[nuovopci] Fare del 21 giugno una giornata di mobilitazione ampia e unitaria contro il governo della guerra

Comunicato CC 11/2025 – 20 maggio 2025

 

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Ai promotori e ai partecipanti all’assemblea del 24 maggio in preparazione della mobilitazione nazionale del 21 giugno “Contro guerra e riarmo, sì al disarmo” indetta da Potere al Popolo

Fare del 21 giugno una giornata di mobilitazione ampia e unitaria contro il governo della guerra, dell’economia di guerra e della corsa al riarmo!

 

Il prossimo 21 giugno sono state indette due manifestazioni nazionali a Roma: la prima convocata da Potere al Popolo e altri organismi, la seconda convocata da Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Arci, Attac Italia, Transform Italia e altri promotori italiani della campagna “Stop Rearm Europe” sulla base dell’appello lanciato da vari organismi europei. Nel nostro e in altri paesi europei le mobilitazioni contro la guerra e la corsa al riarmo si svolgono in contemporanea con quelle dell’Aja contro il vertice NATO del 24-26 giugno.

“È fondamentale in questo momento coinvolgere più realtà, organizzazioni, intellettuali e membri della società civile disponibili a costruire un fronte ampio e indipendente contro le politiche belliciste, il riarmo, la NATO e il genocidio in Palestina e per riconvertire gli investimenti in armi in spese sociali. La lotta contro il riarmo e la guerra non può essere merce di scambio elettorale” ha scritto il 09.05.2025 la redazione di Contropiano, giornale online di Rete dei Comunisti, in un articolo che lancia l’assemblea del 24 maggio al Nuovo Cinema Aquila di Roma (h. 10.00, via l’Aquila 66/74) per preparare la manifestazione del 21 giugno.

Proprio per “coinvolgere più realtà, organizzazioni, intellettuali e membri della società civile disponibili a costruire un fronte ampio e indipendente” è necessario che di due mobilitazioni se ne faccia una unica, in cui far confluire l’ampio movimento in solidarietà con il popolo palestinese che da oltre un anno e mezzo scende in piazza ogni settimana nelle principali città del paese, le centinaia di organismi, reti, associazioni che lottano contro il riarmo dell’UE, contro la NATO e l’occupazione del nostro paese tramite le installazioni militari USA-NATO, gli organismi in lotta per “lo stato sociale contro lo stato di guerra” e per “alzare i salari, abbassare le armi”, contro la devastazione dell’ambiente che le manovre di guerra aggravano, contro il razzismo di Stato verso i migranti e la repressione degli sceriffi Piantedosi, Nordio e Crosetto.

Bisogna fare del 21 giugno una giornata di mobilitazione unitaria, ampia, combattiva, che alimenta l’ingovernabilità dal basso e che orienta contro il governo Meloni l’ampio e variegato movimento popolare del paese.

A questo fine bisogna combattere e superare le tendenze settarie e le logiche concorrenziali che guidano una parte significativa dei partiti e delle organizzazioni anti Larghe Intese e si traducono nell’autoreferenzialità e nella contrapposizione (se non addirittura nel tentativo di sabotare) alle iniziative promosse da altri organismi anti Larghe Intese che in una certa misura aggregano settori popolari scontenti del corso delle cose. In questo senso Rete dei Comunisti ha dato prova di sé il 29 marzo, convocando l’iniziativa dal titolo “Il crollo dell’illusione euroatlantica” presso il Nuovo Cinema Aquila, in cui nello stesso giorno si teneva l’assemblea “Mandiamoli tutti a casa” organizzata da OttolinaTV, e il 5 aprile, tenendo una propria manifestazione (poi ridimensionata a presidio) anziché confluire nella mobilitazione contro i piani di riarmo europeo indetta in quella data dal M5S e partecipata da oltre 100.000 persone. Questi atteggiamenti nuocciono allo sviluppo della mobilitazione popolare e del movimento rivoluzionario: alimentano tra le masse popolari, anche nella parte organizzata di esse, sfiducia e senso di impotenza (“se anche quelli che sono contro la guerra sono divisi tra loro, non ce la faremo mai a cambiare le cose…”), spingono anche alcuni compagni a gettare la spugna, fanno il gioco della classe dominante (“divide et impera”).

La campagna “Stop Rearm Europe” è diretta da organismi che sono legati da mille fili al PD, ai suoi cespugli e al resto dell’“opposizione” parlamentare al governo. Lo stesso vale per le mobilitazioni contro il Decreto Sicurezza promosse dalla rete “A pieno regime” e per i referendum su lavoro e cittadinanza promossi dalla CGIL. La questione che si pone è: quale dev’essere l’orientamento dei comunisti e dei rivoluzionari verso mobilitazioni di questo genere? Starne alla larga perché abbassano il livello e gli obiettivi delle mobilitazioni popolari significa abiurare il ruolo di avanguardia delle masse popolari e rassegnarsi ad essere testimonianza di un’opposizione al governo Meloni, alla Terza guerra mondiale, alla corsa al riarmo e al corso disastroso delle cose, magari “dura e pura” e tenace, ma che di fatto lascia campo libero ai promotori della mobilitazione reazionaria. Tra le masse popolari l’opposizione alla guerra e più in generale il malcontento per il corso delle cose determinato dal governo Meloni e dai suoi padrini italiani e internazionali si trasformano sempre più in mobilitazione e assumono forme organizzate. Solo in pochi casi il malcontento è già oggi orientato da noi comunisti: non dobbiamo aver timore di riconoscerlo, ma partire da questo dato di fatto e usare bene questi pochi casi per aprire la strada. Il malcontento crescente è oggi orientato dai sindacati alternativi e di base e da organismi di movimento, in altri casi dai sindacati confederali e da associazioni e partiti della sinistra borghese, in altri ancora da esponenti del PD e della sua filiera, ma anche dalla Lega o addirittura dagli scimmiottatori del fascismo del XX secolo (basta pensare alla mobilitazione dei coltivatori e degli allevatori dell’anno scorso). I comunisti devono intervenire ovunque ci sono masse popolari, indipendentemente da chi le organizza e mobilita, portando parole d’ordine e obiettivi giusti e lungimiranti. Devono intervenire in tutti gli ambiti dove ci sono le masse popolari e operare per orientarle, distinguendo le contraddizioni in seno al popolo da quelle tra masse popolari e borghesia. Non bisogna aver timore di “sporcarsi le mani” intervenendo in mobilitazioni promosse dalla sinistra borghese, dai sindacati di regime, dal PD, ma anche dalla Lega e persino da CasaPound. In questo modo “portiamo acqua al loro mulino”? No, in questo modo operiamo per non lasciare a loro la direzione delle masse popolari che oggi essi orientano e usiamo a questo fine la mobilitazione che loro stessi promuovono. Quando le masse popolari sono in moto e lottano, è più facile orientarle, “far venire i nodi al pettine” e portarle a comprendere, attraverso la loro esperienza pratica, chi sono gli amici e chi i nemici e conquistare via via gli elementi decisi a lottare fino in fondo. Non dobbiamo stare ad aspettare che le masse popolari ci diano ragione, si stacchino da queste organizzazioni e vengano a noi. Per conquistare le masse, i comunisti devono andare dove esse sono oggi e contendere sul campo la loro direzione, sostenendo le rivendicazioni che le masse avanzano e orientandole su cosa fare per vincere le battaglie che stanno conducendo: dato che ogni battaglia, ogni rivendicazione ha alla base il sistema economico e politico vigente, lo sviluppo della lotta porterà le masse allo scontro con la classe dominante. Sarà questa l’esperienza concreta con cui strapperemo le masse dall’influenza dei falsi “amici del popolo” e dei gruppi reazionari. Il fatto che Meloni e soci abbiano fatto ribattezzare “Prontezza 2030” il piano di riarmo europeo, il sindacato OSA Polizia faccia appello a non partecipare alle parate del 2 giugno per la festa della Repubblica e protesti contro il riarmo e il silenzio del governo sul “dramma umanitario” nella Striscia di Gaza o che a La Spezia il sindaco di centrodestra (Fratelli d’Italia e Lega) partecipi al corteo contro la manifestazione di CasaPound conferma quanto la situazione è propizia per l’azione dei comunisti.

Rafforzare ed estendere la solidarietà con il popolo palestinese contro i sionisti di Israele e la complicità con essi del governo Meloni

Lottare contro la guerra e il riarmo nel nostro paese significa lottare contro la complicità e l’appoggio che il governo Meloni e buona parte della “opposizione parlamentare”, PD in testa, assicura ai sionisti di Israele, che dopo aver unilateralmente rotto la tregua del 19 gennaio e bloccato l’ingresso di cibo, medicinali e ogni altro genere di aiuti per la popolazione, ora puntano a occupare militarmente la Striscia di Gaza (operazione “carri di Gedeone”). I crimini sionisti hanno assunto una efferatezza e una ferocia tali che il disprezzo e l’indignazione contro di loro e la solidarietà con il popolo palestinese si esprimono in forme diffuse, spontanee, capillari, per lo più simboliche: da chi espone la bandiera palestinese dalla propria abitazione o esercizio commerciale a chi la sventola alla tappa del Giro d’Italia, a chi mette cartelli che vietano l’ingresso dei sionisti nel proprio ristorante.

La manifestazione del 21 giugno è l’occasione per estendere questo disprezzo e questa solidarietà. Che ogni manifestante abbia una bandiera palestinese da sventolare in piazza e, una volta tornato a casa, da esporre dalla propria abitazione ed esercizio commerciale è un modo per far diventare organizzato quello che oggi è frutto della (generosa e importante) iniziativa individuale, per incoraggiare chi ha preso l’iniziativa a prenderne altre, a coinvolgere altre persone e a unirsi ad altri, per neutralizzare le pressioni e intimidazioni poliziesche. Che una parte del corteo (se ci sono e ne creiamo le condizioni) vada a protestare davanti all’ambasciata dello Stato sionista, che cresca il numero di persone che partecipa alla campagna Boicotta-Disinvesti-Sanziona, che aumentino i lavoratori che denunciano e boicottano gli accordi commerciali e l’interscambio militare con il governo e le aziende sioniste permette di alzare di tono la mobilitazione, renderla quotidiana, darle un contenuto pratico.

Una parte delle persone che scenderanno in piazza il 21 giugno chiamate dai promotori italiani della campagna “Stop Rearm Europe” sono sicuramente disponibili a queste e altre iniziative: non sarà chi le ha chiamate in piazza a mobilitarle in tal senso, i comunisti, i rivoluzionari, i sindacalisti combattivi e i lavoratori avanzati invece possono farlo.

Promuovere la più ampia partecipazione di operai e altri lavoratori

Organismi di lavoratori come il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova, il Gruppo Autorganizzato Portuali di Livorno, Sanitari per Gaza e altri, sindacati alternativi e di base come USB, SICobas, CUB, ecc., coordinamenti come l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università già da tempo conducono e organizzano mobilitazioni che coinvolgono direttamente settori di lavoratori contro l’economia di guerra, il riarmo, il transito di armi, la produzione bellica, la propaganda di guerra, la militarizzazione delle scuole e dei territori e altre operazioni in cui si traduce il coinvolgimento del nostro paese nella Terza guerra mondiale degli imperialisti USA, sionisti, europei e annessi. Sono iniziative ancora piccole, d’avanguardia, che vanno rafforzate ed estese. La manifestazione del 21 giugno è l’occasione per farle conoscere: quanto più sarà unitaria e ampia, tanto maggiore sarà il numero di lavoratori che saranno ispirati e incoraggiati a seguirne l’esempio. Con ognuno di essi si tratta di prendere accordi per dopo la manifestazione.

Dare uno sbocco unitario alla crescente mobilitazione popolare

Nei mesi scorsi le mobilitazioni popolari sono cresciute per partecipazione, per combattività e, in una certa misura, per obiettivi. Il governo Meloni è instabile, traballa sia per contraddizioni interne alla coalizione che lo regge, alle relazioni tra i partiti delle Larghe Intese e al corso delle cose nel paese, sia per l’instabilità del sistema di relazioni internazionali alla quale concorrono le guerre in corso in Ucraina e in Asia occidentale, i contrasti tra i gruppi imperialisti, la crescita dei BRICS, la lotta per l’indipendenza di un numero crescente di paesi in Africa, America Latina e Asia. Tutti i partiti delle Larghe Intese hanno a che fare con il crescente distacco delle masse popolari dalle procedure (elezioni) e dagli organismi politici e sindacali della Repubblica Pontificia, distacco alimentato da smantellamento dell’apparato produttivo, eliminazione delle conquiste di civiltà e benessere strappate dalla classe operaia nel periodo del “capitalismo dal volto umano” (1945-1975), privatizzazione e riduzione dei servizi pubblici (assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, manutenzione del territorio, ecc.), intossicazione di alimenti, di aria, acqua e terra, crisi ambientale.

In questa situazione, ai promotori delle mobilitazioni e proteste dei lavoratori e del resto delle masse popolari si aprono due strade distinte.

La prima è quella di lottare anche tenacemente contro il governo Meloni, alimentando l’ingovernabilità del paese nelle aziende, nelle scuole e università, ritorcendo contro il governo Meloni ogni tentativo autoritario di colpire con la repressione le masse popolari in lotta, animando campagne di mobilitazione e organizzazione città per città, quartiere per quartiere, per far fronte ai problemi che attanagliano le masse popolari fino a cacciare questo governo e lo stuolo di scimmiottatori del fascismo riciclati che lo compongono. Questa strada è giusta e necessaria per assestare un colpo ai vertici della Repubblica Pontificia (Vaticano, gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti ed europei, organizzazioni criminali e associazioni padronali) che ripongono fiducia nel governo Meloni. Ma questa strada è monca, non indica dove andare, a cosa miriamo in prospettiva. Cacciare il governo Meloni senza porsi il problema di quale alternativa di governo costituire vuol dire consegnare il paese nuovamente nelle mani del polo PD delle Larghe Intese o di un qualche governo tecnico e di funzionari scelti dai vertici della Repubblica Pontificia.

La seconda è quella di cacciare il governo Meloni e costituire un governo d’emergenza popolare: un governo sostenuto dalle organizzazioni operaie e popolari, già presenti in gran numero in tutto il nostro paese, un governo deciso ad attuare tutte quelle misure che nessun governo espressione dei partiti delle Larghe Intese attua, come la messa in sicurezza del territorio attraverso le centinaia di piccole opere necessarie a impedire le stragi dovute agli eventi climatici estremi; la messa in sicurezza delle aziende per far fronte agli omicidi padronali nei luoghi di lavoro; l’interruzione per decreto di tutti gli accordi pubblici e segreti di cooperazione militare, industriale, scientifica e accademica che i governi delle Larghe Intese hanno stipulato nel corso degli anni con aziende, agenzie e istituti dello Stato sionista d’Israele.

Siamo a una svolta decisiva nella lotta che caratterizza l’epoca imperialista tra l’avanzamento della rivoluzione proletaria e la difesa del proprio dominio da parte della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, europei e annessi. Lo sforzo della borghesia imperialista di preservare a ogni costo nel mondo intero il suo traballante dominio in campo politico, economico, commerciale, monetario e finanziario alimenta la Terza guerra mondiale, la corsa al riarmo cui si dedicano tutti gli Stati imperialisti, le efferatezze criminali dei sionisti di Israele, la corsa di tutti i governi, compreso quello Meloni, a partecipare al saccheggio dei paesi oppressi e alla distruzione dell’ambiente, la normalizzazione della repressione e del controllo poliziesco, l’erosione dei salari, la distruzione del sistema sanitario nazionale e dell’istruzione pubblica, l’inquinamento della terra, delle acque e dell’aria e la crisi climatica che mettono a rischio la sopravvivenza della specie umana. Le masse popolari organizzate possono porre fine a tutto questo instaurando il socialismo. La costituzione del Governo di Blocco Popolare è il passo per far avanzare la rivoluzione socialista – interesse storico delle masse – ponendo rimedio sia pure temporaneo agli effetti più gravi della crisi che colpiscono le masse, quindi risponde agli interessi immediati di queste ultime e facilita la loro mobilitazione e organizzazione.

Elezioni amministrative del 25 e 26 maggio, rinnovo del CCNL dei metalmeccanici, manifestazione nazionale del 31 maggio contro il Decreto Sicurezza, campagna per i referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno, mobilitazioni contro le parate del 2 giugno, manifestazione nazionale del 21 giugno contro la guerra e il riarmo: farle diventare altrettante tappe e componenti di un movimento generale per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare!

Rompere con l’autoreferenzialità e gli atteggiamenti settari e concorrenziali!

Costruire il fronte delle forze anti Larghe Intese per far montare la lotta fino a rendere il paese ingovernabile a Meloni e soci!

Dare una prospettiva al malcontento popolare che non sia soltanto di opposizione e ribellione al disastroso corso delle cose, ma di governo del paese in cui protagoniste sono la classe operaia e le masse popolari organizzate!

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