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[SinistraInRete] Ernesto Screpanti: Un capitalismo con caratteristiche cinesi

Rassegna 14/09/2025

Ernesto Screpanti: Un capitalismo con caratteristiche cinesi

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Un capitalismo con caratteristiche cinesi

di Ernesto Screpanti

stelle3.jpgRecentemente mi è capitato di leggere e ascoltare diverse favole sulla natura sociale e politica della Cina, ad esempio che si tratta di un sistema socialista. In questo articolo vorrei tentare di smontarle. Ovviamente lo farò come si può fare in un articolo di dieci pagine. Per approfondire scientificamente lo studio del sistema cinese ci sarebbe bisogno di scrivere almeno due libri, uno sugli aspetti politici e uno sugli aspetti economici. Ma credo che le cose essenziali si possano dire anche in modo semplice e sintetico.

Visto che tratterò di capitalismo, imperialismo e socialismo, devo fare una breve premessa teorica. Il capitalismo lo definisco come un sistema economico in cui il lavoro è mobilitato con il contratto di lavoro subordinato e il controllo dei mezzi di produzione è assegnato al capitale, il quale usa il lavoro salariato per estrarre plusvalore e impiega il plusvalore per valorizzare e accumulare il capitale stesso. L’imperialismo lo definisco come un sistema di potere internazionale in cui il capitale di un paese sfrutta risorse umane e naturali di un altro paese e usa il plusvalore e la ricchezza così estratti per valorizzare e accumulare il capitale su scala mondiale.

Più difficile è definire il socialismo, se non altro per la varietà di teorie cui si può attingere. Per essere più ecumenico possibile, lo definirò facendo riferimento a due posizioni molto diverse, quasi polarmente opposte. In tal modo chiunque può scegliere quella che preferisce, tra la gamma di definizioni collocabili tra i due poli, e ognuno può valutare come vuole il grado di socialismo di un sistema reale. La prima definizione la definirò “marxista”, pur sapendo che qualche marxista non la condividerà. Secondo questo punto di vista, il socialismo è un sistema in cui il reddito è distribuito in modo da dare a ognuno secondo le sue capacità, il potere economico in modo da assegnare ai produttori il controllo della produzione e il potere politico in modo da attribuire al popolo il controllo democratico dello stato. La seconda definizione la definirò “bellamista”.

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Gianmarco Pisa: Cento anni con Fidel

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Cento anni con Fidel

di Gianmarco Pisa

Articolo Fidel Castro.jpgÈ stato inaugurato lo scorso 13 agosto 2025 il Programma commemorativo per il centenario del comandante in capo e leader storico della rivoluzione a Cuba, Fidel Castro (Birán, 13 agosto 1926 – L’Avana, 25 novembre 2016), sulla base delle decisioni assunte dalla X Sessione plenaria del Partito Comunista di Cuba. Gli obiettivi del programma si traducono in un percorso, lungo un anno, di ricerca e di studio, ma, soprattutto, di comunicazione e di iniziativa.

Si tratta di promuovere gli ideali di Fidel; sostenere la ricerca e lo studio del suo pensiero e della sua opera; celebrare il centenario facendo “memoria attiva”, traendo ispirazione dalla sua opera, attualizzando il suo lascito storico, politico e intellettuale, approfondendo i contenuti fondamentali del pluridecennale processo di costruzione del socialismo a Cuba, all’insegna dei principi di uguaglianza, giustizia sociale, pace, internazionalismo, solidarietà e amicizia tra i popoli. È l’intera direzione politica e sociale di Cuba socialista, nel corso dei decenni, dal 1959 in avanti, ad avere reso Cuba ciò che è: un autentico faro di solidarietà e di giustizia, un punto di riferimento per i popoli del mondo nella lotta per l’emancipazione, l’autodeterminazione e la giustizia. Il Programma commemorativo, di conseguenza, include progetti e iniziative in tutti gli ambiti della vita del Paese e si svolgerà dal 13 agosto 2025 al 4 dicembre 2026, portando ogni centro e ogni comunità, ogni luogo di studio e di lavoro a diventare uno spazio di memoria e di iniziativa significativo e importante.

Facendo riferimento al programma, in occasione della X Sessione plenaria, Alberto Alvariño Atienzar, Direttore della conservazione del patrimonio documentale della Presidenza della Repubblica di Cuba, ha evidenziato la particolare profondità del programma di lavoro, sottolineando che la sua impostazione è stata il risultato di un ampio processo partecipativo popolare. Il programma stesso è un quadro di attivazione e mobilitazione per tutti i cubani e le cubane, soprattutto nell’attuale momento di crescente aggressione imperialista volta a colpire la Rivoluzione e le sue conquiste.

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David C. Kang, Jackie S. H. Wong e Zenobia T. Chan: Che cosa vuole la Cina?

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Che cosa vuole la Cina?

di David C. Kang, Jackie S. H. Wong e Zenobia T. Chan

L’analisi controcorrente della rivista americana «International Security», che ha riaperto il dibattito sugli obiettivi di Pechino

1280px Embroidery view 2 China Tung Chih Period silk George Walter Vincent Smith Art Museum DSC03828 2Krisis presenta l’abstract del saggio comparso ad agosto su International Security, rivista statunitense pubblicata da MIT Press e considerata la più autorevole nel campo delle Relazioni internazionali. I tre autori, che insegnano in università americane, hanno analizzato 12.000 articoli e centinaia di discorsi del presidente Xi Jinping per capire le effettive intenzioni di Pechino. I dati emersi mostrano una Cina a difesa dello status quo, concentrata sulla stabilità interna e su obiettivi regionali chiari e limitati. Pur non lesinando critiche a Pechino, gli studiosi concludono dicendo che la minaccia militare cinese è sovrastimata: «La Cina non vuole invadere e conquistare altri Paesi».

* * * *

L’opinione corrente sostiene che la Cina è una potenza egemonica emergente, desiderosa di rimpiazzare gli Stati Uniti, dominare le istituzioni internazionali e ricreare l’ordine internazionale liberale a propria immagine. Basandoci su dati tratti da 12.000 articoli e da centinaia di discorsi di Xi Jinping, per discernere le intenzioni della Cina abbiamo analizzato tre termini o espressioni della retorica cinese: «lotta» (斗争), «l’ascesa dell’Oriente, il declino dell’Occidente» (东升西降) e «nessuna intenzione di sostituire gli Stati Uniti» (无意取代美国).

I risultati della nostra indagine indicano che la Cina è una potenza a difesa dello status quo, preoccupata della stabilità del regime e più rivolta verso l’interno che verso l’esterno. Gli obiettivi della Cina sono inequivocabili, durevoli e limitati: si preoccupa dei propri confini, della sovranità e delle relazioni economiche estere. Le principali preoccupazioni della Cina sono quasi tutte regionali e collegate a parti della Cina che il resto della regione riconosce come cinesi – Hong Kong, Taiwan, Tibet e Xinjiang.

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Davide Malacaria: Ucraina – Palestina: il rilancio delle due guerre infinite

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Ucraina – Palestina: il rilancio delle due guerre infinite

di Davide Malacaria

Drammatizzazione parallela tra ieri e stamattina: nel conflitto ucraino si è registrato l’asserito attacco al palazzo governativo e, in quello mediorientale, l’attentato alla fermata di un bus di Gerusalemme, costato la vita a sei israeliani. La guerra infinita si rilancia su entrambi i fronti.

Sull’asserito attacco a Kiev c’è poco da dire, dal momento che è stato smentito dal sindaco della città Vitali Klitschko che, ignorando che il governo voleva usare dell’accaduto, ha comunicato quanto realmente successo in un post rilanciato da Ukrinform: “Nel distretto di Pechersk è scoppiato un incendio in un edificio governativo a seguito del probabile abbattimento di un drone”.

Il vettore, dunque, non mirava all’edificio governativo, anche perché se veramente fosse stato indirizzato contro di esso avrebbe fatto ben altri danni, mentre questi appaiono più causati da un incendio.

Spiegazione, peraltro, data successivamente da Defense Express, secondo cui l’edificio sarebbe stato colpito da un missile da crociera 9M727 Iskander, che però “non è esploso”, ma i cui serbatoi avrebbero innescato le fiamme (né poteva scrivere che era esploso perché intercettato e che a colpire l’edificio è stato quel che ne rimaneva).

Né c’è una ragione logica per cui i russi avrebbero dovuto prendere di mira quell’edificio, dal momento che non l’hanno mai fatto prima e un attacco del genere avrebbe avuto come unico esito quello di complicare il già complesso processo diplomatico, come in effetti è accaduto dopo la fanfara mainstream e i video drammatizzanti dei locali colpiti.

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Francesco Cappello: L’orizzonte bellico dell’Occidente fin lassù, in cima al mondo

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L’orizzonte bellico dell’Occidente fin lassù, in cima al mondo

di Francesco Cappello

Il Mare di Barents, a nord della Norvegia e della Russia, è una parte dell’Oceano Artico. In questo momento, la NATO sta intensificando le sue attività militari nella zona. Nel frattempo si apre il fronte gi guerra caraibico. L’unico modo di controllare gli altri paesi che possiedono materie prime e organizzazione produttiva è quello (illusorio) di controllarli militarmente. La costruzione di una fortezza statunitense come una Israele atlantica

Le forze della NATO conducono pattugliamenti congiunti tra Stati Uniti e Norvegia nel Mare di Barents, ufficialmente con l’obiettivo di monitorare l’attività dei sottomarini russi, in particolare quelli della classe Yasen. Sono stati utilizzati anche aerei di pattugliamento marittimo, come il P-8 Poseidon. Nella stessa zona, la Marina russa ha condotto esercitazioni antisommergibile e ha simulato l’intercettazione di sottomarini nucleari.

Recentemente il comandante Christopher Donahue, responsabile delle forze statunitensi in Europa e Africa, con una carriera prevalente nelle operazioni speciali, ha pubblicamente dichiarato, come farebbe un qualsiasi bullo, che la NATO potrebbe neutralizzare velocemente le difese russe e prendere Kaliningrad in poche ore. Un chiaro tentativo di intimidazione attraverso esercitazioni di attacco militare su strutture russe nella speranza che la Russia possa piegarsi al volere occidentale.

La Russia ha avvertito che un’azione militare contro Kaliningrad potrebbe scatenare una risposta immediata e molto forte, anche con l’uso di armi nucleari.

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Clara Statello: L’Aquila tedesca si prepara ad azzannare l’Orso russo: storia di una catastrofe annunciata

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L’Aquila tedesca si prepara ad azzannare l’Orso russo: storia di una catastrofe annunciata

di Clara Statello

La Germania va alla guerra: le Sturmtruppen ci riprovano con la Russia. Errare humanum est, perseverare autem cruccorum, verrebbe da commentare.

Da fine agosto sino a fine settembre, la Bundesweher conduce l’esercitazione NATO “Quadriga 2025”, che coinvolge un imponente schieramento di forze: circa 8.000 militari tedeschi provenienti dalla Marina, dall’Esercito, dall’Aeronautica, dal Servizio per la Sicurezza Informatica e il Dominio dell’Informazione e dal Comando di Supporto Congiunto, assieme a truppe di altri 13 Paesi.

I giochi di guerra si svolgeranno in Germania, Finlandia, Lituania e nel Mar Baltico. L’obiettivo ufficiale è quello di rafforzare la deterrenza e aumentare la prontezza operativa delle truppe, con un focus particolare sulla logistica. L’addestramento prevede infatti il dispiegamento via mare, terra o aria di forze ed equipaggiamenti in Lituania, per fornire supporto multinazionale diretto nella difesa del fianco orientale della NATO.

L’attenzione sarà rivolta:

  • ai trasporti sia su strada, ferrovia o mare
  • alla fornitura di carburante e acqua potabile in Lituania
  • alla protezione delle infrastrutture critiche per la difesa nei settori terrestre, aereo, marittimo e cyberspazio,
  • alla fornitura di assistenza medica in mare, inclusa l’evacuazione medica e la cooperazione con gli operatori sanitari civili a terra.

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Umberto Franchi: Mattarella, l’Europa: i valori dell’Occidente

 sinistra

Mattarella, l’Europa: i valori dell’Occidente

di Umberto Franchi

Il Presidente della Repubblica Mattarella, parlando a Cernobbio con videomessaggio, in una assemblea padronale, (Forum Ambrosetti)  ha detto  QUATTRO  cose su cui credo che valga la pena riflettere.

  • che l’Europa è un’area di pace e che essa non ha mai scatenato guerre;
  • che il Mondo ha bisogno dell’Europa per ricostruire la centralità del diritto internazionale che è stato strappato;
  • Che l’Europa deve espandere i suoi valori occidentali;
  • L’Europa è un baluardo di Pace, Democrazia, Libertà di mercato e stato sociale ?

 

PRIMO: L’Europa è un’area di Pace ? 

Probabilmente Mattarella con quella affermazione,  voleva dire che l’Unione Europea non avendo una struttura giuridica  militare unica, come istituzione non ha mai formalmente dichiarato guerra a nessun stato. Ma credo che Mattarella avrebbe anche dovuto ricordare senza ambiguità che molti Paesi Membri della Unione Europea nonché della Nato,  tra cui l’Italia, hanno partecipato a guerre di aggressione imperialista contro la ex Jugoslavia nel 1999, soprattutto con i bombardamenti nel Kosovo e a Belgrado, (con Mattarella vicepremier); Hanno fatto guerra  contro l’Iraq nel 2003 con la falsa storia della fialetta chimica presentata dagli USA  alle Nazioni Unite, dicendo che in Iraq stavano preparando la guerra chimica;

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Fabio Ciabatti: Né terroristi né vittime, i palestinesi come microcosmo della condizione umana

Né terroristi né vittime, i palestinesi come microcosmo della condizione umana

di Fabio Ciabatti

Mohammed El-Kurd, Perfect Victims And The Policy of Appeal, Haymarket Books, Chicago 2025, pp. 256, € 15,43 (traduzione italiana in corso di pubblicazione, Vittime perfette e la politica del gradimento, Fandango Libri, Roma 2025, pp. 288, € 19,00).

Vittime perfette cover .jpgSecondo la narrazione mainstream occidentale, compresa quella progressista, i palestinesi sono intrappolati in una falsa e rigida dicotomia: o sono terroristi o sono vittime. Mai e poi mai possono essere i protagonisti, gli eroi della loro storia. O sono i villains, i nemici cattivi del racconto, o sono coloro che, inermi, vengono colpiti da un nemico innominabile e invisibile. Invisibile, si potrebbe anche aggiungere, perché celato nelle pieghe della loro stessa interiorità dal momento che, in fin dei conti, i palestinesi, per loro natura irragionevoli e bellicosi, sono i veri nemici di se stessi, la causa ultima del male che li affligge e perciò, come recita il vecchio adagio, destinati a piangere se stessi.

Questa costruzione narrativa viene denunciata come palesemente assurda da Mohammed El-Kurd, poeta1 e corrispondente per la rivista statunitense The Nation. Lo scrittore, nato a Gerusalemme, ha dato alle stampe Perfect Victims And The Policy of Appeal,2 un pamphlet corrosivo e irriverente non certo per amore dello scalpore in sé, ma per la dichiarata volontà di rompere la gabbia ideologica in cui è condannata a girare a vuoto, come un criceto nella ruota, chiunque voglia supportare la causa palestinese senza liberarsi dalla narrazione dominante sul “conflitto” originato dalla colonizzazione sionista. Una gabbia confermata ulteriormente dalla perentoria ingiunzione a condannare l’attacco di Hamas del 7 ottobre ignorando bellamente tutta la sequela di orrori e ingiustizie cui sono stati sottoposti i palestinesi prima di quella data. Denigrare la violenza degli oppressi mentre si chiudono gli occhi di fronte alla violenza dell’oppressore, sostiene l’autore, non significa altro che sottomettersi alla logica coloniale e sostenere lo status quo.

Tornando alla dicotomia con cui abbiamo cominciato, i palestinesi che sono etichettati come terroristi non hanno mai l’opportunità di parlare per sé stessi e raramente sono oggetto di una qualche attenta considerazione.

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Guido Ortona: Che fare se chi dovrebbe farlo non lo fa?

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Che fare se chi dovrebbe farlo non lo fa?

di Guido Ortona

Tutto il mondo occidentale ha seri problemi economici. Ma quelli dell’Italia sono particolarmente seri, come evidenziato dal fatto che il nostro Paese sta rapidamente perdendo terreno nei confronti internazionali. Nel 1995, fatto 100 il PIL pro capite dell’Italia, il valore della Francia era 93.2, quello del Regno Unito 86.3, quello della Germania 101.5 e quello della Spagna 75.6. In sostanza, l’economia italiana stava bene come quella tedesca, stava assai meglio di quelle della Francia e del Regno Unito, e stava molto meglio di quella della Spagna. Nel 2022 la situazione era invece la seguente (sempre facendo 100 per l’Italia): Francia 111.6, Regno Unito 110.1, Germania 126.0, Spagna 92.4 (dati IMF a parità di potere d’acquisto). Tre anni fa quindi l’economia italiana stava poco meglio di quella della Spagna, assai peggio di quelle della Francia e del Regno Unito, e molto peggio di quella della Germania (forse ultimamente si è recuperato qualcosa, ma solo per i disastri degli altri paesi). È evidente che esiste un “problema Italia” specifico e, appunto, grave.

Cosa dovrebbe fare la sinistra in queste condizioni, se fosse al governo, e cosa deve quindi proporre dall’opposizione? I problemi da affrontare sono molti, ma due sono prioritari: quello del conflitto con l’Europa e quello della assenza di una seria imposta patrimoniale. Il motivo per il quale questi problemi sono prioritari è che qualsiasi politica di sinistra richiede risorse, e richiede che non si sprechino quelle che ci sono.

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Barbara Spinelli:  La nuova Cina, l’Europa e il deserto dei tartari

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 La nuova Cina, l’Europa e il deserto dei tartari

di Barbara Spinelli

Nel giro di quattro giorni Xi Jinping ha inaugurato un ordine multipolare non più centrato sul predominio statunitense e occidentale. Assieme a Russia, India, Iran e altri 22 capi di stato o governo riuniti per un vertice dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (Sco) ha dato vita all’Iniziativa di Governance Globale. Obiettivo: la cooperazione pacifica fra Stati e un “futuro condiviso dell’umanità”. Assieme al gruppo Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) gli Stati congiunti dallo “spirito di Shanghai” si proteggono così dalla brama di predominio e sanzioni che anima l’Occidente. Non sono tutti democratici, ma il pianeta non è tutto democratico.

È il primo argine costruito per far fronte ai disastri del dopo Guerra fredda: trentacinque anni contrassegnati da fallimentari guerre occidentali di regime change, dall’estensione della Nato per debilitare la Russia, dalle minacce contro Pechino, dall’erosione dell’Onu cui l’Organizzazione di Shangai e i Brics vogliono restituire peso. La micidiale e illusoria pretesa degli Stati Uniti di dominare da soli il pianeta, iniziata negli anni 90, s’inceppa. La parata del 3 settembre a Pechino è stata organizzata da Xi per mostrare spettacolarmente che anche la Cina celebra la fine della Seconda guerra mondiale, avendo partecipato al conflitto con due parallele resistenze all’invasore giapponese (soldati nazionalisti di Chiang Kai-shek e guerriglieri di Mao). Parlando di “Resistenza Mondiale Antifascista”, il Presidente cinese entra nella nostra storia come attore paritario, chiamato a correggere la sciagurata, caotica gestione del dopo Guerra fredda.

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Fabrizio Casari: Occidente, la grande paura

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Occidente, la grande paura

di Fabrizio Casari

Le immagini della parata militare cinese hanno ottenuto l’effetto desiderato da Xi, ovvero  dimostrare la consistenza e l’efficacia del rafforzamento militare del Dragone e, nello stesso tempo, presentare la Cina come riferimento del nuovo mondo e punto di possibili mediazioni con l’ordine globale uscente. Nessuna dichiarazione bellicosa, anzi offerte di dialogo e di ricerca di soluzioni. Ma anche nessun indietreggiare sul percorso che porta al riconoscimento pieno della leadership internazionale per la Cina e tutti i paesi emergenti.

Vista da Washington e Bruxelles, la parata allarma. La maggiore paura dell’Occidente collettivo è stato il materializzarsi di progressi militari di Pechino e della saldatura politica dell’asse strategico con Mosca. Tanta dimostrazione di forza e la reiterata alleanza strategica con la Russia ha reso chiaro che per l’Occidente la teoria di Tucidide, di colpire l’avversario prima che esso diventi troppo forte per riuscire a colpirlo, è ormai irrealizzabile.

Vedere dispiegata la potenza militare cinese, con dispositivi in grado di azzerare la differenza strategica con gli USA e sapere come siano integrabili con la forza straordinaria del dispositivo militare della Russia ha reso evidente come l’Occidente, che doveva circondare, in realtà sia circondato.

La presenza di 4 delle prime sette potenze nucleari del mondo, di tre delle prime quattro economie del pianeta e dei tre maggiori indici demografici esistenti, tutti disobbedienti al sistema di regole dell’Occidente collettivo, ha fornito una immagine di forza straordinaria.

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Maurizio Boni: Il “modello finlandese” e altri possibili scenari del dopoguerra ucraino

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Il “modello finlandese” e altri possibili scenari del dopoguerra ucraino

di Maurizio Boni

Nel corso di un’intervista a The Economist, il presidente finlandese Alexander Stubb ha nuovamente evocato la cosiddetta “vittoria” della Finlandia nell’estate-autunno 1944, non per aver sconfitto un esercito sul campo, ma per aver preservato l’indipendenza negoziando un armistizio vantaggioso con l’Unione Sovietica. La storia ci ricorda che il 9 agosto 1944 terminò l’operazione offensiva Vyborg-Petrozavodsk delle truppe sovietiche in Carelia. L’Armata Rossa eliminò la minaccia a Leningrado dalla Finlandia e scacciò le truppe finlandesi dalla Repubblica Karelo-finlandese.

A seguito della perdita di Vyborg, il maresciallo Mannerheim, capo delle forze armate finlandesi, e il governo Hackzell si rivolsero a Mosca accettando condizioni rigorose: rottura con la Germania, smilitarizzazione, riparazioni, cessione di territorio e scioglimento delle organizzazioni filo-hitleriane. Il Trattato di pace di Parigi del 1947 ratificò quell’intesa, suggellando una neutralità che durò oltre quattro decenni.

Quel percorso storico, armistizio rapido in cambio di margini di autonomia, è oggi offerto come possibile scenario all’Ucraina affinché, dopo la guerra con la Russia, possa ricostruire la propria sovranità senza soccombere ai diktat dei vincitori.

L’idea, che era già stata esternata a Washington in occasione del vertice con i leader europei nello studio ovale di Trump, è stata commentata molto più in ambito russo che occidentale stigmatizzando alcuni aspetti della realtà storica che non erano stati citati da Stubb e che i leader europei, per non parlare della compagine statunitense, probabilmente ignoravano.

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