Rassegna 08/08/2024
Davide Sali: La società dell’ansia di Vincenzo Costa
La società dell’ansia di Vincenzo Costa
di Davide Sali
E se mi viene bene,
se la parte mi funziona,
allora mi sembra di essere
una persona.
G. Gaber, Il comportamento
Il testo “La società dell’ansia” di Vincenzo Costa è una piccola, ma preziosa, bussola per orientarsi dentro la giungla di disagio emotivo che attraversa le società occidentali e, in particolare, i più giovani. Nonostante, si presenti come un librettino agile e di lettura scorrevole, esso è ricco di una profonda e rara consapevolezza teorica, che l’autore sa far fruttare nel migliore dei modi. Costa è professore di filosofia teoretica e uno degli studiosi più affermati di fenomenologia; tuttavia, egli sa calare il complesso apparato concettuale della fenomenologia – in particolare, tanto dell’analitica esistenziale heideggeriana, quanto della psicopatologia fenomenologica di Binswanger e Minkowski – nell’analisi dei fenomeni sociali ed emotivi e questo, va detto, è un approccio quasi totalmente assente in chi si occupa di politica e società. Per cui, questo libretto è particolarmente prezioso anche per questo aspetto teorico, oltre che per la finezza delle sue analisi nel merito. Tutto ciò è testimonianza di un fatto tanto vero quanto inattuale: la filosofia, per quanto il sistema universitario ci provi, non può essere compartimentata e dà il meglio di sé quando riesce a essere un’analisi transdisciplinare e trasversale.
Ci sembra di poter rilevare tre aspetti fondamentali del testo: il primo (coincidente col primo capitolo) è l’aspetto teorico e metodologico per inquadrare il tema, il secondo (secondo, terzo e quarto capitolo) mette a fuoco il tema dell’ansia tanto nelle sue dinamiche esistenziali, quanto nelle sue condizioni sociali, il terzo è invece trasversale a tutto il testo e agisce sottotraccia: si tratta dell’indicazione di possibili vie d’uscita dal disagio.
Leo Essen: Compagni Cittadini: dal Diritto al lavoro al Reddito di cittadinanza. La svolta Liberal
Compagni Cittadini: dal Diritto al lavoro al Reddito di cittadinanza. La svolta Liberal
di Leo Essen
I
Alla fin degli anni Ottanta, Honecker sulla Traband guidò il corteo funebre della Classe Lavoratrice mondiale. Per i più avveduti, come il Partito Comunista Italiano, cominciò la Stagione dei Diritti. Anche il sindacato, con Trentin, inaugurò la sua Stagione dei diritti. Dai diritti di Cittadinanza – così vennero chiamati – si passò, per logica conseguenza, al Reddito di Cittadinanza.
Un ciclo iniziato con il discorso di Nixon del 1971 si chiuse nella caciara generale: tra orfani del PCI e orfani del Socialismo reale, si faceva a gara a chi la sparasse più grossa.
Il grande sacerdote che battezzò la stagione dei Diritti fu l’ordo-liberale Ser Ralf Dahrendorf. Non deve assolutamente stupire scoprire che molta della fuffa che è stata venduta negli ultimi 15 anni in Italia e nel mondo dalla nuova destra, anche il precetto che questi temi trascendono la politica e dunque la destra e la sinistra, si trovino in Dahrendorf, e vengano direttamente dagli anni Ottanta.
I più rimuovono questo ricordo, anche se esso riaffiora nel desiderio di ritorno a un’infanzia felice, quando lo Stato, nei panni di Fanfani o di Stalin, dispensava serenità e benessere.
Nel 1971 la festa finì. La crescita dell’economia non garantiva più l’assorbimento delle forze attive. Nei paesi dell’OCSE, a fronte di una crescita del 3-4%, si registrava una disoccupazione del 10% e oltre. Il legame tra economia e benessere si era rotto. Riemergeva una nuova povertà – la povertà in mezzo all’abbondanza. La società borghese – questo è il grande tema di Dahrendorf -, con la sua divisione sociale del lavoro, ci aveva trasformati tutti in lavoratori, ognuno dipendente dal lavoro per vivere e per studiare, e persino per divertirsi.
Mario Lombardo: Israele, il terrore suona a Teheran
Israele, il terrore suona a Teheran
di Mario Lombardo
Il grado di criminalità raggiunto dal regime genocida di Netanyahu nella notte di martedì con l’uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, riflette il livello di disperazione raggiunto dallo stato ebraico dopo quasi dieci mesi di guerra a Gaza senza avere raggiunto un solo obiettivo strategico. Oltre a ribadire che Israele agisce di fatto come un’entità terroristica, l’assassinio mirato del capo dell’ufficio politico del movimento di liberazione palestinese conferma senza alcun dubbio almeno due delle intenzioni del primo ministro/criminale di guerra: far saltare definitivamente le trattative diplomatiche per una tregua e scatenare una guerra di vasta portata in Medio Oriente, da far combattere però soprattutto agli Stati Uniti.
Haniyeh, con cui Israele stava ufficialmente negoziando un cessate il fuoco, è stato ucciso a Teheran nella residenza che gli avevano assegnato le autorità iraniane in occasione della sua visita per l’inaugurazione del nuovo presidente, Masoud Pezeshkian. Le modalità dell’operazione, sulla cui responsabilità non ci sono evidentemente dubbi, restano ancora piuttosto oscure. Nel pomeriggio di mercoledì è arrivata da Teheran la notizia che a colpire l’edificio dove soggiornava Haniyeh è stato un missile lanciato al di fuori del territorio della Repubblica Islamica.
Salvatore Bravo: Rovesciamento dialettico
Rovesciamento dialettico
di Salvatore Bravo
L’Occidente capitalistico è orbo, non ha vista e sguardo che per se stesso, mentre si consumano in mondo-visione le olimpiadi (volutamente con la o minuscola) dei diritti, ma nel contempo tutto brucia nella guerra. Israele continua la sua politica di potenza, non possiamo che supporre con l’ausilio di Stati Uniti e Inghilterra, si attacca ancora una volta un paese sovrano a dispregio di ogni legalità internazionale. L’occidente (o volutamente minuscola) che in mondo-visione lancia l’inclusione dell’amore è in guerra continua in cui ogni legge internazionale è calpestata, e si pretende che gli altri Stati debbono obbedire alla legalità. È il tempo di Trasimaco: il più forte determina la legge, solo che chi usa la forza perde il polso della realtà e non ha consapevolezza che la medesima legge pone le condizioni per il suo superamento. La società inclusiva ha ai suoi confini delle trincee, i fili spinati con il loro aculei dividono e producono tensioni che favoriscono solo l’industria delle armi. Il pungolo nella carne non è più accettato dai popoli che fino a poco tempo fa erano sotto il giogo neocolonialista. Per finanziare le guerre e le aggressioni in nome dei “nostri valori” si finanziano le spese militari e nel contempo si tagliano diritti da cui dipende la qualità di vita dei cittadini: scuola, sanità e pensioni.
Dialettica Democratica: Rompere i tabù, aprire il dibattito
Rompere i tabù, aprire il dibattito
di Dialettica Democratica
Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Per l’ennesima volta, anche negli ultimi giorni, il direttore del giornale online L’Interferenza, Fabrizio Marchi, è stato fatto oggetto di insulti e attacchi personali in relazione ad alcuni articoli da lui stesso pubblicati a sua firma.
Ancora una volta, per l’ennesima volta, si sceglie di ricorrere agli insulti gratuiti e alle offese personali pur di non accettare il confronto logico-dialettico su quelli che da tempo sono diventati dei veri e propri tabù, dei dogmi considerati incriticabili. Ci riferiamo ai temi che riguardano l’ideologia cosiddetta politicamente corretta e in particolare le “questioni di genere”, il femminismo, in tutte le sue articolazioni, e le tematiche LGBTQ.
Tali questioni – specialmente nell’ambito della sinistra, sia essa liberale, radicale o sedicente “antagonista” – sono state elevate a una sorta di Verità Assoluta, Incontestabile e Incriticabile al punto tale che chi osa avanzare una critica alle suddette narrazioni viene immediatamente e sistematicamente “scomunicato” e bollato con i peggiori epiteti: “maschilista, misogino, omofobo, reazionario, fascista, frustrato, sfigato” e via discorrendo.
Gianandrea Gaiani: Germania: incertezza e costi energetici mettono in fuga le industrie
Germania: incertezza e costi energetici mettono in fuga le industrie
di Gianandrea Gaiani
Sembrano trovare conferma i peggiori scenari per l’economia tedesca ed europea determinati dal conflitto in Ucraina e dalle decisioni assunte in proposito dall’Unione Europea e dai governi di molti stati membri.
Scenari economici ed energetici che erano stati peraltro ampiamente previsti da economisti, istituti di ricerca e associazioni industriali e imprenditoriali, che raccomandavano l’adozione di un piano di almeno 8/10 anni per la rinuncia al gas fornito all’Europa dalla Russia.
I dati resi noti dall’Energy Transition Barometer 2024 pubblicato dall’Associazione delle Camere di Commercio e Industria tedesche (IHK), confermano quanti siano state disastrose le decisioni della Commissione UE guidata da Ursula von der Leyen, che dopo i gravi insuccessi degli anni scorsi ha ottenuto da un europarlamento “tafazziano” un ulteriore mandato con cui probabilmente completare l’opera di demolizione dell’economia europea e della sua competitività.
Gli elevati costi energetici e l’incertezza sulle forniture hanno spinto 4 aziende manifatturiere tedesche su 10 a valutare la possibilità di trasferire la produzione all’estero o di limitarla in Germania, riferisce il rapporto che rileva come oltre la metà delle aziende industriali tedesche con 500 o più dipendenti stia prendendo in considerazione la possibilità di trasferire la produzione all’estero o di limitarla in Germania dove peraltro, come in Italia, gli indici di produzione industriale sono in calo costante da due anni.
Fabio Ciabatti: E allora Hamas? La violenza degli oppressi e i dilemmi della sinistra occidentale
E allora Hamas? La violenza degli oppressi e i dilemmi della sinistra occidentale
di Fabio Ciabatti
Enzo Traverso, Gaza davanti alla storia, Editori Laterza, 2024, pp. 95, € 12,00
La violenza è l’unico modo per affermare la propria umanità da parte di chi subisce una brutale oppressione. Inutile fare appello alla sua essenza umana astratta, sferrare un pugno al volto del suo carnefice è l’unico mezzo per riacquisire la propria dignità. La violenza repressiva è la negazione dell’uguaglianza e quindi dell’umanità stessa. La violenza vendicatrice, all’opposto, crea uguaglianza, ma questa è soltanto negativa, un’uguaglianza nella sofferenza. Per questo, non bisogna mai dimenticarlo, uno dei compiti più difficili è trasformare la violenza sterile e vendicativa in violenza liberatoria e rivoluzionaria. Credo che questo sia un buon punto di partenza per chi vuole esprimere la doverosa e piena solidarietà con la lotta del popolo palestinese mantenendo allo stesso tempo uno sguardo lucido sulle posizioni in campo.
Queste considerazioni sulla violenza si possono trovare nel pamphlet Gaza davanti alla storia di Enzo Traverso, sebbene non appartengano direttamente all’autore che le riprende da Jean Améry, un sopravvissuto ai campi di sterminio della Seconda guerra mondiale. Si tratta di riflessioni che partono proprio dalla condizione dei prigionieri nei lager nazisti. Se qualcuno si scandalizzasse per il paragone tra i palestinesi perseguitati dal colonialismo sionista e gli ebrei vittime del genocidio hitleriano si deve notare che è lo stesso Améry che, riflettendo sugli scritti di Fanon, accosta “l’oppresso, il colonizzato, il detenuto del campo di concentramento, forse anche lo schiavo salariato sudamericano” nelle sue considerazioni sulla violenza.1
Il rovesciamento tra la vittima di ieri e il carnefice di oggi non è l’unica inversione di cui prende atto Traverso riflettendo sulla tragedia di Gaza.
Drago Bosnic: “Tutto potrebbe andare storto”
“Tutto potrebbe andare storto”
di Drago Bosnic per Global Research
Le esercitazioni della Russia per il dispiegamento di armi nucleari tattiche, in risposta allo spiegamento di F-16 con capacità nucleare
Proprio l’ultimo giorno di luglio, l’esercito russo ha annunciato di aver avviato “la terza e ‘ultima’ fase di esercitazioni per mettere in pratica lo spiegamento di armi nucleari tattiche”. Il Ministero della Difesa (MoD) del Cremlino ha anche avviato esercitazioni congiunte con la Bielorussia, il suo più stretto alleato. Ad alcuni, potrebbe sembrare strano che Minsk stia partecipando a tali attività, ma va notato che la Bielorussia ha aderito al programma di condivisione delle armi nucleari della Russia a marzo dell’anno scorso, con conseguente ridispiegamento delle armi termonucleari russe in risposta alla continua escalation di belligeranza della NATO. All’epoca, Minsk ha inoltrato una richiesta formale a Mosca, chiedendo le massime garanzie di sicurezza nel caso in cui il cartello di racket più aggressivo del mondo avesse avuto delle “idee bizzarre”. Ora, entrambi i paesi stanno capitalizzando questa stretta partnership, con l’esercito bielorusso che gestisce persino gli ineguagliabili sistemi missilistici ipersonici terrestri “Iskander-M”.
Fabrizio Casari: Israele a caccia di guerre
Israele a caccia di guerre
di Fabrizio Casari
Come nelle più scontate spy-stories, accettare il negoziato da un lato comporta impedirlo dall’altro. Com’è noto, Ismail Haniyeh, capo di Hamas, esponente riconosciuto dell’ala politica più incline a sostenere un processo unitario di riorganizzazione della resistenza palestinese e negoziatore con Israele, è stato barbaramente assassinato da un attentato a opera dei servizi segreti di Tel Aviv. Haniyeh si trovava a Teheran per la cerimonia d’insediamento del Presidente iraniano Pezshkian ed era reduce dal Vertice di Pechino dove, grazie agli sforzi diplomatici cinesi, l’intera gamma delle formazioni palestinesi avevano trovato un accordo. Haniyeh, peraltro, era tra i candidati più accreditati a guidare il percorso di riconciliazione unitaria.
La sua sostituzione con Khaled Meshal (sopravvissuto a un avvelenamento del Mossad) comporterà comunque un riassetto della funzionalità di Hamas e del dialogo corrente con le altre organizzazioni palestinesi e i suoi interlocutori esteri.
L’ennesimo attentato dimostra che ormai Israele ha perso ogni dimensione statuale in conformità con la disciplina giuridica internazionale che sottintende l’attività degli stati e si è ridotta a una entità terroristica, solo con maggiori dotazioni e protezioni dell’Occidente del quale continua a essere il braccio armato in Medio Oriente.
Nil Malyguine: Ucraina: colloqui di pace in vista?
Ucraina: colloqui di pace in vista?
di Nil Malyguine
Da mesi non si fa altro che parlare di trattative di pace per l’Ucraina. Molti le ritengono imminenti, quasi tutti le considerano indispensabili, eppure nessuno sembra in grado di tracciarne i possibili contorni.
Entrambi gli schieramenti, sebbene in misura differente, accusano la stanchezza della guerra e sembrano consapevoli della necessità di concluderla, ma questo è forse l’unico punto su cui si trovano d’accordo. Non vi è infatti alcuna intesa né sul luogo, né sul formato, né su chi potrebbe mediare questi colloqui.
E intanto al fronte si continua a sparare.
Le posizioni dei contendenti
Inutile girarci attorno: per concludere una guerra, serve che uno dei due schieramenti riporti una vittoria decisiva sul campo; oppure che entrambi siano sufficientemente stanchi da accettare una soluzione di compromesso che in un’altra situazione sarebbe insoddisfacente.
Vista la prevalente staticità del fronte, che nemmeno la recente offensiva russa nella regione di Kharkov è riuscita a infrangere, la situazione odierna non sembra rientrare nella prima casistica. L’Ucraina evidentemente non è più in grado di tornare sui suoi confini del 1991: le vittorie militari del 2022, quando le truppe di Kiev erano riuscite a cacciare i russi dalle regioni di Kiev, Chernigov, Sumy e Kharkov, sono ora solo uno sbiadito ricordo.
Eros Barone: Pietro Secchia, la degenerazione del PCI e il “centrismo”
Pietro Secchia, la degenerazione del PCI e il “centrismo”
di Eros Barone
Cinquant’anni fa, moriva in circostanze ancor oggi non chiarite un grande dirigente comunista:1 si chiamava Pietro Secchia, era piemontese e apparteneva alla seconda generazione di “costruttori del partito”, quella che aveva operato nella lotta clandestina contro il fascismo, nella resistenza armata contro il nazifascismo e nelle dure lotte sociali e politiche del secondo dopoguerra.
Secchia era infatti uno dei giovani più attivi e motivati fra quelli che aderirono al nuovo partito comunista, e assieme a Luigi Longo fu dirigente di spicco della Federazione giovanile comunista. Alla fine degli anni Venti la «svolta» della Terza Internazionale in direzione di un inasprimento della lotta contro le socialdemocrazie, con la previsione di uno sbocco insurrezionale a breve termine, vide premiato il radicalismo dei giovani, ed essi saranno i protagonisti della ripresa di una diffusa attività clandestina nell’Italia fascista. Una scelta, questa, che si rivelò molto costosa sul piano delle perdite a causa della cattura di gran parte dei dirigenti inviati nella penisola, benché tale scelta sia stata sempre rivendicata a posteriori dai protagonisti (non solo Secchia, ma anche Giorgio Amendola) come errore ‘provvidenziale’ che aveva riportato l’organizzazione clandestina del PCd’I in Italia, ponendo le basi per la futura crescita di massa nella Resistenza.