[SinistraInRete] Alessandro Bartoloni: Lo scontro valutario dietro la guerra russo-ucraina

Rassegna 13/02/2024

 

Alessandro Bartoloni: Lo scontro valutario dietro la guerra russo-ucraina

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Lo scontro valutario dietro la guerra russo-ucraina

di Alessandro Bartoloni

Riceviamo e pubblichiamo uno scritto di Alessandro Bartoloni che alimenta il dibattito su un importante tema – le cause finanziarie e valutarie dietro il conflitto contro la Russia – affrontato con un pregevole lavoro scientifico dal titolo “Le radici valutarie del conflitto in Ucraina”, edito dalla rivista “Materialismo Storico”, che come l’AntiDiplomatico vi abbiamo riproposto la settimana scorsa.  Degli stessi argomenti, il Prof. Giulio Palermo ha offerto un pregevole contributo in “Il conflitto russo-ucraino: l’imperialismo Usa alla conquista dell’UE” (LAD Edizioni 2022)

L’ispirazione per questo articolo mi è venuta dalla lettura del saggio del compagno, nonché professore, F. S. pubblicato su Materialismo Storico. Per spiegare la guerra in Ucraina, l’Autore adopera lo schema già utilizzato nel caso degli attacchi all’Iraq e alla Libia, rasi al suolo per aver osato mettere in discussione l’egemonia del dollaro nel commercio dei prodotti petroliferi. In sintesi, «quello russo-ucraino ci appare come l’ennesimo conflitto per interposta persona in cui, attraverso la NATO, il capitale legato al dollaro cerca di indebolire l’area valutaria legata allo yuan che, nel frattempo, sta crescendo economicamente in maniera straordinaria, contendendo esplicitamente l’egemonia sull’intero sistema di capitale».

Di fronte a una tale tesi mi sarei aspettato che la divisa cinese fosse cresciuta negli scambi internazionali di merci, negli investimenti diretti esteri e di portafoglio, nonché nei forzieri delle banche centrali quale valuta di riserva. Al contrario, i dati riportati sembrano suffragare che la guerra in corso non costituisce una conseguenza della potenza dell’area valutaria legata alla “moneta del popolo” (renminbi) bensì uno dei fattori che ne accelerano l’espansione. Come si vede dalla figura 1 tratta da un articolo di Bloomberg, prima della guerra l’importanza della valuta cinese è sì cresciuta, ma non così tanto da rappresentare un effettivo e imminente pericolo per l’egemonia del biglietto verde.

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La Redazione de l’AntiDiplomatico: Intervista Putin-Carlson: tutti i punti salienti sintetizzati

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Intervista Putin-Carlson: tutti i punti salienti sintetizzati

di La Redazione de l’AntiDiplomatico

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1096.jpegLa tanto attesa intervista di Tucker Carlson a Vladimir Putin è andata in onda nella mezzanotte italiana e nonostante i maldestri tentativi delle lobby mediatiche e politiche filo Nato di impedire la visione ai cittadini del mondo libero si sta diffondendo a una velocità incredibile.

Questi i principali temi toccati dal presidente della Federazione russa Vladimir Putin.

 

Storia della Russia e dell’Ucraina

All’inizio dell’intervista, Putin ha fornito “una breve panoramica storica” della creazione e dello sviluppo della Russia e dell’Ucraina e delle loro relazioni. Ha detto che la Russia ha iniziato a formarsi come Stato centralizzato nell’862 e successivamente si è sviluppata come uno Stato con due centri: uno a Kiev e l’altro a Novgorod.

Dopo la frammentazione della Rus’, iniziò a formarsi uno Stato centralizzato con capitale a Mosca, mentre i territori meridionali, che comprendevano Kiev, tendevano verso il centro dell’Europa, verso il Granducato di Lituania, che in seguito si unì al Regno di Polonia. “I polacchi esercitavano la loro influenza in questi territori meridionali e trattavano la popolazione con durezza”. Per questo motivo gli abitanti di queste terre iniziarono a lottare per i loro diritti e si rivolsero a Mosca per prenderli sotto il loro controllo. Nel corso della storia, i territori sulla riva sinistra del fiume Dnepr, compresa Kiev, divennero parte della Russia, mentre le terre sulla riva destra del Dnepr divennero parte dello Stato polacco. “Durante il regno di Caterina II, la Russia riconquistò tutte le sue terre storiche, comprese quelle a sud e a ovest”, ha osservato Putin.

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Luisa Morgantini: Palestina: le responsabilità dell’Europa

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Palestina: le responsabilità dell’Europa

Alba Vastano intervista Luisa Morgantini

immagine 59.pngLuisa Morgantini, una vita spesa per la pace e contro ogni violenza. Una compagna di cui si va fieri, conoscendo il suo lunghissimo impegno per la difesa dei diritti umani. Un impegno senza soste e senza indugi quello di Luisa, laddove e soprattutto c’è un’umanità deprivata dei basilari diritti per la sopravvivenza e per la dignità della persona. Diritti rinnegati da troppo tempo per i soprusi dei lorsignori del potere capitalista che regnano impavidi e impuniti in Occidente, complici dell’imperialismo Usa.

Con lei, nell’intervista che segue, ripercorriamo il lungo e doloroso calvario del popolo palestinese che a detta dei media e dei governi fascisti inizia il 7 ottobre con l’attacco di Hamas. Non è così. La storia di soprusi sul popolo palestinese risale agli albori del secolo scorso. E’ necessario fare un’opera di smaltimento severo delle fake news di cui si servono i media mainstream per generare consensi verso Israele, il cui leader Netanyahu è responsabile pienamente del genocidio che si sta perpetrando sul popolo palestinese.

Affermare che le responsabilità del conflitto in corso sono da addebitare unicamente all’attacco di Hamas, su cui di certo non volgiamo uno sguardo clemente, è rinnegare la storia precedente a quella data, facendo revisionismo tossico e strumentale, mirato a seppellire la verità.

* * * *

Alba Vastano: La tua vita da attivista dei diritti umani s’intreccia da molto tempo con la storia annosa dei soprusi sul popolo palestinese. Ci racconti il tuo excursus politico e le tue personali lotte, tramite le associazioni che presiedi, per il riconoscimento dello stato della Palestina?

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Michele Paris: Chi ha paura di Putin?

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Chi ha paura di Putin?

di Michele Paris

La sola notizia della presenza a Mosca dell’ex “host” di Fox News, Tucker Carlson, e l’ipotesi di un’intervista senza filtri a Vladimir Putin avevano fatto scattare nei giorni scorsi la modalità panico tra i politici e i propagandisti della stampa ufficiale in Occidente. Il giornalista ultra-conservatore americano ha abilmente favorito la diffusione di indizi circa i suoi piani, per poi confermare che l’attesa intervista al presidente russo verrà trasmessa sul suo sito e su X (ex Twitter) alla mezzanotte italiana di giovedì. Per gli ambienti ufficiali che inondano il pubblico di propaganda russofoba da almeno due anni, quello di Carlson è un vero e proprio peccato capitale e in molti hanno già chiesto per lui una punizione esemplare. Dare spazio senza pregiudizi alla versione del Cremlino comporta d’altra parte una serie di rischi, primo fra tutti quello del crollo definitivo delle menzogne a senso unico vomitate dai sostenitori del regime ucraino di Zelensky.

Raramente la notizia di un’intervista con un leader di un determinato paese, anche se rivale o nemico dell’Occidente, ha suscitato un tale livello di isteria tra politici, giornalisti e commentatori filo-atlantisti. Tutti sembrano essere preoccupati per l’utilizzo da parte di Putin della piattaforma offertagli da Carlson per diffondere la propria propaganda in Europa e negli Stati Uniti.

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comidad: La NATO, ovvero la schizofrenia della cleptocrazia militare

comidad

La NATO, ovvero la schizofrenia della cleptocrazia militare

di comidad

Il bello dei nostri oligarchi sta nel fatto che non c’è bisogno di fare troppi sforzi di immaginazione per capirli, dato che ci dicono tutto loro. Andando sul sito della NATO si trova un discorso che il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha pronunciato alla Heritage Foundation il 31 gennaio scorso allo scopo di convincere i parlamentari statunitensi a votare per un’ulteriore “dose” di aiuti finanziari all’Ucraina. Il bilancio strategico delineato da Stoltenberg è piuttosto interessante. Si apprende infatti che i vari nemici dell’Occidente democratico (Russia, Cina, Iran e Corea del Nord) hanno superato le loro storiche divergenze e ostilità costituendo un unico blocco del male. La cooperazione tra i malvagi non riguarda solo l’aspetto strategico-militare ma anche la resistenza alle sanzioni economiche occidentali; anzi, i maligni stanno persino contrattaccando, sfruttando le sanzioni per cercare di minare la supremazia finanziaria degli Stati Uniti. Che potessero allearsi potenze da sempre rivali come Russia, Cina e Iran, era un’ipotesi che sino a qualche tempo fa qualsiasi storico avrebbe considerato inverosimile, ma pare che gli USA e la NATO siano invece riusciti nel miracolo.

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Piccole Note: UNRWA: la sospensione dei fondi è un crimine di guerra

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UNRWA: la sospensione dei fondi è un crimine di guerra

di Piccole Note

Tante le criticità delle accuse rivolte contro l’UNRWA…è colpire tutti i palestinesi… è contro la Convenzione di Ginevra. Intanto, spiragli reali per la tregua

Riportiamo dal sito Libertarian Institute: “Gli organi di stampa con accesso alla sintesi di un dossier di intelligence [israeliano] che sostiene che i dipendenti dell’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite per i palestinesi [UNRWA] hanno partecipato all’attacco di Hamas del 7 ottobre affermano che non fornisce prove a sostegno di tali affermazioni”.

“L’affermazione di Tel Aviv ha portato diversi importanti donatori dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione a sospendere i loro finanziamenti. Funzionari delle Nazioni Unite avvertono che l’UNRWA finirà presto i fondi, il che porterà i 2,3 milioni di palestinesi di Gaza verso la carestia”.

 

Criticità delle accuse all’UNRWA

“Il canale britannico Channel 4 e The Daily Beast hanno esaminato il riassunto di sei pagine di un dossier di intelligence che Israele sta distribuendo a fonti selezionate. Il documento sostiene che 12 membri dell’UNRWA hanno partecipato agli attentati del 7 ottobre e che centinaia dei 30.000 dipendenti dell’agenzia hanno legami con Hamas”.

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coniarerivolta: L’austerità sin da piccoli

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L’austerità sin da piccoli

di coniarerivolta

Recentemente siamo intervenuti sul tema dei tagli ai fondi per i consultori, austerità particolarmente odiosa e deleteria poiché distruttiva per un’importante tipologia di presidio dei diritti della donna e della sessualità libera. Aggiungiamo ora che l’offensiva dell’austerità non risparmia neanche gli asili nido, risorsa fondamentale per permettere di coniugare lavoro e cura familiare.

Analizziamo infatti la situazione degli asili nido dai dati ISTAT sul biennio 2021-2022. Verificando il numero di posti negli asili nido rispetto ai bambini, a fronte di un target di livello europeo del 33%, solamente il centro Italia e il nord-est rispettano questo requisito; in particolare nel sud si è ben lontani (16%). Inoltre, solamente il 48,8% degli asili nido è pubblico (meno della metà) e le richieste di iscrizione sono in gran parte insoddisfatte: 66,4% nel pubblico e 48,7% nel privato. Il rapporto dell’ISTAT prosegue con altri dati interessanti e inquietanti, questi i titoli dei vari paragrafi: “Sotto la media europea la frequenza del nido”, “Grandi divari territoriali nella spesa pubblica per i servizi all’infanzia”, “Eterogenei i criteri di accesso al nido utilizzati dai Comuni”, “Lo svantaggio economico non sempre prioritario nell’accesso al nido pubblico”, “I contributi statali non riequilibrano le diseguaglianze”, “Persistono squilibri socio-economici nell’accesso al nido”.

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Carlos X. Blanco: Oggi Lenin sarebbe stato in prima linea tra i trattori

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Oggi Lenin sarebbe stato in prima linea tra i trattori

Jaime P. Quirós intervista Carlos X. Blanco

 

-Avete preparato l’edizione di Cien años de la muerte de Lenin: Dialéctica y marxismo, di Salvatore Bravo, per le edizioni Ratzel: approfittando dell’anniversario della sua morte? Quanto è interessante Lenin oggi per un’impronta contemporanea come Ratzel, del XXI secolo, dedicata alla geopolitica?

Un interesse enorme. Che si simpatizzi o meno con lui, che si condivida o meno la sua potentissima strategia di guerra al capitalismo e all’imperialismo, Lenin è un leader colossale, una figura che tutti dovrebbero conoscere. Era un uomo d’azione, ma anche un filosofo, un discepolo di Marx che, quando voleva scrivere come allievo applicato, si abbandonava a volgarità (la sua teoria gnoseologica del riflesso, per esempio), ma quando pensava politicamente per conto proprio, dimostrava una volontà di ferro e un enorme intelletto pratico. La sua analisi dell’imperialismo come stadio più alto del capitalismo è ancora una teoria del momento.

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Stefania Fusero: La disabilità del male

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La disabilità del male

di Stefania Fusero

fusero disabilita del male.pngUn’illustre cittadina tedesca, ebrea polacca di nascita, scriveva all’inizio dell’anno 1917:

“Che cosa intendevi parlando delle sofferenze particolari degli ebrei? Sento altrettanto vicini gli sfruttati delle piantagioni di gomma a Putumayo o i neri dell’Africa con i cui cadaveri gli europei giocano a palla. Hai forse dimenticato le parole del capo di stato maggiore sulla spedizione von Trotha nel Kalahari? ‘E il rantolo dei moribondi, il grido impazzito degli assetati echeggiavano nel sublime silenzio dell’infinito.’ Ecco, questo ’sublime silenzio dell’infinito’, in cui echeggiano senza essere udite tante grida, risuona in me così forte che non mi resta nel cuore nemmeno un angolino riservato esclusivamente al ghetto. […]”.

Rosa Luxemburg in una lettera a Mathilde Wurm, 16 febbraio 1917

Durante il XIX e l’inizio del XX secolo, la Germania partecipò con gli altri Paesi europei alla brutale spartizione dell’Africa, colonizzando le terre che oggi chiamiamo Togo, Camerun, Burundi, Ruanda, Tanzania continentale e Namibia. La campagna fu particolarmente crudele in Namibia, dove nell’agosto del 1904 il generale von Trotha mise a punto un nuovo piano di battaglia per porre fine alla rivolta degli Herero. Nella battaglia di Waterberg diede l’ordine di accerchiare gli Herero su tre lati, in modo che l’unica via di fuga fosse verso l’arida steppa di Omaheke, propaggine occidentale del deserto del Kalahari. Gli Herero fuggirono nel deserto e von Trotha ordinò alle sue truppe di avvelenare i pochi pozzi d’acqua, di erigere posti di guardia lungo una linea di 150 miglia e di sparare a vista su ogni Herero, che si trattasse di uomo, donna o bambino. Molti morirono di disidratazione e di fame.

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Thomas Fazi: L’arma segreta degli eurocrati. Nel suo 25° compleanno l’euro ha consegnato a loro la vittoria

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L’arma segreta degli eurocrati. Nel suo 25° compleanno l’euro ha consegnato a loro la vittoria

di Thomas Fazi

Il fatto che la Germania sia caduta in disgrazia in questo processo, passando da egemone europeo incontrastato a vassallo americano in capo, è una delle grandi ironie dell’ultimo decennio

DOC 20220415 25727800 960x600 1.jpgIl 1° gennaio, mentre l’Unione Europea inaugurava un altro anno di caos economico e di guerre non troppo lontane, nessuno era dell’umore giusto per festeggiare il 25° compleanno dell’euro. Nessuno, se non gli eurocrati.

Come sempre, i vertici dell’UE hanno sciorinato liriche sulla moneta unica, ma quest’anno le loro riflessioni sono sembrate più deliranti che mai. In un articolo pubblicato in tutta l’eurozona, i presidenti della Banca centrale europea, della Commissione, del Consiglio, dell’Eurogruppo e del Parlamento hanno elogiato l’euro per aver dato all’UE “stabilità”, “crescita”, “posti di lavoro”, “unità” e persino “maggiore sovranità”, e per essere stato un “successo” complessivo.

Questa autocelebrazione è comune tra gli eurocrati. Nel 2016, ad esempio, mentre l’Europa si stava ancora riprendendo dalle conseguenze disastrose della crisi dell’euro, Jean-Claude Juncker, allora Presidente della Commissione, affermò che l’euro porta “enormi” anche se “spesso invisibili benefici economici”. La dichiarazione di quest’anno, tuttavia, aveva un sapore particolarmente orwelliano. L’euro non ha portato nulla di tutto ciò all’Europa: oggi l’UE è più debole, più frammentata e meno “sovrana” di 25 anni fa.

Dal 2008, l’area dell’euro è essenzialmente stagnante e la sua crescita complessiva a lungo termine è stata negativa. Questo ha portato a una drammatica divergenza tra le sue fortune economiche e quelle degli Stati Uniti: depurata dalle differenze nel costo della vita, l’economia di questi ultimi era solo del 15% più grande di quella dell’area dell’euro nel 2008; oggi è del 31%.

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Federico Nejrotti: Perché l’intelligenza artificiale ha rilanciato il reddito universale di base

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Perché l’intelligenza artificiale ha rilanciato il reddito universale di base

di Federico Nejrotti

image2hfdc.jpgQuella tra tecnologia, lavoro e profitto è un triangolo burrascoso che risale alla rivoluzione industriale, quando le macchine hanno iniziato a riconfigurare sistematicamente la relazione fra questi tre fattori.

Da allora, la tecnologia si è evoluta a enorme velocità facendoci passare dalla macchina a vapore a complicatissimi algoritmi in grado di migliorare automaticamente le loro capacità. Il comune denominatore di queste trasformazioni è sempre stato uno: la lotta senza quartiere per il valore generato da queste macchine.

 

La crescita dell’AI ha riproposto il dibattito sul Reddito di Base Universale

Da sempre, gli interessi economici hanno trainato lo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie di automazione, e da sempre la società civile ha cercato di partecipare alla conversazione sulle politiche relative al loro uso.

Chi beneficia dell’introduzione di una tecnologia nel processo lavorativo? Come riconfigura i rapporti con la forza lavoro? Cosa faranno i lavoratori che verranno rimpiazzati? Sarà possibile formarli nuovamente? O questi sviluppi tecnologici sono il preludio di una spirale di precarizzazione sistemica?

Tutte queste domande (e molte, molte altre) giocano un ruolo politico decisivo nelle economie di tutto il mondo. L’opinione pubblica che si genera attorno a esse rappresenta un equilibrio fondamentale, e la stessa idea sulle capacità effettive di una tecnologia, su come si possa sviluppare e come sia in grado di riconfigurare i rapporti di forza condiziona le scelte politiche, per cui diventa un tema delicato anche dal punto di vista propagandistico (come nel caso del cosiddetto AI doomerism).

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Paolo Cortesi: Programmi tv come addestramento di massa alla sottomissione

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Programmi tv come addestramento di massa alla sottomissione

di Paolo Cortesi

Un articolo del 2014 sul nuovo indottrinamento televisivo si è dimostrato lucido e lungimirante. Lo riproponiamo oggi per rileggere l’ideologia nascosta di Masterchef e i suoi fratelli

Avrete notato, credo, il moltiplicarsi (in tempi così rapidi da non poter essere fenomeno casuale o “naturale”) di programmi tv basati sulla competizione. Anzi sulla competizione esasperata che conduce a una sistematica, progressiva eliminazione.

La formula è semplice, sempre la stessa: cantanti, cuochi, parrucchieri, pasticcieri, ballerini, aspiranti uomini d’affari (sic) e altre categorie si sottopongono al giudizio – spesso spietato, sempre severo – di sedicenti giudici. Da notare che i giudici, il cui verdetto è inappellabile, sono quasi sempre sconosciuti al grande pubblico quanto gli aspiranti che saranno giudicati, ma essi (i giudici) sono investiti di un’autorità (ripeto: autorità, dato che della loro autorevolezza nulla è dato a sapere) di un’autorità, dicevo, assoluta. Lo “spettacolo” funziona così: gli esaminandi si sottopongono a prove anche molto dure, la competizione è feroce perché il “gioco” è a eliminazione, non esistono squadre perché il vincitore può essere solo un individuo e i gruppi che occasionalmente si formano hanno una vita solo funzionale alla selezione dei singoli.

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La Terra Trema: Appunti sulle mobilitazioni degli agricoltori

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Appunti sulle mobilitazioni degli agricoltori

di La Terra Trema

La Terra Trema è un collettivo che si occupa di cura dell’ambiente e del territorio. Nato nel milanese, attraverso una fiera annuale che mette in relazione vignaioli, contadini e piccoli produttori agricoli di tutta Italia, ha attivato relazioni con migliaia di persone e progetti per la costruzione di filiere corte alternative all’agroindustria e alla grande distribuzione.

Dal 2015 pubblica una rivista, L’Almanacco de La Terra Trema che racconta questi territori in lotta, le esperienze di contadini, le storie di produttori e produttrici, le possibili alternative esistenti e da costruire.

Pubblichiamo a seguire, ripreso dal sito del collettivo, un articolo sulle mobilitazioni degli agricoltori in atto in questi giorni.

* * * *

Le mobilitazioni di questi giorni degli agricoltori, che stiamo seguendo e attraversando, ci danno la possibilità di ribadire alcune questioni.

L’agricoltura contadina è a rischio estinzione. In Italia sono rimaste poco più di un milione di aziende agricole. Negli ultimi quarant’anni sono scomparse due aziende su tre.

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Enrico Vigna: 10 Febbraio, Giornata del ricordo: Non chiedeteci di condividere

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10 Febbraio, Giornata del ricordo: Non chiedeteci di condividere

di Enrico Vigna*

Si comprendono i “ragazzi di Salò” e si accusano i “massacri dei partigiani jugoslavi”, si dedurrebbe anche italiani, visto che sono stati oltre cinquantamila i partigiani italiani che hanno combattuto contro il nazifascismo in Jugoslavia e sono morti in quelle terre per riscattare l’onore di un intero popolo, macchiato e infangato da vent’anni di fascismo e colonialismo contro altri popoli, come quello jugoslavo, che mai nella storia hanno aggredito il nostro paese.

Da destra e da “sinistra”, tutti concordano per la “riconciliazione”, e invece lavorano per rinfocolare odi, rancori, razzismo etnico. Questi signori dimenticano che la riconciliazione c’è già stata: è avvenuta il 25 aprile 1945, con la sconfitta del fascismo, la cacciata dell’invasore nazista e la vittoria della lotta di liberazione nazionale.

Il mito degli italiani “brava gente” è fondato sulla rimozione storica dei crimini di guerra commessi dall’esercito italiano nelle colonie e nei territori invasi e occupati della 2° guerra mondiale; la nostra storia nazionale è ricca di rimozioni e “dimenticanze” di quello che è stato fatto ad altri popoli e paesi.

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Leo Essen: Dimenticare la sociologia del lavoro. Da Aris Accornero a Pietro Ichino il passo è breve

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Dimenticare la sociologia del lavoro. Da Aris Accornero a Pietro Ichino il passo è breve

di Leo Essen

La distinzione tra Indigente (povero) e Disoccupato è il primo e maggior merito di questo libretto di sociologia del lavoro all’italiana (I paradossi della disoccupazione, Mulino 1986). Distinzione che negli anni 90 è andata smarrita, grazie al lavoro di propaganda di rifondazione e confratelli. Hanno fatto di tutto con la retorica della quarta settimana. Alla fine sono riusciti ad appiattire il tema della disoccupazione (che in effetti è scomparso dal dibattito) su quello della povertà. Ancora si sentono forti gli strascichi. Noi saremmo una nazione di straccioni e morti di fame, bisognosi di caritatevole soccorso, e non una nazione di disoccupati, eccetera.

La disoccupazione non ha una valenza assoluta, dice Accornero. Non ci sono dati oggettivi – i disoccupati – misurabili. La disoccupazione è una dimensione relativa, relativa al bisogno (di per sé relativo) che una persona esprime in un determinato momento, e relativa alla volontà di cercare un lavoro. Si può essere nel bisogno e senza lavoro, come lo erano molte casalinghe, e collocarsi volontariamente nell’area dell’inattività – dunque né occupate né disoccupate.

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