Forum Italiano dei Comunisti – 09/01/2025
IL RUOLO DEI COMUNISTI OGGI:
ROMPERE LA LOGICA DEI CATTIVI MAESTRI E RICOMPORRE UN FRONTE DI MASSA CONTRO IL GOVERNO MELONI
Non possiamo dire che la situazione italiana non si stia muovendo. Anche se il governo Meloni esalta la sua stabilità, in realtà i fatti dimostrano che le cose non vanno nel verso da esso auspicato. Ci sono settori importanti della società che manifestano la loro insofferenza per le condizioni sociali in cui vivono (povertà, bassi salari, inflazione) o perché entrano in contraddizione con le scelte scellerate che la destra sta facendo su una serie di settori chiave delle funzioni dello Stato, della giustizia e della libertà di stampa.
Il fronte del dissenso è variegato. C’è una parte che riguarda settori professionali che le riforme della destra, per l’indirizzo programmatico adottato, stanno distruggendo o schiacciando, come il settore sanitario e i magistrati. Ci sono altri settori della società che di fronte agli indirizzi neofascisti del governo con la distruzione degli assetti della Costituzione del ’48, dall’autonomia differenziata, al premierato, alla riforma della magistratura, alla politica verso i migranti, ai decreti repressivi e alla libertà di stampa, rifiutano le innovazioni della destra di Meloni, Salvini e Tajani perché portatrici di ideali reazionari e si pronunciano a difesa dei diritti costituzionali. Ci sono lavoratrici e lavoratori che stanno prendendo coscienza che la demagogia ‘sociale’ della Meloni è una truffa e che sul piano normativo e salariale le condizioni peggiorano per il lavoro dipendente.
Politicamente queste forze che si stanno muovendo non hanno un indirizzo comune. Nel calderone ci sono la Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli, e settori sindacali come CGIL e UIL, che dopo tanto consociativismo si ritrovano emarginati. Nel calderone ci sono anche i cosiddetti ‘antagonisti’, quelli che spesso scendono in piazza contro tutto quello che non va, contro le guerre e a sostegno dei palestinesi.
Negli ultimi mesi questa variegata opposizione ha fatto un po’ l’effetto di una orchestra stonata, nel senso che il tema centrale è stato sì l’attacco al governo Meloni, ma con toni, forme di protesta e obiettivi diversificati che spesso ne hanno depotenziato la forza. A guadagnarci è stato il governo. A partire dalla guerra, su cui un fronte unico contro il coinvolgimento dell’Italia non si è formato e non c’è stata realmente neppure la piazza, anche perché l’opposizione all’invio delle armi ha riguardato solo una parte di quelli che sono contro la Meloni e la loro posizione non ha avuto seguito nel concreto delle mobilitazioni. Nessuno ha saputo finora superare questo limite.
Come si scioglie questo nodo?
È possibile ricondurre ad un fronte unico l’opposizione al governo e renderla efficace?
È chiaro che finché il “campo largo” vagheggiato dalla Schlein sarà percorso da forze atlantiste e centriste, la ricomposizione di un fronte di opposizione non sarà possibile né auspicabile. Ma allora la destra sarà sempre vincente? Così sembrerebbe, ma ci sono segnali che una strada unitaria da percorrere sia praticabile e lo abbiamo registrato rispetto a due questioni importanti: l’autonomia differenziata e la legge 1660 sulla sicurezza. Su ambedue le questioni le forze scese in campo sono state numerose e politicamente variegate e tutte hanno battuto sullo stesso tasto e in modo costante. Questo vuol dire che su alcuni punti si riesce a sfondare il muro delle divisioni e dobbiamo saper utilizzare queste realtà per dare un’immagine del percorso unitario da intraprendere e utilizzare la forza di questa unità per colpire efficacemente. Non solo, ma anche sulle questioni più divisive si può sviluppare un rapporto dialettico che isoli all’interno del fronte democratico e costituzionale le forze oltranziste a partire dalla guerra.
Per portare avanti questo tipo di lavoro c’è bisogno però di volontà politica e determinazione nel senso che all’interno delle forze in campo non solo non deve prevalere il politichese, ma la forza del cambiamento deve appoggiarsi a una volontà popolare che condivide gli ‘obiettivi e alla capacità tattica di chi organizza le lotte.
È a questo tipo di lavoro che devono dedicarsi i comunisti, quelli che intendono la loro funzione come qualcosa di concretamente valido per cambiare le cose, liberandoci dai cattivi maestri abituati ad inquinare le acque in momenti importanti invece di rafforzare il fronte di lotta anti-Meloni in modo unitario, su obiettivi precisi e con la forza necessaria.
Questa necessità abbiamo avuto modo di verificarla in vari momenti a partire dall’ottobre scorso, dalla manifestazione a Roma a favore dei palestinesi proibita dal governo, alle scadenze di “movimento” decise in previsione dello sciopero generale indetto il 29 novembre da CGIL e UIL. In tutti questi casi sono state riproposte logiche inutilmente divisorie, che hanno creato confusione e indebolito la lotta. Che senso aveva, ad esempio, indire un Meloni day studentesco, dal momento che il 29 novembre c’era lo sciopero generale contro il governo e gli studenti potevano scendere in piazza assieme ai professori in sciopero, e far crescere la protesta? Perché il 30 novembre si è indetta una manifestazione nazionale sulla Palestina, oscurandone l’importanza, a sole 24 ore dallo sciopero generale? E perché il 13 dicembre si è ripetuto uno “sciopero generale” che è servito solo a permettere a Salvini di fare i suoi spot contro il blocco dei servizi pubblici ?
A pensar male è peccato diceva il divo Giulio, ma è chiaro che in tutte queste occasioni si è voluto creare un riferimento alternativo per dimostrare la propria autosufficienza, peraltro inesistente e basata su logiche gruppettare.
Purtroppo questa mancanza di senso politico e di capacità tattica ce la portiamo avanti da molto tempo ed è ora di farci i conti se vogliamo veramente rovesciare questo governo e il suo programma liberista e anticostituzionale. Questa necessità viaggia in parallelo alla definizione di una piattaforma costituzionale in cui il movimento possa riconoscersi.