Comunicato CC 27/2024 – 31 dicembre 2024
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Osare sognare, lottare, vincere!
Il mondo della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, europei e loro associati, dei padroni, dei pescecani della finanza, dei ricchi, degli alti prelati e dei loro professori e generali è sottosopra, ma i suoi crimini continueranno finché i lavoratori e le masse popolari organizzate non toglieranno loro il potere e costruiranno un nuovo e superiore ordinamento economico e sociale, il socialismo.
L’allargamento della Terza guerra mondiale dall’Europa al Medio Oriente e all’Asia orientale, il mantenimento della sottomissione economica e politica delle ex colonie e semi-colonie e dei paesi dell’Africa e dell’America Latina, la devastazione del pianeta, la speculazione finanziaria, la corsa agli armamenti, le grandi opere inutili se non dannose, il turismo predatorio e la lotta contro le rivoluzioni socialiste e di nuova democrazia sono indispensabili per la borghesia imperialista: sono l’estremo rimedio alla crisi generale del suo sistema, crisi che ha la sua fonte nella sovrapproduzione assoluta di capitale.
Per le masse popolari è indispensabile porre fine alla Terza guerra mondiale, contrastare l’eliminazione delle conquiste, la devastazione e l’inquinamento della terra, la crisi climatica, riorganizzare la produzione di beni e servizi e la loro distribuzione in funzione delle esigenze della popolazione, della tutela dell’ambiente e dei rapporti con gli altri paesi, difendere, sviluppare e migliorare i servizi pubblici.
Oggi siamo in grado di produrre in quantità tale che ogni persona abbia quanto necessario a una vita dignitosa. Sappiamo pianificare, fare previsioni a lungo termine e con adeguati piani di ricerca possiamo risolvere ogni problema di qualche rilevanza pratica. Nella concezione corrente è scontato che ogni persona che fa la sua parte di lavoro abbia diritto a quanto le occorre per una vita dignitosa.
Ci sono quindi le condizioni materiali, intellettuali e morali necessarie per stabilire nei singoli paesi e a livello internazionale un sistema pianificato di produzione e distribuzione dei beni e dei servizi necessari a una vita dignitosa e moderna per tutti, all’altezza delle conoscenze e delle aspirazioni più avanzate che l’umanità ha concepito. Su questa base le masse popolari possono aprire una fase nuova della storia dell’umanità, in cui ogni persona darà il contributo di cui è capace alla produzione dei beni e servizi necessari perché ogni individuo conduca una vita dignitosa e tutti gli individui svilupperanno il meglio di sé nella conoscenza, nelle relazioni, nella scoperta dell’universo e di se stessi. Il socialismo è la fase in cui l’umanità forgerà su scala grande e crescente questa nuova vita.
Ci sono le condizioni perché le masse popolari del nostro e degli altri paesi del mondo si uniscano in un’impresa comune e avanzino verso l’obiettivo indicato dai fondatori del movimento comunista cosciente e organizzato già nel Manifesto del 1848: far subentrare al posto della vecchia società borghese con le sue classi e i suoi antagonismi di classe un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti.
La rivoluzione socialista è per sua natura internazionale e l’internazionalismo è uno dei tratti comuni ai gruppi e partiti comunisti di ogni paese. D’altra parte la rivoluzione socialista per sua natura può essere compiuta solo seguendo in ogni paese, per i suoi modi e i suoi tempi, la strada dedotta dalla storia e dalle caratteristiche di quel particolare paese. È quindi in ogni paese una rivoluzione nazionale che ha anche carattere internazionale: questo si traduce ed esprime nella confluenza e azione reciproca delle tante rivoluzioni nazionali, ognuna per i modi e i tempi “rivoluzione in un paese solo”.
Il nuovo anno e quattro questioni
Nell’anno che abbiamo alle spalle le mobilitazioni popolari si sono estese e sono cresciute di tono, si è allargato il distacco delle masse dai partiti e dal sistema politico delle Larghe Intese, la cacciata del governo Meloni è diventato l’obiettivo esplicito delle lotte promosse dai sindacati alternativi e di base e il filo conduttore degli scioperi e delle iniziative locali e nazionali organizzate dalla CGIL insieme alla UIL, l’ingovernabilità dall’alto è cresciuta. Le condizioni per una svolta si sono accumulate, lo scontro di classe nel nostro paese però non è ancora arrivato a fare “massa critica”. Questo pone all’ordine del giorno quattro questioni dialetticamente legate tra loro, nel senso che i progressi che facciamo in una di esse determinano i progressi che facciamo nelle altre e a loro volta dipendono da questi. Con queste quattro questioni si misurano (e su di esse il corso delle cose misura, promuove o emargina) individui e organismi che vogliono essere comunisti, che vogliono cioè adempiere al ruolo d’avanguardia nella rivoluzione socialista.
1. Elevare il ruolo del movimento comunista cosciente e organizzato
Ai comunisti compete il ruolo decisivo per far raggiungere allo scontro di classe la “massa critica”: estenderlo, rafforzarlo e renderlo più combattivo. Dopo la sconfitta subita dai partiti comunisti dei paesi imperialisti nella prima ondata della rivoluzione proletaria, per adempierlo essi devono elevare il proprio livello di coscienza e di organizzazione, definire più precisamente gli obiettivi strategici e di fase, rendere più efficaci le forme di lotta. Per noi comunisti della Carovana del (nuovo)PCI significa comprendere in modo più profondo e pratico che siamo in guerra contro i vertici della Repubblica Pontificia e che la nostra guerra è l’alternativa alla Terza guerra mondiale che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, UE e associati ha già dispiegato su più fronti e di cui possiamo e dobbiamo approfittare ai fini della rivoluzione socialista. Ma lo stesso vale per tutti gli esponenti del movimento comunista cosciente e organizzato: non accettare questo, significa infatti venire meno ai propositi che dichiarano, non definire i loro compiti e tanto meno adempierli, significa chiacchierare e proclamare, ma subire l’iniziativa della borghesia imperialista, limitarsi a rivendicare.
A partire dal 2021, negli articoli di La Voce, nei Comunicati e negli Avvisi ai naviganti ci siamo occupati a più riprese e in dettaglio delle concezioni, delle analisi e delle linee d’azione che caratterizzano le due correnti principali del movimento comunista del nostro paese: i promotori della ricostruzione di un partito comunista “grande e forte” (in particolare Movimento per la Rinascita Comunista, Resistenza Popolare, Costituente Comunista, Patria Socialista coordinati in Prospettiva Unitaria e il Fronte Comunista–Fronte della Gioventù Comunista) e i promotori della mobilitazione contro il governo Draghi prima e Meloni poi (Rete dei Comunisti con le organizzazioni di massa ad essa collegate). L’80° anniversario della vittoria della Resistenza contro il nazifascismo, che cade nel 2025, costituisce un’occasione per portare più a fondo il dibattito franco e aperto su tali concezioni, posizioni e linee e, in particolare, sugli insegnamenti relativi a due temi: 1) quale partito comunista e come esso diventa “grande e forte” e 2) come passare dalle lotte e dalle proteste a un governo socialista, come usare a fini rivoluzionari le situazioni in cui la classe dominante, a causa dell’aggravarsi della crisi e della mobilitazione delle masse popolari, non è in grado di mantenere la continuità del suo sistema politico (di governo, di direzione della Pubblica Amministrazione, ecc.) ed è costretta a cedere, adottando la soluzione governativa che le è possibile e che obiettivo dobbiamo porci rispetto allo Stato borghese e alle funzioni che esso svolge nei paesi imperialisti (come applichiamo concretamente la parola d’ordine “lo Stato borghese si abbatte, non si cambia”).
Che le celebrazioni dell’80° anniversario della vittoria della Resistenza siano altrettante occasioni per ricavare dall’esperienza insegnamenti per l’oggi (cioè per legare il passato al presente anziché limitarsi all’esaltazione o alla narrazione del nostro glorioso passato); per sviluppare tra i comunisti il confronto franco e aperto sul bilancio della prima ondata rivoluzionaria (sulle ragioni della nostra sconfitta), sull’analisi della fase e sulla strategia dei comunisti; per condurre la lotta contro quelle tare del movimento comunista dei paesi imperialisti già messe in luce da Lenin, da Stalin e da Mao (in particolare l’elettoralismo e l’economicismo) e contro l’attendismo in cui oggi quelle tare si traducono. Il confronto serio e chiaro su questi temi e la lotta contro queste tare faranno avanzare sia l’unità dei comunisti da tanti invocata sia l’azione del movimento comunista per dirigere gli operai e le altre classi delle masse popolari a prendere in mano la proprietà dei mezzi di produzione, ad abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e a emanciparsi così dall’oppressione politica e dall’arretratezza culturale.
2. Estendere e rafforzare l’organizzazione degli operai, elevare il loro orientamento e allargare la loro azione
Per sua natura la rivoluzione socialista può svilupparsi oltre un livello elementare solo se la classe operaia ne è la classe dirigente, se se ne fa promotrice presso le altre classi delle masse popolari. Il partito comunista con la sua costituzione dà inizio alla rivoluzione socialista, ma in definitiva la promuove tramite la classe operaia. Essa è la classe che trascinerà e dirigerà le altre classi delle masse popolari a fare la rivoluzione socialista, instaurare il socialismo e compiere la transizione al comunismo (estinzione della divisione in classi e dello Stato). Chi parla di rivoluzione socialista senza occuparsi di organizzare e mobilitare la classe operaia o non sa di cosa parla o è un imbroglione. Portare in ogni azienda capitalista i lavoratori a costituire organizzazioni operaie che si occupano di ogni aspetto della vita della loro azienda e che escono dall’azienda per esercitare la loro influenza sulle masse popolari della zona circostante, per organizzarle, mobilitarle e coalizzarle a cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare è un aspetto indispensabile per far avanzare la rivoluzione socialista. Dobbiamo dedicarvi un’attenzione e uno sforzo particolari usando le innumerevoli possibilità che la situazione offre a tal fine. Lo smantellamento dell’apparato produttivo, dalla produzione di autoveicoli (Stellantis e indotto) all’elettrodomestico (Beko-ex Whirlpool ed Electrolux), dalla siderurgia (ex Ilva ed ex Lucchini) alle telecomunicazioni (TIM), le misure di austerità, l’eliminazione delle conquiste strappate sulla scia della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria, legano infatti anche sulla base del senso comune gli operai alla lotta per il Governo di Blocco Popolare. Lo stesso vale per i lavoratori delle aziende ancora pubbliche e delle istituzioni (scuole, università, ospedali, ecc.) erogatrici di servizi pubblici: per molti aspetti della loro condizione possono affiancare gli operai e sono spinti a farlo, anche sulla base del senso comune, dall’applicazione delle misure di austerità, dal carovita, dalle privatizzazioni in corso. Anche la grande massa dei lavoratori precari, degli addetti ai “piccoli lavori”, degli “esuberi” e disoccupati da una parte e i lavoratori autonomi o finti autonomi (le “partite IVA”, i lavoratori in nero, i contratti atipici, ecc.) dall’altra sono spinti, anche sulla base del senso comune, a partecipare alla lotta se gli operai la promuovono.
Le aziende sono in crisi perché il capitalismo è in crisi, per salvare le aziende bisogna arrivare a mettere fine al capitalismo. Ogni governo emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia, di centro-destra o di centro-sinistra che sia, non può che operare in sintonia con il sistema imperialista mondiale e cercare di imporre alle masse popolari più sacrifici per soddisfare le pretese e gli interessi di un pugno di speculatori. Molti sono quelli che odiano o dicono di odiare gli speculatori: lo dicevano perfino Meloni e Salvini prima di andare al governo! Molti di essi attribuiscono la speculazione finanziaria all’avidità, alla perfidia o comunque alla cattiva volontà dei capitalisti che cercano di fare denaro con il denaro anziché investire i loro capitali nella produzione di merci. Ma la speculazione finanziaria (plusvalenze nella compravendita di titoli, negli acquisti a consegna ritardata e nelle altre procedure speculative) non è frutto della cattiveria della classe borghese in generale o di singoli capitalisti. Da decenni la speculazione (finanziaria, su materie prime, su diritti di sfruttare giacimenti, su brevetti e altro) è il campo in cui i capitalisti riversano i capitali che non possono investire con profitto nella produzione di merci: il capitale accumulato è diventato infatti talmente grande che i capitalisti non riescono più a valorizzarlo tutto facendo produrre e vendendo merci. Ogni capitalista deve valorizzare il suo capitale, ma siccome dalla fine dell’Ottocento in qua è divenuto impossibile, salvo che in periodi e circostanze limitate, investire con profitto tutto il capitale nella produzione di merci, la borghesia ha ricercato freneticamente altri campi di investimento: la speculazione sul corso di titoli finanziari e sul prezzo delle merci è appunto uno di questi. Oggi il suo sviluppo è allo stesso tempo un rimedio, temporaneo e gravido di conseguenze, e una manifestazione della seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale iniziata nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso. Il capitale speculativo è diventato la forma dominante (dirigente) del capitale e ha assunto oggi dimensioni gigantesche: basti pensare che a fine 2021 BlackRock, Vanguard e State Street, i tre principali fondi d’investimento a livello mondiale, da soli detenevano direttamente o indirettamente 20mila miliardi di dollari, cioè 10 volte il PIL italiano (circa 2mila miliardi di dollari), 4 volte quello tedesco (circa 4mila miliardi di dollari) e più dell’intero PIL di tutta l’Europa (circa 18mila miliardi di dollari)!
Per farla finita con la speculazione finanziaria occorre mettere fine al capitalismo produttivo di merci da cui essa nasce e su cui poggia, cioè organizzare diversamente il modo di produrre i beni e servizi che servono agli uomini per vivere e alla società per funzionare. Il motore dell’economia capitalista (ciò che spinge un capitalista a impiegare proletari) non è la produzione di merci ma la produzione di profitti: l’intoppo sta proprio qui, nasce proprio dal fatto che oltre certi limiti l’aumento della produzione di merci non determinerebbe un aumento bensì un diminuzione della massa dei profitti e nessun capitalista assume più operai per avere meno profitto, quindi per valorizzare il suo capitale si dà alla speculazione finanziaria. Predicare contro i “cattivi speculatori” sorvolando sul legame genetico che esiste tra loro e i “bravi capitalisti che producono merci” è come prendersela con la febbre sorvolando sull’infezione che la provoca. Fantasticare sul ritorno al “buon capitalismo produttivo”, cioè a un’economia reale capitalista ma senza quell’insieme di attività con cui il denaro (sotto forma di contanti, depositi bancari, azioni, obbligazioni, titoli del debito pubblico, fondi di investimento, ecc.) crea nuovo denaro senza passare attraverso la produzione di merci, è come voler far tornare un vecchio a essere il bambino che è stato.
3. Sviluppare l’azione in campo politico dei sindacati alternativi e di base e della sinistra dei sindacati di regime
Per costituire un governo d’emergenza popolare attraverso un movimento di piazza (“fare del posto di lavoro un problema di ordine pubblico”, “rendere ingovernabile il paese”), ci vuole una struttura diffusa e che goda della fiducia di elementi decisivi ai fini della mobilitazione di massa, capaci di mobilitare a partecipare al movimento centri (come le aziende metalmeccaniche e le altre grandi aziende capitaliste e le aziende e istituzioni pubbliche) egemoni e autorevoli, trainanti tra la massa della popolazione. In misura diversa, sindacati come la CGIL e la FIOM, l’USB e gli altri sindacati alternativi e di base lo sono.
I sindacati alternativi e di base svolgono un’azione altamente positiva di organizzazione, mobilitazione e impulso nella lotta di classe ogni volta che mettono al centro della loro azione la lotta contro i padroni e il loro governo anziché la lotta contro i sindacati di regime (così facendo li obbligano a schierarsi). Nel passato hanno raccolto seguito quando hanno fatto quello che la CGIL e la FIOM non facevano, hanno riempito il vuoto che la CGIL e la FIOM lasciavano, ma se si fermano a questo restano subalterni a CGIL e FIOM e “scompaiono” quando CGIL e FIOM si mettono in moto: il confronto tra i numeri dei cortei di CGIL e UIL il 29 novembre da una parte e quelli dei cortei dei sindacati alternativi e di base sempre il 29 novembre e quelli dello sciopero in solitaria di USB il 13 dicembre dall’altra parla chiaro. I sindacati di base e alternativi possono invece avere un ruolo chiave nella situazione attuale se si fanno promotori dell’offensiva, se combinano le lotte rivendicative con il movimento per costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi.
Quanto alla sinistra di CGIL e FIOM, non potranno continuare a lungo a invocare dal governo Meloni una “politica industriale” per far fronte alla liquidazione di Stellantis, di Beko, ecc. Per attuare una politica industriale ci vuole anzitutto un governo che la voglia attuare e la politica industriale si può attuare se si assicurano, almeno a livello di paese, le condizioni per un’economia pianificata. CGIL e FIOM si pongono questo compito? Come e con chi?
4. Valorizzare le iniziative della sinistra borghese
Alcuni personaggi e organismi della sinistra borghese si sono “radicalizzati”. Sono schierati in modo più aperto contro il governo Meloni, parlano di “costruire l’alternativa” e arrivano a invocare la lotta dal basso: la mobilitazione a sostegno del popolo palestinese e contro il genocidio sionista ha contribuito a spingerli in questa direzione. La loro resta una parola d’ordine senza conseguenze pratiche in campo politico, non si traduce in un piano di lotta politica per costruire una società alternativa alla società borghese, stante che l’unica alternativa realistica che questa ammette è l’instaurazione del socialismo. Ma quanto più noi comunisti siamo indipendenti dalle analisi e linee della sinistra borghese e abbiamo un piano di guerra, tanto più possiamo valorizzare le iniziative della sinistra borghese: dalle prossime elezioni amministrative (regionali e comunali) alla campagna referendaria (autonomia differenziata, Job’s Act, ecc.), dalla Controfinanziaria di Sbilanciamoci alle denunce di De Magistris sul “golpe perenne contro la Costituzione e la democrazia” ad opera di “politici, militari, faccendieri, imprenditori, professionisti, mafiosi, uomini dei servizi segreti o delle forze dell’ordine, persino magistrati” (che chiama “poteri occulti”: sono, insieme alla corte Pontificia, i vertici della Repubblica Pontificia) e “sulla democrazia sostanziale, che a quasi un secolo dall’entrata in vigore della Carta costituzionale, è ancora un miraggio”. Possiamo valorizzare le iniziative della sinistra borghese per la costruzione del GBP, per stabilire contatti con elementi avanzati delle masse popolari e indirizzarli alla costituzione del GBP. Con la linea del GBP noi diamo modo alle masse popolari di misurare la sinistra borghese, di metterla alla prova: o essa aderisce alle sollecitazioni delle masse popolari organizzate e si mette al loro servizio o perderà seguito, prestigio e influenza tra le masse popolari organizzate.
Che il 2025, anno dell’80° anniversario della vittoria della Resistenza sul nazifascismo, sia un anno di grande sviluppo della rivoluzione socialista!
Le masse popolari devono trovare la strada per farla finita con il governo Meloni, con i vertici della Repubblica Pontificia e con il loro “ordine sociale” di guerra, miseria e devastazione ambientale. Un governo che tutela un ordine sociale che non assicura a tutti un lavoro utile e sicuro, i beni e servizi necessari per una vita dignitosa, l’accesso di tutti al patrimonio culturale, alla conoscenza e all’arte non ha alcuna legittimità, non solo morale, ma neanche ai termini della Costituzione strappata dalla Resistenza. I comunisti, i lavoratori avanzati, la parte più avanzata delle masse, i sinceri democratici devono mettersi alla testa della ribellione delle masse popolari e trasformarla in lotta per instaurare il socialismo, che nel nostro paese oggi significa lotta per costituire il Governo di Blocco Popolare. Questa è l’unica via per porre fine alla crisi perché pone fine al capitalismo e instaura un ordine sociale degno di questo nome.
La rivoluzione socialista è necessaria, la situazione è favorevole al suo avanzamento. La rivoluzione socialista nei paesi imperialisti è diventata in modo più ampio e profondo che nel passato la questione del futuro dell’umanità e del pianeta. La sorte della rivoluzione socialista dipende da noi comunisti. Noi abbiamo ereditato dall’impresa mondiale messa in moto dalla Rivoluzione d’Ottobre in Russia e impersonata da Lenin e Stalin e dalla rivoluzione cinese impersonata da Mao Tse-tung la scienza delle attività con le quali gli uomini hanno fatto e fanno la loro storia (il marxismo-leninismo-maoismo). Con essa dobbiamo guidare la nostra attività di trasformazione della società. Nostro compito attuale è farne la guida dell’impresa che non siamo riusciti a compiere nel secolo scorso: l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti. Questo è anche l’aiuto migliore che diamo e daremo ai popoli oppressi dal sistema imperialista mondiale e in particolare dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, europei e associati.
Siamo di fronte a una situazione nuova, nessuno di noi l’ha mai vissuta prima né la trova descritta in un libro. Bisogna osare avanzare. Il nuovo suscita dubbi: è inevitabile perché presenta sempre aspetti incerti. Il nuovo suscita perfino paura: anche questo è inevitabile, perché il nuovo comporta sempre aspetti ignoti. Ma chi non si rimbocca le maniche e non osa avanzare, subisce quello che fanno gli altri e, se è un intellettuale, propaganda disfattismo. Bisogna misurare con cura e responsabilità ogni passo, ma avanzare. Nel dubbio, meglio osare avanzare: come minimo impareremo.
Il futuro è nostro! Osare sognare, osare lottare per realizzare il nostro sogno, osare vincere!