[npci] Cararo, Cremaschi, Granato e le prospettive del movimento contro la guerra dopo le manifestazioni del 21 giugno

Avviso ai naviganti 158 – 20 giugno 2025

 

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Cararo, Cremaschi, Granato e le prospettive del movimento contro la guerra dopo le manifestazioni del 21 giugno

 

Alla vigilia delle due giornate di mobilitazione del 20 e 21 giugno, Contropiano ha pubblicato un articolo di Sergio Cararo e uno di Giorgio Cremaschi che spiegano perché “sulla giornata di mobilitazione nazionale del 21 giugno contro il riarmo europeo e il vertice NATO dell’Aja, non si è trovata una quadra, né sui contenuti né su un unico corteo” e che bisogna preferire il corteo di piazza Vittorio [quello indetta dalla rete Disarmiamoli promossa dall’area Rete dei Comunisti, Potere al Popolo, USB] perché è la manifestazione “di coloro che sostengono il no alla NATO, a Israele e alla guerra, gli scioperi e le lotte, senza se e senza ma”, mentre l’altra [quella indetta dalla rete Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione PerugiAssisi, Greenpeace Italia), ARCI, ATTAC Italia, Transform Italia e altri promotori italiani della campagna “Stop Rearm Europe”] “per essere più ‘inclusiva’, condanna il riarmo, senza però ripudiare il suo primo colpevole: la NATO. E così assieme ai veri pacifisti, lì ci sarà anche una parte di quel mondo PD che tiene i piedi in due staffe. Che ha manifestato il 15 marzo nella indecente sceneggiata per l’Europa organizzata da La Repubblica”. Lo stesso fa Giuliano Granato, portavoce di potere al Popolo, nell’articolo pubblicato il 20 giugno sul suo blog ospitato da Il Fatto Quotidiano.

Della concomitanza delle due manifestazioni nazionali a Roma abbiamo trattato nel Comunicato CC 11/2025 – 20 maggio 2025; a come far salire di livello (quantità e qualità) le iniziative in solidarietà con il popolo palestinese e per fermare la Terza guerra mondiale a partire dalle mobilitazioni del 20 e 21 giugno è dedicato il Comunicato CC 14/2025 – 16 giugno 2025.

Nei loro articoli, Cararo, Cremaschi e Granato non guardano solo alle manifestazioni del 21 giugno, ma anche e soprattutto alle prospettive del movimento contro la guerra. Proprio per questo ce ne occupiamo.

1. Di contro ai lamenti sulla “passivizzazione delle masse” e sull’onnipotenza della borghesia (ben presenti anche in Potere al Popolo e Rete dei Comunisti), Cremaschi e Granato indicano che la mobilitazione di massa contro la guerra, la corsa al riarmo, il genocidio in Palestina si va estendendo in Italia e negli altri paesi imperialisti: “questa prepotenza e questo orrore suscitano sempre più indignazione e mobilitazione di massa”, scrive Cremaschi; “non siamo né soli né impotenti, come vorrebbero ‘loro’; al contrario, come ci hanno dimostrato i portuali di Marsiglia, Tangeri, Genova che, superando le barriere nazionali e linguistiche, hanno coordinato azioni di embargo militare dal basso contro i carichi di armi pronti a rifornire il genocidio israeliano”, aggiunge Granato.

2. Proprio perché indignazione e mobilitazione popolare si vanno estendendo e sviluppando, avverte Cremaschi, “non bisogna ripetere gli errori del movimento pacifista mondiale di venti anni fa, che allora il New York Times definì: la seconda potenza mondiale. In realtà l’errore fu uno solo, ma fatale: quello di fidarsi dei vari governanti di centrosinistra, che poi ovunque tradirono il pacifismo e alimentarono la corsa alle armi e alla guerra. (…) Siamo in preda ad un sistema criminale e razzista bipartisan, guidato dagli Stati Uniti e dalla NATO, che ci sta portando alla terza guerra mondiale. Ci vogliono scelte e comportamenti netti. Come il boicottaggio di ogni affare di Israele e dei suoi soci. Come i portuali di Genova che hanno scioperato per fermare una nave della morte israeliana. Come i sindacati di base che il 20 giugno hanno proclamato lo sciopero generale contro la guerra, mentre i sindacati confederali e anche la CGIL si guardano bene dal farlo. Come gli studenti che prendono le manganellate per contestare la guerra e le istituzioni complici”. Lo stesso sostiene Cararo: “Il corteo che partirà da piazza Vittorio ha tra i suoi obiettivi la denuncia e lo sganciamento dalla Nato. La questione della Nato infatti è dirimente, oggi più che mai. È questo organismo infatti quello che spinge verso l’escalation militare contro la Russia, alimentandosi reciprocamente con tutte le forze guerrafondaie prosperate in Europa in questi anni. Saltare questo passaggio non è più possibile, anche e soprattutto per gli automatismi di impegno che scattano verso i paesi membri, Italia inclusa. Ed è sul rispetto di questi automatismi che ‘cascano’ le migliori intenzioni di chi afferma una cosa quando sta all’opposizione e poi ne sostiene un’altra quando si avvicina o addirittura assume posizioni di governo, un meccanismo micidiale che negli anni scorsi ha risucchiato e trasformato anche esponenti e partiti della sinistra radicale.

Il movimento contro la guerra nel primo decennio del Duemila fu logorato, neutralizzato e scomposto proprio da questa ambiguità, scassando amicizie e attestati di stima pre-esistenti, stritolando autonomia dei movimenti e credibilità delle forze della sinistra alternativa nel nostro paese (…) Se qualcuno pensa che il campo largo del centro-sinistra possa essere l’antidoto alle scelte di guerra dell’attuale governo, sta alimentando una illusione piuttosto perniciosa. Facilitare la strada a chi non vuole prendersi impegni chiari già da oggi, significa riconsegnare le sorti del movimento contro la guerra a chi, una volta al governo, ci riporterà nel gorgo fatto di mezze misure formali e scelte sostanziali, anche se in Parlamento siederà qualche deputato di buona volontà costretto però a piegare la testa a ‘ragioni superiori’ e a cercare poi di giustificarle maldestramente”.

Granato sintetizza e rilancia: “Non sarà l’alternanza tra ultradestra e centrosinistra – che per primo, con Renzi e Conte. Ha firmato prima e confermato poi l’attuale impegno del 2% del PIL in armi con la NATO – ma un campo popolare organizzato a poter rompere la spirale di guerra e riarmo”.

Sottoscriviamo: solo un campo popolare organizzato può rompere una tale spirale. Ma un campo popolare organizzato che rivendica da un governo di ultradestra o da un governo di centrosinistra (linea del “lotta, lotta, lotta”) o che spedisce in Parlamento qualche deputato di buona volontà (linea elettoralista)? Oppure un campo popolare organizzato che prende in mano la direzione del paese, cioè che si impone sui cosiddetti “poteri forti” con un governo d’emergenza?

3. È vero, come scrive Cremaschi, che PD &C., “gli ultimi arrivati nella lotta contro la guerra, dicono no a Netanyahu, ma sì al sionismo; no al riarmo, ma sì alla NATO e alla difesa comune europea; no alle armi ad Israele ma sì a quelle in Ucraina. Tutte queste ambiguità mascherano presenti e passate complicità. Non dimentichiamo che fu un governo di centrosinistra, guidato da D’Alema e Mattarella a bombardare Belgrado, prima capitale europea colpita dalla guerra dal 1945. Né possiamo ignorare che Leonardo, che ancora arma Israele, è un feudo del profondo PD. E che l’idolo dei liberali Mario Draghi è il teorico dell’economia di guerra assieme a Ursula von der Leyen”.

Ma quello che ha “logorato, neutralizzato e scomposto il movimento contro la guerra nel primo decennio del Duemila” è l’ambiguità del polo PD delle Larghe Intese che quando “sta all’opposizione afferma una cosa e poi ne sostiene un’altra quando si avvicina o addirittura assume posizioni di governo”? Oppure che la sinistra del movimento contro la guerra non aveva un proprio progetto, una propria alternativa di governo del paese e questo ha permesso a PD e soci di raccogliere i frutti di tale movimento?

Il fatto che ora all’opposizione PD e soci affermano il contrario di quello che hanno fatto quando sono stati al governo è un segnale importante. Non del ravvedimento di PD e soci – su questo non bisogna farsi né alimentare alcuna illusione – ma dell’orientamento prevalente tra le masse popolari: è per questo che PD e soci si sono messi a chiamarle in piazza contro la guerra. Dobbiamo sfruttare le mobilitazioni che essi ora promuovono per portarvi proposte di organizzazione e di lotta, parole d’ordine e obiettivi giusti e lungimiranti. Quanto più abbiamo un nostro progetto, un’alternativa di governo del paese, tanto più possiamo sfruttarle perché siamo in grado di raccoglierne i frutti. In questo modo operiamo per non lasciare a PD e soci la direzione delle masse popolari che oggi essi orientano e usiamo a questo fine la mobilitazione che loro stessi promuovono. Quando le masse popolari sono in moto e lottano, è più facile orientarle, “far venire i nodi al pettine” e portarle a comprendere, attraverso la loro esperienza pratica, chi sono gli amici e chi i nemici e conquistare via via gli elementi decisi a lottare fino in fondo. Quando le masse sono in moto, fin dove arrivano non è deciso fin dall’inizio e non dipende solo da chi le ha mobilitate: basta pensare che oggi, a Bologna, i metalmeccanici chiamati in piazza da FIOM-FIM e UILM su obiettivi e parole d’ordine non certo avanzate per il rinnovo del CCNL, hanno bloccato la tangenziale, con buona pace del DL Sicurezza.

4. “Il problema non è la riuscita o meno di una manifestazione sacrosanta ma il ‘come’ pensiamo di attraversare questi tempi e, come diceva qualcuno, ‘per unirsi occorre definirsi’. Meglio farlo adesso che quando i fatti saranno ancora più drammatici e incombenti di quanto lo siano adesso”, scrive infine Cararo. È vero che Lenin insegnava che “prima di unirsi e per unirsi, è necessario innanzitutto definirsi risolutamente e nettamente” (Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica). Cararo però dimentica un piccolo ma decisivo particolare: Lenin si riferiva all’unità dei comunisti in partito, non all’unità di tutte le forze mobilitabili nella lotta contro il nemico che i bolscevichi guidati da Lenin hanno sistematicamente praticato!

Il coordinamento in un Fronte anti Larghe Intese dei partiti e organizzazioni del movimento comunista cosciente e organizzato, dei sindacati di base e della sinistra CGIL, delle associazioni, comitati e reti, sinceri democratici della società civile e delle amministrazioni locali promotori e dirigenti della mobilitazione popolare contro le politiche guerrafondaie della NATO, i vincoli di austerità dell’UE, il sostegno ai sionisti d’Israele e contro le misure antipopolari, reazionarie e repressive del governo Meloni è il passo necessario, qui e ora, per far fare un salto politico e organizzativo alla lotta per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.

La costituzione del Governo di Blocco Popolare è il primo e decisivo traguardo da raggiungere per sganciare l’Italia dalla NATO (anche solo ristabilire il potere dello Stato italiano sulle basi USA e NATO, vietare di svolgervi esercitazioni con armi nucleari e di usarle come retrovia per missioni di guerra, sottoporre i militari americani alla legislazione italiana, interrompere la partecipazione del nostro paese alle missioni di guerra e alle sanzioni economiche contro altri paesi), per mettere fine alla complicità dello Stato italiano con i sionisti di Israele (attuare su grande scala una politica di sospensione di ogni accordo e di rottura di ogni relazione tra il nostro paese e lo Stato sionista d’Israele, di disinvestimento delle risorse impegnate in affari e scambi con Israele, di sanzioni contro ogni soggetto politico, economico, accademico, ecc. immischiato con lo Stato sionista d’Israele), per spezzare la spirale di guerra e riarmo.

In questo modo raccogliamo i frutti anche delle mobilitazioni che ora PD e soci si sono messi a promuovere e non ripetiamo l’errore del movimento mondiale contro la guerra di vent’anni fa.

Costruiamo il fronte delle forze anti Larghe Intese per far salire di tono la lotta fino a rendere il paese ingovernabile a Meloni e compagnia!
Mettiamo in marcia idee e pratiche rivoluzionarie per dare al malcontento popolare una prospettiva di governo del paese in cui protagoniste sono la classe operaia e le masse popolari organizzate!

 

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