Rassegna 12/01/2025
Thomas Fazi: Trump fermerà la guerra in Ucraina?
Trump fermerà la guerra in Ucraina?
di Thomas Fazi*
L’imminente ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha radicalmente modificato il dibattito sulla guerra in Ucraina. Dopo aver insistito per anni su una vittoria militare ucraina a ogni costo, l’establishment politico e mediatico occidentale sembra riconoscere a malincuore che questa guerra può terminare solo attraverso i negoziati o il collasso dell’Ucraina sotto la pressione di uomini e risorse esaurite. Dato che la probabilità di quest’ultimo scenario sta diventando sempre più evidente — nonostante l’ultimo pacchetto di aiuti annunciato lunedì dall’amministrazione uscente di Biden — non sorprende che persino il New York Times, di solito falco, abbia recentemente concluso che “è tempo di pianificare la fase postbellica”.
Putin ha manifestato la sua disponibilità a incontrare Trump per discutere un accordo di pace, mentre il presidente eletto ha recentemente ribadito che “dobbiamo porre fine a questa guerra”. Dopo aver incontrato Zelenskyy a Parigi durante la riapertura della Cattedrale di Notre Dame, Trump ha chiesto un “cessate il fuoco immediato”. In un cambiamento notevole, lo stesso Zelenskyy ha recentemente riconosciuto che l’Ucraina non può recuperare i territori perduti con mezzi militari e ha persino suggerito che sarebbe disposto a cedere il territorio in cambio della protezione della NATO.
Il solo fatto che i negoziati siano ora sul tavolo è uno sviluppo positivo in una guerra che ha già causato un immenso spargimento di sangue e innescato tettonici cambiamenti economici e geopolitici. Tuttavia, nonostante le audaci affermazioni fatte durante la campagna elettorale, secondo cui avrebbe posto fine alla guerra “in 24 ore”, la risoluzione del conflitto si rivelerà probabilmente molto impegnativa — come ora ammette lo stesso Trump.
L’ostacolo principale è che l’incessante spinta dell’Occidente verso un’impossibile vittoria ucraina contro un avversario molto più forte ha rafforzato la mano della Russia. Rifiutando le precedenti opportunità di negoziazione — quando l’Ucraina era in una posizione più forte — i leader occidentali hanno permesso alla Russia di consolidare le sue conquiste militari, lasciando a Putin pochi incentivi per scendere a compromessi.
John Bellamy Foster: Braverman, il capitale monopolistico e l’IA: il lavoratore complessivo e la riunificazione del lavoro
Braverman, il capitale monopolistico e l’IA: il lavoratore complessivo e la riunificazione del lavoro
di John Bellamy Foster
Nota Redazionale. Questo testo è stato originariamente pubblicato su Monthly Review dal direttore John Bellamy Foster nel dicembre 2024. E’ stato poi ripubblicato, tradotto in italiano da Antropocene.org. Lo riprendiamo in quanto rientra nel dibattito centrale sull’introduzione delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro, con particolare riferimento al dibattito sull’intelligenza artificiale. Riprendendo un vecchio testo di Braverman, Bellamy Foster mette in evidenza come l’introduzione della tecnologia informatica nel lavoro sia il compimento di un lavoro che il capitalismo ha introdotto fin dall’inizio del suo percorso attraverso il meccanismo della divisione del lavoro.
In tal senso, il capitalismo ha introdotto la scienza al servizio della produzione con l’unico scopo di produrre di più e a minore costo, aumentando il profitto. In perfetta concordanza con gli obiettivi descritti nel Capitale di Marx. Ovviamente, tale scelta, ha portato in dono alcuni elementi fondamentali tra cui l’aumento dei beni prodotti.
Contemporaneamente, il compimento di questo lavoro ha portato a livelli sempre maggiori di alienazione nei lavoratori.
Di particolare interesse, nell’analisi qui sviluppata, la ripresa dei concetti di “general intellect” e di “lavoratore complessivo”. Nella analisi giovanile di Marx, il frammento sulle macchine presente nei “Grundrisse” è stato generalmente interpretato come la previsione di Marx sul fatto che lo sviluppo delle tecnologie e dell’automazione avrebbero, in qualche modo, abolito la legge del valore.
Fulvio Grimaldi: La società dell’1% in Medioriente
La società dell’1% in Medioriente
Siria. La posta in gioco, morte al sociale: deregulation, privatizzazione, monetarismo
di Fulvio Grimaldi
Per il RINGHIO DEL BASSOTTO Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi
https://www.youtube.com/watch?v=VTWJGhEETzE
“E’ tutto sbagliato, è tutto da rifare” (Gino Bartali), con Fulvio Grimaldi, Il ringhio del bassotto
Il video presenta una panoramica che va dal “no limits” delle atrocità israeliane a Gaza, dall’osceno collaborazionismo, in Cisgiordania, dell’ANP e dei suoi sgherri che, contro i propri concittadini, gareggiano in ferocia e necrofilia con la soldataglia di occupazione, all’evidenza di un paese progressista, laico, socialista squartato. Una nazione identificata dai colonialisti euro-atlantici come “liberata” e democratizzata” dal rigurgito subumano di mercenari al soldo di Turchia, Israele, Fratellanza Musulmana, USA e NATO. Ennesima balcanizzazione imperiale di una unità storica, culturale, multietnica, che onorava l’intera umanità, ma che si era resa colpevole della vittoria su colonialismo e neoliberismo e di perseguire un altro modello di organizzazione della società. Come in Libia, Iraq, Jugoslavia, Venezuela….
Tra privatizzazione draghiano-prodiano-montiana, dittatura Covid e regime Meloni, siamo stati talmente ridotti ad accettare per fatto compiuto la scomparsa dei nostri diritti politici, civili e sociali, un’iniqua distribuzione della ricchezza, la totale rimozione del pubblico a vantaggio del potere-profitto privato nel segno della “fine della Storia”.
Guido Ortona: Proposte minime per un manifesto della sinistra
Proposte minime per un manifesto della sinistra
di Guido Ortona
1. Premessa. Sono rimasto colpito molto favorevolmente dall’assemblea dell’associazione “Volere la Luna” del 24 novembre. Da questa frase risulta che (sbagliando) mi attendevo di meno; questa mia relativa sfiducia nasceva forse da una mia deformazione professionale. Chiarisco. Attualmente sono in pensione, ma prima di approdare a questa condizione ho insegnato e studiato Politica Economica, prima all’Università di Torino e poi a quella del Piemonte Orientale. Mi sono occupato quindi della valutazione delle scelte economiche dei governi; e anche di quelle delle opposizioni. Le scelte economiche degli ultimi governi del nostro paese sono state a mio avviso progressivamente sempre più sbagliate; ma progressivamente sempre più grave è stata anche la trascuratezza della sinistra riguardo alle grandi scelte della politica economica. (Qui e di seguito, per “sinistra” intendo l’area a sinistra del PD, più forse una parte di esso, che però vive in clandestinità e quindi è difficile da individuare). Credo che quella trascuratezza sia dovuta soprattutto a una colpevole forma di ignoranza da parte dei dirigenti, come se occuparsi di quelle questioni non fosse affare loro: “noi protestiamo, è compito di qualcun altro dare veste politica alla nostra protesta”. Purtroppo però questo qualcun altro non esiste. Questa critica, che ritengo giusta, mi ha portato a sottovalutare l’importanza del lavoro di base, e anche della crescita della coscienza che si accompagna alla protesta, sia pure locale e/o generica, e soprattutto a non apprezzare adeguatamente l’importanza della organizzazione della protesta medesima.
Thierry Meyssan: Dopo Iraq, Libia, Gaza, Libano e Siria il Pentagono attacca lo Yemen
Dopo Iraq, Libia, Gaza, Libano e Siria il Pentagono attacca lo Yemen
di Thierry Meyssan
Il Pentagono ha iniziato una corsa contro il tempo in vista dell’insediamento del presidente Trump. Dopo aver distrutto Iraq, Libia, Gaza, Libano e Siria ora lancia i propri uomini contro lo Yemen. Non confondete le apparenze con la realtà: ufficialmente Israele risponde ai bombardamenti di Ansar Allah e gli Stati Uniti reagiscono agli attacchi alle navi occidentali. In realtà la distruzione dello Yemen è solo una tappa della distruzione dell’insieme delle istituzioni politiche del Medio Oriente Allargato. Non credete a quanto vi raccontano sull’ineluttabilità dello scontro di civiltà: non è che una messinscena per farvi accettare l’inaccettabile.
* * * *
Il massacro dei palestinesi e le invasioni di Libano e Siria sono in corso dal 7 ottobre 2023. Da due settimane la guerra si è spostata in Yemen.
Come sempre, i media internazionali segmentano le informazioni e spiegano ogni evento in termini di fattori locali, a volte esatti, a volte falsi. Impegnati a districarci in questa congerie di notizie non riusciamo a capire che questi avvenimenti fanno parte di un piano più ampio: è impossibile vincere se si ignora l’estensione del fronte.
Emiliano Brancaccio: Gas, gli speculatori scommettono sui guerrafondai
Gas, gli speculatori scommettono sui guerrafondai
di Emiliano Brancaccio
Il prezzo del gas torna a infiammarsi. La Borsa di Amsterdam lo dava ieri a 47 e nei giorni scorsi oltre i 50 euro al megawattora, un incremento di oltre il 60% in un anno e quasi la metà nelle ultime settimane. Ne risentono anche i pochi rimasti nel cosiddetto mercato “tutelato”.
Con aumenti in bolletta intorno al 3 percento. E la notizia è che per il 2025 Goldman Sachs prevede un boom ulteriore del prezzo, a 84 euro e oltre.
La miccia, stavolta, è stata la decisione di Volodymyr Zelensky di non rinnovare il contratto che consentiva al gas russo di transitare in territorio ucraino per raggiungere i paesi Ue. Per sbloccare la situazione, l’ungherese Orbán e gli altri simpatizzanti di Putin minacciano l’interruzione di elettricità che dall’Europa va in Ucraina. Ma il leader ucraino per adesso resiste, forte dell’appoggio americano.
La nascente amministrazione Trump, infatti, sarà anche intenzionata a far la pace militare con la Russia ma non intende rinunciare alla guerra commerciale con il mondo, da tempo fondata sul cosiddetto “friend shoring”. Questo obbliga l’Europa a diradare i rapporti commerciali con i “nemici” d’Oriente e a intensificarli con gli Stati Uniti e gli altri “amici” della Nato, a partire dalle forniture di energia.
Giorgio Agamben: Il numero degli uccisi
Il numero degli uccisi
di Giorgio Agamben
Sempre di nuovo occorre meditare il passo dell’Apocalisse (6,9-11) in cui si legge: «E quando (l’agnello) aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime degli sgozzati a causa della parola di Dio e della testimonianza che avevano reso. E gridarono a gran voce dicendo: “fino a quando, o signore santo e verace, non compi il giudizio e non vendichi il nostro sangue su coloro che abitano sulla terra?” E fu data a ciascuno di loro una veste bianca e fu detto loro che avrebbero indugiato ancora per poco tempo, fino a che non fosse completato il numero dei loro conservi e fratelli, che debbono essere uccisi come loro».
La storia non finirà e il giudizio finale non sarà pronunciato finché non sarà completato il numero dei giusti uccisi. È forse questo che sta avvenendo intorno a noi? E quanto altri giusti dovranno essere uccisi, come ogni giorno li vediamo morire? Certo la storia è storia di guerre, morti e uccisioni. Ma il senso dell’apertura del quinto sigillo non è che, nel tempo che stiamo vivendo, noi dobbiamo aspettare inerti che sia completato il numero degli uccisi. Anche se i giornali non fanno che contarli ogni giorno, noi ignoriamo quale sia questo numero, come ignoriamo quando avverrà il giudizio e se mai avverrà.
Enrico Tomaselli: La scommessa di Israele
La scommessa di Israele
di Enrico Tomaselli
Che la caduta di Assad in Siria non fosse poi questo gran successo, per l’occidente, è cosa che sta lentamente cominciando a chiarirsi; ciononostante, sono più o meno tutti concordi nel ritenere che – tra tutti gli attori regionali e internazionali in scena – l’unico ad averne tratto sicuramente grande vantaggio è Israele. Il che effettivamente è difficile da contestare, visto che ha potuto ottenere, praticamente a costo zero, una serie di risultati niente affatto di poco conto.
Innanzi tutto, ha potuto procedere in tutta tranquillità alla distruzione sistematica dell’intera infrastruttura militare siriana, eliminando dall’orizzonte quello che – pur ormai ridotto molto male – è stato uno degli eserciti arabi sempre in prima linea in tutte le guerre con lo stato ebraico. Ha inoltre potuto occupare una parte significativa di territorio siriano, ben oltre le alture del Golan annesse di fatto dal 1967. Occupazione che dà a Tel Aviv più di una carta da giocarsi, nella ridefinizione degli equilibri in Medio Oriente.
Tanto per cominciare, la conquista del monte Hermon, che offre all’IDF la possibilità di controllare una vasta aerea, dal Mediterraneo alla Giordania, per non parlare di quella di alcune dighe, che danno a Israele il controllo sulle forniture di acqua dolce alla Siria e alla Giordania, un evidente leva geopolitica di grande rilevanza. Niente affatto secondariamente, poi, i nuovi territori occupati offrono ulteriori possibilità, dall’espansione degli insediamenti coloniali (venendo così incontro ai desiderata dell’ala più estremista della sua maggioranza, e al tempo stesso offrendo uno sfogo all’irrequieto movimento dei settler), alla creazione di uno stato-cuscinetto affidato ai drusi siriani. Per non parlare, ovviamente, del fatto che ora l’IDF controlla la parte meridionale del confine siro-libanese, il che dà all’esercito israeliano la possibilità (in caso di riaccendersi del conflitto con Hezbollah) di attaccare il territorio libanese da un lato dove non esistono linee difensive fortificate.
Se, dunque, indiscutibilmente Tel Aviv ha tratto vantaggio dal cambio di regime in Siria, resta da capire se si tratti di un vantaggio tattico o strategico.
Leo Essen: Le ragioni del cuore e l’uomo borghese
Le ragioni del cuore e l’uomo borghese
di Leo Essen
Lutero ha un problema, e questo problema si chiama Peccato. Ciò che cerca è la Salvezza, una via che lo porti verso una vita giusta.
Secondo i più è stato il viaggio di Lutero nella Città Eterna, compiuto nel 1510, che condusse allo scisma dalla chiesa di Roma.
Cosa vide Lutero a Roma? Vide Babilonia maledetta, le sue cortigiane, i suoi sgherri, i suoi ruffiani, il suo clero simoniaco, i suoi cardinali senza fede e senza moralità. Vide che la via della pace prevedeva il pagamento di un pedaggio.
Quando ritornò in Germania, portò in cuore l’odio inestinguibile verso la grande prostituta. Gli eccessi, quegli eccessi che la cristianità unanimemente bollava d’infamia, egli li aveva visti, incarnati, vivere e prosperare insolentemente sotto il cielo romano. Soprattutto, lo aveva colpito lo scandalo dei soldi raccolti attraverso la politica delle indulgenze e spesi per alimentare la corruzione delle anime e delle menti.
Era la spaventosa miseria morale della Chiesa che gli si era mostrata nella sua nudità e che lo aveva turbato. Abusi materiali: commercio di beni sacri, traffico di benefici in urgenze, vita licenziosa del clero, rapida dissoluzione dell’istituto monastico; e, dall’altra parte, dissolutezza nel campo morale: decadenze, miserie di una teologia che riduceva la fede viva a un sistema di pratiche morte.
Questo è quello che si racconta di Lutero, dice Lucien Febvre (Martin Lutero). Ma le cose non andarono in questo modo. I problemi di Lutero non erano la lussuria della Chiesa e la vendita delle indulgenze, non erano la decadenza di Roma e la perdita di una purezza primitiva. Per Lutero non c’era un’origine intatta da ripristinare, un’unità con Dio prima della caduta di Roma. Per Lutero c’era il Peccato, e il tormento di non riuscire a trovare la via dal peccato alla salvezza.
Come posso, con le mie gambe, con le mie mani, con questo mio misero corpo, tendermi verso Dio e toccarlo, partecipare della sua grazia? Come posso io, misero peccatore, piccolo verme strisciante, ammasso finito di pelle o ossa, cloaca di peccati e miserie pretendere di innalzarmi a Lui, il puro, il vero, l’infinito?
Gaetano Colonna: Stolten-Bilderberg
Stolten-Bilderberg
di Gaetano Colonna
Il 2024 non poteva che concludersi con un evento che non è solo simbolico: la nomina di Jens Stoltenberg, non appena concluso lo scorso ottobre il suo mandato come Segretario generale della NATO, a nuovo co-presidente del Gruppo Bilderberg.
Certo non ci occupiamo di questo fatto per alimentare i vari complottismi, che troppo spesso svaniscono in un confuso bisbigliare.
Meglio approfondire con pazienza la storia, per capire che con il Gruppo Bildberg non siamo in presenza di un complotto, ma semplicemente davanti all’azione delle forze che hanno formato questo nostro tempo e che operano per conservare il loro potere.
Nasce il Bilderberg
Il Bilderberg Group fa la sua prima comparsa ufficiale nel maggio del 1954, come sodalizio fra autorevoli esponenti della classe dirigente che si è venuta formando sulle due sponde dell’Atlantico tra i vincitori delle due grandi guerre mondiali del secolo XX.
Il loro dichiarato intento è appunto quello di dare continuità a quelle fondamentali vittorie, rendendo indistruttibili i rapporti euro-atlantici, in vista del futuro. Un futuro che allora si manifestava con l’inizio della Guerra Fredda, con la diffusione dei movimenti comunisti anche nell’Europa occidentale, con lo scoppio della guerra di Corea, la formazione della NATO, l’annosa questione tedesca, che si risolveva portando la nuova Repubblica Federale di Germania sotto stretto controllo atlantico.
Tutto ciò fu allora lucidamente compreso dal singolare animatore del Bilderberg, Jozef Retinger: un polacco che aveva vissuto per mezzo secolo come uno dei principali protagonisti sotto traccia della storia europea.
Davide Malacaria: Ucraina: l’offensiva di Kursk, mossa politica non militare
Ucraina: l’offensiva di Kursk, mossa politica non militare
di Davide Malacaria
La nuova controffensiva di Kursk serve solo a far proseguire la guerra. L’inviato di Trump per l’Ucraina rimanda la visita a Kiev…
Tante le sfaccettature della nuova offensiva ucraina nella regione russa di Kursk, attacco concordato con gli americani, come annota il sito ucraino Strana commentando le dichiarazioni del Capo del Dipartimento di Stato Tony Blinken, che l’ha benedetta sottolineandone l’importanza “in vista di un negoziato che potrebbe aver luogo nel prossimo anno”.
L’offensiva di Kursk, tra centrali atomiche e merci di scambio per le “prossime” trattative
Tale offensiva, cioè, è tesa a conquistare ulteriori territori russi per farne merce di scambio con i territori ucraini controllati da Mosca nell’ambito delle trattative annunciate dalla nuova amministrazione americana, determinata a porre fine alla guerra.
La posta sarebbe stata ancora maggiore se l’offensiva avesse conseguito il suo obiettivo principale, che era – come nella precedente offensiva lanciata nella medesima regione – la centrale atomica di Kursk.
Gli ucraini, infatti, come annota Strana, hanno “cercato di sfondare a nord-est di Sudzha, verso Bolshoi Soldatskoye, che si trova lungo l’autostrada che porta a Kursk, e a Kurchatov, dove si trova la centrale nucleare di Kursk”; che l’obiettivo fosse proprio la centrale atomica lo si può desumere anche dalle parole di Zelensky che, in un’intervista rilasciata in parallelo all’attacco, si è lamentato del fatto che il suo Paese non possieda armi nucleari (Kyiv Indipendent).
Matteo Bortolon: Geopolitica delle criptovalute
Geopolitica delle criptovalute
di Matteo Bortolon
La geopolitica delle criptovalute (Castelvecchi 2024) è un testo duplice, come la materia cui è dedicato.
Da un lato parla di geopolitica, chiamando in causa un insieme di soggetti noti (terroristi islamisti, Cuba, Ucraina, Russia, regime nordcoreano, cartelli di narcos messicani, ecc.) e alcune dinamiche che li riguardano. Dallo scoppio della guerra in Ucraina tale ambito è diventato predominante nel dibattito pubblico.
Dall’altra riguarda le criptovalute, un oggetto un po’ misterioso (in effetti cryptos in greco significa “nascosto”) la cui tecnicalitá non è così familiare al lettore medio. In merito l’autrice, Elham Makdoum, giovane analista indipendente, ci illustra una sorta di continente occulto in cui le potenze e i soggetti sopra citati sono influenzati nella loro interazione conflittuale o di alleanza proprio da questi oggetti misteriosi.
Tale doppio piano si snoda nel testo, ora concedendo di più al primo fattore, ora al secondo. Uno dei percorsi più affascinanti del libro riguarda la matrice ideologica delle criptovalute e la loro parabola.
È noto che il retroterra di internet e del mondo digitale è una visione libertaria che rifiuta le gerarchie e il potere, le cui basi sono rinvenibili negli anni Sessanta. La matrice utopica sarebbe stata presto rovesciata dalla realtà, rendendo più realistica la tetra distopia di William Gibson, autore del termine cyberspazio negli anni Ottanta. In modo simile, il presupposto delle cripovalute è la preoccupazione per la privacy nella comunicazione, e lo strumento è la crittografia applicata ai pagamenti.
Alessandra Ciattini: Breve storia degli Stati Uniti e delle loro pretese territoriali
Breve storia degli Stati Uniti e delle loro pretese territoriali
di Alessandra Ciattini
Le ultime provocazioni di Donald Trump non manifestano solo l’arroganza del personaggio, ma sono ispirate alla stessa storia degli Stati Uniti, costituitisi con occupazioni illegali, acquisizioni imposte, annessioni non accettate dalle popolazioni, basate esclusivamente sul principio della forza.
In questi ultimi giorni si è parlato molto delle ultime dichiarazioni o provocazioni di Donald Trump, che assumerà la presidenza degli Usa il prossimo 20 gennaio, benché qualcuno non scarti la possibilità dell’insorgere di un qualche impedimento al suo insediamento. Come è noto, ha prospettato la trasformazione del Canada nel 51° Stato dell’Unione, promettendo ai suoi abitanti una straordinaria riduzione delle tasse e una protezione militare ineguagliabile, ha dichiarato che il Canale di Panama dovrebbe tornare nelle mani degli Usa, se il governo di quel Paese non garantirà il suo funzionamento sicuro, efficiente e affidabile. Inoltre, ha accusato quest’ultimo di applicare tariffe esorbitanti al suo Paese, al suo esercito e alle corporazioni con cui questi ultimi fanno affari, prefigurando un’ipotetica influenza della Cina che, effettivamente, sta rafforzando i legami economici e commerciali con quei territori evidentemente ancora intoccabili per l’antica dottrina Monroe (1823).
Naturalmente, Paesi come Messico, anch’esso da incorporare, Cuba, Colombia, Nicaragua, Venezuela e lo stesso governo panamegno hanno reagito con forza, sottolineando la sfrontatezza e la mancanza di fondamento della pretesa di quel bizzarro personaggio con cui dovremo fare i conti nei prossimi quattro anni. Anche la Cina si è espressa negativamente.
Andrea Zhok: Qual è la buona novella di questo inizio d’anno?
Qual è la buona novella di questo inizio d’anno?
di Andrea Zhok
Ieri, stando ai resoconti di stamane, sono stati uccisi 63 civili palestinesi dall’esercito israeliano.
Nelle ultime 72 ore risultano morti di stenti e freddo 7 bambini nelle “safety zones” palestinesi.
Ah, dimenticavo, buon anno a tutti.
Il primo impulso oggi sarebbe di dire che mi vergogno di essere italiano ed europeo.
Ma francamente, oltre ad appartenere al novero delle dichiarazioni sterilmente patetiche, si tratterebbe di una proposizione profondamente ingiusta.
Perché significherebbe lasciare alle nostre attuali classi dirigenti la titolarità di presentarsi come eredi di una storia e di una cultura grandi, di una storia e una cultura che essi ignorano e disprezzano.
No, l’unica cosa di cui credo sia giusto provare davvero vergogna è di vivere in un protettorato americano, guidato da una classe politica (con destra o sinistra perfettamente equivalenti) composta di servi di bottega, di lacchè senza dignità, disponibili a svendere ogni briciola del proprio paese, del proprio popolo, della propria storia pur di mantenersi in sella per qualche mese in più, pur di godere delle genuflessioni untuose di greggi mediatici dipendenti dai medesimi padroni.
C’è chi dice che la classe politica agisce così perché cerca di preservare il benessere del proprio paese pur sotto condizioni di oggettivo ricatto.