Giuseppe Salamone – 16/06/2025
https://giuseppesalamone.substack.com/p/lo-stato-terrorista-di-israele-in
La notizia, per quanto sottaciuta dalla stampa occidentale, è chiara: Israele è in difficoltà. E non davanti ai soliti avversari palestinesi armati di pietre, ma davanti a un attore regionale di peso come l’Iran. Il confronto diretto con Teheran ha mostrato tutte le fragilità di uno Stato da sempre abituato a imporsi militarmente su popolazioni prive di reale capacità di difesa.
La stampa occidentale, fedele alla narrazione atlantista, ripropone uno schema già visto nella guerra per procura in Ucraina: allora era la Russia ad apparire debole e mal equipaggiata, mentre Zelensky veniva dipinto come l’eroe invincibile. Lo stesso schema si applica oggi: Iran minaccioso e destabilizzante, Israele legittimato a reagire “per difendersi”. Tutto questo serve a preparare l’opinione pubblica a tollerare un nuovo conflitto, ancora più pericoloso, che vede al centro uno Stato – Israele – apertamente terroristico.
In queste ore si ripete ossessivamente che un Iran dotato di armi nucleari destabilizzerebbe il Medio Oriente. Ma forse è vero il contrario. La deterrenza nucleare iraniana – se mai si concretizzasse – potrebbe segnare un passo verso una reale stabilizzazione regionale. Israele, infatti, perderebbe il suo vantaggio militare assoluto e sarebbe costretto a rivedere le sue strategie aggressive.
È proprio questo lo scenario che le élite occidentali e i loro alleati in Medio Oriente non possono tollerare. L’Iran rappresenta l’ultimo ostacolo al pieno controllo del Medio Oriente da parte dell’Occidente. Fermarlo, oggi, significa non solo colpire Teheran ma anche sfidare l’intero blocco multipolare che si sta formando attorno a Russia, Cina e ai Paesi BRICS.
Un attacco all’Iran – come già accaduto in Siria – potrebbe costringere questi attori globali a scendere in campo direttamente, pena la fine del progetto multipolare che stanno faticosamente costruendo come alternativa all’unipolarismo USA. A quel punto, lo scenario diventerebbe davvero globale: da una parte Israele, Stati Uniti e i loro alleati; dall’altra Iran, Cina, Russia e tutto il fronte alternativo.
Paradossalmente, è proprio l’attacco di Israele con il pretesto dell’arma atomica ad aver legittimato l’Iran a costruirla. Secondo l’articolo 10 del Trattato di non Proliferazione Nucleare, cui l’Iran aderisce ma Israele no, Teheran ora avrebbe il diritto di uscire dal trattato e dotarsi di armi nucleari per autodifesa. Esattamente l’opposto del percorso seguito da Tel Aviv, che possiede l’arma nucleare senza mai aver firmato alcun accordo internazionale.
In questo scenario critico, l’Italia si distingue per la totale assenza di una politica estera autonoma. Tajani e Meloni si sono limitati a replicare fedelmente la linea di Washington e Tel Aviv, senza la minima capacità critica. Israele bombarda sette Paesi, ma per il governo italiano ha comunque “il diritto di difendersi”. Attacca l’Iran, e la risposta è: “Teheran ha superato la linea rossa”.
Si tratta di una ripetizione acritica della linea di Netanyahu – peraltro ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra. L’attacco all’Iran aveva due obiettivi: distogliere l’attenzione dalla tragedia di Gaza e ricompattare il fronte occidentale e i suoi vassalli. E il piano ha funzionato: dopo qualche timido tentennamento, i vari Tajani e Meloni si sono immediatamente riallineati alla narrazione dominante.
Tutto questo è facilitato dalla presenza, nelle cancellerie europee, di figure politiche più attente alla propria carriera che agli interessi nazionali. Figure che parlano di “credibilità internazionale” mentre si muovono esclusivamente entro i limiti imposti da Washington. Se domani l’Iran chiudesse lo Stretto di Hormuz e il prezzo del petrolio schizzasse alle stelle, generando inflazione globale, sarà interessante vedere come questi leader spiegheranno le loro scelte ai cittadini.
Una cosa è chiara: la pace non è tra le priorità, e nemmeno la tutela degli interessi strategici italiani.

