prima volta che i leader israeliani promettono di spazzare via Hamas, e ogni guerra precedente si è conclusa con il ritiro israeliano, dice.
I leader di Hamas riconoscono che la portata della devastazione è diversa ma credono ancora che il risultato finale sarà un altro ritiro israeliano, aggiunge.
“Israele potrebbe distruggere una metà di Gaza ma penso che alla fine il risultato sarà lo stesso. Il problema per [il primo ministro israeliano Benjamin] Netanyahu sarà come concludere la battaglia con una immagine positiva da offrire alla gente.
“Ma ha un grosso problema. Anche se riuscisse nel suo obiettivo bellico di eliminare la leadership di Hamas a Gaza, si troverebbe ancora ad affrontare le contestazioni sulla sua responsabilità per l’attacco del 7 ottobre”.
La fonte respinge la prospettiva che Israele possa raggiungere il suo obiettivo principale. Dice che è fisicamente impossibile eliminare Hamas a causa delle dimensioni a Gaza dell’organizzazione e dei suoi affiliati.
“Hamas è parte del tessuto della società. Ci sono i combattenti e le loro famiglie. Gli enti di beneficenza e le loro famiglie. I dipendenti pubblici e le loro famiglie. Nel loro insieme costituiscono una parte molto consistente della popolazione.
Anche se Hamas non prevedeva una risposta israeliana di questa portata dispone di una vasta rete di tunnel che si estende per “molte centinaia di chilometri”, ha riferito un’altra fonte a MEE.
L‘ipotesi che Hamas perdendo Gaza City, che le forze israeliane stanno cercando di accerchiare, cesserebbe di operare è dunque meno probabile.
Allo stesso modo Hamas non dipende dall’entrata in guerra di Hezbollah, ma molti all’interno del movimento vedono il suo coinvolgimento come inevitabile.
Dicono che se Hezbollah permettesse l’annientamento di Hamas, sarebbe solo questione di tempo prima che Israele attaccasse anche l’organizzazione libanese.
Cosa otterrà Hamas alla fine di questa battaglia?
Hamas non crede che alla fine della guerra si possa riportare l’orologio al 6 ottobre e Gaza possa ricominciare da capo, dice.
“L’attacco del 7 ottobre ha trasmesso un messaggio diretto e preciso secondo cui i palestinesi hanno la capacità di sconfiggere Israele e liberarsi dell’occupazione. Per Hamas questo è ormai un dato di fatto”, continua.
Hamas ritiene che l’attacco abbia infranto un patto che esisteva tra l’esercito israeliano e la popolazione sin dalla dichiarazione dello Stato nel 1948.
Il patto tacito era che il popolo avrebbe inviato all’esercito i propri figli e figlie e l’esercito in cambio avrebbe protetto il Paese.
Secondo la fonte Hamas ritiene che l’attuale conflitto abbia “spinto il popolo palestinese e la resistenza palestinese verso la vittoria e la liberazione”, aggiungendo: “Penso che Israele abbia perso molta fiducia nel futuro”.
Afferma che Hamas riconosce il pesante prezzo pagato dalla popolazione di Gaza. Ma credeva che la maggior parte avrebbe scelto di restare piuttosto che fuggire da una seconda Nakba, in riferimento allo sfollamento di 750.000 palestinesi dalla loro terra ancestrale nel 1948. Per la maggior parte delle persone non c’è scelta: il confine di Gaza con l’Egitto e la sua frontiera con Israele sono chiusi e non c’è nessun posto sicuro dai bombardamenti.
“Ogni palestinese sa che deve restare nella propria terra, anche se ridotta in macerie e pur vivendo nelle tende”, dice.
Hamas ritiene che Israele abbia commesso un enorme errore strategico nel respingere le molteplici iniziative di pace arabe che avrebbero portato alla fine del conflitto.
“La loro strategia consiste nell’avere tutto. Per questo perderanno tutto. Sottovalutano i palestinesi”, prosegue la fonte.
Dice che mentre le capitali occidentali aspettano un’era dopo Hamas, la resistenza palestinese aspetta con fiducia un’era in cui possano vivere in un proprio Stato.
Riconosce che l’esercito israeliano possiede un enorme vantaggio militare. Ma insiste sul fatto che i risultati di una guerra non sempre dipendono dagli equilibri di potere.
“Guardate il Vietnam, l’Afghanistan, l’Algeria. Guardate come sono finite quelle guerre coloniali”, conclude.
(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)
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