Gustavo Petro

Il coraggio del Presidente Colombiano Petro e il silenzio assordante delle nostre istituzioni

Giuseppe Salamone – 21/07/2025

https://giuseppesalamone.substack.com/p/un-grido-che-dovrebbe-risuonare-a

 

In un mondo dove l’ingiustizia spesso viene normalizzata e il silenzio istituzionale diventa complice, le parole pronunciate dal Presidente della Colombia, Gustavo Petro, dovrebbero essere trasmesse a reti unificate. Non solo per il peso della verità che contengono, ma per il coraggio di chi le ha pronunciate. Non parliamo di un attivista isolato o di una voce dal margine: a parlare è il capo di Stato di uno dei più grandi e influenti Paesi dell’America Latina. Un Presidente che ha deciso di non tacere, di non voltarsi dall’altra parte, e di denunciare apertamente ciò che sta accadendo a Gaza.

Gustavo Petro ha parlato chiaro:

“Gaza è semplicemente un esperimento dei mega ricchi che cercano di dimostrare a tutti i popoli del mondo come si risponde a una ribellione dell’umanità. Pensano di bombardarci tutti, qui almeno al sud del mondo. Ma finiranno come Guernica, bombardandosi con armi straniere. Questa prospettiva di barbarie ovviamente annienta il multilateralismo, uccide l’idea di una democrazia globale, uccide l’intera istituzionalità internazionale. Ho chiesto un incontro come Unione della CELAC al governo degli Stati Uniti d’America. Nessuna risposta scritta. Perché non vogliono incontrare l’America Latina e i Caraibi?”

Parole gravissime, ma necessarie. Un’accusa frontale contro il sistema geopolitico che oggi permette e alimenta guerre, bombardamenti, genocidi, con la complicità di governi che preferiscono il silenzio o la retorica della neutralità. Petro non si ferma qui:

“Dalla NATO dobbiamo uscire, non c’è altra strada. La relazione con l’Europa non può più passare attraverso governi che tradiscono il loro popolo e stanno aiutando a lanciare bombe sui bambini.”

Il 16 luglio scorso, a Bogotà, si è tenuto un vertice storico: il Gruppo dell’Aja, convocato proprio da Petro insieme al Presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Dodici nazioni, Bolivia, Cuba, Colombia, Indonesia Iraq, Libia, Malesia, Namibia, Nicaragua, Oman, San Vincente, Grenadine e Sudafrica vi hanno partecipato e hanno concordato “misure senza precedenti” per fermare il genocidio in corso a Gaza.

La dichiarazione finale è un atto di accusa diretto e concreto:

  • Embargo sulle armi dirette a Israele
  • Divieto di attracco nei porti alle navi che trasportano armi destinate a Israele
  • Revisione degli appalti pubblici che sostengono l’occupazione israeliana
  • Assunzione di responsabilità per i crimini internazionali più gravi
  • Sostegno all’azione penale contro i criminali di guerra israeliani

È un passo epocale, non solo sul piano simbolico, ma anche sul piano politico e giuridico. L’Italia? Invitata, ma assente. Le nostre istituzioni, ancora una volta, voltano lo sguardo. A rappresentare il nostro Paese c’era solo Francesca Albanese, relatrice ONU per i diritti umani nei territori palestinesi, lasciata sola dalle istituzioni italiane, ma non dalla stima di chi continua a sostenerla. Nel suo intervento ha ringraziato con forza chi non la fa sentire abbandonata.

In un’epoca di confusione morale, dove si scambia la complicità per diplomazia e l’ignavia per equilibrio, la voce del Presidente Petro rompe il silenzio e costringe a scegliere: o si è dalla parte dell’umanità, o dalla parte di chi la bombarda.

Queste parole sono scomode. Sono forti. Ma sono necessarie. E devono risuonare ovunque.

 

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