Rassegna del 28/01/2024
Gianfranco Pala: Le fasi dell’imperialismo e Lenin
Le fasi dell’imperialismo e Lenin
Il capitale monopolistico finanziario nel divenire in processo
di Gianfranco Pala*
Il senso di questa riedizione del poscritto di Gianfranco Pala al libro “Imperialismo” è in memoria dell’anniversario della morte di Lenin avvenuta il 21 gennaio 1924. Più che una commemorazione vuole essere un nesso con analisi che in un passato, anche recente, sembravano essere utili alla crescita di una coscienza sociale, che avrebbe potuto costituire un argine, almeno, alla voracità dell’imperialismo come spartizione del mondo.
Oggi si parla di pace ma “non si dice di quale pace”; che potrà essere “solo un armistizio, una tregua, una preparazione a un nuovo massacro di popoli”. Tuttora continua “l’uso di mezzi pacifici per imporre una pacifica dominazione” cui contrapporre una “guerra democratica, giusta, rivoluzionaria”. Lenin chiedeva di rivendicare in modo fondamentale da parte degli sfruttati “pace e pane”, e oggi l’impoverimento aumenta esponenzialmente su tutto il pianeta. Le analisi possono corredarsi di fatti attuali e contingenti, ma le categorie di riferimento hanno bisogno di essere rammentate e, quando possibile, arricchite. Il virgolettato riguarda frasi di Lenin del 1917 [Carla Filosa].
* * * *
Il capitalismo è progressivo rispetto al feudalesimo,
e l’imperialismo è progressivo rispetto al capitalismo pre-monopolisltico.
Non sosterremo la lotta delle classi reazionarie
contro l’imperialismo e il capitalismo.
[V.I.Lenin, Intorno a una caricatura del marxismo (1916)]
{Progress, Mosca 1974, os, ii, p.581}
1. Anzitutto si deve avere bene in mente che si sta analizzando l’imperialismo moderno e non l’imitazione caricaturale dell’attitudine “imperiale” delle più diverse forme di potere del passato, man mano che esse venivano accumulando e consolidando la loro forza.
Andrea Catone: Lenin e la transizione dal capitalismo al socialismo
Lenin e la transizione dal capitalismo al socialismo
di Andrea Catone
A 100 anni dalla morte di Lenin riteniamo utile pubblicare la relazione di Andrea Catone tenuta in occasione del Convegno Lenin e il Novecento, Urbino, 13-15 gennaio 1994. Atti a cura di Riggero Giacomini e Domenico Losurdo, pubblicati da La Città del Sole, Napoli, 1997, pp. 175-215
1. Il concetto di transizione
Il termine transizione diventa equivoco e inutilizzabile per l’analisi scientifica quando lo si assuma nel suo significato letterale di ‘stato di passaggio’, forma astratta del divenire, momento relativo di un assoluto processo di trasformazione del reale. In questo senso tutto appare come transizione: qualsiasi società o regime sociale, dovrebbe essere definita di transizione, poiché segna il passaggio da una forma di società all’altra o da una precedente a una successiva formazione economico–sociale. […] Se si vuol dare al termine ‘transizione’ un significato che non sia indeterminato, non si può parlare concretamente di ‘problemi della transizione’ che in relazione a regimi e a periodi storici di trapasso da un modo determinato di produzione, riferibile a un’organica formazione sociale, a un altro modo di produzione proprio di una nuova formazione sociale (Gerratana, 320).
Lenin, com’è noto, non dedica nessun lavoro specifico a una teoria della transizione dal capitalismo al socialismo. Tuttavia, il problema della transizione è costantemente presente al suo orizzonte, almeno a partire dal momento in cui si fa concreta la possibilità della rivoluzione socialista.
Al di là delle svolte strategiche (l’ultima in ordine di tempo e forse la più travagliata è quella della NEP), rimangono alcune costanti nella sua concezione della transizione.
Leonardo Sinigaglia: Si poteva fare peggio di prima in sudditanza alla NATO?
Si poteva fare peggio di prima in sudditanza alla NATO?
di Leonardo Sinigaglia
Dopo la TIM venduta al fondo speculativo KKR, legato all’ex-direttore della CIA David Petraeus, l’accanimento terapeutico-militare verso il regime di Kiev e l’approvazione del nuovo Patto di Stabilità, il governo Meloni ha voluto nuovamente rimarcare la sua sudditanza rispetto all’asse euro-atlantico. L’occasione è data dalla partenza della missione militare europea “Aspis”, nata per accompagnare quella angloamericana “Prosperity Guardian” nella “tutela del commercio e della libertà di navigazione” nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. La marina italiana garantirà nel Mar Rosso a sostegno della campagna intimidatoria di Washington due navi, le fregate Fasan e Martinengo, che saranno accompagnate da unità di altri paesi europei.
Questo nuovo invio di reparti coloniali a sostegno del morente impero statunitense è particolarmente odioso in quanto diretto a reprimere l’azione di solidarietà internazionale del popolo yemenita, che, incapace di assistere in silenzio al genocidio in corso a Gaza, ha deciso di utilizzare una delle più classiche armi di pressione internazionale, imponendo un embargo sulle navi israeliane o su quelle connesse per traffici o merce all’economia sionista.
Mario Coglitore: Recensione a Gruppo Krisis – Manifesto contro il lavoro e altri scritti
Recensione a Gruppo Krisis – Manifesto contro il lavoro e altri scritti
di Mario Coglitore
Di seguito la recensione di Mario Coglitore al libro del Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro e altri scritti, edito da Mimesis, Milano, 2023
Il Manifesto contro il lavoro del Gruppo Krisis è apparso per la prima volta in Germania, a chiusura di Millennio, nel 1999, e poi tradotto in italiano nel 2003 per i tipi di DeriveApprodi. L’ultima edizione, di tre, in lingua tedesca è del 2019, con pregevole postfazione di Norbert Trenkle, uno degli animatori dell’originario sodalizio. Una lunga e interessante vicenda editoriale, dunque.
Come osserva Massimo Maggini nell’introduzione al volume: “[…] molta acqua è passata sotto i ponti” da quel lontano fine secolo XX. Alluvioni antropologiche, economiche, politiche, sociali hanno reso ovunque paludoso e talora carsico il tessuto della nostra realtà quotidiana. Certo la meccanica capitalista continua ad agitare le acque limacciose dell’incertezza, dello sfruttamento, dell’ambiguità inquinante della finanza internazionale e quel che più può spaventare, l’affacciarsi risoluto del “capitalismo della sorveglianza”, per dirla con Shoshana Zuboff, animato da intelligenze artificiali e diabolici agglomerati corporativi, Amazon, Google, Facebook, che farebbero invidia persino alle migliori narrazioni Cyberpunk.
Redazione: Hamas si rivolge al mondo. “Perché l’operazione Tempesta di Al-Aqsa?”
Hamas si rivolge al mondo. “Perché l’operazione Tempesta di Al-Aqsa?”
di Redazione
Il Movimento di resistenza islamica palestinese (HAMAS), nel suo messaggio di 18 pagine intitolato “Questa è la nostra narrazione… Perché l’operazione Tempesta di Al-Aqsa?”, racconta la genesi delle operazioni di resistenza contro Israele.
“La battaglia della nostra nazione contro il regime occupante e coloniale non è iniziata il 7 ottobre, ma è iniziata 105 anni fa e come conseguenza dell’occupazione. Il nostro popolo ha vissuto sotto il dominio coloniale britannico per 30 anni e sotto l’occupazione del regime sionista per 75 anni”, ha precisato HAMAS.
Inoltre, ha ricordato che la nazione palestinese ha subito ogni tipo di oppressione, ingiustizia, confisca dei diritti fondamentali e politiche di apartheid per decenni, ed ha sottolineato che la Striscia di Gaza soffre di un assedio soffocante da più di 17 anni, che la rende la più grande prigione a cielo aperto del mondo.
“La Striscia di Gaza ha subito cinque guerre devastanti, e in ognuna di esse Israele è stato il promotore. Dal 2000 al settembre 2023, il regime sionista ha ucciso 11.299 palestinesi e ne ha feriti altri 156.768, la maggior parte dei quali erano civili”, si legge nel documento del movimento palestinese.
Franco Berardi “Bifo”: Lettera agli ipocriti d’Europa
Lettera agli ipocriti d’Europa
di Franco Berardi “Bifo”
Un tempo credevo che i filosofi fossero i custodi della coerenza etica e della decenza intellettuale. Forse mi sbagliavo, dato che questa tradizione sembra cancellata nell’attuale panorama culturale d’Europa.
Nei media come nel mondo accademico il conformismo e la complicità con la violenza hanno preso il posto del coraggio intellettuale. Qualche settimana fa un importante filosofo tedesco pubblicò un testo pieno di comprensione per Israele proprio nel momento in cui Israele lanciava una campagna di sterminio di massa che molte persone considerano un genocidio.
In quel testo l’importante filosofo, e alcuni suoi colleghi scrivevano che “assimilare lo spargimento di sangue a Gaza a un genocidio va oltre i limiti di un dibattito accettabile”, ma tralasciavano di spiegare per quale ragione Israele può incarcerare milioni di persone, invadere e distruggere le case di milioni di palestinesi, uccidere diecimila bambini in un paio di mesi, ma non ci è concesso denunciare tutto questo come genocidio.
Israele colpisce indiscriminatamente i palestinesi che sono intrappolati nell’infernale prigione di Gaza, ma i filosofi, soprattutto in Germania, non posso chiamarlo genocidio.
Fabrizio Poggi: 21 gennaio 1924: 100° anniversario della morte di Lenin
21 gennaio 1924: 100° anniversario della morte di Lenin
di Fabrizio Poggi
In occasione del 100° anniversario della morte di Valdimir Il’i? Lenin, si ripropone un tema legato all’ultimissimo periodo della sua vita, accuratamente indagato da una parte della storiografia russa, ma meno conosciuto in Italia (se si escludono i lavori, per un verso, di Grover Furr e quelli, di stampo opposto, di Luciano Canfora): l’autenticità, o la paternità leniniana, degli ultimi testi inseriti tardivamente nel volume 45 delle Opere complete (PSS: Polnoe Sobranie So?inenij; 5° ed. russa; 1964) e qua e là definiti “Testamento” di Lenin.
Più precisamente, il tema è quello della dubbia attribuzione a Lenin di lettere, dettati, appunti compresi tra il 23 dicembre 1922 e il 2 marzo 1923, prima del forte peggioramento del suo stato di salute, tra il 6 e il 10 marzo del ’23: “Lettera al Congresso” e “Aggiunta alla lettera”; “Sull’attribuzione di funzioni legislative al Gosplan”; “Sull’aumento del numero di membri del CC”; “Per la questione delle nazionalità o sulla “autonomizzazione””; “Pagine di diario”; “Sulla cooperazione”; “Sulla nostra rivoluzione”; “Come riorganizzare la RabKrIn”; “Meglio meno, ma meglio”.
In un’esposizione necessariamente limitata, si concentrerà l’attenzione quasi esclusivamente sulla “Lettera al Congresso” e su alcuni passaggi degli altri testi che, in qualche misura, ruotano attorno alla presunta volontà di Lenin di estraniare Stalin dalle funzioni di General’nyj Sekretar’ (GenSek) del CC del RKP(b).
Luca Cangemi: Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente
Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente
di Luca Cangemi
Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi
Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.
Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.
Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.
Francesco Dall’Aglio: La guerra, prossima ventura e presente
La guerra, prossima ventura e presente
di Francesco Dall’Aglio
La mostrificazione (termine orrendo e anch’esso mostruoso, ma rende l’idea) della Russia e di tutto ciò che è russo da parte nostra non ha nulla a che vedere con la Russia in sé e ancor meno col sostegno all’Ucraina, ma risponde a logiche completamente interne – interne alla NATO, o all’Occidente, o al “giardino” di Borrell, chiamatelo come volete, e segnatamente alla sua organizzazione militare ed economica.
Non diciamo, mi pare, nulla di nuovo e che non abbiamo già ripetuto varie volte. All’inizio si è trattato di una colossale occasione per svuotare i magazzini della roba vecchia che stava lì ad arrugginire dai tempi della guerra fredda, la cui presenza impediva nuove commesse e nuovi investimenti (“mamma, possiamo comprare dei cannoni?” “Ce li abbiamo a casa i cannoni”) e costava parecchio, in termini di manutenzione e spazio di stoccaggio.
Mandandoli in Ucraina ci si guadagnava qualcosa, si faceva bella figura, e si costringevano i governi nazionali e l’Unione Europea (in questa circostanza del tutto coincidente alla NATO, e soprattutto completamente subordinata) a tirare fuori soldi per comprare armi nuove o meno vecchie, nella solita partita di giro nella quale guadagnano tutti, produttori, fornitori, intermediari e utilizzatori finali.
Federico Giusti: La lieta novella del Next Way of Working
La lieta novella del Next Way of Working
di Federico Giusti
In nome dello smart working stanno stravolgendo i luoghi tradizionali della produzione, se ne accorgono non i sindacati ma Il Sole 24 Ore che parla di un complessivo ridisegnamento delle strutture adibite a uffici e investimenti.
Emblematico è quanto riporta un articolo del quotidiano di Confindustria laddove scrive: “A Milano Deutsche Bank riduce la superficie della sede del 40%; UniCredit subaffitta gli oltre 20 piani della Torre B in piazza Gae Aulenti; Bnp cerca coinquilini”.
Lo smart non è ovviamente estendibile a tutta la produzione ma si va facendo strada in alcuni settori il progetto di abbattere i costi degli affitti, delle pulizie, interagire singolarmente con il lavoratore a cui assegnare carichi di lavoro e mansioni crescenti.
Il Sole 24 Ore del 21 Gennaio scrive: Su 6,6 miliardi di euro di investimenti immobiliari, in Italia nel 2023 (-44% sul 2022) – informa Cbre – il comparto uffici ha chiuso attorno a 1,2 miliardi, in calo del 74% rispetto all’anno precedente.
Paolo Ferrero: La politica di guerra di Meloni nel mar Rosso fa rivoltare nella tomba pure Andreotti e Craxi
La politica di guerra di Meloni nel mar Rosso fa rivoltare nella tomba pure Andreotti e Craxi
di Paolo Ferrero
Il governo italiano ha deciso di entrare in guerra contro gli Houthi, nel Mar Rosso. Penso che nell’opinione pubblica italiana, cloroformizzata dall’informazione del regime bipolare, non vi sia alcuna consapevolezza dell’enormità decisa. Apparentemente questa scelta sarebbe finalizzata al ripristino del traffico regolare delle navi nel mar Rosso, in realtà è un cambio radicale di collocazione geopolitica dell’Italia sul piano mondiale.
Vediamo perché. Innanzitutto, gli attacchi militari degli Houthi sono fatti in nome e per conto dello Stato dello Yemen il cui Parlamento ha appena votato l’inserimento degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dello stato di Israele nell’elenco dei terroristi internazionali. L’Italia non partecipa quindi a una missione militare contro una organizzazione terroristica ma contro uno Stato: lo Yemen.
In secondo luogo gli Houthi hanno detto chiaramente che intendono bloccare e colpire ogni nave che sia diretta a Israele fino a quando non verrà fermato il massacro di Gaza. L’azione dello Yemen è quindi una precisa azione di guerra finalizzata a interrompere gli scambi commerciali con Israele fino a quando l’esercito israeliano continuerà il genocidio del popolo palestinese a Gaza.
Vincenzo Maddaloni: Perchè tanti tedeschi in piazza contro i fascisti dell’Afd
Perchè tanti tedeschi in piazza contro i fascisti dell’Afd
di Vincenzo Maddaloni
Contro quell’estremismo nazifascista che viene considerato in Germania una minaccia alla democrazia, hanno marciato 360.000 sabato e 550.000 domenica cittadini tedeschi secondo le cifre ufficiali annunciate ieri dal Ministero federale degli Interni. Alcuni giornali hanno parlato di 1,5 milione di persone molte delle quali non avevano mai manifestato prima o non manifestavano più da anni. Domenica a Monaco gli organizzatori hanno dovuto sospendere la manifestazione perchè ne aspettavano 40 mila e, invece ne sono arrivati 200 mila. Un record! La polizia ne aveva previsti 25 mila.
Andreas Zick sociologo ricercatore sull’origine dei conflitti con cattedra all’Università di Bielefeld è stato esplicito: “Era da molto tempo che giudici, Chiese e, soprattutto, aziende non si schieravano dalla parte dei manifestanti. Va pure detto che a sfilare non è soltanto il popolo istruito, ma l’intera società civile intergenerazionale”.
Le manifestazioni sono una reazione a un’inchiesta pubblicata a inizio gennaio dal sito tedesco di giornalismo investigativo Correctiv, secondo il quale a fine dicembre ci sarebbe stato un incontro tra alcuni leader di AfD e diversi membri del movimento neonazista tedesco e finanziatori del partito.