Rassegna 22/01/2025
Fabio Ciabatti: Dalla Pantera al populismo, ovvero il détournement dei movimenti sconfitti
Dalla Pantera al populismo, ovvero il détournement dei movimenti sconfitti
di Fabio Ciabatti
Alessandro Barile, La protesta debole. I movimenti sociali in Italia dalla Pantera ai No global (1990-2003), Mimesis, Milano 2024, pp. 180, € 16,00
I movimenti sociali che vanno dalle occupazioni universitarie della Pantera al movimento no global, passando per il ciclo dei centri sociali, si configurano come una protesta debole che, in quanto tale, può consentire di rintracciare una possibile genealogia della protesta populista “di sinistra”. Una tesi, quella di Alessandro Barile, che non manca di originalità e che, anche per questo, merita di essere conosciuta e valutata. Per comprendere fino in fondo quanto sostiene l’autore nel suo recente libro La protesta debole. I movimenti sociali in Italia dalla Pantera ai No global (1990-2003) bisogna prima di tutto capire cosa si intende con genealogia. In breve, non si tratta di una filiazione diretta, ma di
un rapporto più distante e profondo, magmatico, che avviene a livello inconsapevole sul piano dell’ideologia spontanea dei movimenti, che sedimenta un modo di intendere la politica che, alterato dalla crisi economica e finanziaria degli anni dieci del Duemila e riformulato da nuovi protagonisti (e “imprenditori”) della politica, consente di ricavare un legame di parentela.1
In secondo luogo, bisogna capire il significato di “protesta debole”. Cosa che è possibile fare paragonandola alla protesta che può essere considerata forte, cioè quella innervata nella tradizione marxista e comunista, con particolare riferimento al movimento degli anni Settanta. Raffronto che non è una mera sovrapposizione di due periodi storici differenti operata estrinsecamente dallo studioso, perché il riferimento a quegli anni è un tema ricorrente nella stessa riflessione dei movimenti successivi, sebbene tale confronto si esprima spesso attraverso una dinamica di attrazione e repulsione. Ebbene, la forte componente di identificazione ideologica, la capacità di sedimentazione organizzativa, il legame tra politica e collocazione di classe, la chiara connotazione rivoluzionaria e anticapitalista sono tutti elementi che mancano nei movimenti degli anni Novanta e dei primi Duemila e che invece troviamo negli anni Settanta, quantomeno nelle intenzioni.
Leo Essen: La libertà del suolo
La libertà del suolo
di Leo Essen
Nelle visure catastali rilasciate dall’Agenzia del Territorio è conservato il ricordo del momento in cui il suolo venne segnato dalla partizione tra Reddito dominicale e Reddito agrario. Questa divisione corrisponde esattamente a quella tra Capitale e Reddito, ossia alle due sezioni del bilancio aziendale: lo Stato Patrimoniale e il Conto Economico. Che la terminologia rimandi alla casa e al pater non è casuale, poiché questa materia tocca direttamente la concezione della famiglia, della casa e della domus dinastica, con i connessi problemi di successione, divisione e continuità della persona che, dalla stessa epoca, comincia a dividersi tra persona fisica, titolata al possesso, e persona metafisica, titolata a intestarsi la proprietà; tra corpo fisico e transeunte, e corpo astrale infinito, sovrano, libero, immortale; tra persona terrena e persona ultraterrena, magica; tra Servo, che lavora e produce il Reddito, e Capo, che si intitola questo reddito e lo rubrica nello Stato Patrimoniale.
È merito dei fisiocratici, soprattutto di Quesnay e del suo Tableau économique, aver messo in rilievo a analizzato questa partizione, riconducendola alla struttura classista della società.
Quesnay, scrive Schumpeter (Storia dell’analisi economica, I) distinse i proprietari fondiari (classe des propriétaires, o classe souveraine, o, e ciò è significativo, classe distributive), gli imprenditori agrari (classe productive) e la classe delle persone impiegate in attività non agrarie (classe stérile).
Questo schema, ribadisce Schumpeter, non è tanto uno schema di classi come entità sociologiche, ma di gruppi economici del genere di quelli che oggi si trovano nelle statistiche degli addetti, per esempio, all’agricoltura o alle industrie minerarie o a quelle manifatturiere.
Nel 1758 Quesnay costruire un modello di ciclo e di equilibrio economico come fanno i moderni keynesiani. Perciò non deve stupire che Marx ponga i fisiocratici e Quesnay, e non Adam Smith, come i fondatori dell’analisi economica moderna.
Demostenes Floros: La contraddizione che si cela tra la transizione digitale e la transizione energetica
La contraddizione che si cela tra la transizione digitale e la transizione energetica
di Demostenes Floros
L’intelligenza artificiale (AI) e i data centers, che potremmo definire come le infrastrutture dell’immateriale o, più semplicemente, le banche in cui immettiamo i dati, ci pongono dinanzi al difficile tema della correlazione esistente tra la transizione digitale e la transizione energetica.
Più precisamente, lo scorso 8 novembre, la Professoressa Giovanna Sissa, dell’Università di Genova, ha scritto che “occorre indagare gli effetti dell’interazione tra le due, siano essi positivi – può la transizione digitale accelerare quella energetica? – o negativi – l’impatto sulle emissioni [e a monte sui consumi] della transizione digitale, dell’intelligenza artificiale e dei data center rischia di vanificare gli sforzi di quella energetica”[1]?
Premesso che, a oggi, esistono ancora pochi studi al riguardo e con risultati in contrasto tra loro, l’obiettivo che ci poniamo è di portare alla luce la contraddizione che si cela tra le due transizioni.
Senza dubbio, l’intelligenza artificiale è particolarmente promettente per quanto attiene la costruzione di reti energetiche più efficienti, stabili e intelligenti, oltre ad avere un impatto potenzialmente significativo sulla produttività, quindi sui margini di profitto di un’ampia gamma di settori industriali, dai software ai servizi finanziari[2].
L’AI potrebbe infatti migliorare la pianificazione e la resilienza delle reti energetiche, nonché contribuire alla scoperta di materiali per le tecnologie energetiche pulite. Ad esempio, l’incremento dell’efficienza dei chip, con circuiti più densi, sta già riducendo in maniera significativa il fabbisogno energetico dei semiconduttori[3].
Inoltre, Bank of America[4] ha stimato che l’effetto dell’intelligenza artificiale sulla crescita dei margini del settore dell’energia Usa in una serie di casi d’uso, tra cui l’esplorazione, il monitoraggio delle condutture e quello ambientale, sarà del 3,1% nei prossimi 5 anni.
Pino Arlacchi: Trump e il colonialismo Usa nel segno di Theodore Roosvelt
Trump e il colonialismo Usa nel segno di Theodore Roosvelt
di Pino Arlacchi
La vecchiaia e la morte sono un po’ un ritorno alle origini, ed è questo che sta avvenendo negli Stati Uniti con Trump, presidente della fase terminale dell’impero americano. Con Trump, l’America torna alle sue radici profonde. Che non sono imperiali nel senso di una pretesa di governo del pianeta, ma coloniali. La differenza tra imperialismo e colonialismo non è di poco conto. L’imperialismo è universale. Il colonialismo è nazionale.
Con tutta questa storia di annettersi Canada, Panama e Groenlandia – e di dare magari un colpetto al Venezuela che “siede su una montagna di petrolio che noi dobbiamo pagare” – Trump non sta facendo altro che richiamare in vita l’istinto di predazione del loro continente che ha mosso i suoi primi predecessori.
L’impero americano non è nato come tale, ma da un progetto di sopraffazione concepito da un gruppo di colonie d’insediamento nate in un’età di poteri coloniali e parte di un impero coloniale, che vedevano se stesse come una replica delle nazioni da cui provenivano. Il ceto di settlers che le guidava si era affermato tramite lo sterminio delle popolazioni indigene e l’importazione di schiavi dall’Africa. L’America delle origini era proiettata verso l’accaparramento dei territori contigui alle 13 colonie iniziali, ed era refrattaria all’idea di un impero universale.
Moreno Pasquinelli: Alle porte del fascismo?
Alle porte del fascismo?
di Moreno Pasquinelli
Ha scritto l’amico Fulvio Grimaldi:
«Una volta Moreno Pasquinelli, in una discussione sul tema che ogni minuto, ora, giorno, da oltre due anni, ci impongono il regime e l’intera struttura sociopolitica impostaci dall’Occidente politico tutto, mi consigliò di non utilizzare il termine “fascismo” per definire la condizione che sentiamo stringerci al collo. Disse il fascismo è scientificamente una cosa ideologica precisa, rinchiusa in quel suo tempo. Meglio parlare di autocrazia, autoritarismo, dispotismo, tirannia, oligarchia…»
Confermo. Fulvio commette un grave errore politico usando la categoria di “fascismo” come un passepartout per qualificare le pulsioni repressive antidemocratiche che l’Occidente Collettivo esibisce in maniera sempre più minacciosa. Un errore politico e teorico.
So bene che Fulvio non ha niente a che spartire con le sinistre transgeniche (dalla Schlein agli Antifà passando per la setta globalista sorosiana), tuttavia è un fatto che dette sinistre usano il sostantivo un giorno sì e l’altro pure come uno specchietto per le allodole, come una maschera per nascondere le proprie nefandezze o, nel caso di certa estrema sinistra, la propria totale inconsistenza — vedi il polverone sollevato sul presunto ritorno del fascismo con la Meloni al governo.
A voler prendere per buono questo antifascismo, diremmo che si tratta di un antifascismo umanitaristico e moralistico, contro il quale proprio il principale storico del fascismo, Renzo De Felice, ebbe a dire nel 1980:
Jafar Salimov: Chi sta preparando una provocazione nucleare in Ucraina?
Chi sta preparando una provocazione nucleare in Ucraina?
di Jafar Salimov
Sfatare le notizie false è diventato un business redditizio e lo stesso sfatare le notizie false genera notizie false. Quando si parla di provocazione nucleare in Ucraina, è proprio così, afferma il professore svedese Greg Simons.
“Oggi, una persona che non è in grado di formulare la propria opinione, ma preferisce ricevere un piatto già pronto, ben fritto da uno chef esperto in una cucina di propaganda, è condannata a essere ingannata”, afferma il professor Simons.
Il professore spiega che le fake news non solo ingannano il pubblico, ma lo manipolano. Le notizie false sono un mezzo per raggiungere un fine, non un fine in sé, il loro scopo è utilizzare informazioni come armi per effetti cognitivi, vale a dire creare e manipolare il consenso del pubblico per giustificare politiche estere o di sicurezza rischiose e fornire all’utente delle notizie false legittimità politica, mentre privare la vittima dello stesso.
Cita l’esempio di un sito web speciale, EU vs Disinfo, creato per combattere la disinformazione. Ogni lettore ingenuo può presumere che qui troverà dei falsi smascherati e riceverà un’opinione già pronta, corroborata da un attento controllo dei fatti.
Basta leggere brevemente l’articolo di recensione su questo sito per avere fiducia: la Russia inganna tutti, produce disinformazione e fake news. Ma non appena un lettore attento inizia a controllare i numerosi collegamenti forniti nell’articolo, scoprirà da solo che le conclusioni proposte sono false e basate su bugie.
Emiliano Brancaccio: Da Biden a Trump, la menzogna del primato economico Usa
Da Biden a Trump, la menzogna del primato economico Usa
di Emiliano Brancaccio
Economia americana Il passaggio del testimone: diffondere la convinzione che l’economia americana, gravata dal debito estero, non solo sia al primo posto oggi, ma che crescerà più di tutte le altre in futuro
«Molti credevano che l’economia cinese avrebbe superato quella americana alla fine del decennio. Secondo le attuali predizioni non ci sorpasseranno mai». Joe Biden si congeda dalla presidenza degli Stati uniti con una dichiarazione altamente patriottica e spudoratamente falsa.
Come mostrano le statistiche del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, calcolato in termini di parità dei poteri d’acquisto il Pil cinese è al di sopra del Pil statunitense già da quasi un decennio, e il divario continua ad aumentare. Senza nemmeno bisogno di contare le regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao, nel 2024 la Cina ha oltrepassato i 37 mila miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti non hanno ancora raggiunto i 30 mila miliardi.
A ripetere la menzogna dell’inarrivabile primato economico americano Biden non è certo lasciato solo. Da questo punto di vista, democratici e trumpiani cantano la stessa messa, ben coordinata. È un po’ come se avessero in mente la vecchia massima nazista, secondo cui ribadire di continuo una colossale bugia finisce per renderla credibile.
In effetti è esattamente questo lo scopo obbligato dei vertici statunitensi. Bisogna diffondere il convincimento che l’economia americana non soltanto sia primatista oggi, ma soprattutto sia destinata a crescere più di tutte le altre in futuro.
Fulvio Bellini: Il caso Sala-Abedini e gli insegnamenti della Storia
Il caso Sala-Abedini e gli insegnamenti della Storia
di Fulvio Bellini
Riflessioni di ampio respiro sulla vicenda della incarcerazione e liberazione di Cecilia Sala e di Mohammad Abedini: ciò che emerge è tutt’altro rispetto a quanto propinato dai mass media
Premessa: Cecilia Sala piccola rotella di un ingranaggio
Lo scambio dei “prigionieri” alla fine si è realizzato: Cecilia Sala è tornata in Italia l’8 di gennaio mentre Mohammad Abedini
è stato liberato e rimpatriato il 12 su iniziativa del guardasigilli Nordio. Da un punto di vista personale entrambi dovrebbero tirare un profondo respiro di sollievo per uno scampato pericolo che, forse, non hanno pienamente apprezzato. Quale? Per esempio, se i due fossero stati imprigionati un anno fa, e non in un periodo di passaggio di consegne alla Casa Bianca, la possibilità che il vecchio e maligno Joe rigettasse senz’appello la richiesta del governo italiano di ritirare l’editto imperiale di cattura nei confronti del cittadino iraniano e di conseguenza negare le condizioni del rilascio di Cecilia Sala, sarebbero state elevate. Abedini sarebbe stato estradato negli Usa dove avrebbe subìto pene detentive draconiane e la Sala sarebbe stata ospite delle carceri iraniane per un lungo periodo. Invece, oggi negli Stati Uniti esiste una “corte di appello” presso la principesca villa di Mar-a-Lago in Florida, dove l’oligarca-magistrato-quasi presidente Donald Trump ha evidentemente accolto l’istanza di Giorgia Meloni, probabilmente facendo pagare un caro prezzo all’Italia. Accenniamo brevemente a Cecilia Sala perché non c’è molto da dire sulla persona: rampolla di una famiglia borghese romana, è una rotella di piccole o medie dimensioni di quel grande meccanismo che è la propaganda di regime che si fa chiamare giornalismo. Nel caso in specie, per chi volesse approfondire il Sala pensiero, suggerisco di vedersi la video intervista su YouTube “Cecilia Sala parla del conflitto a Gaza”1, dove la neoeletta paladina della libertà del giornalismo sfoggia la sua interpretazione del genocidio in corso in Palestina con concetti mai sentiti prima, ovviamente in senso ironico: “conflitto brutale”; “è importante la presenza di giornalisti di terza parte che raccontino i fatti perché le opinioni sono estremamente polarizzate”; “esistono solo soluzioni molto complicate a questo conflitto”; “il presupposto è che non ci siano più il governo più di destra in Israele e Hamas a Gaza per iniziare un percorso che abbia come fine la creazione dei due Stati” (sic); “serve un nuovo piano Marshall per Gaza e la Palestina, in cui la solidarietà e la cooperazione, le Ong, le associazioni sul territorio saranno fondamentali”.
Devin Thomas O’Shea: Mark Fisher e i fantasmi della scarsità
Mark Fisher e i fantasmi della scarsità
di Devin Thomas O’Shea
Il realismo capitalista opprime la visione di un futuro possibile, ma il «comunismo acido» di Fisher ci ricorda che immaginare «come potrebbero essere le cose» è un tonico vitale contro la disperazione
Intravedete una figura nello specchio dall’altra parte del corridoio, ma quando tornate indietro per controllare, non c’è nessuno. Gli spettri si soffermano in spazi vuoti, creando un’atmosfera cupa, come i corridoi di una vecchia villa o un sentiero attraverso un cimitero desolato. Questi sono contesti classici per un’infestazione, così come l’innaturale vuotezza di un villaggio Potemkin.
È strano guardare lo skyline di una grande città degli Stati uniti e sapere che alcuni di quei grattacieli scintillanti sono completamente vuoti; torri residenziali fantasma che fungono da semplici attività finanziarie nei portafogli immobiliari, infestate dalla loro stessa vacuità. Allo stesso modo, i fantasmi sono noti per gli inquietanti sdoppiamenti, come le gemelle di Shining, e per gli eccessi inquietanti: sciami neri di mosche, una strage di corvi, voci dal nulla. Così, è strano passeggiare dietro un grande magazzino, oltre le banchine di carico, e trovare cassonetti pieni di cibo perfettamente commestibile o di prodotti di consumo in confezione che, a quanto pare, non sono stati venduti e ora sono destinati alla discarica.
In The Weird and the Eerie, Mark Fisher ha scritto di come queste sensazioni inquietanti si riferiscano a cose al di fuori della nostra percezione – qualcosa di spettrale, che sfida una descrizione completa. Velate e ultraterrene, queste infestazioni indicano ciò che Fisher ha definito in modo evocativo «lo spettro di un mondo che potrebbe essere libero». Fisher, che ha lottato per tutta la vita contro la depressione clinica, si è tolto la vita nel 2017, ma il suo lavoro continua a essere un antidoto alla disperazione – in particolare la sua ultima proposta di libro, intitolata, scherzosamente, Acid Communism.
Oltre lo specchio del realismo capitalista
L’opera più famosa di Fisher rimane Realismo capitalista.
OttolinaTV: Il woke si inchina a Trump: si prepara la fine dell’Ue
Il woke si inchina a Trump: si prepara la fine dell’Ue
di OttolinaTV
Pensavate fossero sofisticate strategie geopolitiche e, invece, era la solita tamarrata hollywoodiana; la grande rivoluzione che ha spazzato via in quattro e quattr’otto il vecchio pensiero unico dell’establishment liberale (impersonificato da rimbamBiden) con i miliardari del popolo Trump e Musk, alla fine si sta rivelando come il più trito e ritrito dei copioni: sbirro buono contro sbirro cattivo, il classico dei classici. Anche se, a questo giro, la sequenza è invertita e già qui sorge il primo problema: di solito, infatti, ogni interrogatorio che si rispetti inizia col cattivo, quello che con le regole ci si pulisce il culo e che ti prende a pizze. E, se non cedi, ecco allora che arriva quello buono: fa il comprensivo, ti fa sentire a casa, te ti lasci un po’ andare e zac, ti fotte. Qui, invece, siamo partiti da quelli buoni, anzi, quelli democratici, come si fanno chiamare (addirittura progressisti, a volte); lascia perdere che forniscono i missili per sterminare i bambini rintanati dentro un ospedale, o che armano fino ai denti battaglioni formati da energumeni di due metri con più svastiche e croci celtiche tatuate che denti: mica lo fanno perché so’ stronzi! E’ che sono costretti; d’altronde, di fronte alle minacce alla democrazia e al progresso, sono il male minore e, tra una lettura di Kant e l’altra, hanno imparato a rispettare le regole. Vabbeh, le regole… Non esageriamo; diciamo LA regola, l’unica che conta davvero: quella del Marchese del Grillo.
Ora, sarà perché quando parti subito con lo sbirro buono il giochino non funziona, oppure perché questo sbirro buono recitava troppo male e l’hanno sgamato subito tutti, oppure perché – banalmente – con questi imputati lo sbirro buono non aveva nessuna chance a prescindere, fatto sta che, stringi stringi, il giochino non ha funzionato. Trump lo ripete continuamente da anni: mica pensavate davvero di scoraggiare degli energumeni come Putin, Xi o Kim co’ ste fregnacce! Co’ quelli altro che sbirro cattivo ce vo’! In estrema sintesi, la geopolitica trumpiana sta tutta qui: dalle dichiarazioni sull’annessione di Canada, Groenlandia e Panama, alle minacce di dazi del 100% per chiunque si azzarda a commerciare con valute diverse dal dollaro, passando per Musk che dà il pieno sostegno a qualsiasi nazistello si presenti alle elezioni nei Paesi vassalli, lo scopo, piano piano, diventa sempre più chiaro e perfettamente razionale.
Fulvio Grimaldi: Quale tregua?
Quale tregua?
Gaza, chi vince e chi perde
di Fulvio Grimaldi
Dal mio canale youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=8IGukEUNeco
A Gaza i sopravvissuti, il milione e 900.000 senza casa su 2,1 milioni, coloro che hanno perso 70.000 congiunti e amici e ne perderanno altre decine di migliaia, festeggiano a buona ragione la cessazione, anzi la sospensione, del genocidio.
Sospensione? Chissà. Non per coloro che stanno morendo di fame, malattie, ferite perché privi di assistenza sanitaria dato che i presidi sanitari sono tutti rasi al suolo o inoperativi perché danneggiati e privati di sanitari e medici ammazzati o carcerati. Sospensione? Non per chi vive nelle enormi tendopoli piazzate nel fango, al freddo, sotto la pioggia, o nei campi al 75% non più coltivabili dopo il passaggio dei carri armati, delle ruspe, delle bombe, o perché non più praticabili vista la distruzione del 90% delle strade. Non per chi non avrà più istruzione e quindi strumenti di lavoro e vita, dato che il 90% delle scuole non esiste più.
Una tregua per sopravvivere tra i 40 milioni di tonnellate di detriti, pieni di amianto, del 70% delle costruzioni distrutte e di 7.500 tonnellate di ordigni inesplosi. Per sopravvivere, uno su cinque, alla mancanza di cibo, di cui il 96% bambini e rispettive madri.
Francesco Piccioni: L’oligarchia miliardaria della ‘Nuova Era’
L’oligarchia miliardaria della ‘Nuova Era’
di Francesco Piccioni
E’ stato necessario attendere il suo discorso d’addio alla presidenza e alla vita politica attiva per poter sentire una parola di Biden che non fosse aria fritta o sostegno a regimi criminali/genocidi.
“Un’oligarchia sta prendendo forma in America, composta da estrema ricchezza, potere e influenza, che minaccia letteralmente l’intera democrazia, i nostri diritti fondamentali, la libertà e la possibilità di garantire a tutti un’opportunità equa”.
Siccome è pur sempre il pallido terminale dell’establishment che da tempo immemore occupa tutte le posizioni rilevanti ai vertici degli Usa, il vecchio rimbambito è rimasto concentrato a sufficienza per non fare nomi. Ma il contesto è tale non lasciare molti dubbi su chi siano i principali oligarchi che da qualche anno (almeno tre decenni) stanno concentrando nelle proprie mani un potere tale da non avere confronti con quello del passato.
Non c’è soltanto un neo-vecchio presidente che di mestiere ha sempre fatto lo speculatore immobiliare, specializzato soprattutto in abusi debiti e ricatti, e non c’è neanche solo Elon Musk, ormai classificato ‘uomo più ricco del mondo’ (anche se la stima delle sue ricchezze risente delle quotidiane oscillazioni di valore delle azioni che possiede).
I giornali Usa sono pieni da settimane con i nomi di straricchi che stanno traslocando dalla tifoseria “liberal” a quella trumpiana, pur avendo detto sempre peste e corna del mondo “Maga” (“make America great again”), giustamente identificato con il buzzurrame complottista, evangelico, suprematista bianco (col Ku Klux Klan in gran spolvero), ma ora capace di conquistare anche coloured di tutte le origini e sfumature.
Chris Hedges: La farsa del cessate il fuoco
La farsa del cessate il fuoco
di Chris Hedges per Scheerpost del 16 gennaio 2025
Israele, per decenni, ha giocato a un gioco ingannevole. Firma un accordo con i palestinesi che deve essere attuato in fasi. La prima fase dà a Israele ciò che vuole, in questo caso il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza, ma Israele di solito non riesce a implementare le fasi successive che porterebbero a una pace giusta ed equa. Alla fine provoca i palestinesi con attacchi armati indiscriminati per vendicarsi, definisce la risposta palestinese come una provocazione e abroga l’accordo di cessate il fuoco per ricominciare il massacro.
Se questo ultimo accordo di cessate il fuoco in tre fasi verrà ratificato, e non c’è certezza che ciò accadrà da parte di Israele, mi aspetto che sarà poco più di una pausa per i bombardamenti dell’insediamento presidenziale in America. Israele non ha alcuna intenzione di fermare la sua giostra di morte.
Il governo israeliano ha rinviato il voto sulla proposta di cessate il fuoco mentre continua a martellare Gaza. Almeno 81 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore.
La mattina dopo l’annuncio di un accordo di cessate il fuoco, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato Hamas di aver rinnegato parte dell’accordo “nel tentativo di estorcere concessioni dell’ultimo minuto”. Ha avvertito che il suo gabinetto non si riunirà “finché i mediatori non notificheranno a Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell’accordo”.
Giuseppe Masala: Lo (strano) tandem Biden-Trump
Lo (strano) tandem Biden-Trump
di Giuseppe Masala
Le ultime mosse dell’Amministrazione Biden prima del 20 gennaio mostrano un chiaro segnale
Più si avvicina il 20 Gennaio, quando sarà inaugurata a Washington la seconda amministrazione Trump, tanto più si riescono a delineare quali saranno le linee di tendenza della politica USA sopratutto in materia di politica estera e militare.
Possiamo affermare questo sia dalle azioni che sta portando a termine l’amministrazione Biden, che non possono non essere state concordate con Trump e il suo “team per la transizione”. Si tratta di azioni che – come vedremo – sono di estrema rilevanza politica ed economica che impegneranno la prossima amministrazione Trump; conseguentemente possono essere fatte solo se preventivamente concordate.
Non basta; stupiscono anche alcune procedure accelerate, come per esempio l’analisi dei nuovi ministri che devono passare il fuoco di sbarramento delle commissioni parlamentari. Queste operazioni sono già iniziate, nonostante formalmente l’amministrazione Trump entrerà in carica solo il 20 Gennaio; segno questo che il gabinetto del magnate newyorkese dovrà essere pienamente in carica il prima possibile per prendere immediate disposizioni evidentemente della massima importanza. Una situazione questa che chiarisce come gli Stati Uniti vivano questa fase storica come un periodo di assoluta emergenza (se non direttamente di guerra), da affrontare dunque con procedure straordinarie e accelerate.