Uriel Araujo – 26/05/2025
L’alleanza artica Russia-Cina sfida l’Occidente nell’Alto Nord ricco di risorse
L’approfondimento della partnership artica tra Russia e Cina, caratterizzato da esercitazioni navali congiunte e dallo sviluppo della rotta del Mare del Nord, rappresenta una sfida per il dominio occidentale. La risposta della NATO e il rafforzamento militare del Canada evidenziano l’emergere dell’Artico come punto caldo geopolitico.
L’Artico è ora sotto i riflettori. Un recente rapporto della BBC racconta come la Cina, descrivendosi come uno “stato vicino all’Artico” e di fronte ai rifiuti in Europa, stia approfondendo i legami con la Russia, che “controlla un’enorme metà della costa artica”, e stia anche collaborando militarmente con Pechino in quella regione, compresi i pattugliamenti congiunti. Nel frattempo, Oliver Dieckmann (analista indipendente di politica cinese che scrive per The Diplomat) sostiene che la collaborazione sino-russa nell’Artico non dovrebbe essere sottovalutata.
Quella regione, un tempo una frontiera ghiacciata di limitata importanza geopolitica, sta rapidamente emergendo come teatro di grande competizione tra potenze, dove lo scioglimento dei ghiacci svela vaste risorse e anche l’escalation delle tensioni. Con le notizie secondo cui Mosca e Pechino condurranno esercitazioni navali annuali nell’Artico, ci si dovrebbe aspettare esercitazioni sino-russe nell’area nei prossimi mesi, probabilmente vicino alla rotta strategicamente vitale del Mare del Nord. Queste esercitazioni, che secondo quanto riferito sono iniziate con l’esercitazione su larga scala “Ocean-24” nel settembre 2024, che ha attraversato l’Oceano Pacifico e l’Oceano Artico, sottolineano l’approfondimento della partnership tra Mosca e Pechino. Si può ricordare che questa collaborazione si estende oltre le esercitazioni militari, con Russia e Cina che hanno concordato di istituire una commissione congiunta per sviluppare la rotta del Mare del Nord, una mossa che sfida direttamente le ambizioni occidentali nell’Artico.
Sebbene le precedenti esercitazioni congiunte russo-cinesi, come quelle del 2022 e del 2023 vicino all’Alaska (ad esempio, Northern/Interaction 2023), includessero aree adiacenti all’Artico come il Mare di Bering, non erano strettamente incentrate sull’Artico. L’esercitazione del 2024 ha segnato un chiaro cambiamento verso la collaborazione diretta nell’Artico, e questo è uno sviluppo enorme.
Scrivo sulle ambizioni della NATO di militarizzare l’Artico dal 2021. L’ulteriore aumento dell’attività sino-russa in quella regione nel 2024 è, per molti versi, una risposta alla crescente presenza artica dell’Alleanza Atlantica. Più recentemente, secondo Mathieu Boulègue (Global Fellow presso il Wilson’s Center Polar Institute), “l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO sta facendo sentire la Russia più vulnerabile da un punto di vista militare… Questa auto-percezione della vulnerabilità informerà il modo in cui la Russia si proietterà nella regione… [questo] aumenta il rischio di errori di calcolo e di escalation in un Artico che cambia”.
Bisogna anche tenere a mente che Washington ha rivendicato gran parte del fondo oceanico, che si estende dal Golfo del Messico all’Artico stesso (in una mossa ancora sotto Biden). Questa presa unilaterale sottostimata, che non tiene conto delle norme internazionali, sottolinea un approccio espansionistico, che mira ad affermare il controllo su territori marittimi ricchi di risorse in una regione strategicamente critica. E Trump sta espandendo la stessa logica, con le sue minacce in Groenlandia e in Canada.
Il Canada stesso, nel frattempo, sta rafforzando la sua presenza nell’Artico con piani per una nuova base militare a Iqaluit e due ulteriori rompighiaccio navali.
Il fascino dell’Artico risiede, tra le altre cose, nella sua ricchezza non sfruttata. L’US Geological Survey stima che la regione contenga 90 miliardi di barili di petrolio non scoperto e il 30% del gas naturale non scoperto al mondo, oltre a vasti giacimenti minerari fondamentali per la tecnologia moderna. Con l’accelerazione dello scioglimento dei ghiacci da parte dei cambiamenti climatici, queste risorse diventano sempre più accessibili, trasformando ulteriormente l’Artico in un hotspot geopolitico.
La Russia, con le sue estese coste artiche e una flotta di oltre 40 rompighiaccio (di cui otto a propulsione nucleare), è ben posizionata per sfruttare queste opportunità. La Cina, che si definisce una “nazione quasi artica”, ha i suoi progetti, incapsulati nel suo libro bianco “Polar Silk Road” del 2018, che immagina l’Artico come una rotta marittima chiave a complemento della sua Belt and Road Initiative. Questa visione, tuttavia, si scontra con gli interessi occidentali, in particolare perché la rotta del Mare del Nord offre un corridoio commerciale più breve tra l’Asia orientale e l’Europa, riducendo potenzialmente i tempi di transito del 60% rispetto alle rotte tradizionali come i canali di Suez o Panama.
In parole povere, la partnership Russia-Cina nell’Artico è una sfida diretta all’egemonia occidentale. Le mosse militari della Russia, insieme alle esercitazioni congiunte con la Cina, segnalano la disponibilità a proiettare potenza e una risposta alla suddetta espansione artica della NATO. L’investimento di Mosca in armi, come il Kinzhal e lo Tsirkon, suggerisce il loro potenziale utilizzo nelle trivellazioni artiche per dimostrare la superiorità tecnologica. I rompighiaccio, una pietra miliare della strategia artica di Mosca, sono stati probabilmente presenti in “Ocean-24” e continueranno a svolgere un ruolo fondamentale, consentendo la navigazione tutto l’anno e le operazioni militari in condizioni difficili. Pechino a sua volta, anche se in ritardo nella tecnologia rompighiaccio, sta perseguendo le proprie navi a propulsione nucleare per tenere il passo.
Così, l’Artico non è più una preoccupazione periferica, ma un punto focale di grande rivalità tra potenze. La risposta della NATO, guidata dai timori per le capacità dei droni e dei missili russi lungo la rotta del Mare del Nord, include lo sviluppo di droni con capacità artiche e il rafforzamento della sorveglianza. Gli Stati Uniti, nonostante siano in ritardo con solo una manciata di rompighiaccio, stanno spingendo per una presenza più forte, con i controversi piani di acquisizione della Groenlandia del presidente Trump che evidenziano l’importanza strategica della regione per la difesa missilistica e le operazioni antisommergibile. L’espansione della sorveglianza sotto il ghiaccio del Canada, anche se modesta, mira a monitorare l’attività dei sottomarini russi e cinesi, una preoccupazione critica dato il ruolo dell’Artico come rotta più breve per i missili tra la Federazione Russa e il Nord America.
La partnership Russia-Cina nell’Artico può potenzialmente rimodellare il commercio globale e le dinamiche di sicurezza. La rotta del Mare del Nord, con una grande presenza russa e sostenuta da investimenti cinesi, potrebbe minare l’influenza degli Stati Uniti sui tradizionali colli di bottiglia marittimi come lo Stretto di Malacca o il Canale di Suez.
Lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico non sta quindi solo rivelando risorse, ma sta mettendo in luce le linee di faglia nelle strutture di potere globali. Mentre l’Ucraina e Taiwan dominano i titoli dei giornali, l’estremo nord sta silenziosamente diventando un crogiolo per la competizione tra grandi potenze. L’aumento della presenza della NATO, gli investimenti tardivi del Canada e le esercitazioni navali Russia-Cina segnalano una regione sull’orlo di crescenti tensioni. Mentre i rompighiaccio tracciano nuovi percorsi e i missili ipersonici si profilano come potenziali punti di svolta, l’Artico, come frontiera emergente, richiede un’attenzione urgente: ci si dovrebbe aspettare che gli sviluppi in quella regione plasmino il panorama geopolitico per i decenni a venire.

