[SinistraInRete] Giovanni Carosotti: Una facile profezia. La storica analisi di Hirsch jr. sulla scuola

Rassegna – 02/10/2024

 

Giovanni Carosotti: Una facile profezia. La storica analisi di Hirsch jr. sulla scuola

nazioneindiana

Una facile profezia. La storica analisi di Hirsch jr. sulla scuola

di Giovanni Carosotti

Hirsh.jpgNel 1997 e 1998, ormai quasi trent’anni fa, furono pubblicati i primi studi in cui si esprimeva grave preoccupazione nei confronti di un’azione politica che intendeva radicalmente trasformare, in senso anti culturale, la scuola pubblica italiana. Tra gli autori pochi insegnanti, a parte qualche lodevole eccezione (Fabrizio Polacco, La cultura a picco), che dovevano forse ancora rendersi conto di quanta determinazione si stava investendo per stravolgere il senso della loro professione. A farsi carico di questa denuncia furono importanti figure intellettuali, che avevano colto i pericoli di una strategia falsamente riformatrice i cui obiettivi rispondevano a criteri di dominio economico, e il cui interesse conseguente era dunque quello di indebolire il senso critico degli studenti, per renderli soggettività integrate in un sistema di valorizzazione, incapaci di una reale critica sistemica. Oltre al giustamente famoso Segmenti e bastoncini di Lucio Russo, l’altro testo decisivo fu La scuola sospesa di Giulio Ferroni. Ciò che colpisce in questi lavori è la capacità di intuire gli effetti deleteri di lungo e lunghissimo periodo di quelle scelte, che avrebbero investito non solo l’istituzione scolastica, ma l’intera società nel suo complesso, e reso sempre meno capace l’opinione pubblica di interfacciarsi in modo consapevole con le trasformazioni politico-economiche in atto, senza rendersi conto di quanto queste, in alcuni casi, andavano a contraddire lo stesso spirito fondativo della Costituzione repubblicana. Una serie di riflessioni che, rilette oggi (e giustamente nel 2016 Feltrinelli ha riedito il testo di Russo), sembrano profetiche; espresso in un periodo – è bene notarlo – in cui si dubitava che le intenzioni radicali della classe politica potessero avere ragione nei confronti di lavoratori intellettuali, i docenti, ancora pienamente consapevoli del valore culturale del proprio lavoro (e l’ultima dimostrazione di tale consapevolezza fu l’opposizione al cosiddetto “concorsone” voluto dal ministro Berlinguer).

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Scott Ritter: La Russia non sta bluffando

comedonchisciotte.org

La Russia non sta bluffando

di Scott Ritter

Cosa fareste per salvare la democrazia? Per salvare l’America? Per salvare il mondo? Come voterete a novembre?

Se non state ancora pensando alla fine del mondo, allora o siete dei cerebrolesi o siete bloccati in qualche angolo remoto del mondo, totalmente privi di accesso alle notizie.

La scorsa settimana siamo stati più vicini a un conflitto nucleare tra Stati Uniti e Russia di quanto non lo siamo mai stati dalla crisi dei missili di Cuba del 1962.

Oggi siamo ancora più vicini.

Quasi tutti gli scenari ventilati dai media occidentali su un conflitto nucleare tra Russia e Stati Uniti vedono la Russia dare il via allo scambio usando armi nucleari contro l’Ucraina in risposta al deterioramento delle condizioni militari, economiche e/o politiche provocato dagli Stati Uniti e dalla NATO, che hanno sfruttato con successo l’Ucraina come proxy per ottenere la sconfitta strategica della Russia.

È questo che intendono sia l’Ucraina che l’amministrazione Biden quando parlano di “vincere la guerra”.

Questa è la continuazione dell’obiettivo politico enunciato dal Segretario alla Difesa Lloyd Austin nell’aprile del 2022: “vedere la Russia indebolita al punto da non poter fare il tipo di cose che ha fatto invadendo l’Ucraina“, ovvero che la Russia non dovrebbe “avere la capacità di ricostituire rapidamente” le forze e gli equipaggiamenti che ha perso in Ucraina.

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Marco Cattaneo: La CGIA e gli sprechi

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La CGIA e gli sprechi

di Marco Cattaneo

Le narrazioni su temi economici (e non solo) quando sono basate su fantasie e luoghi comuni fanno danni, perché orientano negativamente il dibattito e mandano fuori strada la pubblica opinione.

Ne ho avuto una riprova qualche giorno fa a seguito di una discussione con alcuni interlocutori su Twitter, pardon su X, dove è stato citata l’iperbolica cifra di 225 miliardi (all’anno…) come costo di sprechi e inefficienze della pubblica amministrazione.

Ho chiesto la fonte del dato e mi è stato linkato questo documento prodotto dalla CGIA di Mestre, un’associazione di artigiani e piccole imprese che in effetti dispone di un ufficio studi piuttosto attivo.

E il titolo del documento in effetti è “Sprechi e burocrazia ci costano oltre 225 miliardi all’anno”.

Sennonché andando a leggere, a pagina 5, dopo l’elencazione di fatti e misfatti della P.A. italiana, si trova questa affermazione: “E’ evidente che questi malfunzionamenti, tratti da fonti diverse, non si possono sommare, innanzitutto perché sono riferiti ad anni diversi e in secondo luogo perché in alcuni casi le aree di queste analisi si sovrappongono”.

Bravi. Prima sparate un titolo con un numerone, poi ci costruite sopra una narrazione e alla fine ci fate sapere che “è evidente” che avete sommato dati “che non si possono sommare”.

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Sergio Labate: Israele, l’Occidente e il trionfo della barbarie

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Israele, l’Occidente e il trionfo della barbarie

di Sergio Labate

Ieri sera, mentre pensavo a quest’articolo, ho letto un’ultim’ora sul sito di un ex giornale progressista che tutti conosciamo. Recitava: “Morta la madre di Marco Mengoni”. Solo più sotto, il cahier de doleance dei nostri tempi: guerre, fascismi incombenti, revisioni costituzionali, stati sociali in disuso. Così va il mondo e così vanno le notizie, ormai. Non credo vi sia altro modo di definire tutto ciò se non con l’antico nome di Hybris. La tracotanza di un modello di umanità che si sopravvaluta fino al punto di voler negare ciò che è sacro in noi: le vite spezzate dalla violenza dei fucili, la dignità dei morti in mare, l’invenzione ormai ripudiata della religione secolarizzata dei diritti. Una follia lucida ha preso possesso dell’essere umano col suo programma di adeguare i valori morali alla massimizzazione del profitto. Fare la guerra serve ai mercanti d’armi, e dunque si fa. Ma non serve parlarne troppo, che i rilanci sui social vengono male, mentre la morte della madre di un cantante è come una foto dei gattini: una messa a profitto garantita.

In tutto questo, io insisto nel voler parlare anche oggi del declino dell’Occidente. So di essere ripetitivo e di annoiare i miei pochi, seppur pazienti, lettori. Dovrei in effetti approfondire i fatti, non le tendenze. Soprattutto in tempi così cruenti, in cui i fatti sono tanti e non pretestuosi.

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Jacques Bonhomme: Lotta di classe e lotta anticoloniale in Palestina

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Lotta di classe e lotta anticoloniale in Palestina

di Jacques Bonhomme

6dc3bb8ebb08f95d5d567ab9b19c7bd9 XL.jpg1. Dal presente al passato: vecchie storie da non dimenticare

Quando sono in corso rivoluzioni o guerre civili, le svolte diplomatiche più sorprendenti possono essere una “continuazione della lotta rivoluzionaria con altri mezzi” – per parafrasare il celebre detto dell’altrettanto celebre generale prussiano -, e così è stato a Brest-Litovsk, nel 1918, o in Cina, tra i comunisti e il Kuomintang, nel 1937, di fronte all’invasione giapponese. Ma quando, come appare prepotentemente nel caso della Palestina, una Rivoluzione scaturisce da una Resistenza anticoloniale lunga e sofferta, costellata di offensive e di repressioni spietate, certe svolte diplomatiche tendono ad aprire, e a esasperare, un dualismo fra due livelli, e di conseguenza fra due forme, della lotta: l’articolazione delle alleanze e l’articolazione degli obiettivi. L’apparente complementarità di queste due forme e di questi due livelli della lotta non deve, però, ingannare, poiché le alleanze e gli obiettivi non si accordano mai spontaneamente e soprattutto – a causa della contraddizione che li oppone – non si accordano mai stabilmente. In alcune circostanze le alleanze e gli obiettivi si divaricano ampiamente.

Per quanto riguarda la Palestina, il dualismo concerne due scene non componibili: da una parte l’accordo di Pechino, con il quale le autorità cinesi hanno precostituito, all’ombra dei propri investimenti di capitale nell’area mediorientale, una riconciliazione al ribasso fra tutte le organizzazioni palestinesi e dall’altra le iniziative autonome delle formazioni della Resistenza, come, per esempio, la diffusione di una guerriglia capillare della popolazione palestinese in Cisgiordania, una guerriglia destinata a generalizzare e a radicalizzare lo scontro con lo Stato sionista nelle zone affidate alla sorveglianza dell’ANP, il solerte poliziotto di Israele.

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Eros Barone: Benedetto Croce: pregi e limiti di un autore classico

sinistra

Benedetto Croce: pregi e limiti di un autore classico

di Eros Barone

Croce PLI.jpgÈ invece in quel Croce che seppe meditare… sui meccanismi dell’autorità, della forza e della violenza nella esistenza dei singoli, delle classi, dei ceti e dei popoli, che possiamo ancora oggi trovare un aiuto contro le stoltezze pseudo-etiche che intessono la ideologia italiana incaricata di distrarci dalle vere ragioni dei conflitti… Croce sapeva bene di dovere i propri privilegi alla violenza giacobina del 1793 e ai bersaglieri che dopo il 1860 ammazzarono, nella guerra al ‘brigantaggio’, più contadini del sud di quante vittime fossero costate, tutte insieme, le guerre del Risorgimento.

Franco Fortini

Due anni fa il 70° anniversario della morte di Benedetto Croce (1866-1952) non ebbe una particolare risonanza se non in alcuni ristretti circoli accademici. Già allora la vicinanza e la distanza, tipiche delle ricorrenze anagrafiche degli autori classici, si sovrapponevano e si intrecciavano, conferendo, per un verso, un carattere quasi protocollare al giudizio consolidato sul rilievo storico del filosofo abruzzese, ma rendendo più problematico, per un altro verso, un bilancio obiettivo della sua opera. Vediamo allora di sciogliere, almeno in parte, questa antinomia, tratteggiando a grandi linee la vita e la molteplice produzione di una tra le più importanti personalità della cultura italiana della prima metà del Novecento.

 

  1. Il giovane Croce

Iscrittosi con scarso entusiasmo alla facoltà di giurisprudenza, il giovane Croce fu attratto soltanto dall’insegnamento vivo e anticonformista di Antonio Labriola, una figura chiave del marxismo teorico italiano a cavallo fra i due secoli, che lasciò un’impronta profonda nella formazione intellettuale di quell’allievo quanto mai dotato.

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Redazione Contropiano: Netanyahu dichiara guerra al mondo

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Netanyahu dichiara guerra al mondo

di Redazione Contropiano

Netanyhau ha dichiarato guerra al mondo intero. Tranne alla parte che lo sostiene, foraggia, arma o semplicemente ne ha paura.

E’ persino difficile selezionare, tra le sue frasi, quelle più indicative di una febbre omicida senza più freni.

Ha infatti esordito affermando che i raid contro Hezbollah in Libano continueranno, così come la guerra a Gaza, “fino alla vittoria totale”. Un obiettivo buono per la propaganda, ma che ogni esperto di cose militari, di qualsiasi paese e qualsiasi regime politico, sa essere aria fritta. Perché ogni guerra ha senso se viene condotta con un obiettivo politico realistico, per quanto ambizioso o criminale possa essere.

Se invece la “vittoria totale” coincide con la distruzione – nell’ordine – di Hamas, Hezbollah, l’Iran, lo Yemen controllato dagli Houthi, in generale i musulmani sciiti (maggioranza anche in Iraq), con qualche allusione anche per tutti i musulmani (poco più di 2 miliardi, il 25% degli esseri umani), diventa chiaro che ci troviamo davanti a una follia comprensibile solo dentro una interpretazione suprematista di una religione decisamente minoritaria.

Ma il proclama iniziale era rivolto fondamentalmente ai suoi sponsor occidentali, a partire da Stati Uniti e Francia, che mercoledì – in quella stessa sede – avevano chiesto “un cessate il fuoco immediato di 21 giorni”. E se si parla così agli “amici”, figuriamoci cosa può essere riservato ai nemici e ai “neutrali”.

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Andrea Zhok: “Israele vincerà tutte le battaglie e perderà la guerra”

lantidiplomatico

“Israele vincerà tutte le battaglie e perderà la guerra”

di Andrea Zhok

L’evoluzione dell’attacco israeliano al Libano mi sembra descriva una situazione non inaspettata, ma forse più netta di quanto poteva essere preventivato.

Israele sta dimostrando due cose: 1) di essere militarmente molto più forte di ogni altro avversario nell’area, esibendo una superiorità tecnologica assoluta; 2) di non riconoscere alcun limite morale all’esercizio della violenza e del proprio potere.

Sul primo punto, sembra che Israele abbia distrutto in partenza, il primo giorno, la capacità di comunicazione interna di Hezbollah, e nella guerra odierna il coordinamento attraverso un’efficace comunicazione è importante quanto i missili. La contraerea di Hezbollah sembra inesistente e Israele ha dunque il completo dominio dei cieli. L’intelligence israeliana ha evidentemente infiltrato da tempo ad ogni livello il Libano e questo ha permesso l’individuazione di sedi militari, depositi d’armi, ecc.

La leadership di Hezbollah sembra, a quanto ammettono gli stessi libanesi, integralmente sterminata in neanche tre settimane. Prima di mettere un solo soldato dell’IDF sulla linea di tiro Israele ha sventrato Hezbollah. Peraltro non è che si tratti di una strategia così inaspettata, visto che è esattamente ciò che gli USA fanno sempre: prima spianano a colpi di bombe, forti della propria superiorità aerea, e poi quando ha rimandato il nemico a modalità belliche dell’800, solo allora mette gli stivali sul campo.

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Piccole Note: Il viaggio a vuoto di Zelensky in America

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Il viaggio a vuoto di Zelensky in America

di Piccole Note

Biden non cede sui missili a lungo raggio. E l’Economist invita Zelensky a tornare alla realtà

Zelensky torna dagli Stati Uniti con le pive nel sacco. Biden gli ha negato il placet per usare i missili a lungo raggio contro la Russia, nonostante la feroce pressione dei media internazionali perché cedesse. Non solo, anche il suo “piano per la vittoria dell’Ucraina”, stilato in tutta fretta prima di partire, è stato accolto con cortese indifferenza, dal momento che era folle fin dalla titolazione. Il tutto condito con le usate parole di sostegno alla causa.

L’avvertimento di Putin sui rischi di un conflitto atomico è stato ascoltato oltreoceano, anche perché, proprio mentre Zelensky illustrava agli americani come avrebbe usato i missili a lungo raggio contro la Russia, questa rivoluzionava la sua dottrina nucleare per far fronte al pericolo incombente, dimostrando che lo zar non aveva parlato a vuoto.

 

Ritorno alla realtà

Per una volta negli States hanno prevalso le menti più lucide, alle quali hanno dato voce le Agenzie di intelligence. Così il New York Times: “Le agenzie di intelligence hanno concluso che accogliere la richiesta dell’Ucraina di utilizzare missili occidentali contro obiettivi nel profondo della Russia potrebbe provocare una forte rappresaglia senza cambiare sostanzialmente il corso della guerra”.

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Dante Barontini: L’atomica sotto le bretelle

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L’atomica sotto le bretelle

di Dante Barontini

Lo ammettiamo subito: Federico Rampini è solo un pretesto. Anzi, solo un esempio di quel che è diventato il giornalismo servile in quest’angolo di Occidente capitalistico. Giusto un po’ più noto della media, e quindi utile per “riassumere” un comportamento collettivo, con o senza bretelle.

Si potrebbero mettere in fila i titoli dei suoi pezzi degli ultimi anni, che spaziano dalla Cina alla Russia, dal Medio Oriente al Sudamerica. Tutti tasselli di un puzzle narrativo semplice e vagamente bipolare (in senso clinico): l’Occidente ha sempre ragione, i suoi competitor sempre torto.

Non c’è differenza tra una contesa sui dazi o sui missili, sul libero commercio o sugli smartphone, sulle alleanze internazionali o sulle tecnologie: il risultato è sempre lo stesso.

Anche a costo di dire sciocchezze grandi come un fungo nucleare.

Del resto siamo in tempi di guerra e, dovunque si guardi, dall’Ucraina alla Palestina, il confine tra conflitti con armi convenzionali o possibili scarrucolamenti atomici è sempre più vicino.

Lo si è visto sulla questione “consentire a Kiev di utilizzare contro il territorio russo i missili a lungo raggio forniti dai paesi Nato” che di fatto avrebbe richiesto l’impegno diretto dell’Alleanza Atlantica per direzionarli, controllarli e assisterli via satellite (che Kiev non possiede…). Dunque entrare in una guerra potenzialmente nucleare (è previsto da entrambe le “dottrine nucleari”, sia russa che Nato).

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Marco Gatto: Fredric Jameson, la prassi del lavoro culturale

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Fredric Jameson, la prassi del lavoro culturale

di Marco Gatto

Muore all’età di 90 anni il critico letterario e teorico statunitense legato al pensiero dialettico. «Postmodernismo» è il volume che nel 1991 ne ha decretato la notorietà nel dibattito internazionale. Protagonista rilevante e originale del marxismo contemporaneo, tra i suoi mentori e maestri figurano i nomi di Erich Auerbach e Herbert Marcuse

Fredric Jameson è morto domenica scorsa all’età di novant’anni. Era nato a Cleveland, Ohio, nel 1934 e si era formato a Yale, dove aveva completato gli studi dottorali nel 1959. Erich Auerbach e Herbert Marcuse, tra gli altri, figurano tra i suoi mentori e maestri. Personalità imprescindibile del marxismo contemporaneo, legato inestricabilmente al pensiero dialettico, Jameson ha attraversato il Novecento e le prime due decadi del nostro secolo concependo le rappresentazioni culturali come sintomi complessi di dinamiche storiche profonde. Il suo lavoro, basato su un confronto costante con le tradizioni di pensiero antiche e moderne, e su un incessante corpo a corpo con le proposte teoriche coeve, nel segno di una generosità intellettuale senza limiti («di lui si può dire che nulla di culturale gli sia estraneo», sentenziò Colin MacCabe evocando Terenzio), costituisce la punta ultima e avanzata di quel «marxismo occidentale» che Perry Anderson ha contribuito a storicizzare e che Jameson ha in larga parte rifondato e rimesso in piedi.

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