Sergey Lavrov (Russia), intervistato da Carlson, fa a pezzi propaganda e pennivendoli occidentali

Giuseppe Salamone – 06/12/2024

https://giuseppesalamone.substack.com/p/carlson-intervista-lavrov-intervista

 

Tucker Carlson, noto giornalista americano, si è recato a Mosca per intervistare Sergei Lavrov, Ministro degli Esteri russo. Questa mossa ha suscitato grande interesse e polemiche, rappresentando un raro tentativo di andare oltre le narrazioni dominanti sul conflitto tra Russia e Nato in Ucraina. L’intervista ha toccato numerosi temi critici, dal ruolo degli Stati Uniti nella guerra ibrida in Ucraina alla posizione della Russia sui negoziati di pace.

Lavrov: una guerra ibrida guidata dall’Occidente

Lavrov ha descritto il conflitto in Ucraina come una guerra ibrida orchestrata dall’Occidente, sottolineando che: “Gli ucraini non potrebbero utilizzare moderne armi a lungo raggio senza il diretto coinvolgimento del personale militare americano.” Questa affermazione evidenzia il ruolo chiave degli Stati Uniti e dei suoi alleati nel supportare militarmente Kiev. Secondo Lavrov, il continuo utilizzo di sistemi come gli ATACMS e altre armi a lunga gittata contro il territorio russo dimostra una volontà di escalation.

Lavrov ha ribadito che la Russia non cerca di peggiorare la situazione, ma ha inviato segnali chiari, come il recente test del sistema missilistico ipersonico “Oreshnik”. Questo test, ha spiegato, è stato comunicato in anticipo agli Stati Uniti, per evitare fraintendimenti: “Non vogliamo guerra, ma siamo pronti a difendere i nostri interessi legittimi con ogni mezzo necessario.”

Le radici del conflitto: il colpo di Stato del 2014

Secondo Lavrov, l’origine della crisi risale al colpo di Stato del febbraio 2014 in Ucraina, che ha portato al potere un governo ostile alla popolazione russofona. Il Ministro degli Esteri ha accusato l’Occidente di ignorare gli accordi di Minsk, che avrebbero previsto un dialogo diretto tra Kiev e le regioni ribelli del Donbass: “Nulla di quanto stabilito dagli accordi di Minsk è stato attuato. Se l’accordo raggiunto nel 2014 fosse stato rispettato, oggi l’Ucraina sarebbe ancora unita e la Crimea ne farebbe parte.”

Lavrov ha sottolineato come gli abitanti della Crimea e i residenti del Donbass abbiano respinto il governo post-colpo di Stato: “Non volevano avere nulla a che fare con quelle persone. Volevano essere lasciati in pace.”

Le richieste di Mosca per la pace

  • Lavrov ha ribadito le condizioni della Russia per un accordo di pace:
  • Neutralità dell’Ucraina: Niente NATO, niente basi militari straniere sul suolo ucraino.
  • Abolizione delle leggi Russophobe: Kiev deve rispettare i diritti della popolazione russofona, incluse lingua, cultura e religione.
  • Riconoscimento dei nuovi confini: Lavrov ha sottolineato che quattro regioni ucraine hanno democraticamente scelto di unirsi alla Russia.

Ha aggiunto che Mosca preferisce una soluzione pacifica basata sul rispetto reciproco: “Non vogliamo distruggere il popolo ucraino. Sono nostri fratelli e sorelle.”

Critiche all’Occidente e alla NATO

Lavrov ha accusato l’Occidente di voler trasformare l’Ucraina in una pedina geopolitica per danneggiare la Russia: “Gli Stati Uniti e l’Europa non parlano mai di diritti umani in Ucraina, dove questi diritti sono completamente negati alla popolazione russofona.” Ha anche denunciato i piani della NATO di espandersi ai confini russi, sottolineando che l’Alleanza aveva considerato di stabilire basi nel Mar d’Azov e in Crimea: “Non possiamo tollerare una NATO alle nostre porte. Questo viola gli accordi OSCE.”

Il test del sistema “Oreshnik”

Un punto cruciale dell’intervista è stato il test del sistema ipersonico “Oreshnik”, che Lavrov ha descritto come un messaggio per l’Occidente: “Il nostro obiettivo era dimostrare che siamo pronti a difendere i nostri interessi. Speriamo che il segnale sia stato preso sul serio.” Secondo Lavrov, i missili ipersonici rappresentano una risposta proporzionata alle minacce occidentali. Ha sottolineato che il test è stato eseguito in modo trasparente, avvisando preventivamente gli Stati Uniti, per evitare escalation non necessarie.

La posizione della Russia sul nucleare

Lavrov ha chiarito che la Russia non vuole un conflitto nucleare: “La nostra dottrina militare è chiara: evitare in ogni modo una guerra nucleare.” Ha definito “catastrofiche” le discussioni in Occidente su un possibile uso limitato di armi nucleari, avvertendo che una tale mentalità potrebbe portare a decisioni avventate.

Carlson: “Siamo più vicini alla guerra nucleare che mai”

Carlson ha dichiarato: “All’insaputa della maggior parte degli americani, ci troviamo in uno stato di vera guerra con la Russia, una guerra non dichiarata che non è stata votata e che la maggior parte degli americani non vuole, ma che sta continuando.” Secondo Carlson, il conflitto tra Russia e Stati Uniti si sta intensificando in modo pericoloso, alimentato da decisioni politiche e militari non condivise con la popolazione americana. Ha accusato l’amministrazione Biden di censurare attivamente i tentativi di riportare una versione completa della crisi: “È più di un anno che cerchiamo di intervistare Zelensky. L’ambasciata americana a Kiev […] ha detto al governo Zelensky: Non potete rilasciare interviste.” Carlson ha quindi deciso di bypassare il blocco comunicativo andando direttamente alla controparte russa per cercare risposte su una possibile via d’uscita dal conflitto e sulle implicazioni globali della guerra.

Lavrov: Una figura centrale della diplomazia internazionale

Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, in carica da quasi 20 anni, rappresenta una delle figure più esperte e influenti sulla scena geopolitica. Durante l’intervista, Carlson ha posto domande cruciali: Stiamo andando verso un conflitto senza precedenti tra Russia e Stati Uniti? L’elezione di Donald Trump potrebbe rappresentare una svolta? L’obiettivo del giornalista era chiaro: comprendere le dinamiche profonde di un conflitto che, secondo lui, rischia di sfociare in una catastrofe globale.

Il giornalismo di Carlson: Un atto di sfida contro la propaganda

Può piacere o meno Tucker Carlson, ma una cosa è certa: sta facendo un tipo di giornalismo sempre più raro. Cercare di intervistare tutte le parti in causa, senza pregiudizi, è fondamentale per offrire al pubblico una visione completa degli eventi. In un panorama mediatico dominato da narrazioni uniformi, Carlson si pone come un’anomalia, sfidando le etichette che spesso colpiscono chiunque provi a discostarsi dalla linea ufficiale. L’accusa di “propaganda” russa o di essere “filo-Putin” è ormai il riflesso automatico di chiunque tenti di analizzare la crisi in modo razionale e fuori dagli schemi prestabiliti.

Una bolla chiamata propaganda

Viviamo in una bolla di narrazioni orchestrate che spesso seguono il modello hollywoodiano: buoni contro cattivi, giusto contro sbagliato. Anni di questa mentalità hanno anestetizzato la capacità di molte persone di formare un pensiero critico. Qualsiasi voce che cerca di andare oltre questa dicotomia viene immediatamente marginalizzata, derisa e insultata. Questo fenomeno non riguarda solo la guerra in Ucraina ma si estende a molti altri scenari geopolitici, soprattutto nel GENOCIDIO del Popolo Palestinese. Etichettare chi offre una prospettiva diversa come spie, terroristi o amici di regimi autoritari è un modo, purtroppo efficace, per soffocare il dibattito pubblico e mantenere il controllo sulle opinioni.

Conclusione

Tucker Carlson, con la sua intervista a Lavrov, sta portando avanti una sfida necessaria: spingere il pubblico a farsi domande e a cercare risposte anche fuori dai confini della narrazione ufficiale. In tempi in cui il pensiero critico è minacciato, il suo tentativo di raccontare “l’altra parte della storia” è un promemoria importante di cosa significhi fare vero giornalismo. La guerra, come la verità, non è mai bianca o nera. E solo attraverso il confronto aperto con tutte le parti possiamo sperare di comprendere appieno la realtà che ci circonda.

L’intervista tra Tucker Carlson e Sergei Lavrov rappresenta un evento raro nel panorama mediatico internazionale. Ha messo in luce le ragioni e le prospettive russe sul conflitto, offrendo spunti di riflessione importanti in un momento di grande tensione globale. Se da un lato Lavrov ha ribadito la disponibilità della Russia a negoziare una soluzione pacifica, dall’altro ha lasciato intendere che Mosca non accetterà compromessi che minino i suoi interessi strategici. In un contesto di crescente polarizzazione, l’intervista è un promemoria dell’importanza di ascoltare tutte le voci per comprendere appieno una crisi complessa e potenzialmente devastante. Infatti i pennivendoli nostrani stanno schiumando dalla rabbia perché è rimasto qualcuno, a prescindere se piaccia o meno ma non è questi il punto, che cerca di dare voce a tutti gli attori presenti nello scacchiere.

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