Giuseppe Salamone – 13/12/2025
https://giuseppesalamone.substack.com/p/dopo-15-mesi-di-genocidio-e-centinaia
Il Qatar ha consegnato a Israele e Hamas una bozza definitiva di un accordo di cessate il fuoco e di rilascio dei prigionieri, in un disperato tentativo di porre fine alla guerra a Gaza. La svolta nei negoziati, avvenuta a Doha, ha visto il coinvolgimento di alti funzionari israeliani e americani, tra cui il capo del Mossad, David Barnea, e Brett McGurk, consigliere del presidente Joe Biden per il Medio Oriente. Tuttavia, questa iniziativa giunge dopo oltre 14 mesi di conflitto brutale e sembra essere più una mossa politica che un reale tentativo di porre fine alle sofferenze dei palestinesi.
La tardiva pressione degli Stati Uniti: complicità e ipocrisia
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha finalmente esortato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco, ma solo dopo che la guerra a Gaza ha raggiunto livelli genocidi mai visti prima, come denunciato dalle Nazioni Unite e da organizzazioni come Amnesty International. Per oltre un anno, gli Stati Uniti hanno garantito allo stato terrorista di Israele un supporto totale, inviando 30 miliardi di dollari in aiuti militari dal 7 ottobre e bloccando ogni iniziativa internazionale che mirasse a fermare il massacro.
Non solo: l’amministrazione Biden a braccetto con i Repubblicani di Donald Trump ha anche approvato leggi che permettono di sanzionare la Corte Penale Internazionale per aver osato emettere mandati di arresto contro il primo ministro e criminale di guerra Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant, accusati di crimini di guerra. Invece di promuovere giustizia, Washington ha scelto di proteggere gli autori delle atrocità, mentre a Gaza i bombardamenti israeliani continuano a uccidere migliaia di civili innocenti. La tardiva pressione americana su Israele per accettare il cessate il fuoco appare quindi ipocrita e opportunistica, dettata più dalla necessità politica che da una reale volontà di porre fine alle sofferenze dei palestinesi.
Un bilancio devastante per Gaza
I numeri parlano di un vero e proprio genocidio. Secondo le Nazioni Unite, l’offensiva israeliana ha ucciso oltre 46.000 palestinesi, tra cui una maggioranza di donne e bambini, e costretto più del 90% della popolazione di Gaza ad abbandonare le proprie case. Ma la cifra è impossibile da stimare perché Israele non consente l’accesso a Gaza. Molto probabilmente bisogna parlare di centinaia di migliaia di persone ammazzate! Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani hanno documentato violazioni sistematiche del diritto internazionale da parte di Israele, che ha trasformato Gaza in un inferno assediato. Eppure, nonostante le denunce globali, Israele ha continuato la sua campagna di distruzione con il sostegno attivo degli Stati Uniti. Il bombardamento incessante e il blocco totale dell’enclave hanno privato i palestinesi non solo delle loro case, ma anche della speranza di un futuro dignitoso.
Un passo verso la pace o una tregua temporanea?
Sebbene la bozza di accordo negoziata a Doha rappresenti una possibilità per fermare il bagno di sangue, resta il dubbio che si tratti solo di una tregua temporanea, priva di soluzioni reali per affrontare le radici del conflitto. La comunità internazionale, e in particolare gli Stati Uniti, devono assumersi la responsabilità di non aver agito prima e di aver armato Israele per perpetrare violenze che hanno devastato il popolo palestinese. Un vero processo di pace richiederà non solo la fine delle ostilità, ma anche giustizia per le vittime, responsabilità per i crimini di guerra e il riconoscimento del diritto dei palestinesi a vivere liberi e in sicurezza nella loro terra. Senza un cambiamento radicale nella politica americana e internazionale, la bozza di Doha rischia di essere solo un cerotto su una ferita che continua a sanguinare.