[SinistraInRete] Effimera: Franco Piperno | E quindi uscimmo a riveder le stelle

Rassegna 18/01/2025

Effimera: Franco Piperno | E quindi uscimmo a riveder le stelle

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Franco Piperno | E quindi uscimmo a riveder le stelle

di Effimera

Franco.jpgCi sconfiggeranno talmente tante volte che alla fine impareremo a vincere
Franco Piperno, 13 luglio 2017, Sherwood Festival, Padova

Il 13 gennaio 2025 è mancato Franco Piperno, uno dei protagonisti delle lotte che hanno attraversato l’Italia a partire dal’68 sino ai più recenti movimenti. Ex leader di Potere Operaio, ha vissuto la repressione politica dei tardi anni Settanta, spostandosi prima in Francia e poi in Canada, dove ha insegnato astrofisica in diverse università per poi tornare in Calabria, a Cosenza. Studioso delle trasformazioni del capitalismo, delle possibilità di sovversione e dei problemi della metropoli e del meridione, grande fisico. Effimera lo vuole ricordare riprendendo due scritti e due video.

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Sul lavoro non operaio

Il primo contributo è tratto dal Pre-print 1/4 supplemento alla rivista Metropolis (i cui articoli sono stati oggetto di accuse di terrorismo nel processo 7 aprile 1979) “L’autonomia possibile”, intitolato “Sul lavoro non operaio”.

 

Autonomia possibile, valori d’uso, lavoro non operaio[1] – di Franco Piperno

Chiamiamo autonomia la forma politica dentro cui si esprime e cresce il movimento del lavoro non-operaio. Si intende per lavoro non-operaio sia il lavoro indirettamente produttivo, sia il lavoro produttivo le cui prestazioni prescindono dalla modificazione – più o meno meccanizzata – della merce.

Questo segmento di forza-lavoro si caratterizza per essere la materiale articolazione dell’«intelletto generale» nel senso che solo a partire dalla sua presenza dentro il flusso produttivo allargato, il lavoro vivo assume la forma di attività generalmente e compiutamente sociale, attività in sé conclusa, che non ha bisogno di alcun «fattore esterno» per dispiegare nella sua interezza la potenza del lavoro come allargamento indefinito della ricchezza o, se si vuole, del processo di riproduzione sociale.

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Gianluca Coeli: Dentro la trasformazione: breve viaggio nella scuola neoliberale

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Dentro la trasformazione: breve viaggio nella scuola neoliberale

di Gianluca Coeli

Un viaggio dentro gli spazi e la vita quotidiana di un istituto tecnico, dove le trasformazioni della scuola oggi sono tra le più avanzate: start up, alternanza scuola lavoro e innovazioni didattiche. La scuola del capitale umano è viva e prospera: gli insegnanti obbediscono e gli studenti imparano a diventare bravi imprenditori di se stessi

tunnel scaled.jpgIl nuovo presidente dell’Argentina, Milei, che con una motosega si appresta a tagliare dal tronco dello stato argentino il ramo secco del Ministero dell’Istruzione, potrebbe apparire come l’immagine simbolo delle politiche neoliberiste in materia di istruzione. In realtà, è probabile che l’uscita del loco (così viene chiamato in Argentina il nuovo presidente) non sia piaciuta affatto ai circoli neoliberisti globali, probabilmente meno emotivi e improvvisati quando si tratta di intervenire in ambito pubblico. La motosega di Milei rischia di tagliare, insieme ad alcuni posti al ministero, un bel po’ di profitti, ma rischia soprattutto di interrompere processi di formazione di un nuovo tipo di soggettività: l’individuo isolato che si costruisce come capitale umano e imprenditore di se stesso.

Questo testo non intende riprendere analisi approfondite sulle politiche globali e locali che da decenni investono il mondo dell’istruzione. Molti studiosi e attivisti hanno già investigato l’intreccio tra le elaborazioni teoriche degli economisti neoliberisti (Friedman e scuola di Chicago e, prima di loro, von Hayek e von Mises), le proposte di organismi internazionali come WTO e UNESCO e le politiche dell’UE e di singoli stati (Italia compresa) in materia educativa. In sintesi, le trasformazioni della scuola pubblica possono essere riassunte in questi punti: (a) istruzione pubblica come mercato da inondare di prodotti tecnologici per la didattica, (b) luogo privilegiato dove costruire la soggettività necessaria al nuovo mercato del lavoro e alla nuova società e (c) ambito dove sperimentare la trasformazione del pubblico in privato.

Per comprendere come questo processo si declini concretamente, intraprendiamo un breve viaggio dentro gli spazi e la vita quotidiana di un istituto tecnico, dove la sperimentazione neoliberale è più avanzata.

 

La formazione dei docenti: consumatori di merci educative e addestratori di competenze

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Elena Basile: Sbalorditi e terrorizzati

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Sbalorditi e terrorizzati

di Elena Basile*

Sbalorditi e terrorizzati. Così ci sentiamo.

I cittadini consapevoli, coloro che non hanno dimenticato l’ umanità e conservano un’ integrità morale, coloro che hanno gli strumenti culturali per demistificare la propaganda demenziale che copre ogni genere di crimine.

Rimangono impotenti, sono i naufraghi del nostro tempo.

E dall’ isola del marginale dissenso in cui si rifugiano osservano il mondo orwelliano.

I filoucraini e democratici sostengono con nuove armi la distruzione di un Paese già fallito, corrotto, oligarchico, che ha eliminato partiti, libertà di culto e prorogato sine die un Presidente che se ci fossero elezioni sarebbe cacciato  a pedate da un popolo sofferente.

Il genocidio di Gaza (con Lancet che parla di 70.000 morti, ma aveva parlato di cifre ancora maggiori) di cui i governi democratici sono complici viene chiamato autodifesa.

La comunità ebraica non prende le distanze e chiama antisemita persino il papa e chiunque denunci la carneficina di innocenti I cattolici integralisti condannano Papa Francesco e difendono l’ ideologia suprematista dell’ uomo bianco propagandata da giornali illeggibili.

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Marco Cattaneo: Chiarimenti sul debito estero

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Chiarimenti sul debito estero

di Marco Cattaneo

Il fatto che un paese sia indebitato nei confronti di soggetti esteri è un problema? Una domanda semplice che però riceve risposte spesso confuse, contraddittorie o semplicemente sbagliate. Qualche chiarimento è utile e occorre partire distinguendo varie casistiche.

Debito pubblico in moneta estera detenuto da soggetti esteri: è un potenziale rischio ma non perché siano stranieri i detentori. Il rischio è dovuto al fatto che è straniera la moneta. Lo Stato che si è indebitato potrebbe avere difficoltà ad approvvigionarsi della moneta (emessa da terzi) necessaria per estinguere il debito. Questo non significa che sia SEMPRE un errore per lo Stato emettere debito in valuta. Può avere senso se ad esempio si vogliono effettuare investimenti pubblici che richiedono strutture o tecnologie non disponibili all’interno del paese, e che entità straniere sono disponibili a fornire solo se pagati in altre valute. In questo caso la situazione dello Stato è analoga a quella di un’azienda che si indebita per investire: non è necessariamente sbagliato, dipende da quali investimenti si effettuano. Però di sicuro è più rischioso rispetto a usare soldi propri.

Debito pubblico in moneta nazionale detenuto da soggetti esteri: non è rischioso e non è neanche da considerare un vero debito in quanto lo Stato emittente può sempre emettere moneta per estinguere il debito quando arriva a scadenza.

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Alessandro Barile: Roberto Fineschi, Marx e Hegel

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Roberto Fineschi, Marx e Hegel

di Alessandro Barile

Roberto Fineschi, Marx e Hegel. Fondamenti per una rilettura, Napoli, La scuola di Pitagora, 2024

Fineschi torna sul luogo del delitto, ripubblicando il suo noto Marx e Hegel, stavolta per La scuola di Pitagora. Le modifiche e le aggiunte alla prima edizione (del 2006) sono diverse, e ne dà conto l’autore nella Nota iniziale. Soprattutto viene ampliata la terza (e conclusiva) parte, con l’aggiunta di due capitoli, l’uno su Lenin e Hegel, l’altro e su Dal Pra e la dialettica, tratti da suoi lavori precedenti. È dunque questa un’edizione aggiornata, e non una mera riproposizione del suo vecchio libro. Una versione più chiara e compiuta, pur nella tecnicità del linguaggio e degli argomenti, che ne fanno un lavoro poco accessibile ai non esperti. Nonostante ciò, siamo in presenza di un contributo rilevante, con inevitabili selezioni e anche lacune, ma che discute il tema classico della filosofia marxiana – il suo rapporto con Hegel – con una capacità di sintesi che non cede alle lusinghe dell’intervento polemico o d’immediato uso politico.

Molte cose apprezzabili emergono dallo scavo filologico degli scritti marxiani. In primo luogo, si direbbe “ovviamente” dato l’autore e il senso del presente lavoro, il rapporto di continuità tra Marx e Hegel. Una continuità su cui incidono alcune discontinuità, precisazioni, incomprensioni del rivoluzionario di Treviri rispetto al filosofo di Stoccarda. Il rapporto di Marx con Hegel è segnato soprattutto dalla lettura che di questo ne danno Bruno Bauer e Ludwig Feuerbach.

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Paolo Ferrero: Venezuela, riconoscere Maduro e chiedere il rispetto dei diritti di Alberto Trentini

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Venezuela, riconoscere Maduro e chiedere il rispetto dei diritti di Alberto Trentini

di Paolo Ferrero

Quattro giorni fa a Caracas, alla presenza di decine di migliaia di cittadini venezuelani che hanno dato vita ad una grande cerimonia popolare, Nicolas Maduro ha giurato fedeltà alla Costituzione ed è stato reinsediato come presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela.

Si potrebbe supporre che si tratti del normale esito del processo elettorale, legalmente certificato dal Consiglio Elettorale Nazionale Venezuelano, decisione che è stata ratificata dalla Corte Suprema di Giustizia (TSJ).

Il reinsediamento di Maduro però di normale non ha nulla. Infatti, forse non tutti sanno che gli Stati Uniti hanno messo una taglia sulla testa di Maduro – vivo o morto ? – di 25 milioni di dollari. Alla faccia della legalità internazionale, il governo degli Usa perseguita un presidente legittimamente eletto che ha un solo grave torto: essere il garante di un processo di trasformazione popolare che tiene il Venezuela – paese che possiede enormi riserve petrolifere – fuori dall’orbita statunitense.

Come se non bastasse, due giorni fa il New York Times ha pubblicato un articolo in cui viene chiesta a gran voce l’invasione militare del Venezuela da parte dell’esercito degli Stati Uniti. Ciò che non è stato ottenuto attraverso i tentati colpi di stato, le azioni terroriste, il finanziamento con decine di milioni di dollari delle organizzazioni antigovernative, le sanzioni economiche arbitrarie, il furto delle riserve auree della Banca centrale Venezuelana da parte della banca d’Inghilterra e altre, si cerca ora di ottenerlo attraverso l’assassinio di Maduro o l’eventuale invasione militare.

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Giorgio Agamben: Congiuntura e rivoluzione

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Congiuntura e rivoluzione

di Giorgio Agamben

È un fatto su cui non ci si dovrebbe stancare di riflettere che uno dei termini-chiave del nostro vocabolario politico – rivoluzione – sia stato tratto dall’astronomia, dove designa il movimento di un pianeta che percorre la sua orbita. Ma anche un altro termine che, nella generale tendenza a sostituire categorie economiche a quelle politiche che caratterizza il nostro tempo, ha preso il posto della rivoluzione , proviene dal lessico astronomico. Intendiamo riferirci al termine «congiuntura», sul quale ha richiamato l’attenzione in uno studio esemplare Davide Stimilli.

Questo termine, che designa «la fase del ciclo economico che l’attività economica attraversa in un dato periodo di breve durata», è in realtà una modificazione del termine «congiunzione», che significa il coincidere della posizione di più astri in un determinato momento.

Stimilli cita il passo del saggio di Warburg su La divinazione antica pagana in testi e immagini dell’età di Lutero, in cui congiunzione e rivoluzione sono accostati: «Solo entro vasti decorsi di tempo, chiamati rivoluzioni, ci si potevano aspettare tali congiunzioni. In un sistema accuratamente escogitato si distinguevano congiunzioni grandi e massime; queste ultime erano le più pericolose, per effetto dell’incontro dei pianeti superiori Saturno, Giove e Marte.

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Piero Pagliani: Le parole e i fatti

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Le parole e i fatti

di Piero Pagliani

2024 12 09T100032Z 898921543 RC2NEAAT0KMY RTRMADP 5 USA DEFENSE U75580145372olL 1440x752IlSole24Ore Web.JPGBasta fatti. Vogliamo parole!

Così diceva Gasparazzo, l’eroe proletario delle strisce di Lotta Continua.

E Donald Trump parla, parla, parla. Parla in modo incontenibile.

Finora il peggio di sé lo ha dato affermando:

1) Se Hamas non libera gli ostaggi scatenerò l’inferno.

2) Farò concludere la guerra in Ucraina minacciando Zelensky di tagliargli gli aiuti e, al contrario, minacciando Putin di aumentarli.

3) Non escludo di usare la forza per controllare Panama e la Groenlandia.

Partiamo dal primo punto, cioè più in generale dal Medio Oriente.

Dopo 16 mesi di bombardamenti genocidi su Gaza, l’Idf non è riuscito a venire a capo di un esercito informale palestinese scarsamente armato, senza aviazione, senza antiaerea, senza artiglieria, senza forze corazzate. Anzi, fonti israeliane affermano che sempre più giovani entrano nelle fila di Hamas e le perdite nell’Idf aumentano. E come previsto da molti, Israele nel sud del Libano ha in poco tempo dovuto imbastire una tregua con Hezbollah.

Il rovesciamento di al-Assad è stato indubbiamente un brutto colpo per la Russia e l’Iran, e soprattutto per i Siriani, ma la situazione ora è caotica. Nessuna forza in campo sembra essere in grado di controllare né un processo di ricostruzione del Paese né un processo di sua balcanizzazione. L’Occidente e Israele stanno capendo che mentre il governo di al-Assad era prevedibile in quanto i suoi obiettivi erano razionalmente descrivibili e valutabili, la sua uscita di scena ha dato la stura a vari interessi che si differenziano geopoliticamente, materialmente e ideologicamente creando un buco nero di intelligibilità e di operatività. I vari attori procedono sfruttando questa o quella situazione di forza, questa o quella opportunità, senza un piano coerente e facendo scontrare una contro l’altra le loro strategie che più sono “grandi” e “comprensive” più sembrano sfrangiarsi in percorsi locali dietro ai quali ogni tanto fanno capolino sontuosi proclami, del tipo: “Dopo Damasco, Gerusalemme!” [1].

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Miguel Martinez: Dio, Umanità, Patria, Famiglia contro la Macchina del Tecno-Capitale

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Dio, Umanità, Patria, Famiglia contro la Macchina del Tecno-Capitale

di Miguel Martinez

20200202.20200202.2A6A6120 2.Peretola.Fenicotteri.web 1230x1536Torno spesso qui a riflettere su una frase che mi colpì come un’illuminazione mistica:

“Dal mio punto di vista, più si viaggia meglio è. Più opportunità di lavoro di business e di spostamento veloce in aereo, in macchina, in treno o in nave ci sono, e meglio è.”

Così parlò il Salsicciaio Matteo Salvini, il 19 dicembre 2018, dichiarando il suo sostegno all’espansione dell’aeroporto di Firenze Peretola, un aeroporto il cui proprietario è un miliardario argentino, e il cui direttore è attualmente console onorario d’Israele: gente che viaggia, insomma, ben più di un profugo eritreo che sta per annegare al largo di Malta.

E capii che quella era la vera essenza di ciò che oggi chiamano Destra.

In tutto il cosiddetto Occidente, si stanno improvvisamente affermando partiti politici che nell’emiciclo parlamentare si siedono a Destra.

Il fatto a prima vista è incomprensibile: dicono che la Destra crederebbe in Dio, Patria e Famiglia, quando le chiese sono vuote, la gente con trenta euro può salire su un volo Ryanair e volare sopra dieci patrie e in Italia, ogni cinque minuti una coppia si separa.

Eppure l’Italia di Destra, dopo il poligamo Berlusconi, ha conosciuto il divorziato Salvini e la convivente Meloni il cui governo ha introdotto la fecondazione assistita per tutti

In realtà, attaccando il presunto Dio – Patria – Famiglia (sentite la vocina roboante-ghignante con cui il Sinistro medio pronuncia queste parole), non solo la Sinistra non ha colto il vero motore della Destra; ha anche attribuito alla Destra meriti che non ha: perché dietro la parola Dio, c’è tutta la spiritualità della specie umana; dietro la parola Patria, il senso di un rapporto con un luogo; dietro la parola Famiglia, il senso di affetti e relazioni che trascendono il tempo.

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Fabrizio Poggi: Forze di “pace” e soliti (disperati) sciacalli

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Forze di “pace” e soliti (disperati) sciacalli

di Fabrizio Poggi

Tra gli strascichi del dopo-Ramstein e dei piagnistei su chi e come continuerà a sostenere i nazigolpisti di Kiev dopo l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, Bloomberg dà notizia di una prossima visita a Vladimir Zelenskij da parte del premier britannico Keir Starmer. E, ancora una volta, contrabbandando le spinte belliciste per “pace” e presunto “cessate il fuoco” – ovviamente: da «imporre alla Russia» – si parlerà del possibile dispiegamento di “forze di pace internazionali” sul suolo ucraino; di nuovo – e altrettanto ovviamente – forze “internazionali” rigorosamente occidentali. Esattamente ciò che ha preteso Zelenskij a Ramstein, affermando che lo schieramento di “forze di pace” in Ucraina potrebbe costituire «uno dei migliori strumenti» per costringere Mosca alla pace: “oh Mosca tu sei bellicosa contro i pacifici nazisti ucraini!”.

Intanto Starmer, tanto per chiarire in anticipo le intenzioni “pacifiste”, si è incontrato col suo degno compare di “forze di pace”, Emmanuel Macron, con cui ha concordato il «sostegno incrollabile» ai nazisti, in modo da assicurar loro una posizione di forza per il 2025. Una posizione di forza “a fin di pace”, ca va sans dire, dal momento che, come ammette uno dei propagandisti della junta, il giornalista Jurij Butusov, i comandi ucraini gettano i mobilitati, impreparati, su posizioni praticamente circondate: ormai, su molte direttrici, afferma, non si è più in grado di contenere l’avanzata russa e si potrebbe presto iniziare a cedere città senza combattere. Dunque, l’invio del “contingente di pace” si fa proprio impellente.

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Barbara Spinelli: La guerra della verità

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La guerra della verità

di Barbara Spinelli*

Gli utenti non sono i poveri imbecilli descritti da chi nella stampa scritta o parlata si ritiene maestro di pensiero, castigatore non criticabile, geneticamente veritiero.

La diffamazione dei social si è fatta così enorme, a cominciare dai tempi del Covid, che prima o poi doveva venire qualcuno e chiedere: ma chi controlla i controllori?

Che bisogno c’è di una Congregazione del Sant’Uffizio che concede imprimatur preventivi e davanti a cui occorre inginocchiarsi, con la scusa che gli utenti cadrebbero così facilmente in tentazione?

Gli utenti sono appaiati agli elettori: se non votano come vogliamo noi, devono avere un baco nel cervello.

La battaglia dei verificatori contro la disinformazione ha i suoi siti internet, e i suoi sponsor e finanziatori. Bbc Verify, ad esempio, ha rapporti stretti con l’Istituto di Studi Strategici della Nato e non solo verifica ma fa propaganda e censura.

Chiunque critichi la politica occidentale sulla guerra in Ucraina o sullo sterminio perpetrato da Israele a Gaza diventa bersaglio delle campagne contro la disinformazione.

I verificatori sono numerosi ovunque.

Una delle principali collaborazioni italiane di Meta è stato per anni Open, il sito di fact checking fondato da Enrico Mentana nel 2018.

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Norberto Fragiacomo: La fine di una storia

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La fine di una storia

di Norberto Fragiacomo

Da tempo ritengo che la crisi pandemica iniziata cinque anni orsono – o, per essere precisi, la sua gestione da parte dei governi sedicenti “democratici” – abbia rappresentato non tanto una soluzione di continuità con il passato prossimo quanto piuttosto un disvelamento, la fine di una narrazione che di veridico aveva poco o nulla.

La bolsa retorica dei diritti e delle libertà individuali cedette allora il passo a toni ultimativi, autoritari che non ammettevano repliche né obiezioni: si trattò di un esperimento riuscito di irreggimentazione delle masse volto a verificarne la docilità e le eventuali reazioni, che furono alquanto fiacche. Già ammaliato dal canto delle sirene pubblicitarie, il cittadino occidentale si rivelò, alla prova dei fatti, facilmente suggestionabile e, nonostante le pose qualunquiste, “umile e grato ai potenti”. L’appoggio incondizionato offerto dai media generalisti ai governanti agevolò l’opera di convincimento: lo stesso schema è stato poi applicato al conflitto russo-ucraino, fatto spudoratamente passare per una “aggressione non provocata”. L’elemento di novità è costituito dalla pervicace costanza con cui una certa tipologia di messaggi (psyops) viene oggi diffusa urbi et orbi: ai tempi dell’assalto alla Grecia, nel 2014, l’azione di screditamento del gruppo obiettivo fu condotta con perizia e sistematicità assai minori – accumulando esperienze il sistema affina le proprie armi.

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Davide Miccione: Il rating della vittima

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Il rating della vittima

di Davide Miccione

Per chi vive la filosofia anche come il tentativo disperato ma necessario di afferrare il presente esistono dei momenti filosofici. Sono quei momenti in cui ti accade o vedi qualcosa che ti chiarisce il mondo in cui vivi, più spesso sono frasi o dialoghi con persone che non fanno filosofia, spesso persone semplici che, non essendo interessate a elaborare i messaggi che il mondo lancia loro, non fanno a essi alcuna resistenza e ti mostrano lo spirito dei tempi in modo diretto e incontrovertibile, perfino crudi. Costoro sono – direbbe Ortega – come todo el mundo e dunque sono loro stessi a svelartelo, il mondo. I libri di Anders (sempre sia lodato!) sono, ad esempio, pieni di questi momenti di epifania.

In questo caso, però, la rivelazione mi è giunta attraverso una giovane e intelligente (o meglio intelligente ma giovane) studentessa di filosofia. Tutt’altro che un’integrata occupata a tradurre in applicazioni i diktat del sistema in festante attesa di uno zuccherino metaforico, invece una ragazza capace di scelte coraggiose e minoritarie. Proprio per questo, una sua frase (che mi ha fatto orrore) si è stampata come vero signum dei nostri tempi giacché, ho realizzato, sta alla base non solo del pensiero di chi dà corpo alla macchina delle emergenze (penso ai ragazzi di Ultima generazione) ma persino in chi con giusta diffidenza guarda al succedersi circense degli eventoidi contemporanei.

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Alastair Crooke: Trump può salvare l’America da se stessa?

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Trump può salvare l’America da se stessa?

di Alastair Crooke

Trump potrebbe semplicemente proseguire sulla stessa strada metafisica e dire semplicemente che solo lui ha una visione per salvare l’America dalla Terza Guerra Mondiale

La scorsa settimana il ministro degli Esteri russo Lavrov ha liquidato le proposte di pace avanzate dal Team Trump per l’Ucraina come insoddisfacenti. In sostanza, il punto di vista russo è che le richieste di un conflitto congelato perdono di vista il punto: dal punto di vista russo, tali idee (conflitti congelati, cessate il fuoco e peacekeeper) non possono nemmeno lontanamente essere qualificate come il tipo di accordo basato su trattati e un’”ampia visione” che i russi sostengono dal 2021.

Senza una fine duratura e permanente del conflitto, i russi preferiranno affidarsi a un esito sul campo di battaglia, anche a rischio che un loro rifiuto determini una continua escalation, persino nucleare, della politica del rischio calcolato degli Stati Uniti.

La domanda è piuttosto: è possibile una pace duratura tra Stati Uniti e Russia?

La morte dell’ex presidente Jimmy Carter ci ricorda la turbolenta “rivoluzione” politica degli anni ’70, condensata negli scritti di Zbig Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Carter: una rivoluzione che tormenta le relazioni tra Stati Uniti e Russia da allora fino a oggi.

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