Aggiornamento sulla lotta dei lavoratori GLS in Campania

Lavoratrici e lavoratori Sol Cobas Campania – Compagne/i Banchi Nuovi – 21/12/2024

 

È da marzo 2024 che i lavoratori della GLS di Napoli e provincia, organizzati nel Sol Cobas, sono impegnati in una dura lotta per difendere i propri diritti contro un regime di sfruttamento sistematico, al di fuori di ogni legalità: lavoro nero o dichiarato solo a metà; niente malattia, niente ferie, niente rimborsi, permessi o indennità legate al servizio; niente tredicesima e quattordicesima; nessun rispetto del contratto collettivo nazionale e delle norme di sicurezza.

Dopo due mesi di scioperi e mobilitazioni, questi operai hanno incassato una netta vittoria piegando la resistenza del padrone e dei suoi subappaltatori, trincerati a difesa di ciò che non era più difendibile. La trattativa chiusa in Prefettura il 14 maggio ha, infatti, sancito nero su bianco – sia per i driver che per i facchini – il rispetto del contratto nazionale di lavoro, l’emersione dal lavoro nero, contratti full-time e a tempo indeterminato per tutti, riconoscimento di tutti gli istituti contrattuali, lo stop alle illegittime decurtazioni in busta paga.

Un cambiamento misurabile sia in termini salariali, che in termini di condizioni di lavoro e di vita più generali.

Inoltre, le denunce sulle condizioni di lavoro presenti in tutte aziende interessate, che hanno costretto la stessa Prefettura a segnalare i fatti all’Ispettorato del Lavoro, insieme alle mobilitazioni dei lavoratori presso lo stesso Ispettorato, hanno conseguito un risultato non scontato: sono, infatti, partiti i controlli e le ispezioni presso i magazzini facendo emergere ancora più chiaramente il sistema di sfruttamento e di illegalità su cui si basa il profitto di lor signori.

Successi che hanno entusiasmato non solo i protagonisti di questa battaglia ma anche i dipendenti di altre aziende della logistica pronti ad organizzarsi e a scendere in campo per stravolgere le regole di supersfruttamento imposte in questo comparto.

La consapevolezza che si poteva, finalmente, aprire una significativa fase di lotta anche nel settore della logistica del Mezzogiorno, esattamente come accaduto nel decennio precedente negli hub logistici del centro-nord Italia, ci ha visti fautori (Sol Cobas e lavoratori GLS) di una prima chiamata al confronto delle realtà politiche e del sindacalismo di base. L’assemblea tenutasi a Santa Fede il 4 giugno, infatti, oltre a fare un bilancio dei risultati ottenuti e delle possibili reazioni padronali alla crescita dell’organizzazione dei lavoratori, voleva rappresentare l’inizio di un percorso di solidarietà con questa vertenza e di unità di classe sul piano sindacale.

Purtroppo, in quella occasione così come in tutti questi nove mesi di lotta, abbiamo dovuto constatare la totale assenza tanto di realtà politiche presuntamente rivoluzionarie che di quel sindacalismo di base che pure ogni giorno si straccia le vesti e fa proclami in nome dell’unità di classe contro gli attacchi di padroni e governo.

Non è venuta meno, invece, la reazione dei padroni che gestiscono e controllano direttamente la Gls in Campania e che hanno visto messi in discussione i loro super profitti.

La TEMI SpA, licenziataria esclusiva del marchio GLS per Napoli e provincia, tacitamente sostenuta dalla GLS e con la piena solidarietà degli altri imprenditori della logistica oltre che della stessa Confindustria locale, ha scatenato un’offensiva contro i lavoratori protagonisti di questa lotta e il Sol Cobas in cui si riconoscono. L’attacco, portato avanti tramite i vari padroncini in subappalto che controlla direttamente e a cui delega il lavoro sporco, si è concretizzato in sospensioni di massa, una caterva di provvedimenti disciplinari, tutti assolutamente pretestuosi, ma soprattutto nel licenziamento di oltre 60 lavoratori basato sulla ridicola motivazione della “Illegittimità degli scioperi attuati e sulla conseguente rottura del vincolo fiduciario con i lavoratori”.

Con questa offensiva le aziende in questione hanno voluto dare un preciso segnale politico (tra l’altro esplicitamente rivendicato): stroncare sul nascere la possibilità di una ripresa dell’organizzazione dei lavoratori e soprattutto che essa si estenda a macchia d’olio anche ad altri settori produttivi del Mezzogiorno dove il lavoro precario, a nero ed illegale rappresentano la condizione prevalente del mercato del lavoro. Il ricorso a minacce, provvedimenti disciplinari e licenziamenti, ha il chiaro obiettivo di intimidire e ricattare i lavoratori affinché rinuncino all’organizzazione sindacale e alla lotta per difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro.

Consapevoli della posta in gioco i lavoratori hanno a loro volta alzato il livello dello scontro: scioperi ad oltranza nei magazzini campani, blocco dei magazzini e degli hub della casa madre Gls fuori dalla Campania, mentre il Sol Cobas ha dichiarato lo stato di agitazione in tutta la filiera Gls nazionale con scioperi e blocco di diversi magazzini del Nord in solidarietà con la vertenza campana.

Nonostante queste mobilitazioni, una parte dei lavoratori, tutti facchini, consigliati da rivoluzionari da strapazzo, ha sperato che il passaggio ad un altro sindacato potesse garantire l’annullamento dei licenziamenti ed un rapido reintegro in GLS Napoli.

Non ce ne meravigliamo e comprendiamo lo stato d’animo di questi lavoratori alla loro prima esperienza di lotta. Ci è, invece, del tutto incomprensibile l’agire del sindacato di base scelto dai facchini, il Si Cobas. A differenza di altre realtà sindacali che hanno ufficialmente espresso solidarietà a questi lavoratori e disponibilità ad azioni comuni (su tutti USB, ma anche CUB, Cobas, SGB, questi in occasione dello sciopero del 29 nov), il Si Cobas ha spiccato per il suo totale silenzio e la totale assenza nelle mobilitazioni di questi mesi, persino di fronte ai licenziamenti. Solo oggi, dopo il tesseramento dei facchini, il Si Cobas scopre l’importanza di questa vertenza e la gravità dell’attacco padronale. E pur dovendo constatare, nei suoi comunicati, che i licenziamenti sono la punizione padronale per chi ha osato alzare la testa e scioperare, si guarda bene dal fare riferimento alle lotte che sono alla base di questa offensiva e a chi le ha organizzate; così come si fa finta di ignorare le mobilitazioni messe in campo dai corrieri e dal Sol Cobas per il reintegro di tutti i lavoratori. Di fatto è una pericolosa presa di distanza che sottolinea una frattura del fronte dei lavoratori che, mentre non rafforza la battaglia per il reintegro dei licenziati, va a tutto vantaggio della multinazionale GLS, della TEMI di Tavassi e dei padroncini che, c’è da giurarci, non vedono l’ora di sfruttare queste contraddizioni pur di impedire che il processo di riorganizzazione dei lavoratori si radichi e si estenda e continuare così a fare il bello ed il cattivo tempo sulla pelle dei loro dipendenti.

Evidentemente questi compagni intendono il “Toccano uno toccano tutti” come “Toccano un nostro tesserato toccano tutti i nostri tesserati”. Prevale, cioè, ancora una volta, lo spirito di appartenenza e la logica di bottega, al di là dei continui richiami alla necessità dell’unità di classe e di una risposta unitaria alle misure antiproletarie ed antisindacali di governo e padroni.

Vorremmo sbagliarci, ma in ogni caso si tratta di una evidente sottovalutazione del significato dello scontro di classe in atto sui nostri territori. Uno scontro che laddove vedesse prevalere l’offensiva padronale comporterebbe effetti a catena anche in altre realtà lavorative della logistica dove pure il Si Cobas è attualmente impegnato.

Per quanto ci riguarda continueremo a far sentire la nostra vicinanza ai facchini in lotta, così come abbiamo fatto durante il blocco da parte del Si Cobas del magazzino di Gianturco dove, oltre a far sentire la loro solidarietà, i corrieri iscritti al Sol Cobas si sono rifiutati di uscire per le consegne.

Come Sol Cobas, continueremo a rivendicare il reintegro di tutti i licenziati a prescindere dalla tessera sindacale. Lo abbiamo fatto in ogni iniziativa e portato su ogni tavolo di trattativa tenuto sia con la controparte datoriale che con le istituzioni (Prefettura e Regione Campania nella persona dell’Assessore al lavoro Antonio Marchiello). Lo abbiamo ribadito con forza anche nell’incontro tenutosi mercoledì 18 dicembre al Ministero del lavoro dove abbiamo posto la necessità della convocazione urgente di un tavolo interistituzionale (Governo, Regione e Prefettura, oltre che la TEMI e la GLS) per il reintegro dei lavoratori licenziati ma anche per avere garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali attualmente attivi all’interno di GLS-TEMI. Qui, infatti, si profilano cambiamenti organizzativi e strutturali che possono mettere a rischio posti di lavoro su tutto il territorio nazionale.

A nessuno dovrebbe sfuggire la rilevanza dello scontro in atto per la vita di questi lavoratori e per il futuro dei rapporti tra capitale e lavoro in Campania e per tutto il Meridione. Se la lotta degli operai della logistica riuscirà a respingere le provocazioni padronali può trasformarsi in uno stimolo ed incoraggiamento per i tanti lavoratori sottoposti a trattamenti salariali e normativi anche peggiori e che non trovano la forza per organizzarsi e lottare a loro volta per la difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro.

Per questo auspichiamo una ricomposizione del fronte sindacale che porti a forme più avanzate di coordinamento e di impegno comune contro un medesimo avversario e che il reintegro di tutti i licenziati, diventi l’obiettivo da raggiungere senza mediazioni di sorta, respingendo proposte di rottamazione della combattività operaia attraverso buone uscite e ipotesi di trasferimenti e ricollocazione in altri appalti.

I tavoli che si terranno la settimana prossima in Prefettura con la controparte padronale, ci auguriamo non solo che trovino sulla stessa linea le sigle del sindacalismo di base coinvolte, ma siano l’inizio di un percorso unitario e fraterno di lotta fino alla realizzazione completa di questo obiettivo.

 

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