[SinistraInRete] Norberto Albano: Campi di concentramento skinneriani come orizzonte storico

Rassegna 09/01/2025

Norberto Albano: Campi di concentramento skinneriani come orizzonte storico

lafionda

Campi di concentramento skinneriani come orizzonte storico

di Norberto Albano

Immagini sito Pandora 81.pngLo scrittore austriaco Ivan Illich, nella terza sezione dell’ultimo capitolo del suo celebre libro Tools for Conviviality (Convivialità in italiano), pronosticava che l’aspirazione delle società capitaliste post-industriali a una crescita infinita avrebbe inevitabilmente condotto a una crisi strutturale irreversibile—o, in alternativa, all’instaurazione di un sistema di controllo totalizzante. Tra le immagini più emblematiche utilizzate da Illich per descrivere questa possibilità spicca quella di un “campo di concentramento globale di B.F. Skinner, diretto da un T.E. Frazier”[1].

Questa potente metafora non si limita a una provocazione retorica, ma rappresenta un’analisi lucida del potenziale rischio che una società altamente tecnocratica e algoritmica possa organizzarsi come un’enorme Skinner Box, dove il comportamento umano è modellato attraverso un sistema rigorosamente controllato di stimoli e rinforzi. Il riferimento a Frazier, protagonista dell’opera Walden Two di Skinner, richiama l’immagine di un mondo dove l’efficienza e la pianificazione collettiva verticistica soppianta ogni aspirazione all’autonomia individuale. A distanza di più di cinquant’anni, l’intuizione di Illich appare non solo attuale, ma premonitrice[2].

Questo articolo esplora come il comportamentismo radicale abbia modellato approcci educativi, tecnologie digitali e politiche di controllo sociale fino alle moderne “smart city”, con un focus sull’eredità di Skinner, una delle figure più influenti della psicologia del XX secolo[3]. Ironicamente il suo progetto per l’esercito statunitense che prevedeva l’addestramento di piccioni bomba kamikaze fu un fallimento (a cui tagliarono i fondi), ma dopo la seconda guerra mondiale ottenne un riscatto che lo portò alla fama mondiale: le sue idee non solo hanno trasformato la psicologia sperimentale, ma hanno anche avuto un impatto profondo su campi come l’educazione, l’economia e le tecnologie emergenti.

Leggi tutto

Alessandro Pascale: Prefazione al libro “Metalibro su logica dialettica e l’essere del nulla” di V. Melia e A. Pascale

mondorosso

Prefazione al libro “Metalibro su logica dialettica e l’essere del nulla” di V. Melia e A. Pascale

di Alessandro Pascale

0c9fd6c0 f063 4d87 aa7a
f41366728a3c.jpgHo accolto con piacere la proposta di Vanna Melia di collaborare a questo metalibro di riflessione e rafforzamento dell’opera Logica dialettica e l’essere del nulla recentemente pubblicata dai compagni Sidoli, Burgio e Leoni, per la primaria constatazione della natura profondamente politica, oltre che teoretica, dell’argomento.

Il tema potrebbe in effetti sembrare a molti compagni e militanti secondario in un contesto caratterizzato dalla guerra e dalle urgenze organizzative dettate dalla crisi del movimento comunista occidentale, ma in realtà occorre ribadire il nesso profondo che lega la crisi del marxismo occidentale proprio alla perdita dei fondamentali della teoria filosofica rivoluzionaria elaborata oltre 150 anni fa da Marx ed Engels, via via sviluppati da altri importanti maestri del socialismo. In tal senso ho ribadito più volte in altre sedi (rimanderei al recente Comunismo o barbarie. Un manuale per ribelli rivoluzionari, L’AntiDiplomatico 2023) l’importanza basilare, anzitutto per i quadri dirigenti, ma non secondariamente anche per i militanti e i simpatizzanti, della necessità di recuperare una forma mentis alternativa rispetto alla rigida logica “metafisica” prevalente nel senso comune. Ribadire, come fa la logica formale, che A = A, e fermarsi a questo, appiattisce la realtà percepita a una razionalità che appare inamovibile, statica, eterna, rendendo vano non solo lavorare per una realtà diversa, ma perfino riuscire a concepirla mentalmente, tale realtà diversa. La logica dialettica apre quindi il campo alla possibilità di pensare a una realtà in divenire continuo, obbligando i singoli e le organizzazioni a lavorare continuamente all’aggiornamento della propria analisi e della propria proposta cercando di infilarsi nelle contraddizioni che caratterizzano costantemente, costitutivamente, l’intera realtà, compresa la società in cui viviamo. Contraddizioni in cui sono già presenti, seppur spesso appena accennati o invisibili, i germi della società futura che vorremmo costruire. Contraddizioni che non scompariranno mai del tutto, nemmeno nella società socialista e comunista, obbligandoci a uscire da visioni dogmatiche e definitive del percorso rivoluzionario e di una ipotetica “fine della storia” che non potrà mai caratterizzare né alcuna società capitalista, né comunista.

Leggi tutto

Eros Barone: La signora Ponza, il linguaggio, la conoscenza della realtà e il criterio della verità

sinistra

La signora Ponza, il linguaggio, la conoscenza della realtà e il criterio della verità

di Eros Barone

Ebzo Cucchi 1024x768Signora Ponza: (con un parlare lento e spiccato) – che cosa? la verità? È solo questa:
che io sono, sì, la figlia della signora Frola –
Tutti: (con un sospiro di soddisfazione) ah!
Signora Ponza: (subito c.s.) – e la seconda moglie del signor Ponza –
Tutti: (stupiti e delusi, sommessamente) – oh! E come?
Signora Ponza: (subito c.s.) – sì; e per me nessuna! nessuna!
Il Prefetto: Ah no, per sé, lei, signora: sarà l’una o l’altra!
Signora Ponza: Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede.
(Guarderà attraverso il velo, tutti, per un istante; e si ritirerà. In silenzio.) 1

La verità e il mattino si rischiarano a poco a poco.

Proverbio tedesco

1. «Chi è la signora Ponza?»

Non vi è un linguaggio che non implichi un orientamento verso ciò che non è linguaggio. E proprio un siffatto orientamento è ciò che comunemente si chiama riferimento, laddove ciò a cui ci si riferisce è il mondo o l’oggetto che il linguaggio vuole descrivere o trasformare. In questo senso, il riferimento di un discorso non è quindi, come talvolta si dice, la realtà, ma la sua realtà, vale a dire ciò che il discorso sceglie o istituisce come realtà.

Una quantità di problemi particolari sono connessi al riferimento: problemi che rientrano al contempo nella logica, nella linguistica, nell’analisi del discorso, nella filosofia. Ma la loro comune radice va ricondotta allo statuto ambiguo di ciò a cui ci si riferisce, ossia al referente, il quale, per un verso, dev’essere esterno al discorso, e, per un altro verso, è richiamato dal discorso, e perciò in esso iscritto. Se è la mia parola a indicare ciò di cui parla, se è essa a specificare il proprio oggetto, come potrebbe venire smentita da quest’oggetto, che essa si dà da sé? Se tu puoi sapere di che cosa parlo io solamente tramite quel che io ne dico, come può allora ciò di cui parlo differire da ciò che ne dico?

Leggi tutto

Fabrizio Casari: Trump, le vene occluse dell’America

altrenotizie

Trump, le vene occluse dell’America

di Fabrizio Casari

Immigrazione, dazi, Ucraina. A sentire le promesse elettorali di Donald Trump, quello che inizierà il prossimo 10 gennaio è una sorta di rito purificatorio degli Stati Uniti. La serie di misure annunciate dovrebbero mostrare in tempi brevi la ripresa della leadership statunitense nell’economia, nella conduzione politica degli affari globali, nella reiterazione della potenza militare. Un ritorno del dominio imperiale che arresterebbe la caduta in tutti i campi del modello a stelle e strisce. Ma davvero si ritiene che il Make America Great Again sia alla portata di un impero che ha problemi maggiori delle sue risorse? E che possa invertire la rotta in un quadriennio presidenziale?

La destra internazionale incrocia le dita e si prepara a questa riscossa imperiale, ma la mappa del pianeta è decisamente cambiata, anche solo volendo prendere a riferimento il primo mandato del tycoon. Oggi la ricchezza mondiale si trasferisce da Nord verso Sud e verso Est: per lo sviluppo accelerato delle economie emergenti e perché la capacità di interlocuzione degli USA è stata duramente danneggiata dall’uso arrogante delle sanzioni e degli embarghi ai 4 angoli del pianeta.

Strumenti con cui gli Stati Uniti cercano di piegare il quadro internazionale a proprio vantaggio ma che gli si sono ritorti contro, vista la riduzione dell’export verso i paesi sanzionati (che sono 23 e che raccolgono il 76% della popolazione mondiale) e della conseguente domanda di Dollari.

Leggi tutto

Pierluigi Fagan: Benvenuti nell’era complessa

pierluigifagan

Benvenuti nell’era complessa

di Pierluigi Fagan

Il 15 gennaio (o forse il 22 sarò più preciso in seguito) troverete in libreria il mio nuovo libro “Benvenuti nell’Era Complessa” per Diarkos Editore, 570 pagine per 20 euro

La tesi del libro è che siamo entrati in una nuova era storica che sopravviene a quella moderna, come il Moderno sopravenne al Medioevo e questo all’Era Antica. Si propone di chiamare questa era “complessa” secondo la definizione che daremo del termine. Propriamente, saremmo in quella transizione che secondo il Gramsci non è più il prima, ma non è ancora pienamente il dopo, lì dove si manifestano fenomeni che definì “morbosi” (oscuri, contradditori, etc.). Ciò che entra nella nuova era siamo noi, individualmente e socialmente intesi, quindi le nostre società, gli ordini interni ed esterni, i modi sociali (di produzione, di gerarchia, di relazione, di cultura, d relazioni geopolitiche, di atteggiamenti ecologici, di sviluppi tecnologici etc.), nonché le mentalità che qui chiamiamo “immagini di mondo”.

In queste transizioni storiche, ogni società e per società qui intendiamo il nostro comune “veicolo adattivo” ovvero il sistema che usiamo tutti per garantirci miglior adattamento a mondo ed ai tempi, va ad un vaglio di adeguatezza. Ci va per forza perché ogni società e mentalità riflessa si sono forgiate nel tempo del passato in cui la realtà era diversa. Il libro allora è una indagine per verificare le nostre società e riflesse mentalità alla luce di questo problema dell’adattamento ai nuovi tempi.

Leggi tutto

Fulvio Grimaldi: Ragioni di una beatificazione

mondocane

Ragioni di una beatificazione

Santo demonio Carter, o l’inizio della fine

di Fulvio Grimaldi

Santificare Jimmy Carter, presidente degli USA dal 1977 al 1981, successore di Kennedy, Johnson, Nixon e Ford e predecessore di una serie di presidenti felloni, Reagan, Bush Sr, Clinton, Bush Jr, Obama, Trump con la catastrofe finale Biden, tutti sostanzialmente neocon, ai quali proprio il compianto “sostenitore dei diritti umani” ha dato l’abbrivio?

Con Gerald Ford, un quoziente d’intelligenza dalle misure anoressiche aveva impedito che la malvagità congenita e poi rampante dell’imperialismo dalla vocazione globale e assolutista facesse eccessivi danni al resto dell’umanità. E’ invece proprio con Carter che i soggetti e i meccanismi del vero potere producono esecutori dalle spiccate doti dissimulatorie, grazie alle quali l’intrinseca e necessaria nequizia e spietatezza del Sistema di dominio e predazione si rappresenta in veste persuasiva.

Vi sono figure che sembrerebbero fare eccezione alla regola delle “spiccate doti”, poiché con ogni evidenza cretini. Il pensiero corre al Bush minore, o al tardo Biden. Ma, nel primo caso, chi andrebbe preso in considerazione come operativo e suonatore è piuttosto il vice, Dick Cheney, sostenuto da una specie di presidenza collettiva della conventicola neocon; nel secondo, a confermare la regola c’è un attivissimo sacerdote del culto della morte praticato ai vertici USA, offuscato solo da una precoce senilità nella parte finale del suo mandato.

Leggi tutto

Stefano Bocconetti: Distopia europea

manifesto

Distopia europea

di Stefano Bocconetti

Il Consiglio europeo di giustizia e affari interni ha apprezzato la proposta del comitato Going Dark: inserire una backdoor in tutti i device digitali, per spiare chiunque in piena libertà

La distopia in 24 paragrafi. Per disegnare un’Europa che non avrà alcun limite ai controlli. Mail, telefonate, chat. Tutto passato al setaccio. Che non avrà alcun limite alla sorveglianza delle polizie. Un’Europa che fa saltare qualsiasi dispositivo a tutela della privacy. Dove gli agenti ungheresi potrebbero chiedere informazioni e dati su chiunque. Sugli amici di Ilaria Salis, per esempio. Una distopia raccontata in un pamphlet scritto e presentato pochi giorni fa da “esperti” e funzionari delle polizie. Un progetto allarmante, dunque, che sarebbe da solo una notizia. Ma c’è di più e di peggio: quel documento è stato già «apprezzato», poco tempo fa, dal Consiglio europeo di giustizia e affari Interni, che raggruppa i ministri di tutti i Paesi del vecchio continente. A loro piace, al punto che chiedono al nuovo parlamento di Bruxelles di tradurlo presto in «misure operative». Vorrebbero norme ricalcate su quella distopia.

Ma forse è meglio andare con ordine. Tutto comincia nell’estate del 2023, quando l’Europa decide di dar vita ad un «comitato ristretto» – burocraticamente si chiamano High-level group, in acronimo Hlg – che dovrebbe essere composto da personalità autorevoli, col compito di disegnare linee guida che poi dovrebbero essere trasformate in norme. Il gruppo del quale parliamo è chiamato da tutti Going Dark, silenzio radio. Nasce su pressione di Ulf Kristersson, leader della destra svedese, all’epoca alla guida del Consiglio Ue.

Leggi tutto

Algamica: Una spinosissima questione teorica, politica e pratica

sinistra

Una spinosissima questione teorica, politica e pratica

di Algamica*

algamica Una spinosissima questione teorica vFinale html f0e084e8f0439686.jpgForse è opportuno prendere di petto una questione teorica, politica e pratica che ci trasciniamo da circa due secoli, fra quanti si sono richiamati, in un modo o nell’altro, agli ideali del socialismo e del comunismo. E lo facciamo partendo da un fatto: le drammatiche difficoltà della causa palestinese in questa fase di fronte al genocidio che sta subendo a opera dello Stato sionista di Israele che agisce in proprio e in nome e per conto dell’insieme degli interessi dell’Occidente. E ancora più nello specifico riprendendo uno scritto del 24 dicembre di un militante palestinese di Birzeit, Omar Abdaljawad1 circa la questione dell’agire politico tra fazioni del popolo palestinese.

Cerchiamo di essere ancora più chiari: nella storia del movimento socialista e comunista è tradizione consolidata il metodo della polemica e delle invettive non solo contro i «nemici di classe», ma anche nei confronti dei più prossimi compagni dello stesso percorso teorico politico. A riguardo c’è tutta una letteratura partendo dai grandi padri fino ai più umili e ultimi militanti, dove l’ardore per la polemica molto spesso prende il posto delle argomentazioni, sfuggendo, in questo modo, alla necessità di affrontare le cause in questione per rifugiarsi nella responsabilità di individui e o gruppi dirigenti di partiti, sindacati, e così via.

Dunque non una questione teorico-filosofica fra le volte dell’astrazione, ma cerchiamo di parlare dei fatti nella loro concretezza.

In questo periodo viene proiettato in tutte le sale cinematografiche un film su Enrico Berlinguer, un’operazione politica, per così dire di “alto” profilo, il cui sottofondo propagandistico vuole essere la tesi del “grande” leader di aver fatto una giravolta sulla questione della Nato dicendo di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello a direzione Usa. Era il lontano 1976, circa 50 anni fa, ma si sa che quando il presente è poco luminoso ci si appella alle anime nell’al di là. Basta pensare che la figlia, la signora Bianca è passata alle reti della Fininvest dell’odiata famiglia Berlusconi.

Leggi tutto

Sandro Moiso: Il nuovo disordine mondiale / 27

carmilla

Il nuovo disordine mondiale / 27

Crisi europea, guerra, riformismo nazionalista e critica radicale dell’utopia capitale

di Sandro Moiso

crisi europa 1.jpg“Vorrei solo riuscire a comprendere come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data” (Etienne De La Boétie. Discorso sulla servitù volontaria, 1548-1552)

E’ davvero straordinario come l’attenzione alle trasformazioni reali del mondo e dei rapporti economici e sociali che le sottendono finisca col nascondere troppo spesso il fatto che anche il capitalismo non è altro che il frutto di un’utopia. Dimenticando così che, come tutte le utopie, anche quella attualmente ancora predominante può essere negata e rovesciata nel suo contrario.

Un’utopia che, per quanto “concreta” e già interagente nella Storia, ha, come qualsiasi altra, la necessità di delineare dei piani e delle prospettive di perfezionamento e realizzazione del proprio sogno di un mondo ideale. In cui, però, la perfezione corrisponde alla massimizzazione dei profitti e dello sfruttamento della forza lavoro a favore dell’appropriazione privata della ricchezza socialmente prodotta da parte di pochi.

Per questo motivo, per giungere alla critica radicale di quella che Giorgio Cesarano1 definiva l’”Utopia capitale”, è sempre utile leggere e interpretare le voci dei suoi difensori, motivo per cui può rendersi necessaria la lettura di un articolo di Matthew Karnitschnig, Europe’s Economic Apocalypse, pubblicato su «Politico» a fine dicembre.

Karnitschnig è un giornalista che ha lavorato come redattore per Bloomberg, Reuters e Business Week, per poi trasferirsi al «Wall Street Journal» e diventare in seguito capo dell’ufficio tedesco dello stesso quotidiano finanziario, con sede a Berlino. Con il lancio della filiale europea del portale statunitense «Politico» con il gruppo Axel Springer nel 2015, è diventato capo dell’ufficio tedesco di Politico.eu. Per precisione è qui giusto ricordare che «Politico» è un quotidiano statunitense fondato negli Stati Uniti nel 2007, diventato in breve tempo uno dei media più importanti della politica di Washington e successivamente acquisito nel 2021 dalla Axel Springer Verlag.

Leggi tutto

Davide Carrozza: Il Paradosso della Inclusione Linguistica

cassettiaperti.png

Il Paradosso della Inclusione Linguistica

di Davide Carrozza

whatsapp image 2025 01 02 at
00.30.09.jpegÈ difficile parlare di un tema così divisivo e spiegare il perché del mio rifiuto di ə asterischi e compagnia cantante, senza per questo avere il timore di essere tacciato di poca inclusione e/o di intolleranza. Dopo le serie sul “caso del caso Moro” e delle avventure nella Gallipoli degli anni ’90, saltando volutamente di palo in frasca sento ormai il bisogno di affrontare il tema, nonostante sia trito e ritrito e più volte rigirato in mille salse. Spero comunque di contribuire alla discussione in maniera proficua.

 

L’inclusione

È già il concetto stesso di inclusione che mi mette in difficoltà perché presuppone qualcuno che include e qualcuno che viene incluso, qualcuno che da normale allarga le braccia e qualcuno che divergente dalla normalità si lascia abbracciare e viene accettato nel meraviglioso mondo della massa, che orrore. L’inclusione ha per me lo stesso senso del cielo blu e del sole che sorge ogni mattina, qualcosa di naturale che avviene a prescindere, badate bene che avviene non che dovrebbe avvenire. Ora penserete…esistono molti atteggiamenti in molti ambienti poco inclusivi e discriminatori, ne è piena zeppa la storia dell’umanità e oggi si continua a discriminare ANCHE su base gender, sicuramente è così. Più che altro però tali atteggiamenti (che tuttavia anche io mio malgrado ho testimoniato) più che poco inclusivi sarebbe più appropriato definirli autoescludenti. Vale a dire, in qualsiasi realtà scolastica, lavorativa, sociale che si ponga in un’ottica di ovvia inclusione reciproca in cui tutti includono tutti indistintamente perché tutti appartenenti al genere umano, chi discrimina si autoesclude. Possiamo e sicuramente dobbiamo puntare il dito, se necessario denunciare e sanzionare tali atteggiamenti ma è bene tenere a mente che ciò contribuirà per una percentuale irrisoria a ché tale atteggiamento non si ripeta. Sono convinto che ogni tipo di discriminazione provenga fondamentalmente da una condizione della mente (e quindi dell’anima) di poca o mancata evoluzione.

Leggi tutto

Patrizia Cecconi: Grazie Cecilia Sala

lantidiplomatico

Grazie Cecilia Sala

di Patrizia Cecconi

Verso la fine del 1800 il filosofo e sociologo tedesco W.M. Wundt parlò di eterogenesi dei fini come effetto di azioni umane che divergono dai fini originari producendo risultati diversi da quelli prefissati, creando di conseguenza nuove motivazioni e divenendo quindi mezzi per il raggiungimento di altri fini. Con un pizzico di italica fierezza ricordo che molto prima di Wundt anche i nostri Machiavelli e Vico avevano affrontato lo stesso argomento e come loro altri filosofi, politici, storici. Ma senza volare troppo in alto fermiamoci a quanto avvenuto in questi giorni, cioè l’arresto – per servile obbedienza agli USA – dell’ingegner Mohammad Abedini reo di nulla in Italia, e il successivo arresto a Teheran di Cecilia Sala, la giornalista che, suo malgrado, e proprio per la citata eterogenesi dei fini vogliamo ringraziare e ne spiegheremo il perché nelle prossime righe.

A chi ha scritto “se l’è andata a cercare” ricordiamo che affermazioni del genere sono degne di giornali come Libero o Il Foglio (per il quale la stessa Sala scrive) o il Giornale, i quali sono soliti esternare ignobili giudizi alternandoli a fragorosi silenzi di fronte a giornalisti imprigionati per il loro servizio di diffusione di scomode verità (pensiamo ad Assange) o catturati mentre svolgevano il loro lavoro di reporter non embedded (come Giuliana Sgrena o Enzo Baldoni) o semplicemente assassinati intenzionalmente come usa fare lo Stato illegale di Israele che solo nell’ultimo anno ne ha uccisi più di 200 di reporter soltanto a Gaza.

Leggi tutto

Stefano Zecchinelli: L’iraniano Abedini ha rischiato la vita nel carcere di Rossano Calabro, la Guantanamo italiana

linterferenza

L’iraniano Abedini ha rischiato la vita nel carcere di Rossano Calabro, la Guantanamo italiana

di Stefano Zecchinelli

Il sistema penitenziario italiano, con i terroristi qaedisti, gli stragisti neri e la ‘ndrangheta serviti e riveriti, è uno strumento nelle mani della CIA?

L’Italia è una nazione cobelligerante, suddita degli USA, nella guerra multidimensionale contro la Federazione Russa e la Repubblica Islamica dell’Iran. L’arresto di Cecilia Sala, al di là della violazione delle leggi islamiche (a Teheran, le giovani appartenenti alla borghesia metropolitana indossano raramente l’hijab), è una risposta di Teheran all’arresto illegittimo di Abedini, “trattato come una bestia” nella Guantanamo italiana, il carcere di Rossano Calabro.

C’è una questione di legittimità internazionale da chiarire: i Guardiani della Rivoluzione vengono considerati una “organizzazione terroristica” dagli Stati Uniti, ma non dall’Italia. In realtà, i Pasdaran sono una milizia d’élite dell’esercito iraniano che rispondono direttamente al Grande Ayatollah Khamenei; il loro obiettivo è quello di difendere gli sciiti dal terrorismo wahabita-sunnita. Come diversi analisti sanno, Al Qaeda e Daesh sono un “esercito segreto” della CIA contro lo sciismo ed i governi pluralisti d’orientamento baathista (Iraq prima e la Siria di recente). Roma, violando la legge italiana (prima di tutto la Costituzione repubblicana), ha arrestato Abedini chiedendogli di provare la propria innocenza, l’onere probatorio invertito, una mostruosità giuridica tutta statunitense.

Leggi tutto

G.P.: La nostra dittatura

conflitti e strategie 2

La nostra dittatura

di G.P.

L’Occidente ha bisogno di un riorientamento gestaltico, come direbbero certi filosofi, più precisamente di guardarsi diversamente da come fa adesso perché si percepisce ciò che non è. A causa dei suoi intellettuali allevati in batterie di pensiero sempre più scadenti e di una casta dell’informazione supina ai poteri dominanti, non siamo più in grado di capire chi siamo. Abbiamo superato quei limiti che consentono un minimo di equilibrio tra come ce la raccontiamo e come è nella realtà. Partiamo da un presupposto necessario. Non siamo migliori degli altri ma possiamo essere sicuramente molto peggio. E nei fatti lo siamo quando non tolleriamo in chi ci sta di fronte proprio quei leggeri difetti che sono la nostra cifra, attuale e passata. Ci narriamo storie come vogliamo ma non consentiamo che la controparte faccia altrettanto, peraltro con molta meno enfasi. Così siamo diventati incapaci di cogliere quella ineliminabile contraddizione che è il motore della storia. Accusiamo chiunque non sia nella nostra orbita di fare propaganda fingendo di non comprendere che questo è il nostro modo specifico di fare propaganda. Così la verità è diventata la nostra fonte di manipolazione. Addebitiamo a chi ci combatte, spesso con tante ragioni, di portare il terrore in giro per il mondo ma questo è il nostro modo di terrorizzare tutti. Incolpiamo gli altri paesi di non rispettare i diritti umani ma questa è la nostra maniera di violarli tutti esportandoli a suon di bombe.

Leggi tutto

Palestine Chronicle: Israele subisce perdite senza precedenti nella guerra in corso contro Gaza e Libano

contropiano2

Israele subisce perdite senza precedenti nella guerra in corso contro Gaza e Libano

di Palestine Chronicle*

Mentre la guerra contro Gaza e il Libano si protrae verso il 15° mese, Israele affronta una crisi non solo sul fronte di guerra, ma anche all’interno dei suoi confini, hanno scritto Muhammad Dawood Al-Ali e Muhammad Watad sul sito web arabo Al-Jazeera.

Nel loro rapporto, gli autori hanno citato i dati dell’Autorità Israeliana per gli Alloggi e l’Immigrazione, secondo cui 600.000 israeliani hanno lasciato il paese dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023, segnando la più grande ondata di emigrazione dalla fondazione di Israele nel 1948.

Le ragioni di questa partenza di massa, sostengono, sono molteplici. Il conflitto militare in corso, l’instabilità economica e le crescenti preoccupazioni per la sicurezza hanno spinto molti, in particolare i professionisti e gli accademici, a trasferirsi all’estero.

Paesi come il Canada e diversi paesi dell’Europa dell’Est sono diventati destinazioni preferite, con il Canada che ha registrato un aumento del 500% dei visti di lavoro temporanei concessi agli israeliani rispetto all’anno precedente.

I ricercatori e gli scienziati, in particolare, sono stati tra i gruppi più numerosi che hanno cercato rifugio all’estero, poiché molti ritengono che l’instabile situazione di sicurezza e l’incertezza economica di Israele rendano impossibile realizzare le loro ambizioni professionali.

Leggi tutto

 

Sharing - Condividi