[SinistraInRete] Francesco Cappello: Le condizioni economiche della guerra da Biden a Trump

Rassegna 11/11/2024

Francesco Cappello: Le condizioni economiche della guerra da Biden a Trump

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Le condizioni economiche della guerra da Biden a Trump

di Francesco Cappello

Il debito USA nei confronti del resto del mondo e il processo di dedollarizzazione in corso impongono agli Stati Uniti l’abbandono del suo ruolo egemonico unipolare e l’inaugurazione di una fase collaborativa multipolare col resto del mondo; l’alternativa essendo il vicolo cieco del confronto nucleare con Russia e Cina

photo 2024 11 07 14 51 44 1031x641.jpgLo stato delle cose. Il debito degli USA nei confronti del resto del mondo

La posizione finanziaria netta (la differenza fra attività e passività finanziarie) degli Usa, è negativa per oltre 21mila miliardi di dollari, una cifra spaventosa che continua a crescere. In pratica si tratta del debito estero degli USA nei confronti del resto del mondo.

Anche il debito pubblico statunitense ha raggiunto vette inedite. Ammonta a 36mila miliardi di dollari e quel che è peggio cresce ancor più velocemente da quando la FED, nel tentativo di convincere gli investitori stranieri a finanziarlo, si è vista costretta ad alzare i tassi di interesse per continuare a render loro, appetibili, i suoi titoli di stato USA sul mercato internazionale.

Entrambi questi debiti degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo saranno sostenibili solo se il dollaro continuerà ad essere la principale valuta utilizzata negli scambi internazionali e come valuta di riserva internazionale. In caso contrario, il dollaro, non essendo più domandato in misura sufficiente, quale valuta prevalente per gli scambi internazionali, andrebbe incontro a una rovinosa svalutazione anche perché l’economia statunitense, grazie al dollaro utilizzato quale valuta fiat internazionale dal 1971, si è, nel frattempo, in larga misura, finanziarizzata.

Sanzioni, dazi, e vendita dei titoli del tesoro USA da parte ad esempio della Cina che piuttosto che comprarne di nuovi ha deciso di investire diversamente il proprio enorme surplus finanziario(1) in costruzione di infrastrutture interne e globali – Nuova via della seta – e acquisto di oro, alimentano viceversa il processo di dedollarizzazione.

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Alessandro Scassellati: La sconfitta dell’Occidente oligarchico e nichilista. La profezia di Emmanuel Todd

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La sconfitta dell’Occidente oligarchico e nichilista. La profezia di Emmanuel Todd

di Alessandro Scassellati

meteorite 12.jpgLo storico, demografo, antropologo e sociologo neo-weberiano Emmanuel Todd, allievo dello storico inglese Peter Laslett a Cambridge e noto per aver predetto con diversi anni di anticipo il crollo dell’URSS1, ha scritto un libro importante e molto ambizioso, “La sconfitta dell’Occidente” (Fazi Editore, Roma 2024), pieno di spunti geniali, ipotesi ardite e brillanti e scomode provocazioni2. Insomma, un libro da leggere con gusto. È stato scritto tra il luglio e il settembre del 2023 (durante l’estate della fallita controffensiva ucraina pianificata dal Pentagono), ma è uscito in Italia in settembre con una prefazione scritta nel giugno 2024.

Il libro cerca di fare il punto sulla disastrosa condizione presente e la tesi centrale è che l’Occidente, più che essere sotto attacco da parte della Russia, “si sta distruggendo da sé”: la crisi endogena dell’Occidente è il motore del momento storico che stiamo vivendo. “A mettere a rischio l’equilibrio del pianeta è una crisi occidentale, e più precisamente una crisi terminale degli Stati Uniti, le cui onde più periferiche sono andate a schiantarsi contro la banchina della resistenza russa, contro un classico Stato-nazione conservatore” (pag. 38).

L’Occidente è diventato totalmente autoreferenziale, convinto che avrebbe potuto facilmente imporre il suo modello al resto del mondo. “Il sistema occidentale odierno ambisce a rappresentare la totalità del mondo e non ammette più l’esistenza dell’altro. Tuttavia, … se non riconosciamo più l’esistenza dell’altro, legittimamente tale, alla fine cessiamo di essere noi stessi” (pag. 51). Ogni civiltà è viva e capace di agire con coerenza, se ha una identità dialettica. Secondo Todd, l’America di Eisenhower negli anni ’50, grazie ai lavori di alcuni antropologi e scienziati politici (Margaret Mead, Ruth Benedict, Edward Banfield, etc.) era ancora capace di riconoscere “l’altro” (ossia la diversità socio-culturale del mondo), in particolare la specificità delle culture russa, giapponese o dell’Italia meridionale (pp. 72-73). Ora, prevale una concezione uniforme dei popoli.

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Gennaro Scala: La teoria del mondo multipolare e il pensiero marxista

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La teoria del mondo multipolare e il pensiero marxista

di Gennaro Scala

630e448923415 510 696x392.jpgRagionare di teoria politica in Italia incontra un primo grande scoglio: non siamo una nazione sovrana, per cui non esiste un reale dibattito politico su quelle che dovrebbero essere le scelte nazionali, poiché qualsiasi argomentazione razionale in merito viene annullata dalla dipendenza italiana dagli Usa, dall’Unione Europea, e dai «mercati». Ciò vale soprattutto per la politica estera, ma non siamo sovrani neanche in scelte che in teoria non dovrebbero con essa interferire, come le politiche sull’immigrazione, poiché l’oligarchia occidentale dominante ha deciso che dobbiamo importare massicciamente «risorse umane», per il calo della natalità, per avere manodopera più a buon mercato rispetto a quella autoctona «viziata», e magari un domani, per disporre di carne da cannone da impiegare nei numerosi teatri di guerra che si prevedono nel futuro prossimo. E non importa se, in una nazione come l’Italia, poco coesa ed economicamente in crisi, un’immigrazione massiccia, concentrata nel tempo, rischia di provocare il caos interno. Ragion per cui anche le forze politiche che hanno sollevato demagogicamente la questione finiscono per adottare le stesse scelte di quelle pro-immigrazione. A parte la demenzialità di essere pro o contro l’immigrazione a priori, per partito preso, bisognerebbe invece ragionare su immigrazione in che misura, per quali fini, in quali condizioni, con quali conseguenze, ma non voglio dilungarmi ciò che ci interessa è la mancanza di sovranità dell’Italia che rende la democrazia una farsa.

Attenersi a questo dato di fatto in modo strettamente conseguenziale porterebbe alla deprimente conclusione che sia inutile ragionare di politica, e dedicarsi a coltivare il proprio «particulare», come suggeriva Guicciardini secoli fa in un contesto di asservimento dell’Italia a cui stiamo tornando. Ma sarebbe un errore, e dirò tra poco come credo sia possibile superare mentalmente questo impasse, intanto voglio indicare quale mi pare la reazione più comune, premesso che il comportamento bovino di chi volta le spalle a quanto avviene nel mondo non lo prendiamo in considerazione.

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Enrico Grazzini: Meglio Trump che vuole la pace in Ucraina o Ursula von der Leyen che invece vuole la guerra fino alla vittoria?

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Meglio Trump che vuole la pace in Ucraina o Ursula von der Leyen che invece vuole la guerra fino alla vittoria?

di Enrico Grazzini

Non è detto che Ursula von der Leyen sia meglio del pregiudicato Donald Trump per quanto riguarda la difesa degli interessi dei paesi europei. Ursula rappresenta una Europa impotente sul piano militare ma paradossalmente guerrafondaia: insomma una Europa che abbaia ma non morde e si fa male da sola. Trump, che certamente è un autocrate e un tipo che non raccomanderei a mia figlia, sembra invece cercare i negoziati e la pace in Ucraina. La pace farà molto bene all’Europa; al contrario, se la guerra fosse durata “fino alla vittoria ucraina” (???) come proclamava assurdamente Ursula, l’Europa si sarebbe dissanguata per nulla: infatti è chiaro anche ai ciechi che l’Ucraina non potrà mai vincere questa guerra. Per colpa di Ursula l’Europa è entrata in una pericolosa escalation che potrebbe portarla anche alla guerra atomica. Addirittura Ursula e il parlamento europeo hanno votato per portare la guerra dentro il territorio russo: neppure gli americani e gli inglesi – che certamente non sono colombe e che le armi, a differenza della UE, ce le hanno davvero – hanno osato tanto.

Trump pare finalmente realistico: neppure l’America con tutte i suoi armamenti formidabili può rischiare delle guerre su tre fronti, quello europeo in Ucraina, quello in Medio Oriente sul fronte Israelo-palestinese-Iran, e quello in Asia per la questione di Taiwan. Ursula invece con la sua irresponsabile testardaggine ci avrebbe portato perfino a un rovinoso scontro con la Russia atomica. Un politico intelligente avrebbe invece dovuto prevenire la guerra.

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Mario Lombardo: L’ombra ucraina sul cancelliere

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L’ombra ucraina sul cancelliere

di Mario Lombardo

La vittoria di Donald Trump nelle elezioni americane di martedì e, ancora di più, il logoramento prodotto dal disastroso progetto ucraino sembrano avere dato il colpo di grazia all’impopolare governo “semaforo” tedesco del cancelliere Olaf Scholz. La crisi a Berlino non è ancora ufficiale, ma l’esplosione pubblica dello scontro politico tra i tre leader della coalizione rende estremamente improbabile la sopravvivenza dell’esecutivo nei prossimi mesi.

La questione del bilancio per il 2025 aveva da tempo creato tensioni nella maggioranza, con i Liberal Democratici (FDP) del ministro delle Finanze, Christian Lindner, su posizioni sempre più lontane rispetto a Social Democratici (SPD) e Verdi. Oltre a proporre un punto di vista diverso dagli alleati circa le modalità per chiudere il buco di bilancio da almeno 2,4 miliardi di euro e cercare di rianimare un’economia in piena crisi, l’FDP ha puntato i piedi probabilmente per innescare in maniera deliberata uno scontro interno alla coalizione e prendere le distanze da un governo che, in picchiata nei sondaggi, ha trascinato lo stesso partito al di sotto del 5% delle preferenze, ovvero la soglia necessaria a ottenere seggi nel parlamento federale.

Lindner e Scholz, assieme al ministro verde dell’Economia e vice-cancelliere, Robert Habeck, si sono così incontrati per un vertice decisivo nella serata di mercoledì.

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comidad: La mitologia fiscale è alla base dell’egemonia ideologica della destra

comidad

La mitologia fiscale è alla base dell’egemonia ideologica della destra

di comidad

La questione coerenza/incoerenza è un’esca dialettica piuttosto abusata, eppure quasi sempre riesce a far abboccare i pesci (o i polli) all’amo. Un ulteriore esempio lo si è avuto con lo spot governativo contro l’evasione fiscale, che ha suscitato i prevedibili commenti sarcastici sul governo Meloni che parla di lotta agli evasori mentre vanta il record dei condoni fiscali. Non si è notato così che lo spot contiene delle informazioni false. Anzitutto consolida il mito secondo il quale le principali imposte siano quelle sul reddito, dimenticandosi di quelle sui consumi ed in particolare delle accise sui carburanti. La seconda informazione falsa riguarda l’immagine dell’evasore fiscale, associata tout court alla figura del ricco privilegiato.

In realtà l’evasione fiscale è soprattutto una pratica del lavoro autonomo, quindi del ceto medio di professionisti, artigiani e bottegai. Tra gli “evasori fiscali” si possono annoverare anche i lavoratori in nero; e questo è un dettaglio che all’occorrenza viene sottolineato con maligno compiacimento da parte di esponenti della destra quando risulta utile per imbarazzare la sinistra. Le grandi imprese multinazionali invece non hanno bisogno di evadere il fisco, poiché possono permettersi di eluderlo. Avere la sede legale nel paradiso fiscale olandese non è neppure un’esclusiva dei grandi gruppi privati come Stellantis, Mediaset o Ferrero, ma è una scelta anche di imprese a partecipazione pubblica come ENI ed ENEL. In quanto maggiore azionista di ENEL e, tramite Cassa Depositi e Prestiti, anche di ENI, il Ministero Economia e Finanze elude il suo stesso fisco. Siamo alla barzelletta.

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Davide Miccione: Una scuola screditata

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Una scuola screditata

di Davide Miccione

Chi voglia andare a vedere se leggi e decreti in esame al Parlamento o ventilati dai vari governi siano sensati o meno si troverà di fronte a una irta selva di rimandi e riferimenti che lo indurrà, in molti casi, a rinunciare e accontentarsi delle sole riduzioni giornalistiche con ciò che ne consegue per l’uscita dallo stato di minorità individuale. Una voluta complicazione (la complessità è ben altro) protegge le élite dalle masse. Ogni gergo, da quello giuridico a quello medico, si trova al punto di incontro tra una legittima necessità di precisione e il desiderio di escludere il profano.

Il mondo della scuola, cosa gravissima per chi ne pensi la ratio intrinseca, non è diverso. È avvolto da un gergo oscuro, un pedagogichese che necessita, per adottarlo, di cattivo gusto e mancanza di buone letture. Il linguaggio della scuola si muove tra termini pseudo-tecnici stiracchiati fino a non significare più nulla (o a farsi persino il proprio contrario: inclusione e competenze sono un ottimo duo esemplificativo) e tra decine e decine di acronimi che potrebbero ben sostituire quelli partitici cantati decenni fa da Rino Gaetano in Nuntereggae più: “pci psi/ dc dc / psi psi pli pri/ dc dc dc dc / Cazzaniga”

In verità non è solo il linguaggio a essere oscuro ma anche le cose: le procedure, le graduatorie di fascia e di istituto, interne ed esterne, le forme di reclutamento, i trasferimenti, le utilizzazioni e le assegnazioni, i corsi abilitanti con riserva e non.

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Collettivo Le Gauche: Utilizzare Marx per la critica dell’economia politica della tecnologia

collettivolegauche

Utilizzare Marx per la critica dell’economia politica della tecnologia

di Collettivo Le Gauche

images 51Andrea Cengia nel libro Le macchine del capitale. Con Marx, per la critica dell’economia politica della tecnologia prova ad analizzare i nuovi strumenti tecnologici e le nuove tecnologie alla luce delle riflessioni marxiane. Lo scopo è raggiungere una teoria critica della tecnologia basata sul solco tracciato da Marx della critica dell’economia politica. Questa operazione consente di superare tutte le retoriche sulla rivoluzione digitale capitalistica del XXI secolo per riportare le analisi allo studio del modo di produzione capitalistico.

 

1. La tecnologia non è neutrale

Le riflessioni di Cengia partono dalla critica dei saperi che indagano gli effetti sociali delle trasformazioni tecnologiche poiché essi tendono a ritenere la cornice generale all’interno della quale sono determinate le relazioni sociali a base tecnologica come qualcosa di astorico e naturale. Tutti i punti di tensione, le contraddizioni, i potenziali conflitti generati dalle continue innovazioni tecnologiche vengono depotenziati da discorsi volti solo a enfatizzare le imminenti svolte epocali a cui l’umanità è destinata grazie alla rivoluzione tecnologica del momento. Queste svolte sembrano essere annunciate da fenomeni come l’approdo dell’umano al postumano, oppure la fine del lavoro. Dobbiamo invece rispondere a queste narrazioni spostando il nostro sguardo attraverso una prospettiva critica per individuare i nodi problematici che sembrano crescere di giorno in giorno. Per fare ciò è necessario riprendere in mano Marx e sottoporre la tecnologia a una lente interpretativa non tecnologica, ossia analizzarla tramite il punto di vista della critica dell’economia politica. Per Marx la tecnologia non è solo un processo unidirezionale e determinato di innovazione. Essa inevitabilmente richiama l’argomento dei processi produttivi e quindi, dal punto di vista marxiano, lo studio della loro trasformazione tramite la critica dell’economia politica.

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Roberto Iannuzzi: BRICS: la voce del mondo non occidentale si leva da Kazan

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BRICS: la voce del mondo non occidentale si leva da Kazan

di Roberto Iannuzzi

Nel pieno della crisi dell’attuale ordine internazionale, dal cuore eurasiatico della Russia emergono i possibili contorni di una visione alternativa del mondo

058394be 428c 48b8 9faf c13fb9feb0b3 2384x1450Mentre trent’anni di era unipolare americana stanno tumultuosamente sprofondando in un crescente numero di conflitti spesso alimentati dall’ex potenza egemone, il vertice dei BRICS della scorsa settimana ci ha offerto una finestra sul mondo che potrebbe emergere da questo pericoloso periodo di transizione.

Tenutosi a Kazan, capitale della Repubblica del Tatarstan, in Russia, è stato un vertice di consolidamento, il primo dopo l’espansione del gruppo a nove membri sancita dall’incontro di Johannesburg dello scorso anno.

Durante il primo giorno, i membri originari dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno dato il benvenuto ufficiale ai nuovi arrivati (Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, e Iran). Il gruppo allargato, solitamente denominato BRICS+, rappresenta più del 40% della popolazione mondiale.

Ospitando questo importante evento, il presidente russo Vladimir Putin ha dimostrato ancora una volta all’Occidente che Mosca non è affatto isolata a livello internazionale, sebbene il conflitto ucraino sia tuttora in corso. Al contrario, la Russia è uno dei principali motori di questo raggruppamento che sta attirando un crescente numero di paesi.

Almeno altre 40 nazioni hanno in varia misura espresso interesse ad aderire al gruppo.

Al vertice hanno preso parte più di 30 delegazioni, 22 capi di Stato e di governo, e i rappresentanti di diverse organizzazioni internazionali, incluso il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres.

Lo stesso che è stato recentemente dichiarato persona non grata da Israele, alleato chiave di Washington che, con il suo persistente disprezzo delle risoluzioni ONU e con i suoi ripetuti attacchi all’UNRWA in Palestina ed all’UNIFIL in Libano, continua a delegittimare l’ordine internazionale “basato su regole” a guida statunitense.

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Stefano Zecchinelli: Donald Trump o Kamala Harris: la scelta è fra autoritarismo e guerra globale

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Donald Trump o Kamala Harris: la scelta è fra autoritarismo e guerra globale

di Stefano Zecchinelli

La rielezione di Donald Trump, contro la sinistra filo-Nato rappresentata da Kamala Harris, potrebbe rilanciare la dottrina Kissinger: l’imperialismo USA opterà per una ritirata strategica, sperimentando entro i confini nazionali la costruzione del “capitalismo della sorveglianza”? Trump e Harris, entrambi amici del governo israeliano-fascista, sono due facce della stessa medaglia, l’imperialismo.

Le elezioni politiche nord-americane, non essendo gli Stati Uniti un Paese democratico quanto piuttosto una ideocrazia, ratificano dei cambiamenti di paradigma da parte del complesso militare-industriale. Gli elettori, senza il lasciapassare della CIA (in diverse circostanze del Mossad), non sono liberi di usufruire delle toilette “pubbliche”. Donald Trump ha compattato un “blocco sociale” che va dalle corporazioni sindacali gialle alla borghesia commerciale, ciononostante la domanda è questa: per quale ragione, il Pentagono ha rieletto Trump, rappresentativo di un movimento reazionario denominato MAGA? Il trumpismo, dopo una attenta disamina della politica estera USA post 11 settembre 2001, è un ripiegamento “nazionale” (non per forza di cose isolazionista) del “fascismo” statunitense. Obama, Clinton, Biden e la Harris, rilanciando la dottrina Bush della “guerra eterna”, hanno globalizzato il militarismo fascista nord-americano; Trump, riallacciandosi alla dottrina Kissinger sull’”Impero corto”, ha ricondotto il deep state entro i confini nazionali.

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Patrizia Cecconi: Da Sakineh Ashtiani a Ahoo Daryaei: quel sottile razzismo (occidentale) che chiude la mente

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Da Sakineh Ashtiani a Ahoo Daryaei: quel sottile razzismo (occidentale) che chiude la mente

di Patrizia Cecconi

Ricordate Sakineh Ashtiani? Il tribunale iraniano la condannò a morte per aver ammazzato il marito, folgorandolo nella vasca da bagno con due cavi elettrici.

Probabilmente il marito era cattivissimo e Sakineh non ne poteva più, così, aiutata dal suo nuovo compagno, decise di liberarsene.

Venne scoperta e condannata. Per sua fortuna si disse che il barbaro tribunale iraniano la condannava alla lapidazione e questo scosse le nostre coscienze e iniziò una campagna internazionale a suo favore accompagnata dall’immagine di un bellissimo volto giovane incorniciato da un chador nero. In seguito ai tanti appelli che tutti noi, contrari alla pena di morte firmammo, il tribunale iraniano affermò che non sarebbe stata lapidata ma “solo” impiccata. Per fortuna era solo il primo passo. La povera Sakineh aveva trovato il suo Gesù al pari della Maddalena – l’adultera condannata duemila anni fa alla lapidazione dai tribunali ebraici – nella grande forza dei media e di milioni di noi, sinceramente contrari a qualunque pena di morte, nonché di molti governi occidentali che si attivarono per salvarle la vita. Avvenne il miracolo: la famiglia dell’ucciso non chiese vendetta e questo, per la legge iranica, può cambiare la sentenza, così, anche se colpevole di uxoricidio, la sentenza di morte si trasformò in dieci anni di galera che poi si convertirono in otto quando l’allora presidente Rouhani le concesse la grazia per buona condotta.

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Jeffrey D. Sachs: Kazan dovrebbe segnare la fine delle illusioni dei neocon

lantidiplomatico

Kazan dovrebbe segnare la fine delle illusioni dei neocon

di Jeffrey D. Sachs – Common Dreams*

In poche parole: la maggioranza del mondo non vuole e non accetta l’egemonia statunitense ed è pronta ad affrontarla piuttosto che sottomettersi ai suoi dettami

Il recente Vertice dei BRICS a Kazan, in Russia, dovrebbe segnare la fine delle illusioni dei Neocon, incapsulate nel sottotitolo del libro di Zbigniew Brzezinski del 1997, La scacchiera globale: American Primacy and its Geostrategic Imperatives.

Dagli anni ’90, l’obiettivo della politica estera americana è stata la “supremazia”, ovvero l’egemonia globale. I metodi scelti dagli Stati Uniti sono stati le guerre, le operazioni di cambio di regime e le misure coercitive unilaterali (sanzioni economiche). A Kazan si sono riuniti 35 Paesi – con più della metà della popolazione mondiale rappresentata – che rifiutano la prepotenza degli Stati Uniti e che non si lasciano intimorire dalle loro pretese di egemonia.

Nella Dichiarazione di Kazan, i Paesi hanno sottolineato “l’emergere di nuovi centri di potere, di decisioni politiche e di crescita economica, che possono aprire la strada a un ordine mondiale multipolare più equo, giusto, democratico ed equilibrato”.

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