Rassegna 03/01/2025
Domenico Moro: “Contro la sinistra liberale” di Sahra Wagenknecht. Quali insegnamenti per l’Italia?
“Contro la sinistra liberale” di Sahra Wagenknecht. Quali insegnamenti per l’Italia?
di Domenico Moro
“Contro la sinistra liberale” di Sahra Wagenknecht è senza dubbio uno dei più importanti libri di critica delle società del capitalismo cosiddetto avanzato, specialmente di quelle dell’Europa occidentale, usciti negli ultimi anni. Non è un caso se in Germania il libro, il cui titolo originale è Die Selbstgerechten, ossia i Presuntuosi, è stato in cima alle classifiche di vendita per molto tempo.
Il testo è scritto, infatti, in modo molto semplice, in grado di essere recepito da parte di un vasto pubblico anche se i temi trattati sono complessi. L’interesse principale del libro consiste nel fatto che l’autrice svolge una critica alla sinistra oggi dominante, sviluppando una analisi delle società a capitalismo avanzato, della ideologia di sinistra e soprattutto della composizione sociale delle classi sociali derivata dalle modificazioni dovute alla modernizzazione capitalistica degli ultimi decenni.
A incuriosire alla lettura di questo libro è, però, anche il fatto che l’autrice non è una semplice intellettuale, bensì una politica molto nota in Germania, che ha raccolto risultati positivi con la sua forza politica di recente costituzione. BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit, in italiano Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia) è una scissione dal partito Die Linke ed è stata fondata il 26 settembre 2023 come associazione e l’8 gennaio 2024 come partito. Nel giro di soli sei mesi BSW ha dimostrato inaspettatamente di essere un partito capace di raggiungere risultati lusinghieri. Alle elezioni europee di giugno 2024 è risultato essere il quinto partito con il 6,2% dei voti, mentre Die Linke scivolava al 2,7%. Le roccaforti di BSW sono nella ex Germania est, la zona più povera del Paese, dove alle europee era il terzo partito con il 13,8%. Il risultato positivo nella ex Germania est si è ripetuto alle regionali tenutesi a settembre in Turingia (15,8%) e in Sassonia (11,8%), dove BSW si è confermata la terza forza politica.
nlp: Palantir comincia la guerra civile nella difesa americana
Palantir comincia la guerra civile nella difesa americana
di nlp
Nei racconti di Tolkien i Palantir sono le pietre veggenti e vedenti presenti nel Signore degli Anelli il cui nome significa “coloro che vedono lontano”. In linea con il testo “Magical Capitalism”, di Moeran e De Waal Malefyt, che vede il magico delle narrazioni come un potente strumento di valorizzazione del brand delle piattaforme, a inizio anni 2000 i Palantir hanno dato il nome all’omonima azienda. Palantir Technologies si occupa di analisi dei big data e di piattaforme di gestione dell’intelligenza artificiale. Palantir opera su diverse piattaforme di gestione della AI di cui qui ne segnaliamo tre per capire il tipo di azienda di cui stiamo parlando: Gotham, Foundry e MetaConstellation.
Gotham è utilizzata principalmente da agenzie governative, forze dell’ordine e intelligence ed è progettata per integrare, gestire, proteggere e analizzare enormi quantità di dati eterogenei provenienti da diverse fonti (come database, fogli di calcolo, e-mail, immagini, dati geospaziali). Permette agli utenti di identificare schemi, collegamenti nascosti e trend all’interno dei dati, facilitando indagini complesse e l’analisi di intelligence i suoi casi tipici di uso sono contrasto alla Jihad, prevenzione di frodi finanziarie, cybersecurity, gestione di emergenze e catastrofi naturali, intelligence militare.
Foundry è utilizzata da imprese commerciali e organizzazioni di vario tipo, in diversi settori (finanza, sanità, produzione, logistica, ecc.) . Si tratta di una piattaforma più versatile, progettata per aiutare le organizzazioni a integrare dati da diverse fonti, trasformarli, analizzarli e costruire applicazioni operative basate su di essi. Permette di creare un “digital twin” dell’organizzazione, facilitando l’ottimizzazione dei processi, la presa di decisioni basate sui dati e l’innovazione. Ha come uso principale la ottimizzazione della supply chain, gestione del rischio, manutenzione predittiva, ricerca e sviluppo, customer relationship management, compliance. In breve, si tratta di una potente piattaforma per la gestione e l’analisi di dati aziendali, per migliorare l’efficienza e la presa di decisioni.
Giovanni Gnazzi: Il governo-ombra della Casa Bianca
Il governo-ombra della Casa Bianca
di Giovanni Gnazzi
Con una inchiesta pubblicata venerdì scorso, il Wall Street Journal ha reso noto di aver scoperto come negli ultimi 4 anni alla Casa Bianca non governasse più Biden, assolutamente incapace di intendere e di volere. Il presidente statunitense, che per altri 30 giorni governerà gli Stati Uniti e, per consunzione, l’intero Occidente Collettivo, è vittima da anni di uno stato di demenza senile che lo rende assolutamente incompatibile con un ottimale stato psico-fisico necessario per l’esercizio del mandato. Anzi, ne sarebbe una fondamentale pre-condizione per svolgerlo.
C’è da trarre conclusioni inquietanti sotto diversi aspetti: il primo dei quali ha a che vedere con la reiterata menzogna che la Casa Bianca ha diramato sulle condizioni di salute del Presidente. Quindi di come la stampa occidentale, dai mezzi praticamente illimitati, abbia scelto, pur di fronte all’evidenza di un deficit cognitivo palese da parte di Biden, di ignorare il fatto e le sue gravissime implicazioni. Anzi, si buttava con sprezzo del ridicolo alla ricerca dei tumori di Putin, che veniva dato un giorno per gravemente malato, un giorno per morto e un giorno per vittima di un golpe al Cremlino. E gode invece di ottima salute.
Un altro aspetto, ancor più inquietante, se possibile, riguarda la scontata ma inevitabile domanda: chi ha governato gli Stati Uniti in questi anni? Chi ha deciso il proseguimento della guerra via Ucraina degli USA contro la Russia? Chi ha stabilito le linee di politica economica interne e chi ha deciso la messe di sanzioni commerciali elargite con automatica quanto stupida meccanicità?
Francesco Cappello: Sanzioni ed emissioni zero insostenibili
Sanzioni ed emissioni zero insostenibili
di Francesco Cappello
Sanzioni energetiche alla Russia e politiche climatiche favoriscono deindustrializzazione e inflazione da costi e da offerta contro gli interessi dell’Ue a favore degli USA
L’Unione Europea sta utilizzando le riserve di gas più velocemente che negli ultimi tre anni a causa del clima freddo, della riduzione delle importazioni via mare e della maggiore concorrenza per il GNL da parte dei paesi asiatici. Il GNL ha costi da 4 a 5 volte superiori al gas da tubo russo.
Da settembre le riserve di gas sono diminuite del 19%, un dato significativamente superiore rispetto ai due anni precedenti.
L’Europa è costretta a fare maggiore affidamento sui propri impianti di stoccaggio per compensare il calo delle importazioni di GNL e soddisfare la crescente domanda. Ora i depositi di stoccaggio sono riempiti al 75%, mentre un anno fa erano al 90%.
A complicare la condizione già assai precaria, l’Ue, mentre intende fare a meno del gas russo pretende pure il rispetto delle politiche climatiche (*).
Indebolire Mosca e ottenere allo stesso tempo emissioni zero rischierà di avere come effetto nuovi incrementi del prezzo del gas e dell’energia elettrica, inflazione e deindustrializzazione (In Italia siamo al ventiduesimo mese consecutivo di calo della produzione industriale).
Dante Barontini: Basta parlare di pace per far impazzire l’establishment
Basta parlare di pace per far impazzire l’establishment
di Dante Barontini
E’ bastato un semplice discorso di Putin per capire che anche “fare la pace” in Ucraina non sarà una cosa lineare.
Andiamo con ordine.
Intanto si è capito di cosa hanno parlato nei giorni scorsi il presidente russo e il premier slovacco, il socialdemocratico Fico, sotto la coltre scandalizzata di parole di condanna del resto dell’Unione Europea. Le trattative per una pace potrebbero partire, e Bratislava si offre come sede.
Lo scandalo – e l’imbarazzo occidentale – sta tutto nel fatto che la Slovacchia è un paese aderente alla Nato e, nonostante questo, la Russia lo considera abbastanza indipendente da costituire quasi una “sede neutrale”.
Del resto, se si guarda al mondo con gli occhiali del bipolarismo guerrafondaio, di paesi “terzi” veri e propri non ce ne sono, a meno di non andare in Asia a cercare di risolvere un problema euro-atlantico…
Il secondo problema posto da Putin è invece di merito: “Vogliamo chiudere la guerra, non congelarla“. Ovvero raggiungere un trattato complessivo non tanto con Kiev – palesemente ormai solo un suicida combattente per conto terzi – quanto con l’intera Nato, a cominciare ovviamente dagli Stati Uniti.
Niente “soluzione coreana” insomma – le due Coree, dal 1953, sono di fatto divise sul 38° parallelo senza che sia mai stato stipulato un trattato di pace con obblighi riconoscibili – come traspariva dalle roboanti dichiarazioni occasionali di Donald Trump (i “democratici” sono invece per la prosecuzione della guerra fino alla “vittoria”).
Gianmarco Pisa: La verità è sempre rivoluzionaria
La verità è sempre rivoluzionaria
di Gianmarco Pisa
Contro la retorica, la propaganda dominante e la menzogna, è la verità, sempre rivoluzionaria, a ergersi come baluardo.
Invitato ad Atreju, la festa politica della destra italiana, il presidente argentino Javier Milei ha condotto una sorta di lezione circa carattere e futuro della destra. Un manifesto ideologico condensato, nel suo orizzonte, in alcune affermazioni tanto lapidarie quanto discutibili. Per capire l’orientamento ideologico di questa destra e decodificare l’idea di società che vi è dietro, è opportuno addentrarsi in alcune delle più significative di queste espressioni, così come la stampa ce le ha restituite: la premessa consiste nel fatto che “la destra deve lottare unita come una falange di opliti o come una legione romana, dove nessuno rompe la formazione”, e quindi la visione della destra come visione di battaglia, di scontro, come visione militarista, cameratesca, da caserma. I contenuti programmatici, i cosiddetti “principi innegoziabili” sarebbero invece quelli per cui “il mercato libero produce prosperità per tutti”; “il governo deve essere limitato, le persone sanno meglio di un burocrate come produrre, chi impiegare e con chi commerciare”; “chi le fa, le paga”. In sintesi, “riassumendo, difendiamo la vita, la libertà e la proprietà privata”.
Emilio Quadrelli: György Lukács, un’eresia ortodossa / 3 – Dal “popolo” al popolo. Il proletariato come classe dirigente
György Lukács, un’eresia ortodossa / 3 – Dal “popolo” al popolo. Il proletariato come classe dirigente
di Emilio Quadrelli
Nel paragrafo “Il proletariato come classe dirigente” Lukács ripercorre tutto il lavoro compiuto da Lenin all’interno del movimento rivoluzionario dell’epoca per far emergere il proletariato come classe dirigente dentro la rivoluzione russa. Sulla scia di quanto argomentato in precedenza, l’attualità della rivoluzione, Lenin combatte una battaglia teorica, politica e organizzativa per costruire l’autonomia politica del proletariato in quanto classe dirigente del processo rivoluzionario. È bene ricordare che ciò non avviene nel corso delle giornate insurrezionali del 1905 e, tanto meno, dopo il febbraio del ’17, ma piuttosto in anni apparentemente cupi come quelli che caratterizzano la fine dell’ottocento e il primo novecento russo. Anni in cui, per un verso, si osserva lo sviluppo industriale e agrario del capitalismo all’interno del sistema feudale russo, dall’altro la crisi politica del populismo e l’affermarsi di un movimento borghese che, nel contesto, userà il marxismo come ideologia del capitalismo. In contemporanea a ciò si assiste alla nascita delle prime forme di organizzazione operaia.
Il dibattito politico del movimento rivoluzionario e democratico è ancora pesantemente egemonizzato da quell’idea di popolo che aveva fatto da sfondo al populismo e alle sue diverse anime. Una continuità storica che, in qualche modo, si protrae sin dai tempi dei decabristi. L’irrompere del modo di produzione capitalista dentro l’apparente immobilismo dell’impero zarista mette in crisi quell’idea di particolarità che la Russia si era a lungo portata appresso e che tanto aveva incuriosito e attratto il mondo politico e culturale europeo. Il mistero russo aveva necessariamente coinvolto lo stesso movimento rivoluzionario tanto che gli stessi Marx ed Engels sulla Russia si erano soffermati in più occasioni1. Agli occhi degli europei la Russia si mostrava, al contempo, come bastione solido e inamovibile della controrivoluzione ma anche, per non secondarie schiere di rivoluzionari delusi dagli insuccessi del ’48 europeo, come il luogo maggiormente prono a un radicale processo rivoluzionario. L’autocrazia per gli uni, il popolo per gli altri, diventavano tanto i poli quanto l’esemplificazione del rapporto rivoluzione/controrivoluzione.
Geraldina Colotti: Venezuela, il calendario dei popoli e l’agenda di chi li opprime
Venezuela, il calendario dei popoli e l’agenda di chi li opprime
di Geraldina Colotti
C’è un calendario dei popoli e uno di chi li opprime, compilato in base agli interessi inconciliabili che muovono la lotta di classe, e confusi solo nei paesi in chi la borghesia ha vinto la partita nel secolo scorso, riuscendo a imporre la “verità” dei vincitori: “Per ora”, come disse il comandante Chávez consegnando con quella frase una promessa. Che quella promessa si sia compiuta con la rivoluzione bolivariana, e che questa continui a incamminarsi verso una transizione al socialismo vantando un anno in più di resistenza, è una forte spina nel fianco di un capitalismo in crisi sistemica, che sta portando il mondo alla catastrofe.
Per imporre la strategia del “caos controllato” anche in America latina – un continente ancora esente da un conflitto armato e che, il 28 e 29 gennaio del 2014, un vertice della Celac ha dichiarato “zona di pace” – l’imperialismo a guida Nato deve strapparsi a ogni costo quella spina dal fianco: sommergendola sotto un manto di menzogne, per preparare un attacco in più grande stile dagli esiti incerti.
Se, infatti, il primo governo di Donald Trump ha inasprito e moltiplicato il sistema di misure coercitive unilaterali illegali messo in moto con il decreto Obama (che definì il Venezuela “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza degli Stati uniti”), il secondo, che inizierà formalmente il 20 gennaio, non si annuncia di segno diverso. Dopo aver vinto le elezioni, il 5 novembre, il tycoon ha infatti annunciato che a far parte del suo staff saranno alcuni dei rappresentanti più incarogniti nel perseguire i governi socialisti dell’America latina, come Marco Rubio ed Elon Musk. E come il cubano-statunitense, Mauricio Claver-Carone, ex presidente del Bid e da sempre all’attacco di Cuba e del Venezuela, ora inviato speciale del Dipartimento di Stato per l’America latina.
A Rubio, senatore della Florida, noto per le posizioni da falco contro la Cina, contro Cuba (da cui è scappata la sua famiglia), contro il Venezuela e il Nicaragua, toccherà il ruolo di Segretario di Stato. Per aver mobilitato a favore di Trump il voto dei “latinos”, sarà il primo capo della diplomazia di origine ispanica.
Fulvio Grimaldi: Embedded, spie e martiri
Embedded, spie e martiri
di Fulvio Grimaldi
Cinque giornalisti della testata al Quds uccisi a Gaza nella loro macchina contrassegnata “PRESS” portano a 200 i giornalisti sterminati nella Striscia, in aggiunta ai propri famigliari, colpiti con loro nelle rispettive abitazioni, e a quelli abbattuti in Cisgiordania. E’ democrazia.
Un cittadino iraniano arrestato a Fiumicino su richiesta degli USA perché avrebbe a che fare con la produzione dei droni iraniani utilizzati in Ucraina. E’ democrazia.
Cinque cittadini pakistani, tra cui una donna, colpevoli di assolutamente nessun reato, ma sospettati di volersi unire a una qualche Jihad terroristica (non quella al potere per conto USA-Sion-Turchia a Damasco), arrestati a Bologna. E’ democrazia.
Uno dei più rinomati giornalisti britannici, Richard Medhurst, prelevato a forza dall’aereo a Londra, trattenuto per giorni in arresto, privato degli strumenti di lavoro, sulla base di nessunissima accusa, minacciato, intimidito. Aveva parlato male dei “liberatori della Siria”. E’ democrazia.
Qualche accenno sulla stampa mainstream e via. Succede dove comandano i buoni. Quelli della dittatura della sorveglianza e della repressione, delle leggi antioperaie, del carcere a chi si oppone a Grandi Opere devastatrici, od occupa un’aula scolastica, o mette su un picchetto. Quelli delle guerre e dei genocidi.
Clara E. Mattei: Quando parliamo di economia parliamo di politica, cioè di chi ha il potere e di chi lo subisce
Quando parliamo di economia parliamo di politica, cioè di chi ha il potere e di chi lo subisce
di Clara E. Mattei
Quando i Jerome Powell e le Christine Lagarde (attuale presidente della Bce) di questo mondo si accaniscono ad alzare i tassi di interesse ben sapendo che causeranno una recessione economica, lo fanno per una preoccupazione, oserei dire un’angoscia: se le persone non accettano più la loro condizione di salariati a basso costo, crolla la base stessa del nostro sistema economico. […]
Prendiamo il nostro Paese come esempio: se guardiamo alla spesa «aggregata» dello Stato italiano, non vedremo alcuna traccia di austerità.
Infatti lo Stato sta spendendo moltissimo in ambito militare e nel sostegno delle imprese (le banche per esempio) che mettono così in sicurezza i propri profitti.
I numeri della spesa pubblica non calano. Ma la questione rilevante è un’altra. Non si tratta semplicemente di vedere se lo Stato spende, quanto piuttosto dove lo Stato spende o, meglio, per chi lo Stato spende.
L’austerità non è una generica azione sulla spesa pubblica intesa come un tutto, è invece un’azione politica che agisce sulla capacità di spesa delle persone e quindi interviene sulla qualità della vita della maggioranza della popolazione, lasciando sostanzialmente protetta e intoccata quell’élite che non vive del salario e dunque principalmente del proprio lavoro ma gode di rendite (immobiliari, finanziarie ecc.) e profitti. […]
Giacomo Gabellini: Il peso critico del generale Igor Kirillov
Il peso critico del generale Igor Kirillov
di Giacomo Gabellini
Lo scorso 17 dicembre, il tenente generale Igor Kirillov, a capo dell’unità di protezione nucleare, radiologica, chimica e biologica delle forze armate russe è stato assassinato a Mosca assieme al suo assistente Ilya Polikarpov dall’esplosione di un ordigno collocato sotto uno scooter situato nelle adiacenze dell’abitazione dell’ufficiale. Nell’arco di un giorno, gli inquirenti russi hanno catturato, identificandolo come esecutore dell’attentato, il ventinovenne uzbeko Akhmad Kurbanov. Interrogato dall’Fsb, Kurbanov ha dichiarato quasi immediatamente di aver agito su commissione dei servizi di sicurezza ucraini, che lo avevano assoldato promettendogli come contropartita il versamento di 100.000 dollari e un passaporto europeo.
L’omicidio di Kirillov, rivendicato di lì a brevissimo dai vertici del Sbu, è stato definito come legittimo sia dai rappresentanti istituzionali di Kiev che dal «Times» britannico, al quale il presidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa Dmitrij Medvedev ha risposto che, utilizzando lo stesso metro, sono da ritenersi obiettivi legittimi anche «tutti i funzionari della Nato che forniscono assistenza militare all’Ucraina e stanno partecipando a una guerra ibrida contro la Russia». Anche il tenente generale Keith Kellogg, recentemente investito da Donald Trump dell’incarico di plenipotenziario per il conflitto russo-ucraino, ha condannato l’attentato, che a suo avviso rappresenta al contempo una violazione delle regole di guerra e una mossa del tutto controproducente per l’Ucraina.
Davide Malacaria: Il Medio oriente e la fine della mezzaluna sciita
Il Medio oriente e la fine della mezzaluna sciita
di Davide Malacaria
Delegazione russa di alto profilo in Iran. Si appresta il trattato globale Mosca-Teheran. Russia, Iran e Turchia tentano di preservare l’integrità territoriale siriana
Visita di alto livello quella della delegazione russa in Iran guidata dai vice primi ministri Alexei Overchuk e Vitaly Savelev. A tema la firma del trattato di cooperazione globale tra Mosca e Teheran, finora rimandato e che dovrebbe essere siglato a gennaio, quando il presidente iraniano Masoud Pezeshkian si recherà in Russia.
Chiaramente c’era anche altro in ballo nella visita, questioni più urgenti come il caos siriano e il tintinnio di sciabole che riecheggia negli States, dove i neocon incardinati nell’amministrazione Trump, in coordinato disposto con Tel Aviv, hanno ricominciato i preparativi, propagandistici e militari, di una prossima aggressione all’Iran.
La fretta di firmare il trattato con la Russia serve anche a rendere più difficile tale opzione, dal momento che Mosca ha già iniziato a inviare armi a Teheran e si appresta a rinfoltirne vieppiù l’arsenale.
Putin e la Siria
Quanto a Damasco, di interesse un articolo di M. K. Bhadrakumar su Indianpuchline, nel quale riprende quanto detto da Putin sulla Siria nel suo recente intervento. In sostanza, l’ex ambasciatore indiano spiega che Putin ha ricordato che le forze russe erano intervenute in Russia per combattere il terrorismo ivi annidato, riuscendo nell’impresa.