Giuseppe Salamone – 17/08/2025
https://giuseppesalamone.substack.com/p/zelensky-recita-la-parte-del-vincitore
Volodymyr Zelensky è atterrato a Washington per incontrare Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, e il resto della compagnia europea. Come sempre, ha scelto X come palco per condurre la sua diplomazia improvvisata, trasformando dichiarazioni di guerra e pace in un flusso di post autocelebrativi.
“Condividiamo tutti un forte desiderio di porre fine a questa guerra in modo rapido e affidabile. La pace deve essere duratura – ha scritto Zelensky –. Sono fiducioso che difenderemo l’Ucraina, garantiremo la sicurezza e il nostro popolo sarà sempre grato a Trump, all’America e ai partner europei. La Russia deve porre fine a questa guerra, che lei stessa ha iniziato. E spero che la nostra forza congiunta possa costringere Mosca a una vera pace”.
Il presidente ucraino ha poi insistito sul passato:
“Non come anni fa, quando fummo costretti a rinunciare alla Crimea e a parte del Donbass. O quando nel 1994 le garanzie di sicurezza concesse a Kiev si rivelarono inutili. Oggi, invece, i nostri soldati ottengono successi nelle regioni di Donetsk e Sumy”.
Eppure, la realtà racconta un’altra storia. Zelensky non solo ha perso la guerra e devastato il suo Paese, ma ha bruciato centinaia di miliardi di dollari e mandato al fronte centinaia di migliaia di uomini, spesso rastrellati con la forza. Nonostante questo, continua a comportarsi da vincitore, imponendo condizioni che nessuno può prendere sul serio. Sono giorni che non riesce a fermarsi: proclami e slogan si susseguono senza tregua, mentre in Europa i leader guerrafondai si ostinano a sostenere un conflitto già perso.
Trump tra Ucraina e Palestina
Trump, invece, ha scelto un approccio diverso. Da presidente in carica, ha risposto indirettamente ma con chiarezza:
“Zelensky può porre fine alla guerra con la Russia quasi immediatamente, se vuole – ha dichiarato – oppure può continuare a combattere. Ricordate come è iniziata: Obama diede la Crimea dodici anni fa senza che fosse sparato un colpo. E niente ingresso dell’Ucraina nella NATO. Alcune cose non cambiano mai!”.
Una dichiarazione che pesa come un macigno sulle illusioni di Kiev e sulle finzioni europee. Ma bisogna tenere insieme i pezzi: se da un lato Trump appare pragmatico nel voler chiudere il capitolo ucraino, dall’altro lato sul dossier palestinese si comporta come il più fedele dei servi di Netanyahu. Ha lasciato mano libera allo Stato terrorista di Israele nel genocidio di Gaza, sostenendo senza esitazioni la politica coloniale e genocida del governo sionista.
L’ipocrisia europea e il ruolo del PD
Intanto in Italia, quelli del PD sudano freddo di fronte a un possibile accordo di pace. In prima fila la Picierno e Fassino, a fare da portavoce del resto della truppa guidata da Elly Schlein. La loro strategia? Sempre la stessa: più armi a Zelensky, più miliardi buttati via, più sanzioni alla Russia. Come se questa linea suicida non avesse già prodotto abbastanza disastri.
Il PD – lo si ripete fino allo sfinimento – dovrebbe solo sparire dalla scena politica. Perché finché rimane in piedi, droga il sistema politico italiano e continua a generare mostri: l’esistenza stessa di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi è figlia diretta degli anni di disastri PD. E chi oggi lo legittima o gli fa da stampella è responsabile in egual misura di questa deriva.
L’Europa al capezzale di Zelensky
Intanto, i leader europei si sono ritrovati in videocollegamento per una sorta di veglia funebre, più che un vertice politico. Dopo 42 mesi di “amorevoli consigli” a Zelensky, ciò che resta del presidente ucraino è stato aviotrasportato alla Casa Bianca per le solenni esequie.
Le frasi che circolano tra Bruxelles e Berlino suonano come voci da oltre tomba: “Kiev nella Nato”, “Ucraina porcospino d’acciaio”, “nuove sanzioni alla Russia” (con Ursula che annuncia il 19 esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per settembre) “cessate il fuoco”, “garanzie di sicurezza”. Tutti slogan consumati, senza più alcun contatto con la realtà del campo di battaglia, che peggiora ogni giorno per Kiev e migliora per Mosca.
La guerra, persa sin dal primo giorno, è costata centinaia di migliaia di vite e centinaia di miliardi, trascinando l’Europa in un collasso economico e sociale. Ma il peggio deve ancora arrivare: quel lembo di Donetsk che Kiev tenta disperatamente di difendere finirà comunque nelle mani russe, con o senza un bagno di sangue.
Eppure gli europei, accompagnati dai loro “esperti” incompetenti, continuano a ripetere formule insensate: Russia isolata, Putin morente, vittoria ucraina dietro l’angolo. Un repertorio tragicomico di illusioni.
Trump, lo zotico che in Europa amano deridere, ha capito che la guerra è finita. I raffinati strateghi di Bruxelles, invece, continuano a indossare l’elmetto, pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Ovviamente…

