[SinistraInRete] Andrea Cagioni: La grande rapina: capitalismo contro il lavoro

Rassegna 18/12/2024

Andrea Cagioni: La grande rapina: capitalismo contro il lavoro

acropolis

La grande rapina: capitalismo contro il lavoro

di Andrea Cagioni

IMMAGINE PER LA GRANDE RAPINA copia
scaled.jpegL’impoverimento e la precarizzazione delle condizioni lavorative e di vita provocate dal capitalismo finanziario e digitale impongono un cambio di paradigma, una vera e propria transizione sistemica. Transizione sistemica che in Occidente assuma come obiettivi di fondo la proprietà e l’uso comune dei mezzi di produzione e riproduzione, una distribuzione egualitaria della ricchezza sociale, differenti finalità cui ispirare le attività produttive e riproduttive, la cura di sé, degli altri e della natura, una nuova ripartizione dei tempi di vita e di lavoro. Una transizione sistemica immaginabile a partire dalla centralità della pianificazione, intesa come strumento di politica economica in grado di controllare il mercato ed esprimere al massimo grado la supervisione politica e pubblica sui fattori di produzione e riproduzione. Attorno alla pianificazione, si delineano quattro temi: redistribuzione della ricchezza e del tempo di lavoro, proprietà e uso collettivo dei Big data, reddito di base, socializzazione del lavoro riproduttivo.

Nel saggio vengono discussi quattro temi: la finanziarizzazione, la sua variante digitale, la svalorizzazione del lavoro e il tempo della cura.

Il principale filo rosso de La grande rapina è l’imponente trasformazione operata dal capitale collettivo negli ultimi decenni in Occidente, e i suoi effetti sulle condizioni di lavoro e di vita della classe lavoratrice e delle classi subalterne. Più precisamente, si è cercato di ricostruire le logiche che caratterizzano la genesi e lo sviluppo della finanziarizzazione e del capitalismo digitale.

L’egemonia della finanza e l’uso capitalistico delle tecnologie digitali fondano i nuovi regimi di accumulazione del capitale, che si caratterizzano per la messa a valore delle facoltà riproduttive della forza-lavoro e per la privatizzazione dei Big data. Questa metamorfosi del capitale è analizzata a partire dai presupposti teorici e dai concetti fondamentali che la qualificano.

Leggi tutto

Roberto Iannuzzi: L’implosione della Siria – parte II

intelligence for the people

L’implosione della Siria – parte II

di Roberto Iannuzzi

Il paese potrebbe avviarsi verso uno “scenario libico”, aggravato da un contesto regionale caratterizzato da una crescente disgregazione, sul quale continuano a soffiare minacciosi venti di guerra

8cfe7801 a669 4654 a01b 2ea2a543c69c
722x500Il presente articolo, sebbene possa essere letto in maniera indipendente, costituisce la seconda parte del pezzo “Dal fragile cessate il fuoco in Libano alla guerra in Siria – parte I”, consultabile al seguente link.

Vittima di un’offensiva partita dal nordovest della Siria, Damasco è caduta incredibilmente a poco più di dieci giorni dall’inizio di tale campagna. Gli eventi che hanno portato a questa svolta epocale presentano tuttora punti oscuri, ma se ne può tentare una parziale ricostruzione sulla base dei dati fin qui a disposizione.

Un pericoloso vuoto geopolitico si era aperto nel paese a causa di un governo fiaccato da anni di guerra e di sanzioni, privato delle risorse energetiche delle regioni orientali (sotto il controllo curdo e americano), e logorato da corruzione e lacerazioni interne.

Questo vuoto era stato ulteriormente accentuato dal conflitto regionale scatenato dalla crisi di Gaza, che ha messo in difficoltà i principali alleati di Damasco: l’Iran, le cui forze erano state ripetutamente colpite da Israele proprio in Siria, e Hezbollah, alle prese con la violentissima campagna militare israeliana in Libano.

La Russia, che aveva salvato il governo del presidente Bashar al-Assad intervenendo militarmente nel paese nel 2015, era a sua volta impegnata nella guerra contro Kiev, il cui esercito è sostenuto dall’intera NATO.

Di questo vuoto hanno approfittato gli avversari locali di Assad, a loro volta appoggiati da alcuni attori internazionali, fra i quali spicca la Turchia.

Alla guida di una galassia di gruppi ribelli il cui orientamento va dall’islamismo militante al jihadismo, Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), formazione in precedenza affiliata ad al-Qaeda e apparentemente riconvertitasi a una forma di Islam nazionalista, ha lanciato un’offensiva il 27 novembre in direzione di Aleppo, seconda città del paese, dalla limitrofa provincia di Idlib.

HTS stava preparando quest’offensiva forse da un paio d’anni, ed ha approfittato delle propizie condizioni regionali e della luce verde concessa dal “patrono” turco dopo il fallimento dei negoziati di riconciliazione fra Ankara e Damasco.

Leggi tutto

Alessandro Russo: La “nuova destra” in Italia

sinistra

La “nuova destra” in Italia

Note sulla governance della guerra senza limitii

di Alessandro Russo

29desk2 f02 sotto giorgia meloni
a un comizio di voxNel numero di Crisis & Critique su “Future of Europe” avevo sostenuto che l’attuale “governo dell’euro” è il risultato della crisi dei partiti del Novecento.ii Si può dire che la “Nuova destra” sia un fenomeno dello stesso ordine? In parte lo è, ma rispetto a quattro anni fa, quando già si poteva prevedere un futuro oscuro dell’Europa, la situazione è peggiorata.

Al momento della creazione dell’euro, i partiti parlamentari europei, quelli di sinistra in testa, si subordinarono unanimemente alla nuova autorità per ricevere in cambio una legittimazione che avevano perduto, cantando in coro “ce lo chiede l’Europa”. L’euro è stato per oltre trent’anni il vero governo dell’Europa. Oggi i resti di quei partiti si inginocchiano tutti davanti all’autorità di ciò che possiamo chiamare il “governo della guerra”, e lo fanno in nome di slogan ancora più vacui come “in difesa dell’Occidente”, o “democrazia contro autocrazia”. Negli ultimi due anni gli Stati europei sono stati trascinati nei prodromi di una nuova guerra mondiale, in cui emerge in modo ancora più nefasto la decomposizione del sistema dei partiti del Novecento. L’unificazione monetaria dell’Europa, che aveva rimpiazzato la perdita di autorità dei partiti parlamentari, è stata a sua volta rimpiazzata da un’unificazione militare in preparazione della prossima guerra mondiale.

Non si tratta però soltanto della subordinazione alla supremazia militare USA, che è l’aspetto più evidente della politica estera degli Stati europei. Ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi è un profondo mutamento della natura stessa della guerra. Non è più la “continuazione della politica con altri mezzi”, come nella formula classica di Clausewitz, e neppure dell’inversione foucaultiana della politica come continuazione della guerra. È iniziata l’epoca della guerra come continuazione della guerra stessa, o della “guerra senza limiti”, come la chiamano i teorici militari.iii

È in atto un cambiamento epocale della guerra, così come si è costituita dal Neolitico con le prime organizzazioni statali e con i primi apparati militari specializzati.

Leggi tutto

Andrea Zhok: La violenza nella società contemporanea

lantidiplomatico

La violenza nella società contemporanea

di Andrea Zhok

Sulla scorta dell’omicidio del Ceo di United Healthcare, Brian Thompson, da parte del 26enne Luigi Mangione si è sviluppato l’ennesimo finto dibattito, la cui funzione reale è di seppellire le dinamiche essenziali sotto una coltre sterile. Le linee del finto dibattito contrappongono quelli che chiedono “10, 100, 1000 Mangione” per raddrizzare i torti perpetrati dal sistema delle assicurazioni sanitarie americane a quelli che “signora mia dove andremo a finire con tutta questa violenza”.

Ora, nel momento in cui il dibattito finisce nell’opposizione binaria tra la santificazione o la condanna di una “violenza illegale”, si perde di vista un fatto fondamentale.

A essere rimossa è la natura della violenza. In un mondo come quello moderno, enormemente complesso, intessuto di interdipendenze, in cui nessun individuo è in grado di procurarsi da vivere in un “rapporto individuale diretto con la natura”, la violenza si esercita in molti modi. Non necessariamente quelli dove partono pistolettate in strada sono i casi peggiori.

Qual è l’essenza della violenza in un contesto sociale? L’essenza della violenza non sta nella percossa, non sta nello scorrere del sangue, non sta nel livido, nella frattura, nella ferita, nel precipitare concitato degli eventi. L’essenza della violenza sta nella DISTRUZIONE COATTIVA DELLA VITA E DELLA SALUTE, FISICA E MENTALE.

Leggi tutto

Jeffrey D. Sachs: Come Stati Uniti e Israele hanno distrutto la Siria (e lo hanno chiamato “pace”)

lantidiplomatico

Come Stati Uniti e Israele hanno distrutto la Siria (e lo hanno chiamato “pace”)

di Jeffrey D. Sachs – Common Dreams*

L’interferenza statunitense, per volere dell’estrema destra israeliana Netanyahu, ha lasciato il Medio Oriente in rovina, con oltre un milione di morti e guerre aperte in Libia, Sudan, Somalia, Libano, Siria e Palestina, e con l’Iran sull’orlo di un arsenale nucleare

Lo storico romano Tacito scrisse: “Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto, lo chiamano pace”.

Nella nostra epoca, sono Israele e gli Stati Uniti a creare un deserto e a chiamarlo pace.

La storia è semplice. In netta violazione del diritto internazionale, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi ministri rivendicano il diritto di governare su sette milioni di arabi palestinesi. Quando l’occupazione israeliana delle terre palestinesi porta alla resistenza armata, Israele etichetta la resistenza come “terrorismo” e chiede agli Stati Uniti di rovesciare i governi mediorientali che sostengono i “terroristi”.

Gli Stati Uniti, sotto l’influenza della Lobby israeliana, entrano in guerra per conto di Israele.

La caduta della Siria questa settimana è il culmine di una campagna iniziata nel 1996 con l’arrivo di Netanyahu come Primo Ministro. La guerra israelo-statunitense alla Siria si è intensificata nel 2011 e nel 2012, quando Barack Obama ha incaricato segretamente la CIA di rovesciare il governo siriano con l’operazione Timber Sycamore. Questo sforzo è finalmente giunto a “compimento” questa settimana, dopo oltre 300.000 morti.

Leggi tutto

Paolo Massucci: Quale progresso nel capitalismo? Una amara riflessione…

ilcomunista

Quale progresso nel capitalismo? Una amara riflessione…

di Paolo Massucci*

Due brevi letture di due miei amici e compagni, mi hanno fatto molto pensare, con angoscia. Parlo della bella e drammatica poesia di Aristide (“insieme a tutti gli altri” – Aristide Bellacicco) e dell’interessante articolo di Alessandra su futurasocieta (La guerra in Ucraina deve continuare a tutti i costi – Alessandra Ciattini).

Andrebbero meglio divulgati…

Mi sembra, temo, che il capitalismo, nel corso dell’ultimo cinquantennio, abbia minato, a oggi, le basi ideologiche e morali che rendono possibile la costruzione di una alternativa. Quest’ultima, qualunque possa essere la strada per perseguirla – superamento o abbattimento del sistema capitalistico – richiede una visione e dei valori in opposizione a quelli dominanti del pragmatismo individualista e della competizione tra individui in un gioco a somma zero (in realtà a somma negativa!). Richiede una prospettiva di lungo respiro, una visione collettiva dell’umanità mondiale. Richiede una morale di fratellanza e non di scontro tra interessi economici particolaristici, una collaborazione fiduciosa tra i popoli. Non l’ambizione a diventare dei piccoli Elon Musk, di raggiungere “il successo” a qualsiasi costo, di apparire dei “vincenti”, né la rassegnazione a essere dei “falliti”, magari ammiratori dei “grandi”, dei “fortunati”, dei più “capaci” a valorizzare il “dio capitale”.

Leggi tutto

Giorgia Audiello: Mentre denuncia la crisi e licenzia, Stellantis ha distribuito 23 miliardi di utili

lindipendente

Mentre denuncia la crisi e licenzia, Stellantis ha distribuito 23 miliardi di utili

di Giorgia Audiello

Mentre l’ormai ex Amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha da poco rassegnato le sue dimissioni, denunciando la crisi del settore, e il colosso automobilistico ha cominciato a ricorrere ai licenziamenti, pochi media hanno messo in risalto l’eccezionale risultato in termini di utili ottenuto dalla società e l’ampia distribuzione dei dividendi tra gli azionisti. In quattro anni, infatti, Tavares ha distribuito ai soci ben 23 miliardi di euro di dividendi, a scapito però degli investimenti in ricerca e sviluppo e nonostante un drastico calo dei volumi di vendita, compensati con un aumento dei prezzi delle auto compreso tra il 30% e il 40% in più. In sintesi, la gestione Tavares ha sacrificato posti di lavoro e volumi di produzione per aumentare i profitti e i dividendi, favorito in questo anche dalle crescenti delocalizzazioni che hanno permesso di trasferire la produzione in Paesi dove il costo della manodopera è più bassa. Il tutto è avvenuto mentre la società degli Elkann ha ottenuto ingenti aiuti di Stato e continua a pretendere sovvenzioni pubbliche per non licenziare i lavoratori.

La strategia di Stellantis degli ultimi anni è consistita nel ridurre al minimo la produzione negli impianti, facendo leva, allo stesso tempo, sui picchi di domanda per alzare i prezzi delle auto. Grazie a questo espediente, il gruppo ha aumentato i profitti e la distribuzione degli utili, diminuendo al contempo rapidamente la capitalizzazione della società: un modus operandi che stride con il massiccio ricorso della società alla cassa integrazione e i suoi avvertimenti sulla crisi del settore.

Leggi tutto

Vincenzo Iaccarino: Sull’autostrada della seta: impressioni di un occidentale in Cina

contropiano2

Sull’autostrada della seta: impressioni di un occidentale in Cina

di Vincenzo Iaccarino

IMG
20241210 WA0013.jpgQuindici giorni a cospetto del Dragone. Quindici giorni attraverso il pianeta Cina. Una lunga marcia tra tradizione e contemporaneitá, tecnologia high-tech e quartieri popolari, musei e luoghi della Storia.

Osservando, riflettendo, dialogando dove possibile con i cittadini di quella Cina Popolare sul cui sistema politico, economico e sociale tanti sono i cliché che l’Occidente liberista e la sua stampa sono capaci di assommare, tra propaganda e ideologia.

E allora sgomberiano subito il campo dai luoghi comuni. A partire dalla rete e da internet.

Non esiste nessuna regia occulta o dittatura repressiva che vieta ai cinesi di usare Google o qualsivoglia social. Semplicemente loro non li usano.

Esistono decine di offerte per l’utilizzo di smartphone con la VPN. Già in aeroporto, ad esempio, vendono le Sim con le impostazioni per poter postare su instagram la tua vacanza. Tutti i cinesi potrebbero averne accesso. Alcuni hotel hanno persino la Wi-Fi “sbloccata”. Ma niente.

Sarà che i cinesi di Facebook, Instagram, X e degli altri social non sanno che farsene; o forse sarà anche che i loro dati non vogliono regalarli a Google e Meta.

Oppure sarà che le loro app sono utili per fare qualsiasi cosa: dal chattare al fare pagamenti; dal prenotare un museo o vedere la programmazione dei cinema; fino a prendere metro e bus. Funzionando tutte in modo impeccabile, perfino per noi che non parliamo né leggiamo il cinese.

Sta di fatto che la rete non incontra lo stesso successo che riscuote nel nostro Occidente.

Il secondo mito da sfatare riguarda invece il cosiddetto controllo oppressivo, sia esso individuale o sociale – dalla circolazione e la mobilità interna al pericolo terrorismo, per intenderci – in merito al quale ci sono due elementi da considerare.

Leggi tutto

Luca Mozzachiodi: Preparando il Sessantotto. Saggisti e scrittori nelle riviste della Nuova Sinistra

paroleecose2

Preparando il Sessantotto. Saggisti e scrittori nelle riviste della Nuova Sinistra

di Luca Mozzachiodi

[E’ uscito da poco per Pacini Editore Preparando il Sessantotto. Saggisti e scrittori nelle riviste della Nuova Sinistra (1956-1967), di Luca Mozzachiodi. Ne presentiamo l’introduzione]

sessantotto.jpgDi fatto, lo storico non esce mai dal tempo della storia: il tempo si avvinghia al suo pensiero come la terra alla zappa del giardiniere”.

(F. Braudel)

I

Questo libro è una storia intellettuale, culturale e letteraria di due generazioni di autori attive durante il periodo tra gli eventi del 1956 e quelli del 1968, vale a dire tra i due tornanti che hanno drasticamente segnato la mutazione di ruolo e funzione degli intellettuali e degli scrittori in Italia, ma non solo naturalmente in Italia. L’oggetto specifico è la discussione e ricostruzione dell’insieme di teorie, proposte critiche ed elaborazioni estetico-letterarie, ma anche pratiche e di intervento politico, di un insieme di esperienze all’origine di ciò che si suole chiamare Nuova Sinistra in campo culturale.

Ne consegue, date le specifiche forme in cui questa elaborazione è avvenuta, che è anche, se non principalmente, una storia di saggisti e di riviste politico-letterarie sviluppatesi in quei dodici anni.

Probabilmente l’impostazione storiografico-ricostruttiva di largo respiro non è (o non è ancora) il modello prevalente per gli studi sulla letteratura del secondo Novecento: si privilegia infatti la tendenza, negli studi di letteratura italiana contemporanea, ma (anche se in misura considerevolmente minore mano a mano che queste ricerche si avvicinano alla pratica) anche in quelli che coinvolgono le sfere disciplinari affini come la filosofia, la sociologia, la teoria politica, a non affrontare direttamente il problema della storicità dei testi. Spessissimo si considera il testo unicamente dal punto di vista estetico, stilistico, formale, strutturale o al limite in un insieme il cui riferimento cronologico immediato è costituito da altre opere letterarie o dalle opere del corpus dello stesso autore; qualche volta, soprattutto in quegli autori che, come quelli di cui la mia ricerca si occupa, sono stati anche o principalmente saggisti, stabilendo nessi interni arbitrari e ricavando sistematicità di pensiero più solide di quanto furono in realtà.

Leggi tutto

Salvatore Bravo: Marx e il nostro tempo

sinistra

Marx e il nostro tempo

di Salvatore Bravo

Progetto senza titolo 40Rileggere K. Marx è un “compito politico ed etico” per i dissenzienti, ovvero coloro che non accettano passivamente e fatalmente il capitalismo con le sue tragedie e con i suoi processi di reificazione. Le merci continuano a dominarci e a dissanguare l’umanità e dietro di esse le oligarchie transnazionali perpetuano la loro strategia di dominio. Il capitalismo continua a infuriare a Ovest e a Est con le merci che signoreggiano l’immaginario al punto che l’essere umano non solo le serve, ma specialmente, si percepisce come “merce tra le merci”. Il valore di scambio è l’ordinaria normalità relazionale nell’inferno in terra sotto la cappa del capitale. Il capitalismo è dunque una visione del mondo, non è esterno agli esseri umani, ma come una tossina e un veleno penetra nel corpo e nella mente. Soggioga con l’oppressione “esterna e interna”, alla fine di tale processo di aziendalizzazione-mercificazione l’umanità è solo un ente insignificante che si misura col paradigma del denaro. Rileggere K. Marx è percorso di emancipazione dalle violenze del nostro tempo. Essa necessita di parole e concetti che svelano la verità della condizione storica. La liberazione comincia col dolore/contraddizione dell’essere umano, ma la condizione di disagio senza il concetto e la comprensione dell’intero è solo una lunga agonia adattiva o ribellione sterile e improduttiva. La prassi senza la chiarezza del concetto non conduce alla libertà ma a una impotente e astiosa impotenza generalizzata. L’essere umano, il creatore senza titanismo, deve riappropriarsi della sua essenza storica e tale “cominciamento” non può che avvenire, in primis, in coloro che soffrono l’umiliazione del dominio e dell’alienazione. Gli ultimi sono il motore della storia. Non si è “ultimi” solo per condizione sociale, ma lo si è per disancorarsi dalle logiche del capitalismo. Gli ultimi sono il “motore della storia”:

Sinora gli uomini si sono sempre fatti idee false intorno a se stessi, intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio, dell’uomo normale, ecc. essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della loro testa sono diventati più forti di loro. Essi, i creatori, si sono inchinati di fronte alle loro creature. Liberiamoli dalle chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione, sotto il cui giogo essi languiscono.

Leggi tutto

comidad: La Siria annessa alla clepto-civiltà occidentale

comidad

La Siria annessa alla clepto-civiltà occidentale

di comidad

La democrazia non esiste, è solo l’etichetta mitologica per quel costoso apparato di pubbliche relazioni che è l’elettoralismo. Viviamo in un sistema dove non sei tu che fai i soldi, ma sono i soldi che fanno te; e ciò vale anche per le candidature elettorali. Il “golpettino” compiuto dalla Corte Costituzionale romena contro un candidato “putiniano” non va quindi a colpire l’evanescente “democrazia” ma appunto il costoso apparato di pubbliche relazioni, il che non è affatto un evento da poco. L’elettoralismo può a volte erroneamente intercettare motivazioni meschine, come l’istinto di conservazione dei romeni, e sortire momentaneamente effetti indesiderati per le oligarchie locali e internazionali; ma il sistema elettorale è concepito appunto per ammortizzare e fuorviare l’eventuale dissenso. Si può ricorrere anche ai brogli, o al boicottaggio da parte delle burocrazie ministeriali; in casi particolari, si può arrivare persino all’eliminazione fisica. Di solito però è sufficiente fornire agli eletti dal popolo un alibi emergenziale per consentirgli una comoda scappatoia dalle proprie promesse elettorali. Invece il fatto di annullare un risultato elettorale con motivazioni fumose come l’uso di Tik Tok, denota una totale mancanza di lucidità, cioè si tratta di un tipico caso di auto-intossicazione con la propria stessa propaganda, prendendo sul serio i propri stessi fantasmi.

Leggi tutto

Pierluigi Fagan: Partite lunghe

pierluigifagan

Partite lunghe

di Pierluigi Fagan

A precisa domanda, ieri, il ministro turco per le risorse naturali, ha risposto così a chi riportava in attualità il vecchio progetto del gasdotto Qatar-Turchia (via Siria): “Per una Siria che ha raggiunto unità e stabilità, perché no?” Ha aggiunto: “Se ciò accade, la rotta deve essere sicura. Speriamo che lo sia, perché è questo il nostro desiderio”. Di cosa si tratta?

Alcuni analisti avevano tempo fa indicato questo progetto, rifiutato ai tempi da Assad, come il vero sottostante l’intero sviluppo di questi sanguinosi anni di conflitto in Siria operato con le milizie jihadiste. L’anno scorso, dopo 12 anni, la Lega araba aveva riammesso Assad nel proprio consesso a maggioranza, in deciso dissenso e contrarietà proprio il Qatar. Altresì, vengono segnalati diversi tentativi recenti di Erdogan di provare a chiudere un accordo con Assad, sempre rispediti al mittente.

Terzo indizio (incerto) non è chiaro se l’aggregazione HTS di al-Jolani, dopo le numerose giravolte che l’hanno portata dall’area al Qaida a qualcosa che ancora non è chiaro, possa o meno essere iscritta alla Fratellanza musulmana -secondo alcuni analisti sì-, notoriamente sponsorizzata proprio da Qatar-Turchia. L’intero conflitto siriano inteso come “guerra civile” (quindi come logica del suo versante interno) risale proprio alla totale contrapposizione tra partito baathista al potere con colpo di stato militare e la FM (strage di Hama, tra 10.000 e 25.000 morti).

Leggi tutto

Alberto Giovanni Biuso: Storia e specchi

aldous

Storia e specchi

di Alberto Giovanni Biuso

Un’opera quasi irrappresentabile, un testo quasi inconcepibile nella stratificazione dei nomi, delle epoche, degli eventi e soprattutto delle maschere. A Dürrenmatt l’idea di scrivere Achterloo. Commedia venne quando il 13 dicembre 1981 il generale polacco Jaruzelski proclamò la legge marziale, anche con l’intento di scongiurare una possibile invasione da parte dell’Unione Sovietica. Ma è soltanto uno spunto iniziale, a partire dal quale Dürrenmatt fa interagire in un esplicito gioco di ruoli personaggi storici di varie epoche, mentre il drammaturgo Georg Büchner, o qualcuno che si crede lui, sta scrivendo per loro il copione che dei folli interpretano sulla scena, a volte rispettando il testo ma più spesso inventando. Appaiono così, nell’ordinato caos della vicenda europea, Napoleone, Giovanna D’Arco, Fouché, Robespierre, Giovanni Hus, due Karl Marx, Richelieu, Woyzeck, vari papi, Benjamin Franklin, Cambronne…

Tutti nomi di potenti e di ribelli che confermano come «l’individuo non [sia] che la schiuma di un’onda» (in Teatro, a cura di Eugenio Bernardi, Einaudi-Gallimard, Torino 2002, p. 1107) poiché a condurre la storia umana sono le grandi strutture culturali, politiche ed economiche che un individuo può solo cercare di comprendere per accoglierle o per rifiutarle. Ma nessuno può astrarsi dalla propria Umwelt.

I riferimenti ai fatti polacchi del 1981, a ciò che li precede e che li segue, sono oggi in buona parte o poco perspicui o caduti ma, come sempre in uno scrittore di grandissima intelligenza come Dürrenmatt, è la dimensione visionaria che rende anche questo testo coinvolgente.

Leggi tutto

Paolo Bartolini: Testimoniare

sinistra

Testimoniare

di Paolo Bartolini

Il rifiuto di riconoscere il genocidio perpetrato contro i palestinesi, soprattutto quando l’esitazione proviene da figure di ebrei con un importante ruolo civile (sopravvissuti all’Olocausto o intellettuali), smuove emozioni forti e contraddittorie. La senatrice a vita Liliana Segre viene, a questo proposito, interpellata spesso e “pressata” da una certa parte dell’opinione pubblica affinché rompa gli indugi. Non basta affermare che Netanyahu e il suo governo si stanno macchiando di crimini atroci. Qui manca l’ammissione di essere dinnanzi a un altro genocidio, diverso da quello portato avanti dai nazisti, ma pur sempre orribile. Nel mondo ebraico (e non parlo di quello apertamente sionista) è difficilissimo avvicinare un tema del genere, è troppo disturbante. Questo per alcuni motivi: il trauma subìto dagli ebrei il secolo scorso (dopo mille altre persecuzioni patite nel corso dei secoli) ha prodotto dissociazione psichica. Inoltre è quasi impossibile fare i conti con il meccanismo perverso dell’identificazione con l’aggressore (per cui, chi è stato vittima di violenza può finire con l’esercitarla a sua volta in qualità di aguzzino). Tuttavia, se il versante psicologico e clinico richiede un certo tatto, quello della verità pubblica esige – senza perdere il rispetto per l’altro (si veda il tono della lettera aperta di Angelo D’Orsi ripresa recentemente da Il Fatto Quotidiano) – che coloro che hanno testimoniato l’orrore della violenza antisemita possano farlo, con pari rigore, per il male subìto dai palestinesi.

Leggi tutto

 

Sharing - Condividi