Israele-Gaza: I portuali del Pireo rifiutano il carico di morte

Mirko Stelfio – 09/07/2025

I PORTUALI DEL PIREO RIFIUTANO IL CARICO DI MORTE: L’UMANITÀ È ANCORA UN ATTO RIVOLUZIONARIO – Come Don Chisciotte

 

Nel silenzio assordante delle cancellerie europee e nell’ipocrisia complice delle istituzioni internazionali, a parlare – finalmente – è la voce più pulita e potente che un popolo possa esprimere: quella dei lavoratori.

I portuali del Porto del Pireo, in Grecia, hanno dichiarato il loro rifiuto assoluto di scaricare l’Ever Golden, una nave portacontainer carica di acciaio militare destinato a Israele. E non lo fanno per calcolo politico, per convenienza sindacale o per ideologia astratta. Lo fanno per coscienza.

“Non scaricheremo nemmeno un centimetro di questo carico omicida.
I lavoratori portuali del Pireo non saranno complici.”

Con questa dichiarazione, i portuali greci si uniscono all’appello già lanciato da Marsiglia e Genova. È una catena morale di dignità operaia che attraversa il Mediterraneo e squarcia la cappa dell’indifferenza.
È la geopolitica dei giusti, quella che non si studia nei vertici NATO ma nasce nei calli delle mani e nel sangue dei popoli oppressi.

IL PORTO NON È UNA BASE: IL LAVORO NON È COMPLICITÀ

Il porto del Pireo, come quelli di Genova, Marsiglia, Catania, Palermo o Taranto, non è una base militare. Non può e non deve diventare il retrobottega logistico di una guerra coloniale.
E i portuali greci lo dicono chiaro:

“Il porto del Pireo non è un avamposto degli Stati Uniti, della NATO, dell’Unione Europea o dei profittatori della guerra.”

Una frase che pesa come un macigno, che disegna con lucidità la catena gerarchica della complicità occidentale:
• gli Stati Uniti come architetti delle guerre,
• la NATO come braccio armato della ridefinizione imperiale del mondo,
• l’Unione Europea come garante servile dell’ordine atlantico,
• e infine Israele, il gendarme coloniale che stermina il popolo palestinese in nome di una “sicurezza” fondata sull’annientamento dell’altro.

DAI PORTI ALLE PIAZZE: LA RESISTENZA PASSA DAL LAVORO

Quello che i portuali del Pireo stanno facendo non è solo un gesto di solidarietà.
È un atto di insubordinazione civile e politica.
È la rottura di una catena invisibile che lega la classe lavoratrice europea agli interessi sporchi dell’imperialismo internazionale.
È la riaffermazione di un principio: il lavoro non è neutro.
Scaricare acciaio per armi significa partecipare a una carneficina.
Rifiutarsi di farlo significa restare umani, prima ancora che lavoratori.

Non è un caso che questa resistenza venga proprio dai porti: perché i porti sono ponti e crocevia, confini vivi, luoghi dove le merci parlano la lingua della guerra, ma dove gli uomini possono ancora scegliere di parlare la lingua della pace.

LIBERTÀ PER LA PALESTINA: LA DIGNITÀ OPERAIA È L’ULTIMA LINEA DEL FRONTE

Questa ondata – da Marsiglia a Genova, da Livorno ad Atene – è una macchia d’olio di umanità, e rappresenta qualcosa che la diplomazia ha tradito e che i governi hanno venduto:
la libertà di dire NO.

No al genocidio.
No al trasporto di morte.
No al coinvolgimento passivo o attivo in una guerra coloniale che insanguina Gaza, profana la memoria dell’umanità e ridicolizza ogni carta dei diritti umani.

È proprio dai portuali, dagli operai, dai lavoratori, che si leva oggi l’unica opposizione concreta al nuovo ordine bellico mondiale.
Perché chi lavora con le mani spesso ha più etica di chi firma le guerre con la penna.

IL MEDITERRANEO SI STA SVEGLIANDO.

Che lo sappiano tutti: i popoli del Sud Europa, di questo Sud per troppo tempo succube, stanno rialzando la testa.
Non vogliamo essere complici.
Non vogliamo essere retrovie di nessuna guerra.
Il mare non deve diventare canale di sangue, e i nostri porti non devono essere gli arsenali dell’inferno.

Onore ai portuali del Pireo.
Onore ai lavoratori che si rifiutano di servire la guerra.
Onore a chi ha il coraggio di dire: non nel mio nome.

Palestina libera.

 

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