Forum Italiano dei Comunisti – 12/12/2024
UN PERCORSO URGENTE PER FACILITARE L’UNITÀ DEI COMUNISTI
Il compagno Giuseppe Amata, parte attiva del dibattito attualmente in atto nell’area comunista, ci ha inviato la lettera che qui riportiamo. Una voce autorevole si aggiunge a quelle che già stanno cercando di costruire un dialogo fra comunisti che possa produrre concretamente quell’unità che servirebbe ai comunisti italiani e a tutto il sistema Paese.
Giuseppe Amata, già docente dell’Università di Catania ed esponente di spicco della vita politica siciliana e catanese in particolare, è autore di parecchi volumi utili alla riflessione dei comunisti. Mettiamo perciò in evidenza alcuni dei titoli più significativi.
Dai comunicati del Forum dei Comunisti ho letto dell’incontro che vi è stato con il segretario nazionale del PCI, Mauro Alboresi, per discutere le iniziative concrete a livello ideologico, politico e organizzativo per unire i nuclei comunisti (sia organizzati in partiti, sia in gruppi o circoli oppure nei confronti dei singoli militanti che partecipano alla discussione nelle riviste online o cartacee, in particolare Marx21 dove da circa dieci anni ho pubblicato diversi articoli anche sull’unità dei comunisti).
Condivido pienamente l’iniziativa che i compagni del Forum (al quale ho aderito sin dall’inizio della sua costituzione) hanno intrapreso e ritengo che Marx21 debba pubblicizzare il dibattito anche nel suo sito.
Il PCI, come nuovo partito, anche se piccolo e interessato nel corso della sua esistenza da confluenze di compagni o da separazioni di altri che ne hanno fatto parte, si è sforzato, a mio modesto avviso, di rompere con l’impostazione che Bertinotti aveva dato a Rifondazione Comunista, nella quale io avevo militato, organizzandola nella provincia di Catania sin dalla sua fondazione, facendo anche parte del Comitato Politico Nazionale dopo il I e il II Congresso, non rinnovando più la tessera dopo la divisione e la formazione del PdCI. Da allora sono rimasto un semplice militante, partecipando però a tutte le iniziative di massa e alla lotta ideologica per la ricostruzione del Partito comunista in Italia, traendo ispirazione dal meglio della vita politica ed organizzativa del vecchio PCI dalla sua fondazione fino all’accettazione in pieno del revisionismo ideologico e politico che ha portato il Partito, lentamente, dapprima verso la deriva socialdemocratica (pur avendo ancora molti voti) e poi, dopo lo scioglimento, verso posizioni ideologiche e politiche neoliberiste e subordinate alla strategia dell’imperialismo americano e al tentativo del capitalismo finanziario europeo di formare un polo imperialistico dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica e l’indebolimento della Russia come Stato sovrano in seguito ai processi di capitalismo selvaggio imposti, nel disorientamento generale delle masse russe, dal gruppo dirigente eltsiniano.
Il PCI ha anche cercato di correggere gli errori di Cossutta e degli altri dirigenti che lo attorniavano ed ha aperto un dialogo con i militanti comunisti non iscritti nelle tribune precongressuali. A questo dialogo ho partecipato con interventi scritti preparatori a due Congressi nazionali. In quelle Tesi ho apprezzato l’analisi che si faceva sulla situazione internazionale, in particolare sul ruolo della Cina come Paese avviato (attraverso una lunga fase di transizione) al socialismo e del Partito comunista cinese come avanguardia, sotto la guida di Xi Jinping, della lotta antimperialistica e per un nuovo ordine economico e politico internazionale. Condividevo anche quasi totalmente l’analisi della situazione italiana e il tentativo di sviluppare un ampio fronte di massa per far fallire il processo imperialistico della integrazione europea, la cui crisi, al di là delle nostre giuste iniziative di massa contro la guerra, si va cogliendo ai nostri giorni con la sconfitta della strategia bellica in Ucraina e su altri fronti, strategia fondata esclusivamente sulla illusione di indebolire economicamente e disgregare statualmente la Federazione Russa e di rimando con la crisi economica che attraversa l’Europa e il mondo capitalistico e dalla quale non si sono mai risollevati definitivamente dopo il 2007 (solo per brevi periodi 2014-2019) e che hanno anzi aggravata con le scelte politiche di annullare gli accordi economici con la Federazione Russa.
Non ho condiviso, invece, nei documenti congressuali del PCI e nelle analisi ideologiche e politiche successive, il mancato approfondimento degli errori commessi dai compagni Togliatti, Longo e Berlinguer, pur condividendo la linea originaria della democrazia progressiva e meno la cosiddetta via italiana al socialismo, per le ragioni che tante volte ho esposto.
Ritengo che – con la massima apertura possibile, attraverso una discussione franca e senza gli anatemi tipici della fase storica degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta, quando il confronto ideologico e politico nel Movimento comunista internazionale fu molto aspro (e col senno di poi portò danno a tutti gli schieramenti) – bisogna affrontare, per riunire i comunisti in un Partito che cresca e si consolidi nella società italiana, anche quei temi ideologici, oltre a quelli dell’analisi politica internazionale e nazionale del presente momento storico, per stabilire le iniziative di massa da portare avanti, come il Fronte antifascista e per la difesa della Costituzione del 1948.
In Europa in generale e nel nostro Paese in particolare il conflitto di classe si va acutizzando e la classe dominante vede in ogni Paese i suoi partiti (sia di destra che di centro-sinistra) che non riscuotono molto consenso, perché in maggioranza gli elettori si astengono dal votare, tanto che per reggersi in piedi deve ricorrere ad escamotage quasi golpisti (Macron che non soltanto non affida l’incarico al leader del Partito che prende più voti, cioè il Fronte Popolare, ma addirittura cerca di combinare un governo manovrando per determinare scissioni e raccogliere deputati nei diversi settori politici, oppure la decisione della Corte costituzionale di annullare alla vigilia del ballottaggio le elezioni presidenziali in Romania perché il candidato favorito rifiuta di sostenere la guerra contro la Federazione Russa). Questa situazione ci deve spingere a muoverci per unire tutte le forze di opposizione al disegno dominante, forze che si esprimono in modo diverso in ogni Paese europeo, e la nostra capacità deve consistere nel saper unire, delineando una corretta analisi e soluzioni propositive che unifichino le masse oggi disorientate, sia per le difficoltà della crisi sia per mancanza di organizzazione politica per dare uno sbocco positivo.
Ci dobbiamo rendere conto che col processo di integrazione europea sotto la guida del capitale finanziario non si vuole costruire uno Stato multinazionale (come fu l’Unione Sovietica), che rispetti le identità dei popoli formatesi nel corso della loro storia, ma si vuole costruire lo Stato delle multinazionali europee per preparare i popoli europei unificati alla guerra verso altri Paesi, oltre che alla Federazione Russa e per questo disegno si programma l’enorme aumento della spesa militare, soprattutto perché l’imperialismo non riesce a venire a capo della crisi economica e la vuole risolvere con l’ultima arma a sua disposizione, usata anche in passato, cioè la guerra. E in opposizione a questo disegno le masse che sono contrarie ma prive di un’ideologia di classe e disorganizzate politicamente esprimono la loro protesta a livello elettorale, oltre che con l’astensione, con il voto verso forze politiche cosiddette di destra, che per demagogia elettorale dicono di difendere i princìpi cardine dello Stato-nazione mentre poi i gruppi dirigenti, dopo la vittoria elettorale, si consegnano al governo delle multinazionali, come hanno fatto in Italia gli attuali partiti governativi, mentre il PD è dichiaratamente il partito delle multinazionali e della guerra.
Anche in Italia c’è questa opposizione primitiva e oltre alle forze comuniste, che bisogna riunificare in un’unica linea ideologica, politica e organizzativa che dobbiamo sviluppare con la discussione che ci proponiamo di fare (l’unificazione dei comunisti non significa mettere assieme tutti i cocci dei gruppi comunisti per aumentare la confusione ideologica e tornare a dividersi, come successe nel 1991 con la nascita di Rifondazione comunista), vi sono altre forze come AVS e il Movimento 5 Stelle, con le quali bisogna discutere sui punti politici che uniscono (non certamente su quelli ideologici che ci vedono profondamente diversi).
Pertanto il mio auspicio è che dagli incontri che seguiranno tra il Forum con i compagni del PCI, e ritengo che debbano avvenire anche con altri gruppi (ex PC, Movimento per la Rinascita Comunista, Associazione Marx21 e così via) si possa delineare un percorso che faciliti la costruzione di un forte Partito comunista, sul cui nome non ho alcuna preclusione: può essere quello del PCI se i compagni diretti da Mauro Alboresi si impegneranno proficuamente e faciliteranno senza settarismi questo processo.
Giuseppe Amata