[SinistraInRete] Pino Cabras: La Siria e “i nostri asset”

Rassegna 12/12/2024

 

Pino Cabras: La Siria e “i nostri asset”

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La Siria e “i nostri asset”

di Pino Cabras

I maggiorenti occidentali commentano giulivi la fine della Repubblica Araba Siriana, sostituita da una coalizione jihadista guidata da Abu Muhammad al-Jawlani, che nel curriculum ha una lunga militanza in ISIS e al-Qa’ida

È molto interessante leggere la parata di brevi dichiarazioni di tanti maggiorenti occidentali sulla fine della Repubblica Araba Siriana, oggi conquistata e sostituita da una coalizione jihadista guidata da Abu Muhammad al-Jawlani, che nel curriculum ha una lunga militanza nell’ISIS e in Al-Qa’ida e che come primo provvedimento libera dalle carceri siriane tutti i capi dell’ISIS.

Le dichiarazioni dei pezzi grossi dell’Ovest sono interessanti anche per l’uniformità dello stile e degli argomenti, esposti tutti con lo stesso cliché: 1) esultanza per il rovesciamento di Assad, additato come “dittatore”; 2) generico e blandissimo richiamo ai rischi associati ai nuovi capi per via del loro passato, quasi mai menzionato esplicitamente; 3) fiducia nella buona opportunità di fare buoni accordi con i nuovi capi; 4) letizia bellicosa per una sconfitta strategica di Putin. Cercate in rete le dichiarazioni di Biden, Scholz, Von Der Leyen, Macron, Metsola, Starmer, Kallas: i vertici di istituzioni che in certe fasi hanno fatto di tutto per impaurirci con il pericolo del fondamentalismo terrorista oggi festeggiano il primo vero grande trionfo del jihadismo che si fa Stato, e lo fanno leggendo e diffondendo la medesima velina, come pappagalli, come meri ripetitori di idee ricevute, come zelanti esecutori di uno schema predefinito.

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Dante Barontini: Macron il “coreano”

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Macron il “coreano”

di Dante Barontini

Spiegare la crisi francese è facile, se non si parte dall’ars combinatoria politichese che appassiona tanto i nostri commentatori professionali. Mai come in questo caso, infatti, le mille combinazioni possibili che possono portare – oppure no – alla formazione di un governo a Parigi sono solo l’aspetto “tattico” del problema che ha segato le gambe alla macronie: realizzare anche in Francia quelle “riforme” che hanno distrutto la vita sociale in Grecia, in Italia e – con meno potenza, almeno per ora – in tutti i paesi europei.

Contro questa spinta neoliberista, che punta esplicitamente a concentrare tutte le risorse e tutta la ricchezza nelle mani di pochissimi supermen titolari delle grandi concentrazioni private, lavoratori e studenti e popolo francesi hanno lottato per anni. Ricevendo cariche di polizia e flashball sparate in faccia (un numero imprecisato ma altissimo di manifestanti ha perso un occhio…), arresti e processi.

Una resistenza fortissima fin dai tempi dei gilet jaunes, innescata dagli aumenti di prezzo dei carburanti, politicamente capitalizzata dalla sinistra non servile, nettamente ostile all’”austerità europea” (La France Insoumise di Jean-Luc Mélénchon) e dall’estrema destra neofascista sedicente “euroscettica”, ma pronta a farsi “concava e convessa”.

Una resistenza cresciuta nelle mobilitazioni sindacali (la Cgt sembra una forza rivoluzionaria, se uno è abituato alla Cgil) contro atti di forza reazionari e violenti, che è però riuscita fin qui solo a “limitare i danni” per quanto riguarda l’età pensionabile (arrivata comunque a 64 anni, ma con 43 anni di contributi), i tagli alla sanità, all’istruzione, all’edilizia residenziale pubblica.

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Pierluigi Fagan: Catene tese e anelli deboli (Geopolitica sulla via di Damasco)

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Catene tese e anelli deboli (Geopolitica sulla via di Damasco)

di Pierluigi Fagan

La guerra civile siriana sulla quale si è proiettata un più ampio conflitto geopolitico generale, è iniziata 13 anni fa. Tra 2019 e 2020 giunge a un punto di stallo. Le forze nemiche del potere in carica (Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, USA e coalizione occidentale con appoggio silenzioso di Israele) che operavano sul campo indirettamente con milizie jihadiste e sanzioni, direttamente con aviazione, fornitura armi e logistica, trovano insuperabile resistenza da parte delle forze governative a loro volta supportate da Iran, Hezbollah e soprattutto Russia.

L’azione decisiva per il recente stallo fu il massiccio intervento dell’aviazione russa contro le varie fazioni jihadiste eterodirette. Il che non solo provocò un problema militare ma in senso più ampio narrativo-geopolitico. Infatti, nominalmente, gli occidentali dicevano di esser lì per combattere proprio i jihadisti. Dal 2004, infatti, per ben 15 anni, si erano manifestati ben 28 attentati jihadisti in Europa da parte della oscura e complicatissima galassia che aveva poli in al Qaida ed ISIS.

La decisa azione russa dimostrò che se effettivamente si voleva colpire gli ineffabili uomini neri, lo si poteva fare con una certa facilità (visto che quelli a terra non avevano né aerei, né contraerea consistente), cosa allora facevano USA ed europei lì da anni e con una capacità operativa volendo anche ben maggiore di quella russa?

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Il Chimico Scettico: La versione dominante (appunti sul contemporaneo)

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La versione dominante (appunti sul contemporaneo)

di Il Chimico Scettico

In una guerra l’informazione verificata disponibile per il pubblico è scarsa: è la propaganda che deve avere il sopravvento. E di fatto abbiamo a che fare con guerre da più di dieci anni, se si considera che la crisi pandemica è stata trattata né più che meno come una guerra. Quindi veniamo da più di dieci anni di propaganda e ancora non è finita. Se è vero, come diceva qualcuno, che la qualità di una democrazia è determinata dalla qualità dell’informazione, la prognosi riguardo la democrazia italiana è pessima. 

Le democrazie hanno perduto di fatto la consapevolezza della propria origine e della propria complessità e vulnerabilità, fino a risultare deficitarie per eccessi opposti: a causa di conformismi e automatismi da una parte, e di esasperazioni polemiche dall’altra.

Queste parole (Galli, Carlo. Democrazia, ultimo atto?, 2023) potevano benissimo essere state scritte sette anni prima, Le aporie delle gestioni emergenziali insieme con quelle di un dibattito trasformato in puro conflitto mediatico erano già tutte presenti e perfettamente configurate nel 2016 e forse anche prima, quando sugli scudi dei poteri costituiti non c’erano gli scienziati, ma gli economisti, o prima ancora. Viene da pensare che non per caso Isabelle Stengers sentì il bisogno di far uscire In catastrophic times nel 2015.

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Gianandrea Gaiani: Damasco come Kabul. La fuga di Assad è il “capolavoro” di Hakan Fidan

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Damasco come Kabul. La fuga di Assad è il “capolavoro” di Hakan Fidan

di Gianandrea Gaiani

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e30f0363a1090e8b4874c63e6a43e39b.jpgIl repentino crollo, quasi senza combattere, dell’esercito Arabo Siriano e l’altrettanti rapido collasso delle strutture di governo siriane, subito dichiaratesi pronte a cooperare con gli insorti, impongono di porsi molti interrogativi circa le origini, le cause e i mandanti del blitz che in una dozzina di giorni ha portato alla caduta del regime di Bashar Assad a Damasco.

Mancano molti elementi necessari a compiere analisi e valutazioni esaustive, altri sono vagamente intuibili dalle prime dichiarazioni e prese di posizione mentre alcuni aspetti sono palesemente evidenti in un contesto siriano in cui oggi non è possibile dare nulla per scontato.

Quello che è accaduto tra il 27 novembre e l’8 dicembre in Siria assomiglia molto a quanto accadde in Afghanistan nell’estate 2021, quando le milizie talebane avanzarono repentinamente in tutta il territorio nazionale mentre i reparti governativi gettavano le armi e i governatori regionali aprivano le sedi governative ai capi talebani. Solo in seguito emerse che dopo gli accordi di Doha e l’inizio del ritiro statunitense e degli altri alleati occidentali emissari talebani ben supportati, anche finanziariamente, dall’intelligence pakistana si assicurarono il supporto di tutte le autorità civili e militari solo teoricamente fedeli al presidente Ashraf Ghani.

Il sistema di potere caratterizzato da forte corruzione e la fuga di Ghani da Kabul negli Emirati Arabi Uniti, il 15 agosto 2021, aggiungono un ulteriore parallelismo tra le vicende afghane di tre anni or sono e quelle siriane di oggi, non ultimo le congratulazioni dei talebani al popolo e ai ribelli siriani con l’auspicio di “una transizione condotta secondo le aspirazioni del popolo siriano” oltre che nella fine delle ingerenze straniere.

Ghani fuggì ad Abu Dhabi, Bashar Assad ha raggiunto prima la base area russa di Hmeymin (Latakya) a bordo di un cargo russo Il-76 (che con ogni probabilità ha imbarcato anche familiari e i più stretti collaboratori) e successivamente la Russia dove sarebbero stati trasferiti la moglie e i figli già la scorsa settimana.

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Enrico Tomaselli: Ordinare il caos

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Ordinare il caos

di Enrico Tomaselli

photo 2024 12 02 13 05 38 1024x577.jpgC’è un passaggio, nell’intervista rilasciata da Lavrov a Tucker Carlson, che mi ha colpito [1], ed è quando dice che gli Stati Uniti creano il caos e poi vedono come utilizzarlo. Effettivamente, e soprattutto a partire dalla caduta dell’URSS, la politica estera statunitense sembra assolutamente uniformata a questo principio base, creare il caos (nella più assoluta indifferenza per ciò che poi significa per milioni di persone), e solo successivamente porsi il problema di come trarne concretamente vantaggio. Naturalmente si potrebbe aprire un’ampia riflessione su ciò, sulle ragioni profonde che lo determinano, ma non è ovviamente questa la sede opportuna. Vale qui semplicemente il tenere a mente questa caratteristica della politica imperiale americana, poiché spesso si tende ad attribuirvi una progettualità strategica che semplicemente non c’è, laddove – appunto – c’è invece la convinzione che il caos sia sempre e comunque foriero di opportunità, e che in linea di massima avvantaggi sempre gli USA più che i suoi avversari.

Se guardiamo adesso a quanto sta accadendo in Siria, tenendo presente questo assunto, possiamo provare – in linea puramente teorica e astratta – a ordinare il caos, ovvero a cercare di identificare il senso degli avvenimenti.
La premessa necessaria (ma che non implica alcuna spiegazione complottista) è che negli accadimenti di questi giorni c’è, sotto molti aspetti, un margine di inspiegabile – o meglio, di non spiegato, non chiarito.
Guardando ai fatti in ordine cronologico, il primo gap è: come è stato possibile che l’intelligence di tre paesi (Russia, Iran e Siria) non abbia avuto alcuna contezza di ciò che si stava preparando nella provincia di Idlib? O ancora meglio, come è stato possibile che siano stati sottovalutati a tal punto i segnali che, sicuramente, erano stati rilevati? In questo – e sottolineo ancora una volta, senza alcun suggerimento complottista – c’è in fondo una certa similitudine con il 7 ottobre e l’operazione Al Aqsa Flood. Probabilmente un mix di sottovalutazione del nemico e sopravvalutazione di sé stessi.

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Fulvio Grimaldi: Fratelli Musulmani, il nostro agente a Damasco

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Fratelli Musulmani, il nostro agente a Damasco

La presa alla giugulare araba

di Fulvio Grimaldi

“CALEIDO, il mondo da angolazioni diverse”. Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=nD8CVPxnlHU

https://youtu.be/nD8CVPxnlHU

E su questo e altri temi QTV – https://www.quiradiolondra.tv/live/ e sul digitale terrestre 244, alle 20.00, martedì e venerdì.

Ha cominciato Goffredo da Buglione, nel 1099, prima crociata, col massacro dei musulmani a Gerusalemme. Ha proseguito Riccardo Cuor di Leone, nel 1189, Terza Crociata, con la strage di 3000 musulmani, uomini, donne, bambini (Saladino non aveva toccato capello alla popolazione cristiana). E poi, via via, altre crociate, fino a Lepanto, fino al Kosovo, alla Bosnia. Fino alla Palestina, al Libano, all’Iraq, alla Libia. Fino a Damasco.

Non so se l’Occidente cristiano abbia potuto avvalersi, nelle sue millenarie crociate, di una quinta colonna araba, accreditatasi tra gli eterni aggrediti grazie alla comune religione. Fede consistente, al pari di gran parte delle religioni, in una paccottiglia di superstizioni finalizzate al potere, ai massacri di genti da eliminare e di terre e risorse da predare.

Stavolta, però, di una simile quinta colonna abbiamo l’evidenza addirittura autoproclamata e dagli aggressori riconosciuta e celebrata: i Fratelli Musulmani.

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Fabrizio Casari: Siria, vincono i jihadisti d’Occidente

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Siria, vincono i jihadisti d’Occidente

di Fabrizio Casari

Damasco è caduta e, come il resto del Paese, lo ha fatto senza combattere, ritirandosi di fronte all’avanzata delle truppe jihadiste a comando occidentale ma guidate sul campo da uno dei suoi funzionari prediletti: Al-Jodani, ex appartenente ad Al queda, poi membro dell’Isis e oggi, miracolosamente, insignito dai media occidentali della qualifica romantica di “Ribelle”. Il rapido arretramento delle forze armate governative davanti all’avanzata dei militanti jihadisti, rende credibili le ipotesi occidentali riguardo i limiti delle intelligence siriana e iraniana, che non si sono rese conto di ciò che da mesi si preparava, pur se l’attacco da più direzioni lanciato a metà della scorsa settimana, secondo alcune fonti, fosse allo studio da tempo e, in base a quanto scritto dal quotidiano russo Izvestia, fosse stato coordinato tra le intelligence di Turchia, Ucraina, Francia e Israele.

Ma nonostante ciò nessuno immaginava la presa della Siria in tempi rapidi e senza colpo ferire. Si teneva conto di come Iran, Hezbollah e Russia avevano difeso la Siria per ben 13 anni e di come avevano vinto sul terreno, obbligando l’Isis e i suoi seguaci, ma anche l’Occidente con i suoi amici i kurdi e i turchi a indietreggiare. Questa volta invece, Mosca è intervenuta nei giorni scorsi con raid aerei per sostenere una controffensiva, poi null’altro.

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Leonardo Mazzei: L’Occidente getta la maschera

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L’Occidente getta la maschera

di Leonardo Mazzei

Le elezioni vanno bene solo se vincono i “nostri”, altrimenti le trucchiamo (Moldavia), le raggiriamo (Francia), le contestiamo violentemente (Georgia), le annulliamo (Romania).

La sequenza di atti brutalmente antidemocratici si allunga ogni giorno di più. Non sempre si può fare come in Moldavia. Qui, nel piccolo paese racchiuso tra la Romania e l’Ucraina, sono bastati i brogli a rovesciare di misura (50,3%) l’esito del referendum del 20 ottobre per l’adesione all’Ue. Ma i brogli dei filo-occidentali vanno bene alla nostra stampa, a differenza di quelli immaginari attribuiti alle forze filo-russe. A volte il mondo va davvero al contrario.

Altrove le cose sono andate peggio per il blocco neoliberista, globalista, europeista e antirusso. Questo blocco, raccolto attorno all’Ue e alla Nato, è il nocciolo duro del sistema. Quello che controlla l’informazione mainstream, sempre pronta a gridare al complotto russo. Piccola digressione: ma non avevano detto che la Russia era ormai alle corde, incapace perfino di badare a sé stessa! E com’è che oggi sarebbe così potente da poter influenzare gli elettori di buona parte del Vecchio Continente? Misteri del complottismo di regime.

Ma veniamo ai fatti. Il 26 ottobre scorso (quasi in contemporanea con le vicende moldave), si svolgevano le elezioni politiche in Georgia.

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