L’ignobile aggressione USA/Israele all’Iran, rivendicato da Trump come “preventivo” per fermare la presunta costruzione della bomba atomica, segna un ulteriore escalation in Medio Oriente.
Nonostante il cessate il fuoco e la rivendicazione della vittoria da parte di tutti gli interessati, la ribadita volontà dell’Iran di difendere i propri interessi nazionali e le proprie alleanze potrà solo rinviare la resa dei conti.
Al di là di ciò che avverrà nei prossimi giorni o mesi, sta di fatto che quest’ultima aggressione rappresenta un elemento di accelerazione, un passaggio cruciale in direzione di uno scontro armato globale che deciderà delle sorti e del dominio delle grandi potenze sul mondo.
Ce lo dicono gli altri conflitti in atto, in primis l’Ucraina, e la corsa senza fine al riarmo: l’aumento della spesa militare per tutti i 32 Paesi della NATO fino al 5% del PIL entro il 2035, appena deciso nel vertice all’AIA di questi giorni; il Piano di riarmo europeo di 800 miliardi di euro; il continuo incremento della spesa militare italiana che nel 2025 supererà i 45 miliardi di euro (35 per la difesa + 10 per la sicurezza) ed i suoi programmi pluriennali per l’acquisizione, l’ammodernamento ed il rinnovo di armi e dispositivi di guerra che hanno raggiunto la cifra stratosferica stimata in quasi 170 i miliardi disponibili tra il 2017 e il 2039.
Non sono da meno le altre potenze mondiali: dalla Russia alla Cina, dal Giappone all’India passando per Israele assistiamo ad un crescendo di spesa senza precedenti.
Per raggiungere l’obiettivo del 5% in dieci anni in Italia saranno necessari aumenti annui tra i 9 e i 10 miliardi per un ammontare complessivo decennale di 100 miliardi di risorse finanziarie aggiuntive.
Questo aumento di spesa significherà un decennale trasferimento di fondi pubblici alla difesa a scapito delle spese sociali. Per convincere il proprio popolo dell’urgenza di queste spese, l’Italia così come gli altri Paesi NATO, ventilano fantasiose imminenti invasioni russe ed altre minacce esterne.
La creazione del nemico esterno non ha altro obiettivo che lo schieramento nazionale in difesa degli interessi economici e strategici dell’imperialismo italiano ed occidentale. Quello che si vuole raggiungere è il più ampio consenso all’interventismo militare italiano fuori dai nostri confini e all’operato delle forze armate; consenso che dovrà trasformarsi, quando sarà il momento, nell’accettazione di fare da carne da cannone nella nuova carneficina mondiale.
Come già abbiamo avuto modo di vedere durante la pandemia Covid, stiamo ormai di fronte alla invasiva militarizzazione di sempre più settori della società e dei territori. Persino quelli che una volta erano, a non giusta ragione, considerati i templi della cultura e della ricerca pura, le università, sono oggi connesse, finanziate e “guidate” con/dalle imprese del complesso militare (Leonardo in primis).
Come dimostra l’eccellente lavoro del Prof. Lancione “Università e militarizzazione”, i progetti di ricerca condotti in collaborazione o per conto di aziende che producono armamenti vengono giustificati con l’ottimizzazione delle risorse e la produzione di tecnologie avanzate duali. In realtà il c.d. dual use è sempre meno civile e sempre più militare per rispondere alle nuove sfide belliche che proprio i conflitti di questi ultimi anni hanno messo in evidenza.
Ma la militarizzazione dell’Università è solo un pezzo della più ampia militarizzazione del mondo dell’istruzione. Siamo ormai di fronte alla legittimazione della presenza dei militari nelle scuole di ogni ordine e grado. Di fatto è iniziata la campagna acquisti dell’esercito per soldati volontari, ma si ricomincia anche a parlare di ripristino della leva obbligatoria.
E’ per questo che assume così tanto rilievo la presenza dei militari e delle imprese del complesso bellico nelle scuole e nelle università.
Siamo ancora lontani dall’intruppamento dei giovani dietro i valori della Patria e le bandiere belliciste del capitale nazionale, ma è una tendenza che va contrastata da subito. Le lotte degli studenti nelle università, in particolare contro le collaborazioni con lo stato genocida di Israele, l’opposizione di studenti ed insegnanti alla presenza di soldati nelle scuole, i blocchi dei portuali al trasporto di armi, sono gli esempi da propagandare e incentivare.
E’ ora di riprendere la mobilitazione contro la guerra. Soprattutto, è ora di denunciare ed opporsi all’imperialismo di casa nostra, artefice insieme all’Occidente a guida USA, delle aggressioni, dello sfruttamento e della rapina dei popoli del Sud del mondo.
E’ ora di opporci al riarmo e alla carneficina mondiale che si prepara. Difendiamo i nostri interessi di classe distinti e contrapposti agli interessi di profitto del capitale.
Su come organizzarci e come mobilitarci ne vogliamo discutere in questo primo appuntamento sul tema della guerra che si terrà il
giorno 2 luglio alle ore 17,00
presso la sede di Banchi Nuovi – Sol Cobas
in Via Sedile di Porto 33
Con noi sarà il Prof. Michele Lancione, professore ordinario di Geografia Politico-Economica al Politecnico di Torino ed attivista.
Banchi Nuovi – Sol Cobas – Biblioteca Ramondino Neiwiller – Rete contro la guerra e la militarizzazione
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