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26 luglio 2025 – 72° anniversario dell’assalto alla caserma Moncada da parte dei rivoluzionari cubani
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Il numero 80 di La Voce è disponibile sul sito del (n)PCI
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Tra le masse popolari del nostro paese cresce la preoccupazione per l’allargamento della Terza guerra mondiale in cui è sfociato lo sforzo della borghesia imperialista di preservare a ogni costo nel mondo intero il suo traballante dominio in campo politico, economico, commerciale, monetario e finanziario. Crescono il malcontento e l’indignazione contro il governo Meloni. L’opposizione alla guerra, al riarmo e all’economia di guerra, al protettorato USA-NATO, alla complicità con i sionisti e alla gabbia dell’UE si combina con le mille lotte contro la chiusura di aziende, i morti sul lavoro, la precarietà, i salari e le pensioni da fame, contro la crisi ambientale, il turismo predatorio e le grandi opere speculative, lo smantellamento della sanità, della scuola e degli altri servizi pubblici, la strage di migranti, la repressione.
L’“ordine sociale” borghese è sempre più un ordine di guerra, di miseria, di distruzione dell’ambiente. Per imporlo e conservarlo la classe dominante deve indurre le masse popolari a rassegnarsi ad esso. Da qui il ricorso su scala crescente alla repressione e il tentativo di limitare per legge e di fatto quanto resta delle libertà democratiche sancite dalla Costituzione del 1948 ancora – almeno formalmente – in vigore e conquistate con la Resistenza e le lotte degli anni successivi. Da qui il livello a cui sono arrivate la manipolazione dell’informazione e la promozione della diversione e dell’evasione dalla realtà. La borghesia non può solo togliere ai lavoratori e reprimere, cerca quindi di egemonizzarne una parte, quella messa meglio, quella che non è pressata dal problema di “arrivare a fine mese”, per impedirne l’adesione alla mobilitazione rivoluzionaria: a questo fine usa su larga scala il turismo, la cucina (il gusto del mangiare, i cibi, le specialità), la cura degli animali domestici, la moda, il sesso, mentre contemporaneamente aggrava la distruzione delle condizioni di vita della specie umana (la devastazione dell’ambiente) e allarga la Terza guerra mondiale. La borghesia imperialista non è in grado di mobilitare le masse intorno a parole d’ordine e programmi costruttivi, di progresso, di solidarietà e di civiltà. Noi comunisti invece siamo in grado di farlo.
Due sono le vie che hanno davanti i partiti, le organizzazioni e i singoli comunisti che animano, promuovono, sostengono la mobilitazione e protesta popolare.
– Indurre i vertici della Repubblica Pontificia e le loro autorità a cambiare rotta o moltiplicando le lotte e rendendole più combattive o costituendo un “terzo polo elettorale”, una lista alternativa a quella del polo Meloni-Salvini-Tajani e del polo PD con i rispettivi alleati, per mandare in Parlamento un certo numero di portavoce delle rivendicazioni popolari (visto che, neanche nei loro sogni più arditi, osano pensare di ottenere i voti necessari a formare un governo) oppure con una combinazione delle due cose.
– Far diventare le rivendicazioni avanzate dai comitati di lavoratori, dai sindacati alternativi e di base, dalla FIOM e dalle altre categorie della CGIL, dai comitati ambientalisti, dalle associazioni della società civile, ecc., i programmi generali e particolari – dalle “contro-finanziarie” di Sbilanciamoci al piano di reindustrializzazione del Collettivo di Fabbrica della ex GKN – da essi elaborati, il programma di un governo d’emergenza imposto ai vertici della Repubblica Pontificia rendendo ingovernabile il paese: azioni legali e illegali, scioperi e scioperi al contrario, rifiuto organizzato di pagare imposte, ticket e mutui e sviluppo di attività di produzione e distribuzione su base solidaristica locale e nazionale, disobbedienza civile, obiezione di coscienza contro la guerra e spese proletarie. Non un “normale” governo delle Larghe Intese o “tecnico” che faccia meno peggio di quello Meloni su pressione dell’opposizione dentro e fuori del Parlamento, ma un governo che rompe la continuità del regime politico del paese per iniziativa delle masse popolari organizzate: non c’è altro modo per uscire dalla crisi in cui siamo immersi e che è già sfociata nella Terza guerra mondiale.
Questa seconda via è anche il modo per far fare un salto avanzato alla rivoluzione socialista nel nostro paese.
Far “montare la maionese” dell’organizzazione e della mobilitazione finalizzata a costituire un governo del genere è l’aspetto centrale: bisogna moltiplicare e rafforzare gli organismi operai e popolari, estendere il loro coordinamento su scala locale e nazionale, propagandare e spiegare l’obiettivo del Governo di Blocco Popolare. Particolare attenzione va dedicata a sviluppare il ruolo degli operai e degli altri lavoratori nella lotta per mettere fine alla spirale di guerra, riarmo ed economia di guerra in cui il governo Meloni e i suoi padrini trascinano il nostro paese. Già estendere i blocchi del trasporto di armi nei porti, aeroporti, ferrovie e in generale nella logistica, impedire l’uso delle basi militari e del nostro territorio come retrovia delle operazioni di guerra USA-NATO, interrompere la collaborazione delle università con le agenzie della NATO e dello Stato sionista di Israele, boicottare le aziende di proprietà di sionisti, le aziende italiane e multinazionali che trafficano con i sionisti, gli eventi pubblici culturali, sportivi e politici in cui sono presenti agenti sionisti, militari USA e industrie belliche italiane e straniere richiede l’iniziativa degli operai e degli altri lavoratori, anche solo per il fatto che sono loro a conoscere quello che succede negli scali della logistica, nelle aziende, nelle scuole. Su questo terreno non siamo soli, possiamo avvalerci già oggi di quello che organizzazioni sindacali, associazioni di vario genere, singoli personaggi che godono di influenza e seguito tra i lavoratori già fanno e di quello che possiamo portarli a fare.
Se guardiamo le cose in prospettiva, vediamo che per mettere fine alla spirale di guerra, riarmo ed economia di guerra occorre spezzare le catene che legano l’Italia agli imperialisti USA-NATO, ai sionisti di Israele e all’UE, alla loro Comunità Internazionale, alle sue istituzioni, regole, relazioni e traffici. Uscire dalla NATO implica questo, o qualcuno pensa sul serio di uscirne semplicemente dicendo al governo USA e agli altri soci “non ci sto più, arrivederci e grazie”? Concretamente significa essere in grado di far funzionare il paese (produzione, distribuzione, trasporti, cioè aziende, scuole, ospedali, uffici, ferrovie, reti, supermercati, ecc.) nonostante le minacce, le pressioni, il blocco, il boicottaggio e il sabotaggio della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti, UE e associati e dei loro soci e complici italiani, quindi si tratta di riorganizzare la vita economica e civile del paese sulla base della gestione pianificata e pubblica dell’apparato produttivo. Questo presuppone l’iniziativa di una parte importante di operai e di altri lavoratori, che va costruita da oggi sviluppando il loro ruolo, la loro organizzazione e mobilitazione nella lotta contro la guerra.
Per far “montare la maionese” dell’organizzazione e della mobilitazione popolare possiamo e dobbiamo
– sfruttare le contraddizioni in campo nemico, in particolare in questa fase 1. gli effetti suscitati nella Chiesa cattolica dall’operato ambivalente di Bergoglio e i subbugli che verranno sia nel caso in cui Leone XIV prosegua l’azione intrapresa da Bergoglio per quanto riguarda la dottrina sociale, l’espansione del ruolo dei laici e delle donne, il riconoscimento dei fedeli omosessuali e divorziati sia nel caso in cui l’elezione di un papa statunitense sia invece un ingrediente della lotta degli imperialisti USA per difendere la loro dominazione in declino nel mondo; 2. il fatto che il polo PD delle Larghe Intese e il resto della “opposizione” al governo Meloni per mantenere seguito e voti (o contenerne l’emorragia) hanno iniziato a uscire dal Parlamento, a mobilitare le piazze e a muovere le amministrazioni locali che dirigono a sospendere i rapporti con lo Stato sionista d’Israele;
– valorizzare le iniziative della sinistra borghese, di quel “mondo di mezzo” che sta tra masse popolari e classe dominante, i cui esponenti si stanno in numero crescente “radicalizzando”: arrivano alla conclusione che il capitalismo non ha futuro anche se prospettano soluzioni di buon senso anziché l’instaurazione del socialismo e considerano necessario il protagonismo delle masse popolari, la loro “mobilitazione dal basso”, per cambiare il corso delle cose.
La capacità di sfruttare le contraddizioni in campo nemico e di valorizzare le iniziative della sinistra borghese per allargare e rafforzare l’organizzazione e la mobilitazione degli operai e degli altri lavoratori è anche metro di misura dell’autonomia politica dei partiti e delle organizzazioni del movimento comunista cosciente e organizzato del nostro paese. Di quell’autonomia nell’azione politica, per fare un esempio, grazie alla quale i comunisti guidati da Lenin nell’ottobre 1917 instaurarono il governo sovietico mobilitando i Soviet sia contro il governo borghese capeggiato da Kerenski che continuava la politica zarista sia contro il complotto controrivoluzionario del generale Kornilov per rovesciare il governo Kerenski. I comunisti non si distinguono principalmente per eroismo, tempra morale e generosità (tutte qualità necessarie) oppure per la radicalità dei loro programmi rivendicativi, ma “perché hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti” (Marx ed Engels, Il Manifesto del Partito Comunista, 1848). In avanti, cioè verso l’instaurazione del socialismo.
L’autonomia politica dei comunisti deriva dalla loro autonomia ideologica, cioè dall’assimilazione della scienza comunista: della teoria e dei metodi della rivoluzione socialista sintetizzati nel marxismo-leninismo-maoismo e derivanti dal bilancio della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria. Da qui l’importanza di sviluppare la lotta contro lo spontaneismo nelle nostre file e nel movimento comunista cosciente e organizzato del nostro paese. Nel numero scorso di La Voce abbiamo posto l’accento sul fatto che la lotta contro lo spontaneismo è “lotta per la costruzione del partito comunista capace di promuovere e dirigere la rivoluzione socialista in un paese imperialista come è il nostro”. In questo numero, alla lotta contro lo spontaneismo dedichiamo un contributo di Antonio Gramsci che tratta della direzione che i comunisti devono dare al movimento spontaneo delle masse popolari, spiega l’origine del movimento spontaneo e mostra il legame dialettico tra i due. Quindi mette bene in luce che la lotta contro lo spontaneismo è lotta contro la concezione secondo cui la rivoluzione socialista è qualcosa che scoppia. Gramsci chiama gli spontaneisti “mistici”, perché si aspettano una “folgorazione miracolosa”, si aspettano di “organizzare fulmineamente le proprie truppe, di creare i quadri, o almeno di porre i quadri esistenti (elaborati fino allora dal processo storico generale) fulmineamente al loro posto di inquadramento delle truppe disseminate; di creare fulmineamente la concentrazione dell’ideologia e dei fini da raggiungere” al momento dello scoppio.
L’autonomia politica, infine, richiede che il partito comunista sia autonomo organizzativamente, cioè sia nelle condizioni di fare tutto quello che è nelle sue forze e che è utile alla nostra causa, anche se borghesia e clero lo vietano con le loro leggi.
La rivoluzione socialista avanza tanto più rapidamente quanto più avanzata è la scienza che il Partito applica nella sua attività e quanto più numerosi sono i suoi membri e organismi. Bisogna quindi far crescere il Partito: reclutare nuovi membri e costruire un ampio e articolato sistema di Comitati di Partito (regionali, provinciali, cittadini, di quartiere e di base, di azienda, scuola, caseggiato.
A questi temi abbiamo dato ampio spazio nel n. 80 di La Voce.
Anche se ne parliamo solo in una manchette perché abbiamo appreso la notizia in fase di chiusura della rivista, ci uniamo alle celebrazioni e ai festeggiamenti per la scarcerazione del compagno Georges Ibrahim Abdallah: a lui e a quanti sotto tutti i cieli lottano per la liberazione del popolo palestinese, degli altri popoli oppressi e delle masse popolari dal sistema imperialista dedichiamo questo numero.
Il compagno Georges Ibrahim Abdallah è libero!
Georges Ibrahim Abdallah, comunista libanese che ha dedicato la sua vita alla liberazione della Palestina e dei popoli arabi dallo sfruttamento di classe e dall’oppressione nazionale, è stato rilasciato all’età di 74 anni dopo 41 anni di carcere in territorio francese. La campagna per la sua liberazione, sempre più estesa e massiccia in Francia e in Libano, soprattutto dopo l’intensificazione del genocidio contro il popolo palestinese con cui i sionisti come e peggio dei fascisti e dei nazisti hanno reagito al colpo inferto loro dalla Resistenza palestinese con l’operazione “Diluvio di Al-Aqsa”, ha dato i suoi frutti.
La resistenza dei rivoluzionari prigionieri e la solidarietà con essi rafforza la lotta per spezzare le catena della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti e mettere fine alla Terza guerra mondiale da essi promossa.
La solidarietà dei popoli di tutto il mondo con la causa palestinese ha ripercussioni dirette sullo Stato sionista di Israele (alimenta il suo isolamento e discredito a livello internazionale e la crisi interna) ed è diventata un problema politico negli USA e negli altri paesi imperialisti, senza il cui supporto lo Stato sionista d’Israele non si reggerebbe né militarmente né economicamente e tanto meno politicamente.
Che la resistenza di Georges Ibrahim Abdallah sia di esempio per quanti come Gabriele Rubini (alias “Chef Rubio”) sono colpiti dalla polizia politica per il loro sostegno incondizionato alla causa palestinese!
Che la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah rafforzi nel nostro paese le mobilitazioni per la liberazione del partigiano palestinese Anan Yaeesh, ancora detenuto nelle carceri italiane!
Che la dedizione incrollabile con cui Georges Ibrahim Abdallah ha lottato fuori e dentro il carcere animi i promotori della lotta per cacciare il governo Meloni, per liberare il nostro paese dal protettorato degli imperialisti USA, dalla complicità con i sionisti e dalle catene dell’Unione Europea, per fare finalmente dell’Italia un paese socialista!

