Rassegna 11/03/2025
Domenico Moro: Il riarmo UE tra indipendenza dagli USA e keynesismo militare
Il riarmo UE tra indipendenza dagli USA e keynesismo militare
di Domenico Moro
Dwight Eisenhower, presidente degli Stati Uniti, nel 1961 denunciò il pericolo rappresentato dal “complesso militare-industriale”, riferendosi all’intreccio di interessi tra l’industria bellica, i rappresentanti del Congresso e le Forze Armate, che poteva condizionare profondamente la politica statunitense. Pochi anni più tardi, nel 1966, uscì un importante lavoro di due economisti statunitensi, Baran e Sweezy, intitolato Il capitale monopolistico. Saggio sulla struttura economica e sociale americana, nel quale si dimostrava che solo grazie alla spesa militare e all’industria bellica il capitalismo Usa poteva contrastare la sua crisi e contenere la disoccupazione.
In sostanza, la spesa bellica (e ancora di più le guerre) rappresentano una sorta di “keynesismo militare” che, come prevede la versione originale di Keynes, si basa sulla spesa pubblica per sostenere l’economia capitalistica. Soltanto che tale spesa, invece di essere indirizzata verso il settore civile (infrastrutture, Welfare state, ecc.), è indirizzata verso quello militare. La spesa militare rappresenta una tipologia di spesa pubblica che per il capitale è più accettabile, perché i finanziamenti statali vanno direttamente alle imprese e soprattutto perché gli investimenti pubblici non vanno a finanziare un concorrente dell’impresa privata. Ad esempio, un’ampia ed efficiente sanità pubblica rappresenta un pericoloso concorrente per la sanità privata.
Nel 2024 si è registrata una corsa dei fondi di investimento verso il settore della difesa statunitense. La ragione stava nella guerra in Ucraina e nel budget della difesa statunitense che è di gran lunga il più massiccio a livello mondiale, essendo pari a 913 miliardi di dollari (2023) contro i 313 miliardi della Ue, i 296 della Cina e i 109 della Russia[i]. Gli esperti prevedevano che la rielezione di Trump avrebbe determinato un ulteriore aumento della spesa militare, spingendo gli investimenti dei fondi anche nel 2025.
Gianandrea Gaiani: La “coalizione dei volenterosi” di Londra e Parigi affonda Ue e NATO
La “coalizione dei volenterosi” di Londra e Parigi affonda Ue e NATO
di Gianandrea Gaiani
Il summit di Londra che ha riunito molte nazioni europee più NATO, UE e il presidente ucraino per discutere come gestire la situazione dopo la rissa nello Studio Ovale di venerdì scorso tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump ha varato iniziative che appaiono confuse e già col fiato corto.
A parte l’ormai consueto impegno degli europei a spendere di più per la Difesa e ad essere pronti ad “assumersi maggiori responsabilità”, come ha detto il premier britannico Keir Starmer, i punti salienti emersi al vertice di Londra sembrano celebrare più le divisioni tra gli alleati che unità d’intenti.
Francia e Regno Unito hanno avanzato la proposta di una tregua della durata di un mese mentre Starmer ha esposto i punti del piano britannico “volto a porre fine i combattimenti” in Ucraina, precisando che questo piano sarà discusso con gli USA e verrà attuato “insieme” a Washington. I leader presenti al summit hanno concordato su quattro punti.
I quattro punti
Il primo punto prevede di mantenere l’aiuto militare all’Ucraina durante la guerra e aumentare la pressione economica sulla Russia: quindi verranno inasprite le sanzioni a Mosca mentre gli Stati Uniti parlano apertamente di ripristinare relazioni commerciali con Putin. Inoltre è noto che l’Europa non ha più aiuti militari da offrire a Kiev mentre gli Stati Uniti potrebbero bloccare ogni fornitura dopo la lite con Zelensky alla Casa Bianca.
Il secondo punto sostiene che un accordo di pace dovrà garantire la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina che dovrà partecipare ai negoziati. Un punto che meriterebbe chiarimenti poiché la sovranità dell’Ucraina non è mai stata messa in discussione ma nei negoziati è certo che Mosca imponga cessioni territoriali a Kiev. Inoltre, come ha più volte precisato Trump, l’Ucraina non è nelle condizioni di dettare condizioni.
Leo Essen: Chi non lavora non mangia. Critica al programma di Gotha
Chi non lavora non mangia. Critica al programma di Gotha
di Leo Essen
Il lavoro è la fonte di ogni ricchezza, dunque tutto va al lavoro secondo le giuste proporzioni.
Non è vero, dice Marx. Un programma socialista non può permettere a tali espressioni borghesi di sottacere le condizioni che sole danno un senso al lavoro. Tanto valeva copiare tutto Rousseau.
Quali sono queste condizioni, e perché a Gotha si scrive più una sviolinata russoviana che un programma socialista?
Perché non basta parlare dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo per conferire al discorso una pertinenza marxista. Perché c’è un rigore della critica marxista che la distingue da ogni altra critica della miseria, della violenza, dello sfruttamento, che la distingue da una critica del male, di stampo russoviana, di un male che sopraggiunge con la storia, con lo straniero e l’estraniazione, con la violazione di un’innocenza originaria, con una intrusione che violenta e spezza un’intimità e una purezza originarie.
Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è frutto della cultura di tipo occidentale, delle civiltà storiche. L’inizio della storia segna la differenza, la caduta e la decadenza: la partizione tra un mondo innocente e giusto e un mondo ingiusto – il mondo del male. Ciò che sta alla base di ogni russovismo è l’immagine di una comunità immediatamente presente a se stessa, senza differenza, comunità del viso a viso, nella quale tutti i membri vivono nella prossimità del passaparola, del porta a porta, del piccolo villaggio, della trasmissione orale e del contatto vissuto e non corrotto dalla dilazione e dallo strumento, dall’estraniazione -una comunità della volontà presente e vivente. Il terreno dell’autenticità è la relazione di vicinato nelle piccole comunità dove tutti si conoscono (e si controllano). La distanziazione, la dispersione del vicinato, sono la condizione dell’oppressione, dell’arbitrio, del vizio. Gli oppressori fanno tutti lo stesso gesto: rompono la presenza, la compresenza dei cittadini, l’unanimità del popolo radunato, il contatto e la partecipazione diretta: tengono i soggetti sparsi, isolati, nell’impossibilità di vivere nello spazio di una medesima parola, di un solo e medesimo scambio persuasivo, nel soffio di un respiro.
Fulvio Grimaldi: Il 15 marzo per l’Europa di Davos? — Alla deriva sulla nave dei morti — Emergenze di regime: AIDS, terrorismo, Covid, clima, ora Putin
Il 15 marzo per l’Europa di Davos? — Alla deriva sulla nave dei morti — Emergenze di regime: AIDS, terrorismo, Covid, clima, ora Putin
di Fulvio Grimaldi
Sul suo canale Youtube Spettacolino di Fulvio Grimaldi
https://www.youtube.com/watch?v=t06DmEnqTdI
https://youtu.be/t06DmEnqTdI
Dunque, l’umorista spento di cui nel video, fattosi canarino in gabbia dal cinguettio su comando, va facendo delle giravolte. “Ma sì, ma andiamoci lo stesso il 15 marzo per l’Europa… 800 miliardi? Un po’ troppi? Ma non ne abbiamo già speso quasi altrettanti per salvare Ucraina e democrazia ? Su, non formalizziamoci sui numeri…”
Da noi, nell’Italia di ospedali, scuole, università, strade, salari, tutti ottimali, con la dottrina Ursula von Bomben (copy Travaglio), quirinalizzata dal ripetente sul Colle, succede questo: 2025 + 7 miliardi di euro, 2026 +17 miliardi, 2027 +27 miliardi, 2028 + 37 miliardi.
VIVA L’EUROPA A TRAZIONE ARMATA FRANCO-BRITANNICO-TEDESCA, CON VIGORE E BUONUMORE ALLA TERZA GUERRA MONDIALE, MAGARI ATOMICA.
Ora che quei cagasotto di americani hanno mollato l’osso russo per le briciole palestinesi, si torna alle cannoniere di Sua Maestà. Che nostalgia!
Stavolta è la volta buona per il definitivo Grande Reset di Davos. Ce n’è voluto un po’, ma di emergenza in emergenza ci siamo arrivati:
Marco Bersani: La corsa sul cavallo morto
La corsa sul cavallo morto
di Marco Bersani
Dice un proverbio degli indiani Dakota: “Quando il cavallo è morto, la cosa più intelligente da fare è scendere”. Quello che invece viene normalmente fatto è aumentare a dismisura le frustate affinché il cavallo riparta. Credo sia questa la cifra che ha spinto Michele Serra, autore satirico che questa volta si è incredibilmente preso sul serio, a chiamare una piazza per l’Europa, una piazza “emotiva” che esprima “l’orgoglio europeo”. Naturalmente, decine di fantine e di fantini sono immediatamente balzate a cavallo e, dimenticando la saggezza Dakota, hanno iniziato a incitarlo e a spingerlo. Una farsa, se non fossimo immersi nella tragedia.
Nell’immaginario collettivo, l’Unione europea è nata su tre valori fondanti: pace, giustizia sociale, democrazia. Ovviamente, si è sempre trattato di un immaginario intriso di cultura coloniale, perché il benessere dell’Europa era intimamente legato all’espropriazione e allo sfruttamento del sud del mondo. Tuttavia, dopo due devastanti guerre mondiali, l’idea che i Paesi europei si associassero per bandire la guerra, per costruire un Welfare che garantisse una serie di diritti sociali e per farlo in un contesto di democrazia, per quanto spesso formale più che sostanziale, aveva coinvolto milioni di persone dentro la speranza di un futuro più dignitoso. Che ne è stato di quelle promesse?
L’Europa della pace aveva già perso gran parte della sua ragion d’essere il 24 marzo 1999, quando il governo D’Alema si fece parte attiva dei bombardamenti sulla Serbia, nel contesto del conflitto nell’ex-Jugoslavia. Ma oggi quella ragion d’essere si è trasformata nel suo esatto contrario.
Paolo Ferrero: Dietro alla piazza di Serra si nasconde una mossa reazionaria: come fu per i 40mila della Fiat
Dietro alla piazza di Serra si nasconde una mossa reazionaria: come fu per i 40mila della Fiat
di Paolo Ferrero
È la seconda volta nella mia vita che un giornale della famiglia Agnelli convoca una manifestazione. La prima fu la marcia dei 40.000 – a Torino nel 1980 – decisiva per sconfiggere noi operai Fiat che stavamo lottando contro le espulsioni di decine di migliaia di lavoratori. La seconda, oggi, è la convocazione della Piazza per l’Europa il prossimo 15 marzo. In questo caso parlano di Europa ma è del tutto evidente che la manifestazione ha il compito di opporsi alla trattativa che deve essere aperta per porre fine all’orrendo macello in corso in Ucraina. Scrivono Europa ma si legge guerra.
A Torino protagonista della convocazione fu Luigi Arisio, un “quadro intermedio” della Fiat, passato alla storia come il “capo dei capi”. Protagonista oggi è Michele Serra, anche lui stipendiato dalla ditta di quella famiglia e testimonia il passaggio dall’industria alla produzione immateriale negli investimenti della famiglia.
Oggi come ieri parole d’ordine altisonanti e accattivanti coprono una operazione reazionaria. Nel 1980 la manifestazione dei capi serviva a dare una mano al padrone a sconfiggere il movimento dei lavoratori e il sindacato dei consigli ma aveva al centro la parola d’ordine del “diritto al lavoro”. Oggi la parola d’ordine dell’Europa e della pace giusta serve unicamente a sostenere la prosecuzione della guerra e dell’orribile massacro in corso in Ucraina.
Roberto Iannuzzi: Retroscena e implicazioni della “lite dello studio ovale” fra Trump e Zelensky
Retroscena e implicazioni della “lite dello studio ovale” fra Trump e Zelensky
di Roberto Iannuzzi
Mentre il presidente USA sembra determinato a intavolare un negoziato con Mosca, le élite politiche europee appaiono paradossalmente ostili a una pacificazione del vecchio continente
Il disastroso incontro del 28 febbraio fra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca è una chiara conferma del fatto che delicate contrattazioni diplomatiche non devono essere condotte in pubblico.
Scontri verbali anche aspri, che possono aver luogo fra leader di governo durante colloqui a porte chiuse, hanno tutt’altro impatto se si verificano durante una conferenza stampa davanti alle telecamere di tutto il mondo.
L’incontro pubblico fra i due presidenti è stato evidentemente mal preparato, ma diverse indicazioni fanno ritenere che il problema sia sorto dalla malaccorta sovrapposizione di due questioni di calibro differente: un accordo per lo sfruttamento di minerali e altre risorse naturali ucraine, e il raggiungimento di una pace duratura fra Mosca e Kiev.
La firma del primo non avrebbe dovuto creare particolari problemi dopo che l’iniziale bozza americana, che secondo alcune fonti equivaleva a una sorta di “accordo capestro”, era stata riveduta per rassicurare il governo Zelensky.
Ma la visita del leader ucraino a Washington (incerta fino all’ultimo) era divenuta l’occasione per discutere ben altro tema, quello della composizione del conflitto fra Russia e Ucraina, che Trump sembra seriamente intenzionato a portare a casa.
Vari indizi fanno ritenere che il negoziato fra la Casa Bianca e il Cremlino stia procedendo più speditamente di quanto trapelato sui mezzi di informazione. Quantomeno, questa sarebbe la convinzione di Trump. Sulla carta, il presidente americano sarebbe intenzionato a concludere un accordo in tempi relativamente brevi.
Carlo Formenti: Panafricanismo, marxismo, comunismo
Panafricanismo, marxismo, comunismo
II. Cedric Robinson
di Carlo Formenti
Cedric Robinson (1940 – 2016), americano, nato in una famiglia emigrata in California per sfuggire al terrore razziale dell’Alabama, è stato professore di Black Studies all’Università della California fino alla morte. A lui dobbiamo il più importante contributo della seconda metà del Novecento al dibattito afro marxista iniziato nell’interguerra (vedi il precedente post su “Panafricanismo, Marxismo, comunismo”). Black marxism (1), la sua opera più importante, è un lavoro monumentale di cui cercherò di ricostruire le linee fondamentali. Senza seguire l’ordine espositivo del libro, che del resto ha una struttura rapsodica, affronterò, nell’ordine, i seguenti temi: 1) critica dell’impostazione logicistica (hegeliana) del cosiddetto marxismo storico e dialettico; 2) le radici storiche del capitalismo e il ruolo del razzismo nel rapporto di sfruttamento capitalistico; 3) meriti e limiti dell’analisi marxiana (e dei movimenti politici a essa ispirati); 4) valorizzazione del radicalismo afroamericano come via autonoma al superamento del capitalismo.
I. Critica dell’impostazione logicistica (hegeliana) del materialismo storico
Robinson fonda la sua critica metodologica al cosiddetto materialismo storico e dialettico su un presupposto che chi scrive non può che condividere (2): occorre prendere congedo dal concetto di necessità storica ispirato dalla logica hegeliana e dalla teoria evoluzionista, in base al quale ogni modo di produzione è il prodotto delle contraddizioni interne di quello che lo ha preceduto. I capitalisti di una certa epoca, replica Robinson, non discendono da quelli dell’epoca precedente per una sorta di legge immanente alla storia; al contrario: ogni mutazione socioeconomica rompe la continuità storica – potremmo dire con Walter Benjamin (3) che è un “balzo di tigre”.
Eros Barone: Osservazioni ai lucidi del prof. Adriano Paolo Morando* sulla storia e sulla epistemologia delle scienze elettromagnetiche
Osservazioni ai lucidi del prof. Adriano Paolo Morando* sulla storia e sulla epistemologia delle scienze elettromagnetiche
di Eros Barone
La fisica deve dirigere la sua rotta tra Scilla, l’astratto, e Cariddi, il concreto…
James Clerk Maxwell
I
Circa la categoria storiografica di “rivoluzione scientifica” (d’ora in avanti RS) integrerei l’elenco dei protagonisti aggiungendo a Galilei, Descartes e Newton, per quanto riguarda la biologia, il massimo rappresentante della RS in campo medico, ossia l’inglese William Harvey (1578-1657), il cui merito è stato quello di aver avuto per primo una chiara visione della circolazione del sangue.
Ancora una volta, è Galileo che ha sintetizzato nel binomio delle “sensate esperienze” e delle “certe dimostrazioni” i caratteri del metodo scientifico moderno, che è costituito dall’uso sistematico del cosiddetto “metodo sperimentale” fondato sull’applicazione della matematica e sull’osservazione scrupolosa dell’esperienza. Il problema della conoscenza consisteva dunque nel determinare la via per giungere alla scienza oltrepassando il campo delle mere opinioni e le sole discipline, in cui fu conseguito per giudizio unanime questo scopo, furono la matematica, applicata all’astronomia, e la logica formale. La filosofia della scienza (d’ora in avanti FDS), che mosse i suoi primi passi tra ’600 ed ’800 per iniziativa degli stessi scienziati (Galileo Galilei, Isaac Newton), di alcuni filosofi come Gottfried Leibniz (1646-1716) e Immanuel Kant (1724-1804), protagonista della cosiddetta “rivoluzione copernicana” in filosofia, e del fondatore del positivismo, Auguste Comte (1798-1858), si concentrò pertanto sia sull’analisi dei fondamenti e dei metodi della matematica sia sull’analisi del metodo sperimentale. Il contatto con l’esperienza nelle teorie fisiche fu perciò ritenuto fondamentale, cosicché nei trattati di fisica moderni le proposizioni primitive (assiomi e postulati) devono possedere una loro evidenza, ma anche un aggancio con l’osservazione, come accade nel trattato di A. M. Ampère, Teoria matematica dei fenomeni elettrici unicamente dedotta dall’esperienza (1826).
Davide Malacaria: Trump parla al Congresso. La resa di Zelensky e di Londra
Trump parla al Congresso. La resa di Zelensky e di Londra
di Davide Malacaria
Al Congresso, Trump voleva ribadire la sua presa di posizione sull’Ucraina dopo la lite con Zelensky. È arrivata la resa e ha parlato di altro…
Trump rivendica i suoi successi, veri o asseriti che siano, nel discorso al Congresso americano (simpatiche le scoperte degli sprechi scoperti dal Doge a trazione Musk). E ha prospettato le magnifiche sorti e progressive dell’Impero prossimo venturo, sciorinando di investimenti, dazi, ritorno all’ovile di Panama e accaparramento, “in un modo o nell’altro” della Groenlandia (dimenticandosi dell’acquisizione del Canada, ribadita più volte: significativo).
Il discorso al Congresso
Ma non c’era bisogno di un discorso al mondo, tramite Congresso Usa, per lodare quanto fatto e ribadire cose già dette. L’impressione netta è che quando ha dato l’annuncio che avrebbe tenuto il discorso pensava di dire a ben altro e relativo alla clamorosa lite in mondovisione con Zelensky, che ha visto gli alleati europei pronti a spalleggiare il presidente ucraino e a offrire la propria ricetta per la “loro” pace ucraina, cioè la terza guerra mondiale (vedi conclusione).
Crisi che invece certamente meritava cotanto proscenio, perché l’America di Trump poteva apparire isolata e in ambasce e perché doveva spiegare la reazione tanto dura e immediata alle provocazioni di Zelensky (vedi Piccolenote). Per nulla intimidito, Trump si accingeva a reagire anche verbalmente, e a suo modo, a quanti gli avevano teso la trappola e pensavano di averlo messo in un angolo.
Giorgio Cremaschi: Alla larga dai No Pax!
Alla larga dai No Pax!
di Giorgio Cremaschi
La manifestazione del 15 marzo a Roma, convocata dal quotidiano della Famiglia Elkann Agnelli, la Repubblica, mi provoca un rifiuto che precipita nel disgusto.
Il rifiuto totale è per la guerra, l’economia di guerra e per coloro che oggi ne proclamano la “necessità” per combattere la Russia. E la cosa insopportabile è che fanno tutto questo nel nome del superamento dei nazionalismi.
Costoro non si accorgono neppure che hanno semplicemente sostituito lo spirito patriottardo nazionalista con lo spirito patriottardo europeista. Mettete “Europa” al posto di “Italia” e tutto il resto del loro linguaggio attuale può essere preso pari pari dai comizi di D’Annunzio e dei mascalzoni che nel 1915 inneggiavano alla guerra.
“Dobbiamo reagire al disonore“, “dobbiamo proclamare la superiorità della nostra civiltà“, “dobbiamo armarci contro il barbaro aggressore“. E le fazioni devono sparire tutte davanti al comune destino. Spariscano dunque le bandiere di parte tranne quella della Patria. Così ieri si imponeva solo la bandiera bianco rossa e verde, oggi la Repubblica chiede di andare in piazza il 15 marzo solo con quella blu. Cambiano le bandiere, non la cialtroneria di chi le sventola.
La realtà è che un gruppo di governanti europei, che non sono tutta l’Europa e neppure tutta la UE, uniti nella NATO con Canada e Turchia, si sono trovati a Londra per protestare contro Trump.
Enrico Tomaselli: Il nodo
Il nodo
di Enrico Tomaselli
L’Europa, che detesta Trump, si appresta a fare esattamente ciò che gli USA vogliono, convinta però di fare un dispetto al presidente americano. Cercando di comprendere qual è il nodo dell’intera questione, perché l’Europa non sa più come muoversi nel mondo.
C’è del paradossale, in questa levata di scudi delle leadership europee – pressoché al completo – contro l’amministrazione Trump, che tra l’altro conferma come queste siano largamente composte di incapaci, affetti da un infantilismo politico spaventoso pari soltanto alla loro arroganza.
E paradosso consiste nel fatto che, nella convinzione di fare un dispetto a Trump, si apprestano a fare esattamente ciò che Trump chiede, ovvero farsi carico in prima persona della difesa europea, poiché gli Stati Uniti non considerano più così rilevante questo teatro e vogliono indirizzare altrove le proprie risorse militari. Peraltro, a chi non fosse ottenebrato dalla propria incapacità cognitiva, era chiaro da tempo che questo fosse l’orientamento verso cui si stavano volgendo gli USA già quando Biden sedeva ancora alla Casa Bianca. Cosa questa più volte sottolineata, scrivendo del conflitto ucraino. Il che rende evidente che non si tratta di un capriccio del nuovo presidente, ma di un’evoluzione strategica americana alla quale Trump in questo ha apportato, se mai, soltanto il suo stile ruvido e spiccio.
S.C.: Adulti nella stanza. Il vero volto dell’Europa
Adulti nella stanza. Il vero volto dell’Europa
di S.C.
Per una curiosa coincidenza nella serata di ieri Rai 5 ha trasmesso uno straordinario ed emblematico film di Costa Gavras: “Adulti nella stanza”. E’ stata una sorta di involontaria “cattiveria” verso l’appello di Michele Serra a sostegno di una “Europa più forte”
Il film infatti ricostruisce tutte le fasi in cui il governo Tsipras, e soprattutto il suo ministro dell’economia Varoufakis, sono stati costretti a negoziare con i vari apparati della troika europea (dall’Eurogruppo alla Bce) sul famigerato Memorandum d’Intesa (il MoU) con cui la Grecia è stata deliberatamente strangolata per rientrare dal debito.
Sono significative le varie sessioni degli incontri nella stanza dell’Eurogruppo in cui i ministri europei smantellano e brutalizzano ogni tentativo della Grecia di salvaguardare la propria popolazione già sottoposta a tagli del 40% di pensioni e salari, privatizzazioni selvagge, espropri delle case su cui la gente non riesce a pagare i mutui etc.
E’ un film non solo realizzato professionalmente da un grande regista, ma è anche una lezione pedagogica su cosa è “l’Europa reale” che le popolazioni hanno sperimentato sulla propria pelle dal Trattato di Maastricht in poi e con la Grecia – per ammissione dello stesso ministro tedesco Schauble – destinata a fare e a dare l’esempio a tutti coloro che non si adeguavano alle politiche di austerity imposte dalla Ue ai paesi aderenti all’Eurozona. I negazionisti europeisti in questi dieci anni hanno fatto di tutto per rimuovere e nascondere questa dimensione.
Ennio Bordato: Le verità negate di un fallimento
Le verità negate di un fallimento
di Ennio Bordato
In questi tre anni la Ue aveva due opzioni: vincere la guerra o preparare la pace.
Invece la guerra l’ha persa e la pace non l’ha preparata. Anzi la Pace nella UE è vietata.
Questa la ragione del dramma esistenziale delle migliaia di “esperti”, “politici”, “giornalisti” che dal 2022 sono passati dalle peggiori malattie fisiche e mentali di Putin alle lavatrici rubate dai russi in mancanza di chip, alle vanghe, ai cavalli, ai calzini bucati dei soldati russi e persino scomodato nord coreani mai esistiti
Tutto questo ci ha portato la guerra in casa. Un ottimo lavoro di Confartigianato (dati 2022 luglio 2024) ha reso nudo il Re: Mancate esportazioni in Russia e Ucraina – 13,4 miliardi, Perdita export in Germania – 18,4, Maggiore costo delle importazioni di energia dall’estero 78,9 miliardi. Maggiori oneri finanziari per le imprese – 44,3 miliardi, – 7% la produzione industriale nazionale
In questo scenario fosco tutti, il Sindacato in primis, proseguono nella solita ricettina, raccontando la favoletta della solita “crisi congiunturale”. Il Sindacato poi è felicissimo di poter addossare al governo “fascista” ogni male tacendo sulle vere cause, la scelta della guerra, delle sanzioni e non ultime le politiche sociali sulla sanità, scuola, lavoro dei governi dei “compagni” da vent’anni a questa parte che hanno aiutato, accuratamente, tutto questo.
Il sonno della ragione genera mostri e li stiamo vedendo tutti.