Comunicato CC 01/2025 – 11 gennaio 2025
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Il “piano Italia” di Stellantis: non c’è l’arrosto ed è poco anche il fumo
Nella conferenza stampa del 9 gennaio Giorgia Meloni si è dichiarata “soddisfatta dell’intesa raggiunta” riferendosi al “piano Italia” illustrato il 17 dicembre dal responsabile Stellantis per l’Europa Jean-Philippe Imparato e salutato con enfasi dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo D’Urso a braccetto con la FIM CISL. È l’ennesima pantomima che si ripete da 20 anni a questa parte: il manager di turno si prodiga in rassicurazioni sul mantenimento della produzione e dei livelli occupazionali in Italia, il governo di turno applaude, i media di regime incensano, una parte dei sindacati esulta e l’altra dice che vuole vedere i fatti. È successo con Sergio Marchionne (2004-2018), poi con Mike Manley (2018-2021) e dopo ancora con Carlos Tavares (2021-2024): cambiano i manager e i governi, ma il copione resta lo stesso. L’unica differenza è che con le loro promesse sulle sorti magnifiche e progressive delle fabbriche italiane Marchionne, Manley e Tavares avevano fatto “tanto fumo e niente arrosto”, questa volta invece è poco anche il fumo: Imparato si è limitato a vaghe promesse sulla centralità dell’Italia, su nuove produzioni e investimenti a partire dal 2026.
I piani industriali di Stellantis e la politica industriale del governo Meloni? Stiamo freschi!
Subito dopo l’incontro con Imparato e D’Urso al MIMIT, il segretario FIOM Michele De Palma e il responsabile mobilità FIOM Samuele Lodi hanno dichiarato che il 17 dicembre Stellantis ha presentato un primo “piano di ripartenza [perché] a pochi giorni dalle dimissioni dell’amministratore delegato era impensabile avere un vero piano industriale”, quindi la FIOM continuerà a mobilitarsi a questo fine verso l’azienda e verso il governo. Se il futuro di Stellantis, delle altre fabbriche del gruppo Agnelli-Elkann e dell’indotto dipendesse dai piani industriali e dalla politica industriale che la FIOM (così come buona parte del sindacalismo alternativo e di base) persiste a chiedere a Stellantis e al governo Meloni, il risultato sarebbe presto detto: addio produzione di autoveicoli e componenti nel nostro paese. Per capire quale sarà il piano industriale di Stellantis serve aspettare che il manager di turno lo illustri? E se anche lo illustrasse, sarebbe credibile? La risposta è in quello che gli Agnelli-Elkann hanno fatto da Marchionne in qua passando per Manley e Tavares.
L’operazione FCA (fusione FIAT-Chrysler) e quella Stellantis (“fusione” FCA-Peugeot) sono state altrettante tappe dell’abbandono da parte del gruppo Agnelli-Elkann della produzione di autoveicoli in Italia per trasferirla in altri paesi dove può sfruttare con meno vincoli i lavoratori e l’ambiente e per ampliare la sua attività nel campo della speculazione finanziaria mondiale, che ai fini della valorizzazione dei suoi capitali è più redditizia e meno impegnativa della produzione di autoveicoli. Questo processo è in corso da 20 anni e ha comportato chiusura di stabilimenti, delocalizzazione all’estero della produzione, mancanza di investimenti per la produzione di autoveicoli ecocompatibili, abuso della cassa-integrazione e dei contratti di solidarietà, ecc. Non è il frutto di una sfortunata congiuntura economica né del passaggio all’elettrico, bensì l’esito di un progetto perseguito con determinazione e con la collaborazione di tutti i governi delle Larghe Intese che si sono succeduti (di centro-destra o centro-sinistra che fossero) e che sta avendo come esito l’espropriazione da parte di gruppi capitalisti stranieri delle capacità produttive di autoveicoli e di componentistica del nostro paese e che per i lavoratori si traduce in licenziamenti, più precarietà, salari più bassi, condizioni peggiori e meno diritti.
Non vale solo per FIAT-FCA-Stellantis né dipende dalle intenzioni dell’amministratore delegato di turno. Anche se con forme e parole diverse, la stessa situazione si ripete in decine, centinaia e migliaia di aziende. Nella speculazione finanziaria i capitali si valorizzano più che nella produzione di beni e servizi. E quei capitali che si valorizzano nella produzione di beni e servizi trovano nel mondo paesi dove i diritti e i salari dei lavoratori sono minori, le misure a protezione della sicurezza e dell’ambiente più scadenti, minori le conquiste residue tra quelle che le masse popolari avevano strappato alla borghesia imperialista durante la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria, minori le imposte, gli oneri finanziari e le rendite a carico dei capitalisti che investono nella produzione di beni e servizi, maggiore la protezione che ricevono dalle autorità del paese: in breve ci sono paesi dove i capitalisti possono fare il bello e il cattivo tempo più che in Italia, per i capitalisti i lavoratori in Italia non sono ancora ridotti abbastanza male.
Quindi finché i capitalisti dettano legge, la liquidazione della produzione industriale nel nostro paese non potrà che proseguire, dosata con l’eliminazione delle conquiste strappate in passato e con ammortizzatori sociali, cassa integrazione, prepensionamento e altre soluzioni analoghe per attutire il colpo agli operai che lavorano nelle aziende destinate a chiudere.
Quali che siano le motivazioni che caso per caso i capitalisti, le loro autorità e i sindacati complici adducono, questa è la fonte comune di ogni chiusura, delocalizzazione, riduzione di aziende che producono beni e servizi. E qui sta anche la fonte del malandare generale della nostra società: dalla disoccupazione all’inquinamento, dalla miseria all’ignoranza fino alla distruzione della Terra su cui viviamo.
Il futuro di Stellantis, delle altre fabbriche del gruppo degli Agnelli-Elkann e dell’indotto è in mano agli operai e ai sindacati combattivi
Lo smantellamento della produzione di autoveicoli in Italia coinvolge direttamente non solo gli operai di Stellantis, ma anche quelli delle altre aziende che fanno capo al gruppo Agnelli-Elkann (Iveco, CNHi, Maserati, Ferrari), delle aziende che producono componenti per auto (come era la GKN chiusa nel 2021 dal fondo inglese Melrose, come la Magneti Marelli venduta nel 2018 da FCA al fondo statunitense Kkr, come la Comau venduta nel 2024 da Stellantis al fondo statunitense Oep), delle aziende che forniscono servizi (pulizia, mensa, trasporto, ecc.) negli stabilimenti del gruppo, delle aziende che si occupano della distribuzione e dei servizi ai clienti (concessionarie, punti assistenza e officine). Anche considerando solo le fabbriche del gruppo Agnelli-Elkann e quelle che producono componenti, in Italia sono ancora più di 200.000 operai.
Organizzati, mobilitati e coordinati tra loro, gli operai Stellantis, delle altre fabbriche del gruppo Agnelli-Elkann e delle aziende dell’indotto possono mandare all’aria il progetto Stellantis di smantellare la produzione di veicoli nel nostro paese. Il primo e indispensabile passo è organizzarsi da subito in ogni azienda:
– coalizzare in un comitato gli operai combattivi che ci sono in ogni azienda non solo tra i dipendenti diretti, ma anche tra quelli delle aziende interne (i lavoratori della mensa, delle pulizie, i carrellisti e il portierato),
– partire dall’appartenenza di classe, non dalla tessera sindacale che hanno in tasca né dalla posizione politica,
– usare tutte le possibilità previste dallo Statuto dei lavoratori, dagli accordi sindacali, ecc. ma senza fermarsi a queste,
– incontrarsi dentro l’azienda (usando le assemblee e i permessi sindacali garantiti da contratti nazionali e accordi interni) e fuori dall’azienda (riunioni dell’organizzazione operaia e di gruppi di lavoratori, assemblee e presidi all’esterno dell’azienda) anche nei periodi in cui non sono già in corso lotte particolari: agire in autonomia e fuori dalle regole imposte da padroni e sindacati complici,
– avvalersi degli insegnamenti e dell’esperienza degli operai che hanno fatto parte dei Consigli di Fabbrica degli anni ’70,
– creare una struttura (RSU, Collettivo di Fabbrica, Assemblea) che non segue le imposizioni e le regole dettate dagli accordi tra Confindustria, governi e CGIL-CISL-UIL (a partire dal Testo Unico sulla Rappresentanza sindacale del 10.01.2014 e altri accordi della politica di “concertazione” avviata 40 anni fa), ma è una struttura che permette di costruire e curare il legame con il grosso degli operai dell’azienda,
– costruire una rete attraverso cui il comitato operaio ha il quadro della situazione di ogni reparto e arriva in ogni reparto,
– accompagnare l’azione del comitato operaio dentro la fabbrica all’azione fuori dalla fabbrica, per creare e rafforzare il legame con organismi e movimenti popolari della zona e con altri collettivi operai, usando i canali sindacali, ma non solo.
Per gli operai organizzati, per la sinistra FIOM e CGIL e i sindacati alternativi e di base si tratta di darsi un piano di lotta adeguato alla situazione. Non basta opporre al governo Meloni uno sciopero generale o presentare una lista con un programma più di sinistra alle elezioni. Si tratta di impostare una campagna
– di mobilitazione dei cassintegrati, disoccupati e lavoratori in mobilità,
– di organizzazione e mobilitazione dei familiari degli operai (vedasi le “mogli di Pomigliano” organizzate dallo Slai Cobas),
– di assedio dei tavoli farsa del governo Meloni come hanno fatto gli operai Trasnova,
– di non pagamento di tasse, mutui, bollette, ecc. da parte dei lavoratori costretti a campare di cassa integrazione,
– di spese proletarie e altre iniziative che soddisfano direttamente i bisogni della parte più povera delle masse popolari,
– di scioperi al contrario e di scioperi in quegli stabilimenti dove gli Agnelli-Elkann hanno interesse che la produzione funzioni a pieno ritmo,
– di assemblee in tutti gli stabilimenti e di mobilitazioni che coinvolgano tutti i lavoratori del gruppo e non solo quelli dello stabilimento di volta in volta sotto attacco,
– di lotta per il rientro delle aziende che fanno capo al gruppo Agnelli-Elkann nel CCNL dei metalmeccanici,
– di trasformare le aziende, le scuole, le Camere del Lavoro, le sedi associative e le Amministrazioni Locali in centri di mobilitazione e di organizzazione: il tutto nella forma più organizzata di cui siamo capaci e, soprattutto, mirato a rendere il paese ingovernabile a qualsiasi governo emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia e a costituire un governo d’emergenza.
Anche solo la lotta contro lo smantellamento di Stellantis, delle altre aziende del gruppo Agnelli-Elkann e dell’indotto infatti pone apertamente il problema del governo del paese e della gestione secondo un piano d’insieme di tutta l’attività economica del paese. Non è in gioco la chiusura di un singolo stabilimento, ma tutta la produzione di veicoli e componenti. Bisogna impedire la chiusura, la delocalizzazione o la riduzione delle tante aziende a rischio o già avviate alla morte lenta, dalla siderurgia all’elettrodomestico, alle telecomunicazioni. Bisogna rimettere in funzione quelle che i padroni hanno già chiuso, di assegnare compiti ben definiti a ogni azienda. Bisogna rimettere in piedi un servizio sanitario pubblico e di qualità, la scuola e gli altri servizi pubblici. Bisogna mettere in sicurezza il nostro paese dal dissesto idrogeologico e rimediare al disastro ambientale, sul serio e non con le chiacchiere. Bisogna spezzare le catene dell’austerità UE, porre fine alla sudditanza del nostro paese agli imperialisti USA-NATO e alla complicità con i sionisti di Israele che ci hanno trascinati nella Terza guerra mondiale.
È evidente che per fare tutto questo ci vuole un governo e che non è quello Meloni né un eventuale governo PD a guida Schlein. Ci vuole un governo di emergenza popolare che prende in mano l’apparato produttivo del nostro paese e lo riorganizza per produrre i beni e servizi necessari alla vita, alla difesa dalle aggressioni e alle relazioni di solidarietà, collaborazione e scambio con le masse popolari degli altri paesi: vieta la vendita di aziende ai gruppi industriali esteri e ai fondi di investimento, impedisce lo smembramento delle aziende, la riduzione del personale, la loro chiusura e delocalizzazione, impone a ogni azienda che opera in territorio italiano di sottoporre a un vero Ministero dello Sviluppo Economico i propri piani industriali per ottenere il benestare dal punto di vista della qualità dei prodotti, dell’occupazione e dell’impatto ambientale. In sintesi, un governo che attua una via realistica, alternativa a quella degli Agnelli-Elkann, di tutti i loro complici delle Larghe Intese e della borghesia imperialista italiana, per iniziare a risalire la china e che è in grado di realizzarla grazie alle organizzazioni operaie e popolari.
Non sono i padroni e i loro governi a essere forti. Siamo noi che dobbiamo mobilitarci e organizzarci su scala più grande e darci una linea giusta. Dobbiamo combinare proteste e mobilitazione contro il progetto Stellantis con la mobilitazione per cacciare il governo Meloni e costituire un governo di emergenza popolare!
Organizzati, con una linea giusta e un piano di guerra possiamo combattere e vincere ogni battaglia, superare ogni sconfitta e unirci fino a instaurare un governo d’emergenza dei lavoratori avanzati e organizzati, il Governo di Blocco Popolare, un passo verso l’estromissione dei padroni, l’abolizione del loro potere e l’instaurazione del socialismo!
Per la società attuale non c’è altro futuro che il socialismo: le aziende che producono beni e servizi in mano pubblica e gestite secondo un piano per produrre i beni e servizi necessari alla popolazione e alle relazioni di solidarietà, cooperazione e scambio con gli altri paesi; il potere nelle mani di uno Stato formato dagli operai e dagli altri lavoratori organizzati e capace di far fronte all’aggressione della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei; tutte le risorse di cui la società dispone dedicate alla formazione delle nuove generazioni e a promuovere la partecipazione della massa della popolazione alle attività specificamente umane, politiche e culturali, da cui da sempre le classi dominanti escludono sistematicamente gran parte della popolazione.
Sta a noi comunisti mobilitare le masse popolari contro ognuna delle malefatte dei capitalisti e organizzarle perché si uniscano e costruiscano un proprio governo di emergenza!
Ai comunisti il compito di elevare il livello della mobilitazione e organizzazione delle masse popolari, di far avanzare la rivoluzione che farà dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuirà alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato in tutto il mondo!
Per questo lotta il (nuovo)Partito Comunista Italiano: che tutti coloro che condividono il compito che ci siamo assunti, si arruolino!