Rassegna 03/02/2025
Gianni Fresu: Stato e rivoluzione. Problemi filosofico politici della trasformazione in un mondo al collasso
Stato e rivoluzione. Problemi filosofico politici della trasformazione in un mondo al collasso
di Gianni Fresu (Università di Cagliari)
Introduzione
In termini di profondità e dirompenza, i drammatici avvenimenti internazionali che travolsero il mondo tra il 1914 e il 1918 esemplificano come poche altre epoche storiche cosa si intenda per «crisi organica». Ciò vale particolarmente per la Russia sconquassata dalle molteplici conseguenze di una guerra disastrosa che, acutizzando i problemi strutturali di questo immenso Paese, portò al clamoroso crollo dell’impero zarista nel febbraio 1917. Dobbiamo la conoscenza di quanto accadde nella caotica Russia post-rivoluzionaria soprattutto al talento di tre grandi scrittori che, come ha scritto Ronald W. Clark, del loro soggiorno russo non lasciarono soltanto freddi resoconti di cronaca giornalistica. Tre narratori di eccezione come M. Philips Price, Arthur Ransome e John Reed, infatti, descrissero con vividi affreschi le immagini decadenti di un vecchio mondo che moriva, volgendo al contempo la propria curiosa attenzione verso i primi vagiti di quello nuovo che tentava disperatamente di nascere. Anche grazie a loro è stato possibile ricostruire il ruolo politico di Lenin in uno scenario per molti versi grottesco, nel quale, a causa di una guerra sconsiderata, la stragrande maggioranza della popolazione viveva nella miseria più assoluta e pativa la fame, mentre per ristrette fasce di popolazione nulla era cambiato.
«A Pietrogrado, all’Hotel Europa, c’era ancora Jimmy, del Waldorf-Astoria di New York, che continuava a servire i suoi cocktail. La Karsavina danzava ancora Il lago dei cigni davanti a platee rapite e Šaljapin continuava a deliziare i suoi ascoltatori in immacolati abiti da sera. Benché le riserve di viveri si facessero sempre più scarse, la maggior parte dei ristoranti di lusso non solo era aperta, ma faceva affari d’oro. Lo stesso avveniva per i teatri e i cabaret, anche se alle loro porte si svolgevano dimostrazioni e controdimostrazioni che spesso degeneravano in tumulti»1.
Francesco Cappello: Ricerca Profonda. La rivincita dell’Open Source
Ricerca Profonda. La rivincita dell’Open Source
di Francesco Cappello
DeepSeek è un modello di intelligenza artificiale cinese che sta sfidando con successo i colossi tecnologici americani e che rischia di bucare la bolla dell’HiTech statunitense gonfiata a dismisura dalle big three, i grandi fondi di investimento USA. Possibili vendite allo scoperto da parte di grandi player finanziari.
Il modello di IA cinese gratuito e Open Source ha raggiunto prestazioni elevate in tempi brevi e con un budget limitato, scuotendo il panorama dell’IA a livello globale
Tanto con poco
DeepSeek è stato sviluppato da un team cinese [1] con un investimento di soli 5 milioni di dollari, un importo notevolmente inferiore rispetto ai miliardi spesi da aziende come Open AI, Google e Meta. Nonostante ciò, DeepSeek ha superato modelli come GPT-4 di OpenAI e Claude 3.5 Sonnet di Antropic, specialmente in matematica e coding (in particolare, DeepSeek V3 ha raggiunto un’accuratezza del 51.6% in matematica e coding, rispetto al 23.6% di GPT-4o e il 20.3% di Claude 3.5).
Questo è stato possibile grazie a un’architettura chiamata mixture of experts – che riduce i costi computazionali – e ad altre tecniche innovative di addestramento, come il dual pipe and computation communication overlap (l’utilizzo di floating point 8 anziché 32 e la previsione di due token successivi invece di uno. Inoltre, DeepSeek è stato addestrato con sole 2000 schede video H800, mentre altri modelli hanno richiesto oltre 100.000 schede).
La rivincita dell’Open Source. Comunità cooperanti
Un aspetto fondamentale di DeepSeek è la sua natura open source (OS), che permette a chiunque di studiare, utilizzare e migliorare il modello. Questo approccio che è utile approfondire qui di seguito, si contrappone alla strategia delle grandi aziende tecnologiche che custodiscono gelosamente le loro tecnologie. La disponibilità del codice sorgente di DeepSeek sta abbassando le barriere all’innovazione e spostando il potere dai giganti dell’IA a una comunità globale di sviluppatori.
Alessio Mannino: Dizionario minimo anti-Trump, il nemico che ci voleva
Dizionario minimo anti-Trump, il nemico che ci voleva
di Alessio Mannino
1: dal tecno-cretinismo a Luigi Mangione
Occidente. Liberismo. Nazione. Atlantismo. Democrazia. Razzismo. Élite. Le categorie con cui abbiamo finora interpretato la realtà sono state travolte dalla valanga trumpiana. Sarebbe da riscrivere un intero vocabolario ermeneutico, dopo la conquista della Casa Bianca da parte di The Donald. I primi 100 decreti immediati – uno “tsunami”, li ha definiti il suo ex stratega Steve Bannon – danno un quadro già abbastanza chiaro dell’onda d’urto che si abbatterà non solo sugli Stati Uniti e sul mondo ma anche, più in profondità, sui nostri paradigmi.
Qui mi proverò nel tentativo di una guida minima, pubblicata in tre parti in rigoroso disordine alfabetico. Un abbozzo di critica del pregiudizio riguardante alcune verità ormai consunte. Una critica, in parte, che è anche salutare autocritica. Di seguito, la prima parte.
Democrazia (rappresentativa delle élites, fino a un certo punto)
Non è più vero, o non necessariamente, che il voto alle elezioni sia un passaggio residuale, poco incisivo e non dirimente, rispetto alle decisioni che piovono dall’alto, nelle cabine di regìa dove si fanno e si disfano i veri giochi. Il potere, beninteso, passa regolarmente di mano in mano entro ristrette cerchie che si spartiscono il controllo delle forze istituzionali, economiche, militari e culturali. La paretiana circolazione delle élites è sempre viva e prospera, in ossequio alla legge ferrea dell’oligarchia. Ma se il consenso delle urne esprime un vincitore netto, leader incontrastato della propria fazione che riflette su di sé un campo di egemonia largamente diffusa, allora il rito elettorale può fare la differenza.
È l’identikit di Trump, che tornato da trionfatore nello Studio Ovale con una legittimazione fortissima, è oggi nelle condizioni di parlare, come vedremo, da pari a pari perfino con l’uomo più ricco del pianeta, Elon Musk.
comidad: Craxi fu fatto fuori da un golpe finanziario, non giudiziario
Craxi fu fatto fuori da un golpe finanziario, non giudiziario
di comidad
La fintocrazia trova il suo momento più epico non nello scontro tra destra e sinistra, bensì nella diatriba tra politica e magistratura. La riforma Nordio va stranamente a coincidere con la ricorrenza della morte di Bettino Craxi, colui che una certa vulgata presenta come il martire più illustre del “colpo di Stato giudiziario” del pool di PM milanesi detto “Mani Pulite”; un golpe che sarebbe avvenuto tra il 1992 e il 1993. Purtroppo il gioco delle parti impone che questa narrativa non venga contrastata entrando nei dettagli storici, perciò all’immagine dell’esule perseguitato, rifugiatosi ad Hammamet come a suo tempo Giuseppe Mazzini, si contrappone l’altrettanto acritica versione sul latitante che sfugge ai processi per mazzette. Un articolo sul quotidiano online Linkiesta si compiace del fatto che il presidente Mattarella abbia scavalcato le timidezze nella rivisitazione della figura di Craxi per mettere in evidenza l’opera dello “statista”. Ovviamente siamo sul piano delle chiacchiere; infatti l’articolo si impantana in un calderone di considerazioni inconcludenti sugli esiti politici della fine di Craxi, infilandoci i fumi del “populismo” e persino Giuseppe Conte, il che è quanto dire.
Peccato che tredici anni fa proprio il quotidiano Linkiesta abbia pubblicato un articolo che, sebbene fuorviante nel titolo, riportava qualche fatto che smentisce l’attuale pantomima che si svolge sulle spoglie di Craxi. Il 29 aprile 1993 la Camera respinse la richiesta di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi.
Scott Ritter: Il piano fallimentare di Trump per l’Ucraina
Il piano fallimentare di Trump per l’Ucraina
di Scott Ritter per Consortium News
“Le maniere forti”: le manipolazioni dei prezzi del petrolio proposte dall’inviato speciale Keith Kellogg contro la Russia devasterebbero di fatto la produzione di petrolio e l’economia degli Stati Uniti
“Non sto cercando di danneggiare la Russia”, ha dichiarato recentemente il presidente Donald Trump in una dichiarazione pubblicata sul suo account TruthSocial. “Amo il popolo russo e ho sempre avuto un ottimo rapporto con il presidente Putin”. Trump, tuttavia, proviene dalla scuola dell’”amore duro”, in cui per ottenere i risultati desiderati viene applicata una punizione. E la punizione era nei pensieri di Trump mentre esprimeva il suo amore e la sua ammirazione per il popolo russo e il suo leader, Vladimir Putin.
“Farò un grande favore alla Russia”, ha scritto Trump, “la cui economia sta fallendo, e al presidente Putin. Fate ora un accordo e FERMATE questa ridicola guerra! CHE NON FARÀ ALTRO CHE PEGGIORARE”.
A parte lo strano uso delle maiuscole, si potrebbe supporre che se si esprime pubblicamente il proprio amore, si voglia anche essere sicuri che i fatti corrispondano alla realtà delle proprie dichiarate intenzioni amorose. Altrimenti, ci si ritroverà a vivere in un mondo fantastico da voi costruito, popolato non dai vostri presunti amanti, ma piuttosto dalle figure della vostra immaginazione.
Vincenzo Brandi: Si riaccende la guerra in Congo. Una tragedia dai risvolti neo-colonialisti quasi dimenticata
Si riaccende la guerra in Congo. Una tragedia dai risvolti neo-colonialisti quasi dimenticata
di Vincenzo Brandi
Tra le notizie riportate dai nostri mass media è comparsa anche la segnalazione del riaccendersi della guerra nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. I ribelli della formazione M23, sostenuti dall’esercito del Rwanda, si sono impossessati della città di Goma, capoluogo della regione del Nord Kivu e massima città del Congo orientale.
Il Congo è un paese dell’Africa equatoriale grande quasi 8 volte l’Italia e con oltre 100 milioni di abitanti. ? un paese di enormi ricchezze agricole e soprattutto minerarie, per cui è stato sempre una preda ambita dal colonialismo europeo e dall’imperialismo occidentale. Il suo sottosuolo è ricco di rame, cobalto, oro, diamanti, uranio, ma soprattutto – nelle regioni orientali – del prezioso Coltan, un minerale utilissimo per la costruzione di apparecchiature elettroniche di largo uso.
Dal 1885 al 1906 il Congo fu una proprietà personale del re del Belgio Leopoldo II, che impose un regime di terrore e spietato sfruttamento che causò milioni di morti (ampiamente documentati in vari studi). Divenne poi una colonia dello stato belga fino al 1960 quando ottenne l’indipendenza sotto la direzione dello sfortunato eroe della liberazione: Patrice Lumumba. Subito dopo Lumumba venne assassinato dal corrotto capo dell’esercito Mobutu, manovrato prima dal Belgio e poi dagli USA, che divenne il dittatore del paese fino al 1996.
Alberto Giovanni Biuso: Poveri
Poveri
di Alberto Giovanni Biuso
«Lo spettacolo di Antonio Latella è strutturato in sette quadriglie, quattro nella prima parte e tre nella seconda. A turno, gli attori interpretano i ruoli del Povero, del Poliziotto, del Muto e del Cavallo. La rotazione avviene quando qualcuno dei personaggi pronuncia la parola segno».
Così il Programma di sala (p. 7) sintetizza quanto avviene sulla scena. È esatto ma c’è molto altro. Zorro è infatti la testimonianza di un fallimento e di un vicolo cieco. Latella e Bellini appaiono alla disperata ricerca di un modo, di tanti modi, per migliorare il mondo. Da teatranti lo fanno con la parola del testo e con il corpo dei quattro attori. I quali sono abbigliati alla Elvis e uno (Isacco Venturini) è anche un ottimo cantante. Tutti si mettono a ballare musica pop appena uno di loro pronuncia inavvertitamente la parola «segno». Il segno di Zorro, la Z. Balli un poco patetici, a dire la verità. Nelle varie scene/quadriglie gli attori si scambiano appunto i ruoli ma pronunciano sempre lo stesso tipo di discorso, oscillante (anche paurosamente) tra la satira, la denuncia, il turpiloquio, l’omelia.
Torna soprattutto ossessiva una parola, che è la parola di questo spettacolo: povero. ‘Povero’ e ‘poveri’ verrà pronunciato centinaia di volte. Una sola volta, invece, se ho seguito bene, viene enunciata la parola ‘proletari’. Quest’ultimo termine indica una condizione di classe determinata dai modi di produzione e dai rapporti produttivi. È parola quindi politica ed economica. ‘Povero’ invece è un antico termine intriso di moralismo e buoni sentimenti. Una parola non soltanto del tutto innocua ma, assai di più, una parola complice dell’iniquità.
Maurizio Brignoli: Gli interessi economici dietro la caduta della Repubblica araba siriana
Gli interessi economici dietro la caduta della Repubblica araba siriana
di Maurizio Brignoli*
Dietro alle vicende siriane, e non ci riferiamo solo alla recente e repentina caduta di Assad bensì alle origini della guerra nel 2011, vi sono importanti elementi strutturali che meritano di essere presi in considerazione.
Gasdotti e oleodotti
La Siria non occupa una posizione strategica solo per l’Asse della resistenza, che ha infatti subito un duro colpo dato che la caduta del (legittimo) governo siriano aumenta le difficoltà di Teheran nel rifornire di armi Hizballah, ma ha una rilevanza per i diversi progetti, prioritario su tutti quello dell’imperialismo statunitense (con collaborazione dell’imperialismo regionale israeliano) di ridisegnare il Medioriente, che hanno contribuito prima allo scoppio del conflitto nel 2011 e poi all’abbattimento della Repubblica araba siriana tredici anni dopo.
A cavallo fra il 2009 e il 2010 sono stati scoperti nel Mediterraneo orientale giacimenti di gas e petrolio in grado di garantire per 50 anni le riserve mondiali di energia fossile. La conseguente strategia delineata dall’imperialismo occidentale è stata quella di pensare a come sfruttare questi giacimenti in modo da eliminare la dipendenza energetica europea dai rifornimenti provenienti dalla Russia[1], mentre il capitale russo correva ai ripari stipulando una serie di accordi con i paesi rivieraschi (Siria, Libano, Israele, Gaza, Egitto, Turchia e Cipro) per costruire nuove infrastrutture con lo scopo di indirizzare il flusso energetico verso i mercati asiatici puntando al duplice obiettivo di conquistare nuovi clienti e mantenere la posizione egemonica nel rifornire l’Europa. Gli altri paesi interessati alla realizzazione di nuovi corridoi energetici non restavano con le mani in mano, nello specifico per quanto riguarda la Siria nel 2009 il Qatar (potendo anche contare sulla messa fuorigioco dei rifornimenti iraniani all’Europa grazie alle sanzioni) aveva progettato un gasdotto di 5.000 chilometri lungo la direttrice Qatar-Arabia Saudita-Giordania-Siria-Turchia-Ue che avrebbe permesso a Doha di raggiungere più economicamente e rapidamente il mercato europeo al posto del trasporto via nave evitando al contempo le pericolose strozzature dello stretto di Hormuz (facilmente bloccabile dagli iraniani in caso di conflitto), all’Ue di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia e alla Turchia di intascare le tasse di transito.
Alberto Bradanini: L’alba di un nuovo equilibrio globale
L’alba di un nuovo equilibrio globale
di Alberto Bradanini
L’impero americano sarà l’ultimo della storia, ma Pechino non intende sostituirsi agli Usa quale dominus unipolare. La via cinese allo sviluppo – stabilità sociale, economia di mercato vigilata, controllo pubblico delle risorse – è un incubo per il capitalismo occidentale
I bolscevichi giungono alla vittoria persuasi di costituire il primo capitolo della rivoluzione proletaria universale, in un paese dove gli operai erano una sparuta minoranza rispetto ai contadini/schiavi dell’impero zarista.
La Cina tra Usa e Urss
Scomparso Lenin e dovendo sopravvivere come avamposto socialista sotto assedio, l’Unione Sovietica di J. Stalin accetta di convivere col mondo borghese in attesa di quella palingenesi proletaria che tuttavia si allontana sempre più. Il vanificarsi di tale speranza avrebbe portato alla russificazione del comunismo, che Mao Zedong, alla fine degli anni ’50, accuserà di esser divenuta l’avamposto dell’imperialismo russo mascherato da internazionalismo proletario.
In Cina, l’aspirazione alla palingenesi sociale si accompagna sin dagli esordi alla lotta contro colonialismo e imperialismo, prima britannico/occidentale, poi giapponese. Nel 1949, sconfitti il Kuomintang e gli americani, l’urgenza è quella di ricostruire un paese sterminato e arretrato, obiettivo che implica stabilità politica. In tali circostanze, il comunismo cinese non può certo impegnarsi in un’ipotetica rivoluzione proletaria universale. Mao era poi persuaso che entrambi, Stati Uniti e Unione Sovietica, puntassero a comprimere la sovranità della Cina, i primi per ragioni imperialistiche, la seconda per consolidare la leadership in seno alla galassia comunista. Lo strappo con l’Urss si consuma nel ‘59 con il rifiuto di Krusciov di fornire a Pechino la tecnologia per l’arma atomica, secondo Mosca perché questo avrebbe impedito la distensione con l’Occidente, in realtà perché ciò avrebbe reso la Cina ancor più svincolata dall’Unione Sovietica.
Nel 1969, con gli incidenti sull’Ussuri si giunge a un passo da un conflitto aperto. Il rischio d’isolamento e le tensioni con l’Urss, dunque, convincono Mao ad assecondare l’intento di Washington di giocare la carta cinese in funzione antisovietica, mentre a sua volta guarda all’ingresso della Cina alle N.U.[i] al posto di Taiwan (obiettivo poi raggiunto il 25 ottobre 1971).
Michael Roberts: L’intelligenza artificiale sta diventando DeepSeek
L’intelligenza artificiale sta diventando DeepSeek
di Michael Roberts
La maggior parte dei lettori ormai conoscerà la notizia. DeepSeek, un’azienda cinese di intelligenza artificiale, ha rilasciato un modello di intelligenza artificiale chiamato R1 che è paragonabile in termini di capacità ai migliori modelli di aziende come OpenAI, Anthropic e Meta, ma è stato preparato a un costo radicalmente inferiore e utilizzando chip GPU meno all’avanguardia. DeepSeek ha anche reso pubblici dettagli sufficienti del modello affinché altri possano eseguirlo sui propri computer senza costi.
DeepSeek è un siluro che ha colpito le magnifiche sette aziende hi-tech statunitensi sotto la linea di galleggiamento. DeepSeek non ha utilizzato i chip e il software Nvidia più recenti e migliori; non ha richiesto grandi spese per addestrare il suo modello di intelligenza artificiale a differenza dei suoi rivali americani; e offre altrettante applicazioni utili. DeepSeek ha costruito il suo R1 con i chip Nvidia più vecchi e lenti, che le sanzioni statunitensi avevano consentito di esportare in Cina. Il governo statunitense e i titani della tecnologia pensavano di avere il monopolio nello sviluppo dell’intelligenza artificiale a causa degli enormi costi coinvolti nella realizzazione di chip e modelli di intelligenza artificiale migliori. Ma ora R1 di DeepSeek suggerisce che le aziende con meno soldi possono presto gestire modelli di intelligenza artificiale competitivi. R1 può essere utilizzato con un budget limitato e con una potenza di calcolo molto inferiore. Inoltre, R1 è bravo quanto i rivali nell’inferenza, il gergo dell’intelligenza artificiale per quando gli utenti mettono in discussione il modello e ottengono risposte. E funziona su server per tutti i tipi di aziende in modo che non debbano “affittare” a prezzi enormi da aziende come OpenAI. La cosa più importante è che R1 di DeepSeek è “open source”, ovvero i metodi di codifica e formazione sono aperti a tutti per essere copiati e sviluppati. Questo è un vero colpo ai segreti “proprietari” che OpenAI o Gemini di Google rinchiudono in una “scatola nera” per massimizzare i profitti. L’analogia qui è con i prodotti farmaceutici di marca e generici.
Dante Barontini: La “democratura” di Meloni, o l’Occidente 2.0
La “democratura” di Meloni, o l’Occidente 2.0
di Dante Barontini
Dopo esserci abboffati di talk show monotematici e ricostruzioni giornalistiche di diverso orientamento, ci sembra di poter dire che il nuovo “caso Meloni” sia abbastanza semplice.
L’ex ragazza del Movimento Sociale almirantiano, oggi primo ministro (e prima donna in tale ruolo), nonché al momento unica abbastanza salda sulla sedia tra i premier europei, per di più simpaticamente ammessa alla corte di Musk e Trump insieme a Milei, ha ricevuto dal Procuratore capo di Roma – Francesco Lo Voi – la segnalazione di essere stata iscritta nel registro degli indagati in seguito alla denuncia presentata da un privato cittadino, per quanto “speciale”: l’avvocato Luigi Li Gotti. La cronaca dei fatti è ricostruita fedelmente in questo altro articolo.
I reati contestati dall’avvocato sono favoreggiamento personale (nei confronti del generale libico Najeen Osama Almasri) e peculato (per l’uso dell’aereo di Stato utilizzato dai servizi segreti per rimpatriarlo). A farle compagnia sono i ministri della giustizia Carlo Nordio, quello dell’interno Piantedosi e il sottosegretario Mantovano (che ha la delega ai servizi segreti).
Di certo non è un “avviso di garanzia” e non si tratta di una iniziativa della magistratura.
Quindi su questo punto Meloni mente. Punto.
L’avvocato Li Gotti, peraltro, dovrebbe essere una sua vecchia conoscenza in quanto era stato come lei un militante del Movimento Sociale almirantiano, poi traslocato ovviamente in Alleanza Nazionale e infine approdato in Italia dei Valori (finto partito personale dell’ex commissario di polizia Antonio Di Pietro, protagonista dell’operazione di lawfare chiamata “Mani pulite”) giusto in tempo per fare il sottosegretario in un governo Prodi.
Giuseppe Masala: Il “momento Sputnik” della Cina
Il “momento Sputnik” della Cina
di Giuseppe Masala
Il 4 Ottobre 1957 è passato alla storia come il “momento Sputnik” che ha dato il via alla corsa verso lo spazio tra USA e URSS. Tutto questo a causa proprio del fatto del lancio del primo satellite artificiale Sputnik 1 da parte dei sovietici; un fatto questo che metteva in discussione la superiorità tecnologica degli Stati Uniti. A quasi settanta anni di distanza, sembra che la storia stia per ripetersi.
Il nuovo campo di sfida è quello dell’Intelligenza Artificiale nel quale gli Stati Uniti hanno il dominio fin dalla nascita di questa disciplina che avvenne nel 1956 con il celebre convegno del Dartmouth College al quale parteciparono i maggiori studiosi dell’epoca in questo campo, come Shannon, Minsky, Simon, Newell e McCarthy (scusate se mi dilungo facendo troppe citazioni ma talvolta è davvero difficile fare esclusioni, NdR).
Eppure nonostante gli Stati Uniti siano partiti con un vantaggio siderale quantificabile sull’ordine dei decenni rispetto agli altri Paesi, siamo arrivati al punto in cui è emerso un competitor formidabile per i grandi colossi High-Tech americani; l’Impero di Mezzo, la Cina.
Questa sfida, ormai in corso da anni, ha però avuto una accelerazione spettacolare in appena una settimana. Giusto il 21 gennaio 2025, Donald Trump, annunciò in pompa magna l’avvio del progetto Stargate, che ha l’ambizione di creare la più avanzata infrastruttura (dai Data Center ai Super Computer) e così dare agli USA un vantaggio incolmabile rispetto al resto del mondo nel settore dell’Intelligenza Artificiale.
Elena Basile: Quale memoria?
Quale memoria?
di Elena Basile
Nel dibattito pubblico relativo alla politica internazionale regna la confusione, come se la logica avesse abbandonato il mondo degli umani e il linguaggio divenisse sempre più ambivalente. Gli esempi sono molteplici. Il Parlamento Europeo, che, come sappiamo, non è un organo legislativo, è privo di iniziativa legislativa e di partiti transnazionali, obbedendo alle direttive di un esecutivo miope e asservito alle oligarchie, espressione del deficit democratico dell’UE, ed equipara i simboli nazisti alla falce e martello comunista. Come ci insegna Luciano Canfora, nella ricostruzione storica è sbagliato mettere sullo stesso piano Hitler e Stalin, ma possiamo comprendere che i campi di concentramento nazisti siano in qualche modo simili nella violenza totalitaria alle purghe e ai gulag. Risulta tuttavia inquietante che non si faccia la differenza tra una ideologia nazista e razzista, basata sul disprezzo del debole e del malato, prona a giustificare il predominio della razza più forte, e il sogno comunista di un mondo senza classi e ingiustizie sociali, in grado di dare a tutti secondo i loro bisogni. Da un lato un mondo distopico e aberrante, dall’altro una utopia di stampo evangelico. Non si nega che le due ideologie avevano in comune la mancanza della protezione dei diritti individuali contro un’idea che li sorpassa, e possedessero quindi germi totalitari, né si dimentica che le loro realizzazioni sono state una sconfitta per la storia democratica dell’umanità. Il concreto agire della storia si allontana sempre dai suoi archetipi: la Chiesa dai suoi precetti, gli Stati dalle Costituzioni.
Paolo Bartolini: Il momento pandemico e il nuovo tecnofascismo
Il momento pandemico e il nuovo tecnofascismo
di Paolo Bartolini
Sto leggendo in questi giorni – segnati dall’affermarsi ufficiale nell’immaginario collettivo di una tendenza fascioliberista esplicita, quella delle nuove destre o tecno-destre (ovviamente in riferimento tanto al tandem Trump/Musk quanto ai cultori di un tecno-entusiasmo volontaristico e individualista di marca transumanista e reazionaria: bizzarra amalgama adatta ai nostri tempi paradossali) – un bel libro di Franco Bifo Berardi del 2022, intitolato “Il terzo inconscio”. Al cuore della sua analisi la crisi pandemica e le sue contraddizioni. Sarebbe lunga commentare, criticare o abbracciare segmenti di questa riflessione ardita di un noto pensatore radicale. Ne faccio cenno solo per dire dell’atmosfera mentale all’interno della quale ha preso forma quanto sto per esprimere sinteticamente. Uno dei miei “cavalli di battaglia” è il fatto che il tecno-capitalismo sia un sistema che produce traumi psicosociali e attiva, di conseguenza, difese psichiche arcaiche connotate dal meccanismo della dissociazione. Ragione e sentimento, mente e corpo, si separano, diventano quasi incomunicanti. Prevalgono polarizzazioni ed estremizzazioni, articolate poco e male sul versante razionale.
Personalmente ho lottato, in questo passaggio caotico della nostra storia collettiva, cercando una posizione meditata, rinunciando a entrare in una o l’altra delle curve delle due tifoserie da stadio che si sono fronteggiate. La mia opinione sulla pessima gestione dell’emergenza sanitaria è maturata per stadi. Non ho avuto mai una visione rigidamente ideologica.