[SinistraInRete] Algamica: In vita di Luigi Mangione

Rassegna 16/12/2024

Algamica: In vita di Luigi Mangione

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In vita di Luigi Mangione

di Algamica*

6757d7ef095b3.jpegPer chi da sempre è impegnato idealmente in una lotta politica capita, un giorno sì e l’altro pure, commemorare morti sul lavoro oppure martiri che difendevano la causa degli oppressi e sfruttati, quando non addirittura giustiziati dalle forze di polizia di Stati democratici. Lo continueremo a fare con una certa sofferenza anche se lo abbiamo messo da sempre in conto.

In queste scarne note invece vogliamo spendere qualche parola e richiamare l’attenzione su Luigi Mangione in vita che ha compiuto un gesto “eclatante” negli Usa, che ha buttato e continua a buttare scompiglio fra i ben pensanti. Il perché è presto detto: sta riscuotendo non solo comprensione, che sarebbe, per così dire, nell’ordine delle cose in modo particolare se parte in causa in modo diretto, ovvero parente di un malcapitato che ha dovuto subire un torto da parte dell’ucciso, in questo caso tal Brian Thompson Ceo della divisione assicurativa di United Healthcare. Ma non in questi termini stanno i fatti, perché Luigi Mangione sta riscuotendo uno sconfinato plauso, forse anche inaspettato in modo particolare sempre dai benpensanti, che pone più di un interrogativo, in modo particolare perché il “killer di New York”, come viene definito dalla grande stampa assoldata dai vari establishment, non è un clochard, un barbone, un nero, un alcolizzato in preda ai fumi dell’alcool, un terrorista islamico, uno jihadista, o qualcuno sotto cura di qualche centro di igiene mentale e via di questo passo. No, ma si tratta di un giovane bianco di 26 anni, bello, ricco, laureato niente di meno che in ingegneria elettronica, che ha frequentato scuole di altissimo prestigio e di una famiglia di alto rango. Non solo, ma – chiosano i pennivendoli – «con un manifesto politico anticapitalista» dicono lor signori «nel quale rivendica il suo atto violento scrivendo: “Mi scuso per i traumi creati ma andava fatto, bisognava eliminare questo parassita”».

Lo scompiglio fra i ben pensanti non sta tanto nel gesto, figurarsi poi negli Usa dove si succedono stragi di chi spara all’impazzata “nel mucchio” proprio perché la società vive di rapporti economico-sociali capitalistici totalmente impersonali, dove perciò, è difficile se non impossibile arrivare al reo.

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Enrico Grazzini: Trump e l’Unione Europea: tra la pace in Ucraina e una nuova possibile crisi finanziaria

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Trump e l’Unione Europea: tra la pace in Ucraina e una nuova possibile crisi finanziaria

di Enrico Grazzini

f.elconfidencial.com original b38 df9 ab0 b38df9ab0985d03497920dbef3137cdc.jpgChe cosa cambierà per l’Europa con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca? Predire il futuro, e in particolare prevedere quello che farà Trump – noto, per la sua imprevedibilità e per i suoi umori discontinui – è assolutamente impossibile. Tuttavia occorre fare uno sforzo per tentare di comprendere le conseguenze della nuova situazione americana sapendo che bisognerà di volta in volta modificare le previsioni in base alle dinamiche della realtà. E’ noto che Trump non ama la UE e che appoggia tutti i politici europei nazionalisti di destra che, in una maniera o nell’altra, contrastano l’Unione, da Nigel Farage in Gran Bretagna a Viktor Orban in Ungheria a Matteo Salvini in Italia e Aleksandar Vučić in Serbia. Trump formerà con loro e con altri una sorta di “Internazionale illiberale” che condizionerà pesantemente la politica europea a partire dalla questione dei migranti. Oltre a Orbán, il primo ministro italiano Giorgia Meloni e il Cancelliere austriaco Karl Nehammer sono entrambi ideologicamente vicini a Trump, sebbene Meloni, amica del capitalista libertario e pazzoide Elon Musk, partner stretto di Trump, non condivida la posizione filo-russa di Orbán. Anche il governo olandese sostenuto da Geert Wilders, un politico anti-Islam, anti-immigrazione e populista, può diventare un alleato di Trump. Il neo eletto presidente americano favorirà con forza la disintegrazione nazionalistica della UE.

Nello scontro tra il liberalismo della UE e i nazionalismo fascistoidi interni alla UE, favorirà i regimi illiberali di destra e gli “uomini forti” (o le “donne forti”) che intendono scardinare le democrazie in Europa e svuotare dall’interno la UE. L’ideologia della destra europea più o meno estrema è in generale conforme a quella della tradizione reazionaria: Dio, Patria e Famiglia. In realtà la religione viene invocata non nel suo aspetto trascendente e liberatorio ma perché impone una disciplina superiore, intima e ferrea, l’obbedienza a una entità superiore. Anche l’amore di Patria obbliga all’obbedienza al Capo e a guardare con sospetto gli oppositori critici, le minoranze (e soprattutto gli “alieni” gli immigrati, che per definizione non hanno patria, e che quindi per definizione portano indisciplina, scompiglio, e perfino terrorismo).

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Luca Busca: Carlo Rovelli sulla sfiducia nella scienza e nelle competenze

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Carlo Rovelli sulla sfiducia nella scienza e nelle competenze

di Luca Busca

lòpai5tghjCarlo Rovelli è intervenuto domenica 8 dicembre a Più Libri Più Liberi per celebrare il decimo anniversario del suo libro più famoso e diffuso, Sette piccole lezioni di fisica. Il Professore, interrogato da Marco Motta, giornalista di Radio 3 Scienza, in merito alla crisi di fiducia nei confronti della scienza e delle competenze ha così illustrato la problematica.

“La reazione contro le competenze non è caduta dal cielo, ha dei motivi legittimi, fortemente legittimi. Fammi fare un esempio, a cui tengo moltissimo anche se piccolo ma da cui dipende il resto. Quando c’è stato il Covid, molte persone hanno reagito contro gli esperti che imponevano di fare qualcosa spesso in maniera scomposta e non sempre efficace per la società. In questo contesto la politica si è arroccata dietro delle decisioni giustificate dal fatto che “così dice la scienza”. Ma la scienza non ha mai detto che bisogna fare questo o quest’altro, la scienza al più dice che se tu chiudi le scuole forse muoiono meno persone. Se tu fai stare tutti a casa forse diminuisci un po’ il numero di persone morte. Questo non vuol dire che bisogna stare a casa, che bisogna chiudere le scuole. Vuol dire che questo è quello che sappiamo, poi le decisioni sono quelle politiche che coinvolgono interessi di tante persone da una parte e dall’altra.

Io non avrei voluto essere Giuseppe Conte in quella situazione lì, un momento in cui ha dovuto prendere delle decisioni difficilissime: scegliere tra una soluzione che avrebbe ucciso 50.000 italiani e una che avrebbe reso più poveri 5 milioni di famiglie. Che fare? Non è facile, è difficile. Invece di assumersi le responsabilità delle decisioni, la politica, in Italia così come in Inghilterra e altrove, ha detto: “ah gli scienziati dicono questo” e ha rinunciato alla propria funzione. Chiunque non era d’accordo con quelle decisioni, sulle quali pesano differenze di valore, differenze di interessi, complessità della società, ovviamente ha reagito: “va bene io non mi fido della scienza allora”. Questo è nello specifico quello che è successo col Covid, ma molto più in generale, secondo me, l’origine del problema è nell’atteggiamento del potere di nascondersi dietro le competenze per giustificare quelli che alla fine sono interessi di pochi.

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Agata Iacono: Il libro di Khamenei e l’inutile vociare dei paladini dei “diritti umani” a giorni e paesi alterni

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Il libro di Khamenei e l’inutile vociare dei paladini dei “diritti umani” a giorni e paesi alterni

di Agata Iacono

Sarebbe ridicolo se non fosse emblematicamente e tragicamente vero. Nel momento più drammatico per la Siria, uno Stato laico invaso da tagliagole islamici diventati “terroristi moderati e lettori di Kant”, lasciando a Israele campo libero per completare il genocidio a Gaza, quale protesta mettono in campo quelli che si tagliavano il ciuffo di capelli per le donne “oppresse dall’Islam”?

Un altro taglio di barba e capelli? Si tappano naso e bocca per la Siria martoriata in mano a orde di terroristi? No. Organizzano una “sentita” e strombazzata protesta contro la presentazione del libro di Khamenei, “Cella n14”, avendo saputo che avverrà giovedì 14 dicembre a Roma.

Peccato che non sia neppure vero che la presentazione del testo di Khamenei sia un’anteprima in Italia. Personalmente ho partecipato il 14 novembre alla presentazione del libro Cella n14, da parte dell’ambasciatore iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri, di intellettuali e specialisti, giornalisti e docenti, di cittadini della Comunità iraniana a Roma e dei responsabili della casa editrice La Vela, (che lo ha tradotto e pubblicato in Italia), in occasione della Giornata Nazionale per la Promozione della lettura in Iran, in una bellissima sala dell’hotel Regina Margherita.

Un po’ buffo e quantomeno sospetto che, invece, solo dopo un mese, i paladini della “cultura occidentale” si siano accorti che il libro, un bel libro molto spirituale, circoli in realtà da molto tempo.

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Dante Barontini: “Terrorista” è sempre e solo “il nemico”

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“Terrorista” è sempre e solo “il nemico”

di Dante Barontini

Da “terrorista” super-ricercato ad alleato fedele o leader con cui comunque discutere… è un attimo.

La lista, nella storia, è praticamente infinita. Ma ogni volta riesce a sorprendere la massa altrettanto sterminata di servi o semplici cretini che per anni hanno bevuto fideisticamente la favoletta sui “mostri” indicati dal padrone politico (nel nostro caso il governo degli Stati Uniti, seguito da tutti gli “alleati” scodinzolanti).

Vale per gli “opinionisti” e i semplici cronisti, costretti ad aggiornare nell’arco di 24 ore sia i nomi delle organizzazioni che quello dei singoli “mostri”. Vale a maggior ragione per i telespettatori passivi che fanno da vasca di raccolta del liquame mediatico trasmesso dagli schermi e dai giornali.

“Al Joulani” – al secolo Ahmed al-Shareh – e la sua Hay’at Tahrir al Sham stanno ricevendo il trattamento di “demo-washing” più rapido che si ricordi. La filiale di Al Qaeda per la Siria era già stata ribattezzata “i ribelli” al tempo della prima conquista di Aleppo, nel 2011, ma gli schedari e le definizioni erano rimasti molto più prudenti. In fondo, come facevi a fidarti di chi aveva buttato giù le Torri Gemelle facendo 3.000 morti?

Ma il tempo e il nemico cambiano spesso. Così il fatto di combattere Assad, e poi abbattere il suo regime, ha pian piano “sbiancato” e “angelicato” l’immagine di questo signore della guerra.

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Andrea Del Monaco: Landini contro le due destre descritte da Revelli

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Landini contro le due destre descritte da Revelli

di Andrea Del Monaco

La rivolta sociale invocata da Maurizio Landini è contro le due destre descritte da Marco Revelli. Quelle due destre ci hanno condotto alla situazione attuale. Lo ha sintetizzato bene Melenchon: “Questa propaganda secondo cui la sinistra deve scendere a patti con la destra è pericolosa. Il risultato lo conosciamo tutti: Meloni. Noi rifiutiamo di tradire i nostri elettori in cambio di poltrone.”1. Occorrerebbe definire Destra chi vara politiche di Destra. Il segretario della CGIL2 ha giustamente osservato come “Non si è liberi quando c’è la guerra, quando si è precari, se non arrivi a fine mese, se non sei in grado di curarti o se addirittura muori sul lavoro. Quindi lo sciopero, la rivolta sociale e la lotta per la pace sono la stessa cosa”. Landini ha aggiunto: “… se non ti rivolti di fronte alle ingiustizie, che persona sei? Che vita fai?”. Marco Revelli, intervistato sulle parole di Landini su La Stampa3, ricorda come “la rivolta, oggi, e non solo oggi, sia un gesto salvifico. Una società priva di segnali di rivolta è bloccata, morente…Se non ci fosse quel vento di rivolta ciò vorrebbe dire che la nostra società è non solo sorda, ma morta”. Citando Albert Camus, nel mondo dell’assurdo, l’unica possibilità di restare vivi è rivoltarsi. La rivolta ha l’effetto di generare solidarietà. La rivolta “è tutta nel presente dove dall’io si diventa noi, un gesto istintivo che implica al più una forma di contagio: mi rivolto dunque siamo.”. L’Italia non è la Francia: perchè contro la riforma Fornero o il Jobs Act nessun io è diventato noi? Perché Giorgia Meloni vince le elezioni nel 2022 e nel 2024? Perché un italiano su due non vota?

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Paolo Ferrero: Ora in Siria i ‘terroristi’ sono nostri alleati: una ripulitura tipica dei media occidentali

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Ora in Siria i ‘terroristi’ sono nostri alleati: una ripulitura tipica dei media occidentali

di Paolo Ferrero

Il vincitore militare della guerra lampo in Siria è Abu Mohamed al Golani, il capo di Hayat Tahir al Sham. Golani è nato in Arabia Saudita nel 1982, del 2003 ha aderito ad “al Qaeda Iraq” ed è stato messo in galera dagli statunitensi ad Abu Graib e Al Buqqa, dove soggiornava anche il leader dell’Isis Al Bagdadi. In seguito Golani aderì all’Isis da cui si staccò nel 2011 per fondare Al Nusra, ricucendo i legami con Al Qaeda. Per questi motivi gli Usa lo avevano inserito nella lista dei terroristi e posto una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa. Anche Al Nusra è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche, come alias di Al Qaeda così come l’organizzazione Hayat Tahit al Sham che ha guidato la “ribellione” nostrana in Siria.

Questo signore oggi viene presentato non come un terrorista tagliagole – come venivano definiti fino a un mesetto fa – ma come un giovane ed entusiasta ribelle che ha liberato la Siria dal giogo del tiranno Il fatto che questo signore sia un dirigente delle organizzazioni che hanno organizzato l’attentato alle torri gemelle e contro cui gli Usa hanno scatenato la guerra dei mondi e invaso per trent’anni l’Afghanistan, viene tutto miracolosamente dimenticato in nome della vittoria contro l’odiato nemico Bashar al Assad.

In pratica, adesso i terroristi di Al Quaeda, nella misura in cui sono stati utili a distruggere il regime siriano – e probabilmente a smembrare lo stesso stato siriano che in quanto tale non esisterà più – sono diventati i nostri alleati: combattenti per la libertà, non più nemici pubblici numero uno da rinchiudere a Guantanamo e torturare.

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Roberto Fineschi: Alessandro Mazzone, Questioni di teoria dell’Ideologia I

marxdialectical

Alessandro Mazzone, Questioni di teoria dell’Ideologia I

Introduzione di Roberto Fineschi

Mazzone.jpgA distanza di 23 anni viene riproposta l’unica monografia pubbli­cata in vita da Alessandro Mazzone. Il titolo, Questioni di teoria dell’ideologia, è significativamente seguito da “I”1: una seconda parte, di cui a fine libro l’Autore stesso riporta la struttura, avrebbe dovuto far seguito. Nel suo percorso intellettuale il testo fa da spartiacque tra gli inizi dellavolpiani, lo studio di Gramsci e il pro­fondo ripensamento di temi hegeliani che, negli anni Settanta, aveva dato il suo primo corposo frutto nel complesso saggio sul feticismo del capitale2. Lo studio analitico della teoria marxiana del capitale3 – basato sulla pubblicazione della nuova edizione sto­rico critica delle sue opere4 -, l’approfondimento delle strutture lo­giche portanti della teoria hegeliana porteranno a una sospensione di giudizio che non si risolverà mai pienamente, lasciando in so­stanza allo stato di torso lo sviluppo di una teoria marxista dell’ideologia. Nella speranza di rintracciare nel lascito la seconda parte (che l’Autore dichiarava essere sostanzialmente pronta), per agevolare il lettore cerchiamo di ricostruire le linee portanti del suo ragionamento5.

Elaborando una “teoria dell’ideologia” Mazzone è forse uno degli autori che più seriamente ha ripreso l’impo­stazione gramsciana del problema del rapporto fra struttu­ra e sovrastruttura, indagando le modalità di riflessione in se stesso del corpus storico-materiale, quindi la possibilità di una azione storica razionale. Lasciando da parte le frasi fatte sulla generica fondazione strutturale della sovrastrut­tura, Mazzone cerca di ricostruire i processi di mediazione che, a partire dalle determinazioni formali della riproduzione sociale, permettono di sviluppare categorie “fenomeniche” che sa­ranno poi i soggetti agenti alla superficie della società; essi si for­meranno delle ideologie e degli orientamenti sulla base della loro prassi sociale. Ciò produce delle “parvenze oggettive”, vale a dire delle ideologie in senso forte: non mero inganno, ma strutture del­la percezione e dell’autopercezione che sono tali in quanto social­mente praticate da soggetti storicamente determinati.

La struttura fondamentale dell’ideologia borghese è se­condo Mazzone la “persona”. Il mondo capovolto non è l’oggetto alienato di una coscienza presupposta che deve riap­propriasi della propria essenza; questa è anzi la tipica imposta­zione ideologica del problema che presuppone la sostanzialità della “persona”.

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Gianandrea Gaiani: Aggressori e aggrediti, jihadisti democratici, curdi dimenticati ed europei inconsapevoli

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Aggressori e aggrediti, jihadisti democratici, curdi dimenticati ed europei inconsapevoli

di Gianandrea Gaiani

al jolaniMentre dagli USA all’Europa politici e media accolgono i nuovi padroni di Damasco come eroi democratici, “ex terroristi e “jihadisti moderati”, il leader di Hayat Tahrir al Sham (HTS) Abu Mohammad al-Jolani, ha pronunciato il primo discorso da “uomo forte” di Damasco all’antica grande Moschea degli Omayyaddi, dinastia il cui Califfato fece da “modello” per l’ISIS.

Al-Jolani del resto si muove bene tra i simboli e i dogmi jihadisti di al-Qaeda e ISIS, organizzazioni presso le quali ha militari fin da dopo l’invasione anglo-americana dell’Iraq in cui combatteva gli statunitensi al fianco di Abu Musaib al-Zarqawi, leader di al-Qaeda in Mesopotamia.

Catturato dagli statunitensi venne detenuto a Camp Bucca dove conobbe Abu Bakr al-Baghdadi, insieme al quale venne liberato per poi recarsi in Siria a combattere sotto le bandiere dell’ISIS le forze di Bashar Assad.

Questa vittoria, fratelli miei, è’ una vittoria dell’intera nazione islamica e segna un nuovo capitolo nella storia della religione, una storia irta di pericoli che ha reso la Siria un’arena per le ambizioni dell’Iran, diffuso il settarismo e alimentato la corruzione”, ha detto al-Jolani. Parole che non lasciano intendere che la Siria resterà uno stato laico anche se HTS si è impegnato per ora a garantire libertà di culto e a non imporre restrizione alle donne.

 

Da terroristi a paladini della libertà

Tra i più sfegatati fans degli ex qaedisti c’è la CNN e i media vicini all’Amministrazione Biden, tra i quali l’entusiasmo per la caduta di Bashar Assad, alleato di Russia e Iran, sembra cancellare anche il ricordo degli attentati di al-Qaeda negli Stati Uniti e della lunga guerra contro Osama bin Laden e i suoi seguaci. Non a caso, fonti citate dai media statunitensi valutano che presto HTS verrà rimosso dalla lista dei gruppi terroristici (l’immagine qui sotto è del 2017).

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Pierluigi Fagan: Ipotesi sul futuro siriano

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Ipotesi sul futuro siriano

di Pierluigi Fagan

E adesso? Il futuro, si sa, è impredicibile vieppiù si affollano variabili incidenti e nel caso della Siria, di variabili ce ne sono a volontà. Molti provano a calcolare il gioco delle variabili partendo dalla contemporaneità, ma Paesi e popoli hanno una storia, anzi una geostoria, non sono materia vergine che può prendere qualsiasi forma. E nel caso siriano di geostoria ce ne è parecchia.

La Siria dovrebbe avere circa 18 milioni di abitanti, ma c’è chi ne ipotizza 24 milioni più altrettanti all’estero tra cui 3,5 milioni in Turchia che ora Erdogan vorrebbe rimpatriare. Più quelli in Libano ora destabilizzato anche lui. Geostoricamente è incastonata tra Turchia, Levante mediterraneo, deserto arabo (Giordania, Arabia Saudita, Iraq). Come paese in sé per sé, la Siria esiste da solo un secolo circa, prima e per secoli, è stata una regione dei vari imperi musulmani.

La sua breve storia recente è legata alle spartizioni coloniali dell’Impero ottomano operate tra Francia e Regno Unito, la Siria andò alla Francia. Nel 1946 si emancipa dal mandato francese e diventa una repubblica presto attratta dal progetto dell’egiziano Nasser di una repubblica araba unita (R.A.U.), con un pezzo di Yemen (Egitto, Siria, Yemen del nord) che durerà solo tre anni prima che proprio i siriani defezionassero. A seguire il colpo di stato del partito socialista-nazionalista Ba’th nel vicino Iraq (altro stato inventato dai colonialisti europei ma sotto egida britannica), la sezione siriana del Ba’th fa un colpo di stato e s’instaura al potere anche a Damasco. Tale assetto durerà sessantuno anni fino all’altro ieri.

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Marco Codebò: Dolore e speranza… e assicurazioni

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Dolore e speranza… e assicurazioni

di Marco Codebò*

L’omicidio di Brian Thompson, amministratore delegato di UnitedHealthcare, la più grande compagnia di assicurazione sanitaria degli Stati Uniti, freddato a Manhattan il 4 dicembre ha suscitato reazioni inattese.

Settantacinquemila faccine allegre sono apparse su Facebook sotto il comunicato di UnitedHealthcare che informava della perdita del suo dirigente. La giacchetta con cappuccio indossata da Luigi Mangione è andata a ruba nei grandi magazzini.

Una dozzina di giovani, infine, si sono incontrati sabato scorso a Times Square, tutti ingiacchettati e incappucciati: avevano messo su una competizione per premiare il più somigliante allo sparatore di mercoledì.

Alex Goldenberg, consulente presso il “Network Contagion Research Institute”, un organismo che si occupa di minacce in rete, segnala come questa volta il sostegno all’omicidio di Manhattan è diventato opinione comune. “L’uccisione di Thompson – aggiunge Goldenberg – viene spiegata come una specie di segnale d’inizio di una più ampia guerra di classe” (New York Times, 7/12/2024).

Che Luigi Mangione il 4 dicembre intendesse intervenire nel dibattito pubblico sull’assistenza sanitaria appare chiaro dalle parole incise sui bossoli trovati sulla scena del delitto: “delay, deny, depose” (ritardare, negare, deporre). Le prime due alludono a pratiche di uso comune fra le compagnie di assicurazione, prima rinviare e poi rifiutare del tutto il pagamento delle cure mediche.

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Giuseppe Masala: Trump, la NATO e cosa aspettarsi in Europa

lantidiplomatico

Trump, la NATO e cosa aspettarsi in Europa

di Giuseppe Masala

In un’intervista all’ABC, il neo presidente USA è tornato ad attaccare l’Alleanza atlantica e mandato un messaggio chiaro ai suoi “alleati”. E i vassalli europei hanno già risposto all’ordine del nuovo padrone

Già questa estate avevo raccontato come una eventuale rielezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti avrebbe certamente comportato grosse fibrillazioni nei rapporti tra paesi europei e Stati Uniti a livello militare e dunque di Alleanza Atlantica.

Infatti il tycoon newyorkese non ha mai nascosto l’avversione per questa alleanza, considerata ormai vetusta e disfunzionale per gli interessi americani. Questo anche a causa dell’azzardo morale dei paesi europei che hanno sempre approfittato dell’ombrello protettivo garantito dal dispositivo militare americano per tenere le spese militari, imputate ai loro bilanci nazionali, eccessivamente basse. Spese eccessivamente basse che – da perfetto business man – “the Donald” non mancò anche di quantificare espressamente già nel suo primo mandato: tutti i paesi europei dovranno avere una spesa militare non inferiore al 2% del prodotto interno lordo.

Vinte le elezioni del 4 di Novembre, il neo Presidente, è immediatamente ritornato alla carica durante una intervista concessa al network made in USA Abc e che ha avuto vasta eco in tutta Europa. Nella sua argomentazione Trump sostiene la tesi che se i paesi europei non aumenteranno la spesa militare al fatidico 2% del PIL saranno gli stessi Stati Uniti a uscire dall’Alleanza Atlantica.

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Fulvio Grimaldi: Terrorismo, arma fine del mondo

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Terrorismo, arma fine del mondo

Da piazza Fontana al Bataclan, dal Bataclan a Damasco

di Fulvio Grimaldi

“Il ringhio del bassotto”. Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=dKsw54spxfw

https://youtu.be/dKsw54spxfw

Le foto che vedete in fondo sono del sito archeologico più vasto e prezioso della Siria: i resti di Palmira, chiamata “La sposa del deserto”, capitale nel III secolo del Regno della Regina Zenobia. Nel 2013 coloro che ora ci vengono rifilati come reggitori della nuova Siria democratica, la rasero al suolo.

Nel corso delle scorribande necrofaghe dei mercenari jihadisti di Turchia, Israele e USA, il 18 agosto 2015 Khaled al Asaad, direttore degli scavi che non aveva voluto abbandonare i tesori da lui curati, fu ucciso sulla piazza di fronte al museo della città nuova di Palmira (poi Tadmur), e in seguito il suo corpo decapitato fu esposto al pubblico, appeso a una colonna. Una delle imprese vantate dall’attuale “liberatore” della Siria dalla “dittatura” di Assad, Ahmed al Sharaa (già Abu Mohammed al Jolani), tra mezzo milione di siriani uccisi in battaglia e civili trucidati, bruciati vivi, scuoiati, appesi a facciate e alberi, affogati chiusi in gabbie, stuprati, squartati, fatti circolare.

Atrocità tutte documentate da video diffusi dagli esecutori tra di loro, a glorificazione delle proprie imprese e tra la popolazione, a scopo di intimidazione e terrore.

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