A scanso di equivoci, è necessario che nel quadro dei rapporti che abbiamo recentemente stabilito col PCI si ribadiscano alcune linee guida entro cui questi rapporti vanno impostati.
Non per porre condizioni, semmai il contrario, per evitare rigidità che toglierebbero senso al modo con cui il Forum ha aperto una discussione a tutto campo per mettere in discussione rigidità e paletti che, lungi dal rafforzare i comunisti italiani, costituiscono al contrario un limite che ne impedisce il rafforzamento.
Qual è il centro della questione? Il punto di partenza è il giudizio sull’esistente. Quando si parla di confronto nell’area comunista si riconosce che negli ultimi decenni la questione comunista in Italia – aldilà di ciò che ciascuno pensa di se stesso – non è stata ancora risolta. Questa inadeguatezza viene da un peccato originale costituito da come sono andate le cose dopo la crisi del PCI. Il cossuttismo, e in seguito la nascita di Rifondazione comunista, non hanno dato una base vera per la costruzione di un partito che ereditasse l’esperienza migliore dei comunisti italiani, basata sugli insegnamenti dei due suoi grandi leaders, Gramsci prima e Togliatti poi.
Nel momento della degenerazione bertinottiana, i compagni del PCI hanno avuto il merito di rappresentare, una linea di resistenza rispetto alla deriva che era stata imboccata ma, senza sciogliere una serie di nodi, questo non poteva bastare per aprire una prospettiva nuova. E i fatti l’hanno dimostrato.
La nuova formazione politica che ha messo sulla sua bandiera il simbolo storico del PCI ha rappresentato più un’associazione di reduci che un organismo capace di superare la crisi. Ne sono coscienti i compagni del PCI? E quand’è che si decide finalmente di aprire un dibattito onesto sullo stato dell’arte e partire da questo invece di manovrare soldatini?
Qui entra in gioco il discorso indicato nel titolo: qual è il partito comunista che vogliamo? Quello che agita i propri simboli oppure, come abbiamo detto all’inizio, quello in grado di sciogliere i nodi che i comunisti hanno di fronte? E quali sono questi nodi?
Noi ne abbiamo indicati già alcuni nello scritto inviato al PCI nelle scorse settimane [*] e li vogliamo riproporre per chiarezza all’attenzione dei compagni.
Innanzitutto ribadiamo il concetto essenziale che non si può pensare di ricostruire un partito comunista senza affrontare seriamente le ragioni della sua crisi e questo significa valutare gli effetti in termini politici e di relazioni sociali di ciò che è successo. Un partito comunista non si può ricostruire – a meno che non se ne vedano solo gli aspetti ideologici – senza riagganciare un rapporto serio con la realtà, ricercare le “forze motrici della rivoluzione” e ridefinire una strategia di cui il partito deve essere il punto di sintesi. Non si può essere comunisti a prescindere.
Alla verifica dei fatti non ci sembra che le cose siano andate in questo modo dal momento che ciò che si muove nella società italiana ha punti di riferimento e livelli organizzativi che hanno caratteristiche differenti da quella che deve essere una presenza autentica e non formale dei comunisti nella società.
Il PCI, cioè i comunisti, non sono un’etichetta che si può appiccicare alla realtà, ma devono rappresentare la guida reale delle forze in movimento. Esiste tutto questo in Italia e come si raggiunge questo obiettivo?
Il rischio è che si confonda questa necessità con ciò che si è prodotto negli ultimi decenni in termini di radicalismo politico: in realtà una zavorra, anche ideologica, che impedisce ai più di vedere come stanno le cose e lavorare per una prospettiva nuova. Perchè, ed è bene dirlo in partenza, la ripresa di un partito comunista passa per un esame attento della storia dei comunisti italiani a partire da Lione, delle ragioni oggettive che ne hanno determinato la crisi e delle caratteristiche della nuova fase.
Su questo abbiamo chiesto al PCI di aprire un discorso che si rivolga a tutta l’area comunista e riprendere un cammino teorico e pratico che dia un senso alla parola comunista. Se non c’è la capacità di uscire dal ghetto, si rimane su un terreno che si è dimostrato sterile e rende la falce e il martello un reperto di un glorioso passato.
[*] Teoria e prassi: un confronto per definire le basi dei comunisti italiani
https://www.forumdeicomunisti.it/edit51_basi_comunisti_italiani.html

