Coordinamento No Green Pass e Oltre – 13/12/2024
Nel ricordare l’appuntamento di sabato 14 dicembre alle 11.00 in via von Bruck 3 a Trieste, diffondiamo qua la lettera aperta al Commissario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, dott. Torbianelli, che consegneremo domani, venerdì 13 alle 11.00, sempre in via von Bruck agli uffici della predetta Autorità.
Contestualmente, svolgeremo una conferenza stampa dove presenteremo la manifestazione e la lettera aperta, che riassume quanto sta accadendo con l’utilizzo a scopi militari dei porti di Trieste e Monfalcone e le motivazioni politiche, etiche e legali per dire no ai traffici di morte nella nostra terra e, in generale, no all’escalation bellica a livello
internazionale.
Sabato avremo il piacere di avere con noi anche Aurelio Juri, esponente pacifista della Slovenia, dove sta conducendo le nostre stesse battaglie.
Ci vediamo sabato 14 alle ore 11.00 in via Von Bruck 3
Trieste, 14 Dicembre: Presidio all’Autorità Portuale contro i traffici di guerra del governo Meloni
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Lettera aperta al Commissario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale Dott. Vittorio Alberto Torbianelli sul transito di armi e il coinvolgimento bellico dei porti di Trieste e Monfalcone
Alla cortese attenzione
del Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale Dott. Vittorio Alberto Torbianelli
Egregio Commissario,
siamo esponenti di movimenti politici locali e nazionali sicuramente minoritari, ma che non rinunciano però a porre oggi, a Lei, con questa lettera aperta, preoccupazioni e sensibilità fortemente diffuse nella nostra società, incentrate sulla condizione di guerra che va drammaticamente diffondesi a livello globale. Possiamo qui indicarne di seguito i principali, senza togliere drammaticità e peso ad ogni conflitto esistente. Il conflitto russo-ucraino è foriero di produrre la deflagrazione di una nuova guerra mondiale tra potenze nucleari. Il Medio Oriente vede l’allargamento di scontri che, dalla Palestina occupata, si sono dapprima allargati allo Yemen, al Libano, all’Iran e oggi alla Siria. L’Estremo Oriente vede una condizione di guerra fredda sia rispetto alla contesa sul Mar Cinese Meridionale, su Taiwan che sulla penisola coreana. L’intera economia mondiale oramai si confronta ed è informata dalla condizione di guerra generalizzata: la vecchia globalizzazione, con le sue promesse di pacificazione sovranazionale, è naufragata nello scontro tra un occidente che pretende ancora di dettare legge a livello globale e nuove potenze emergenti le quali rivendicano, con ogni mezzo necessario, il “loro posto al sole”. La “vecchia Europa” sta attraversando una fase di conclamata decadenza, di cui la crisi automobilistica è oggi l’evidenza più drammatica in Italia e Germania.
Siamo sicuri di annoiarla con queste prime righe di questa lettera aperta non perché Lei sia indifferente a tutto ciò, ma – al contrario – perché, dato il ruolo rivestito, ha piena consapevolezza di questa condizione e della sua drammaticità.
Veniamo dunque a noi, alla nostra città, al porto di Trieste e a quello di Monfalcone, da Lei diretti e a come quanto detto finora si relazioni strettamente alla nostra realtà cittadina. L’attuale governo italiano, ad un anno circa dall’intervento russo in Donbass, ha definito Trieste come “porto dell’Ucraina”. Il quotidiano locale riportava, il 3 marzo 2023, le dichiarazioni degli operatori portuali: “Non solo armi, va aiutata l’industria Noi pronti a giocare un ruolo di primo piano”. Una dichiarazione ambigua che pareva ammettere il transito di armi per il porto di Trieste destinate alla guerra in Ucraina/Donbass.
Un mese prima era accaduto, non a Trieste ma a Monfalcone – porto che risponde alla stessa Autorità di Sistema, ovvero la sua – che l’Unione Sindacale di Base avesse denunciato il passaggio di mezzi militari e obici sulla nave “Severine”, la quale una volta salpata aveva fatto perdere le sue tracce ai radar per undici giorni. Successivamente si era prima fermata a Bari, poi a Ortona, dove ha sede una fabbrica di armi che rifornisce l’esercito ucraino, ed era infine attraccata ad Alexandroupoli, uno dei terminali della logistica statunitense per l’armamento del regime di Kiev. Fatti che non confermavano affatto la versione fornita dal suo predecessore, D’Agostino, il quale dichiarava i mezzi militari e le armi essere destinate all’esercito italiano e dirette in Sardegna.
Il problema è che, anche se così fosse, vi è stata una palese violazione normativa, visto che il porto di Monfalcone, di Categoria due, di classe seconda, secondo il piano regolatore portuale, non è abilitato a ricevere armamenti, per questioni di logistica e di sicurezza.
A dicembre 2023, la cosa si ripete: la nave “Capucine”, in uso come la “Severine” al ministero della difesa italiano, risultava attraccata al porto di Monfalcone, contenente esplosivi, come risulta dalla sottoclasse 1.4 segnata sui container. Sono stati i lavoratori stessi a denunciarne il passaggio e segnalarla al sito internet di monitoraggio dei transiti di armi weaponwatch.net . E ancora, sempre da parte dell’Unione Sindacale di Base, nell’agosto del 2024, veniva segnalata la presenza nel porto di Monfalcone di diversi blindati e carri armati, oltre che di diversi container militari.
Del resto, già nel 2019, era accaduto che a Monfalcone fosse attraccato il cargo Nordenerey, con centinaia di bazooka e missili destinati al regime saudita per la conduzione della guerra allo Yemen e, anche allora, solo la denuncia dei lavoratori aveva svelato il carico, fra lo sconcerto dei sindacati e delle istituzioni locali.
Quindi si è verificata una serie conclamata di violazioni normative sulle prerogative del porto di Monfalcone da parte dell’Autorità Portuale diretta da D’Agostino.
Ma veniamo al porto di Trieste., anzi al “porto di Kiev” secondo il ministro del made in Italy Adolfo Urso. Nel settembre 2024, il Comitato 15 Settembre denunciava la presenza di blindati fermi in porto e l’Autorità Portuale, laconicamente, rispondeva che si tratta “di mezzi Nato (…) traffici che non si possono fermare”. Forse, dunque, Lei è stato più sincero di D’Agostino, fornendo questa risposta perentoria.
Va notato, rispetto al porto di Trieste, che nel 2022 venne utilizzato come scalo della portaerei statunitense Truman e, nel 2023, della portaerei Ford. La prima è stata utilizzata anche recentemente in manovre militari di contenimento e monitoraggio della flotta russa, la seconda è stata schierata a supporto di Israele nella guerra condotta contro il popolo palestinese e i popoli della regione mediorientale. Entrambe peraltro sono dotate di propulsione nucleare, in una città dove manca un reale piano di emergenza per incidente atomico, visto che la prefettura non lo rivede dal 2007. Secondo noi la militarizzazione dei porti di Sua competenza – Trieste e Monfalcone – non rientra solo nella suddetta volontà del governo Meloni di integrarli con le esportazioni e importazioni dell’Ucraina in guerra, armi comprese. Rientra in un processo più vasto, che è quello del Trimarium, cioè dell’integrazione in funzione antirussa dell’Europa Orientale, nello specifico dell’area tra i tre mari Adriatico, Baltico e Nero. Peraltro a Trieste vi è anche la convergenza tra il Trimarium e il progetto Imec, ovverosia il corridoio indiano-mediorientale-europeo, in funzione antirussa e anticinese e integrante in particolare Israele con l’Europa. Non lo diciamo noi…Voglia Lei dare una lettura all’ultimo numero della principale rivista di geopolitica italiana, “Limes”.
Le preoccupazione da noi evidenziate qui sono già state espresse in forma diversa dal Vescovo di Trieste e da una serie di gruppi e associazioni che Le hanno indirizzato una chiara lettera in tal senso il 18 novembre scorso: “Chiediamo innanzitutto che sia comunque rispettata la lettera della legge 185/1990, che regola l’export degli armamenti, in particolare all’articolo 6; e che sia rispettata la lettera del Trattato internazionale sul commercio delle armi, in particolare agli articoli 6 e 7, nei punti dove prescrivono che le diverse autorità che hanno, nel concreto, poteri di controllo sull’entrata e sull’uscita delle merci e sul transito delle stesse nei porti, non devono consentire il transito di armamenti di cui si possa presumere l’impiego in conflitti che violino gravemente i diritti umani, o in cui si possano commettere crimini di guerra e genocidi. Chiediamo inoltre che il dialogo comporti la discussione intorno ai rischi che le navi cariche di armi e munizioni rappresentano al loro arrivo e sosta in porto, dal punto di vista della sicurezza dei lavoratori in banchina e della cittadinanza residente nelle aree vicine al porto. Va peraltro apprezzato il fatto che l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, per il Porto di Trieste, disponga di un dispositivo congiunto con la Capitaneria di Porto che impone limitazioni e specifici controlli su imbarchi, sbarchi, trasbordi e transi di armi nonché il divieto di sbarco, imbarco o trasbordo di esplosivi”. Una lettera importante, pressoché ignorata dalla stampa locale, che ha il merito di citare la legge 185/1990, la quale oggi si vorrebbe riformare per ridurre al minimo i doveri di comunicazione pubblica rispetto alle esportazioni di armi e materiale bellico.
In questo caso, Lei ha dovuto fornire una risposta ben più ampia rispetto a quella data al Comitato 15 Settembre, ma non sappiamo quanto sincera. Lei scrive infatti che “In relazione alle tematiche sollevate, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, in piena concordanza con le proprie competenze e nel pieno rispetto di quelle delle altre istituzioni che hanno ruoli importanti per quel che concerne i controlli, continuerà, come è dovere, a vigilare affinché l’insieme delle norme di legge e regolamentari che disciplinano il transito delle merci e degli armamenti nei porti italiani, e in particolare in quelli dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, siano continuativamente osservate. Con riferimento agli aspetti della sicurezza, citati nella lettera, confermo che è per noi motivo di serenità poter contare sull’Ordinanza congiunta (C.P. 09 – APT 25 del 2016) con la Capitaneria di Porto, che disciplina le modalità di autorizzazione per lo sbarco e l’imbarco di materiali di armamento, in conformità con la Legge 185/1990 e i successivi aggiornamenti.
Personalmente, concordo infine sull’importanza di promuovere la sensibilità verso i temi del traffico delle armi e, in relazione a questo, verso una cultura di trasparenza, come obbligo giuridico e come valore fondamentale per permettere un confronto costruttivo tra istituzioni, e comunità dei cittadini, garantendo l’accesso alle informazioni, sempre nei limiti delle competenze e nel rispetto delle normative”.
Stupisce in particolare l’utilizzo della parola “continuerà” quando è palese la violazione, ripetutasi negli ultimi anni, delle norme rispetto alla classificazione del porto di Monfalcone, ad esempio. In generale, il tono è quello “di convenienza” ma senza nessuna sostanza, a meno che – lo speriamo – non si voglia operare in rottura rispetto a quanto fatto fino ad adesso a Trieste e Monfalcone, con violazioni e nessuna trasparenza, ma più altro un dare “spiegazioni” parziali, incoerenti e trancianti dopo che i lavoratori hanno esercitato il loro dovere sindacale e civico di segnalare i traffici di armi. Fino ad ora, l’Autorità che Lei rappresenta attualmente non ha mai adempiuto ad un’adeguata informazione su modalità, finalità e natura dei trasporti di materiale militare transitante per i porti di Trieste e Monfalcone.
Per quanto ci riguarda, il richiamo alla legge 185/1990 e al Trattato internazionale sul divieto di commercio delle armi rispetto a gravi violazioni dei diritti umani, crimini di guerra e genocidi, è doveroso da fare rispetto a tutti i conflitti in corso e all’eventuale passaggio di armi, a Trieste e Monfalcone, per alimentarli. È appurato, ad esempio, che il governo di Kiev bombardi deliberatamente le popolazioni civili del Donbass annesso alla Federazione Russa e altre regioni appartenenti a quest’ultima. Per non parlare della situazione mediorientale, con la richiesta di arresto della Corte Penale Internazionale per il primo ministro israeliano, Netanyahu, e le ripetute gravi violazioni dei diritti umani operate dal regime della Turchia, pur membro della Nato.
La stessa Ordinanza congiunta (C.P. 09 – APT 25 del 2016) con la Capitaneria di Porto, di cui vogliamo sperare vi sia una scrupolosa osservanza, diventa poca cosa se poi l’esplosivo, anche se di classe minore 1.4, viene fatto transitare in un porto non adatto per sua stessa classificazione, come quello monfalconese.
Infine, vogliamo farle presente che, aldilà dei limiti della legge 185/1990, non è vero che, come da Lei affermato il settembre scorso, i transiti di mezzi militari della Nato non si possono fermare. Le considerazioni politiche ed etiche sulla necessità di fermare i traffici di armi come contributo alla conquista della pace internazionale, possono trovare supporto nella normativa in vigore a Trieste da dopo la Seconda guerra mondiale. Il Trattato di Pace di Parigi del 1947 e i suoi allegati, non prevedono solo la natura di porto franco (allegato ottavo) ma anche la sua smilitarizzazione e neutralità (allegato sesto), alla base dell’istituzione del Territorio Libero di Trieste. Se la condizione di porto franco, quantomeno in parte, viene applicata, perché non deve valere quella di smilitarizzazione e neutralità? Ovverosia, in questa situazione internazionale sempre più grave, perché Lei o meglio i presidenti che Le succederanno, non estendete il riconoscimento dello status del porto di Trieste dall’esenzione doganale a quella della neutralità politica e della smilitarizzazione? Ciò consentirebbe a Trieste di non essere ridotta a piazzaforte bellica della Nato e la collocherebbe al centro dei rapporti internazionali – anche dal punto di vista economico – in un momento in cui l’occidente si rivela su più fronti isolato rispetto alla massa dei paesi emergenti. La pace è più importante degli affari e, a volte, può esserne la base.
Beninteso, ci rivolgiamo a Lei con rispetto, ma siamo pessimisti sulla sua adesione a questa battaglia di legalità (oltre sopratutto di giustizia politica ed etica) perché purtroppo solo quando si abbandonano i ruoli ufficiali si può cominciare a dire un po’ di verità. Vogliamo infatti salutarla con le parole pronunciate e riprodotte in un video circolante tra i telefonini dei triestini e delle triestine del suo predecessore D’Agostino che dicono “in un mondo che diventa sempre più caldo, in un mondo che diventa sempre più conflittuale, il tema del porto franco – non solo – i temi generali di territori che hanno condizioni speciali diventano fondamentali. E quindi sorridevo e sorrido ancora oggi quando qualcuno è scettico rispetto a questo tema, perché non si rende conto che il tema diventa sempre più importante anche rispetto a coloro che difronte a proposte che noi abbiamo sempre fatto come Autorità Portuale prima e Autorità di Sistema Portuale dopo in qualche modo ci accoglievano con freddezza (…) il mondo ha bisogno di zone neutrali, proprio perché sta diventando sempre meno neutrale (…) ed è chiaro che quindi un luogo, un territorio, come il porto franco di Trieste, che ha invece tutta una serie di vantaggi, di benefici, di privilegi che sono testimoniati e comprovati e sostenuti da normative forte e da giurisprudenza importante assume un vantaggio competitivo importante”.
Beninteso, per noi non si tratta di competizione portuale ma di contribuire a disinnescare la terza guerra mondiale e di non essere complici nei massacri dei popoli. D’Agostino è stato completamente incoerente con quanto ha potuto dire solo dopo essersi dimesso. Lei cosa vuole fare? E i suoi successori? Da parte nostra continueremo, stia sicuro, a far sentire la nostra voce contro chi vuole far passare la guerra per Trieste.
Attendendo Sua risposta, Le porgiamo i nostri migliori saluti
Coordinamento No Green Pass e Oltre
Insieme Liberi
Fronte della Primavera Triestina
Mondo Senza Guerre e Senza Violenza – Trieste
Tavola Pace Fvg
Comitato Mutuo Appoggio Radio Tv
Trieste, 12 dicembre 2024