prigionieri catturati da napoleone scortati da contadini russ dipinto illarion mikhailovich pryanishnikov

[SinistraInRete] Jeffrey Sachs: Una nuova politica estera per l’Europa

Rassegna 13/10/2025

Jeffrey Sachs: Una nuova politica estera per l’Europa

krisis.png

Una nuova politica estera per l’Europa

di Jeffrey Sachs

1. Russia, storia di una minaccia inventata

L’economista di Columbia University smonta la narrazione occidentale della Russia come potenza espansionista

L’Europa è intrappolata in una crisi di sicurezza ed economica, guidata dalla paura di Russia e Cina e dalla dipendenza dagli Stati Uniti. In questa prima puntata del suo saggio «Una nuova politica estera per l’Europa», il professor Jeffrey Sachs sfida la narrazione della Russia come minaccia esistenziale per l’Europa. Ricostruendo gli episodi chiave della storia russa, dall’attacco alla Prussia orientale nel 1914 all’invasione dell’Ucraina del 2022, mostra come la percezione di un’«aggressività russa» sia storicamente distorta. E sostiene che le azioni di Mosca erano dettate da motivazioni difensive, non imperialistiche

Russia 3577 1812 4166101638 2.jpgL’Unione Europea ha bisogno di una nuova politica estera fondata sui veri interessi economici e di sicurezza del continente. Oggi l’Europa si trova in una trappola economica e di sicurezza in gran parte auto-inflitta: ostilità pericolosa con la Russia, diffidenza reciproca con la Cina e una vulnerabilità estrema nei confronti degli Stati Uniti. La politica estera europea è ormai guidata quasi interamente dalla paura di Russia e Cina — una paura che ha prodotto una dipendenza di sicurezza dagli Stati Uniti.

La subordinazione dell’Europa a Washington deriva quasi esclusivamente dal timore, ingigantito, della Russia: un timore amplificato dai Paesi dell’Est con una forte impronta russofoba e da una narrazione distorta della guerra in Ucraina. Convinta che la minaccia alla propria sicurezza venga innanzitutto da Mosca, l’Ue sacrifica tutti gli altri aspetti della propria politica estera – economia, commercio, ambiente, tecnologia e diplomazia – agli interessi statunitensi. Ironia della sorte, si stringe a Washington proprio mentre gli Stati Uniti diventano più deboli, instabili, erratici, irrazionali e persino pericolosi nel loro approccio verso l’Europa, fino a minacciarne apertamente la sovranità (come avvenuto con il caso della Groenlandia).

Per tracciare una nuova politica estera,

Leggi tutto

Eros Barone: “Per chi suona la campana”: etica ed epica di un capolavoro della letteratura mondiale

sinistra

“Per chi suona la campana”: etica ed epica di un capolavoro della letteratura mondiale

di Eros Barone

marina ginest 08bd1dca 11de 4bea b16c 01f99f9f961 resize 750 1.jpeg«Tu vai spesso dietro le loro linee» disse Karkov. […] «Preferisco il fronte» aveva detto Robert Jordan. «Più si è vicini al fronte e migliore è la gente.» «E ti piace startene dietro le linee fasciste?» «Moltissimo. Abbiamo della gente in gamba là.» «Ebbene, cerca di capire che anche loro debbono egualmente avere la loro gente in gamba dietro le nostre linee. Noi li troviamo e li fuciliamo, e loro trovano i nostri e li fucilano. Quando stai dietro le linee loro, devi sempre pensare a quante persone loro debbono aver mandato dalla parte nostra.» «Ci ho pensato.»

Ernest Hemingway, “Per chi suona la campana”, cap. XVIII, Milano 1985.

Tutta l’opera di Hemingway è una critica della società: egli ha risposto ad ogni spinta morale del tempo, così come si fa sentire alla base dei rapporti umani, con una sensibilità che quasi non ha eguali […]

Edmund Wilson, “La ferita e l’arco”, Milano 1973.

Ernest Hemingway amava profondamente la Spagna e la considerava come la sua seconda patria. Questa predilezione spiega l’intensità dei sentimenti con cui partecipò, fin dal luglio 1936, alla guerra civile spagnola, schierandosi ai primi posti tra i sostenitori della repubblica, come molti altri antifascisti americani ed europei. Nel corso di quella drammatica vicenda egli fu anche testimone dell’aspra lotta politica, ideologica e personalistica che divideva gli esponenti del governo repubblicano, i capi militari, i partiti e i rappresentanti delle forze internazionali che partecipavano alla guerra. Il romanzo “Per chi suona la campana”, scritto nel 1940, non narra soltanto un episodio significativo di quella vicenda militare, ma rispecchia anche i motivi politici e morali che, secondo l’autore, ne avevano segnato il cattivo andamento. Tuttavia, benché questi aspetti siano oggetto di una ricostruzione attenta e puntuale, il romanzo attinge il suo significato pregnante alla luce di una prospettiva ideale più ampia, fin quasi a configurarsi, per la carica simbolica che lo anima, come una vera e propria allegoria.

Una concisa sintesi della narrazione si rende perciò necessaria. Mentre in Spagna infuria la guerra civile, Robert Jordan, un giovane professore americano, si arruola come volontario nell’esercito repubblicano.

Leggi tutto

Leo Essen: Baran e Sweezy e il Potere operaio

coku

Baran e Sweezy e il Potere operaio

di Leo Essen

baranesweezy 1220x600.jpgChe cosa sono i costi di produzione socialmente necessari quando la differenza tra fabbricazione e vendita è cancellata? Se il limite posto dai costi è variabile, persino aleatorio, indefinibile, cosa sono i prezzi se non cartellini arbitrari; che sono l’interesse, il surplus, le valute, i cambi e le bilance commerciali?

La struttura del capitalismo monopolistico, dicono Baran e Sweezy (Il capitale monopolistico), è tale che un volume continuamente crescente di surplus non si potrebbe smaltire attraverso canali privati: in mancanza di altri sbocchi, il surplus non sarebbe prodotto affatto.

La situazione in cui una parte del surplus prodotto non trova impiego profittevole è quella del capitalismo concorrenziale. In esso un eccesso di capitali che non trova condizioni favorevoli di valorizzazione produce disoccupazione e disimpego di impianti.

Il sistema del laissez-faire – la concorrenza – produce una quantità di capitali superiore alle possibilità di valorizzazioni offerte dal mercato. Fino al 1870 questo capitale in eccesso veniva distrutto. Il mercato poteva riprendere il suo regolare funzionamento solo dopo questa distruzione.

In condizioni di laissez-faire il mercato è una struttura autonoma indipendente dal desiderio e dalla volontà dei partecipanti. La concorrenza conduce i prezzi al limite dei costi socialmente necessari alla produzione della merce. C’è un limite indipendente oltre il quale il mercato boccia le offerte. Questa struttura indipendente determina contemporaneamente l’impiego dei fattori – lavoratori, clienti, fornitori, proprietari – e la distribuzione dei prodotti.

Dopo il 1870, e in maniera decisiva dopo la Grande Depressione (1873-1896), il sistema dei prezzi rappresenta un limite per la valorizzazione. I prezzi che il mercato impone alle imprese, e sotto i quali esse non possono scendere, non sono più sostenibili. Il mercato boccia il mercato. Meglio non produrre affatto che produrre in perdita. A meno che non si trovi un metodo per ingannare il mercato e superare la concorrenza.

Leggi tutto

Geraldina Colotti: Perù in fiamme, Bolouarte sotto accusa: contestata all’ONU e nelle piazze

pagineesteri.png

Perù in fiamme, Bolouarte sotto accusa: contestata all’ONU e nelle piazze

di Geraldina Colotti

All’ottantesima Assemblea Generale dell’Onu, la rappresentante del Perù, Dina Bolouarte, ha concluso il suo intervento a microfoni spenti. Guasto tecnico o sordina intenzionale? Intanto, fuori dal Palazzo di Vetro, si facevano sentire i peruviani risiedenti a New York. Come molti concittadini immigrati in altri paesi, i peruviani che vivono negli Stati uniti non hanno perso occasione per protestare contro quella che considerano non la presidente, ma un’”usurpatrice”, che governa dal 7 dicembre del 2022, a seguito di un “golpe istituzionale” contro il maestro Pedro Castillo. L’ex presidente è tutt’ora in carcere e i manifestanti, che hanno denunciato la dura repressione subita dal 2022 a oggi, inalberavano le foto delle oltre 80 vittime e chiedevano la liberazione di Castillo.

Altri feriti – giornalisti e giovani manifestanti – si sono aggiunti in questi giorni a Lima, a seguito dei violenti scontri con la polizia, che ha duramente contrastato la manifestazione del movimento “Generazione Z”. A scendere in piazza sono stati i ragazzi cresciuti nell’era digitale che si organizzano attraverso piattaforme virtuali, innalzando simboli culturali come la bandiera di One Piece. La bandiera di One Piece, o Jolly Roger, è l’emblema del protagonista dell’omonima serie manga e anime giapponese, creata da Eiichiro Oda. Nella serie, è il simbolo della ciurma di pirati guidata da Monkey D. Luffy. Indica libertà, avventura e ribellione contro il potere costituito dal governo mondiale, che i pirati li considera criminali.

Leggi tutto

Fabrizio Marchi: Il flop di DSP

linterferenza

Il flop di DSP

di Fabrizio Marchi

Un mio amico appartenente a quella che fu l’area cosiddetta “sovranista” mi ha chiesto quali sarebbero le ragioni, secondo il mio punto di vista, dell’ultimo flop elettorale di DSP (la formazione guidata da Marco Rizzo e Francesco Toscano), nel caso specifico nella regione Calabria dove ha ottenuto circa lo 0,9% (c’è anche da considerare che è la regione di Francesco Toscano dove infatti era candidato). Questa di seguito è stata la mia risposta che ho pensato di rendere pubblica.

Qualche settimana fa ho ascoltato su Facebook un brevissimo video/spot di Marco Rizzo in cui testualmente diceva:”Ma quale invasione della Russia, qui l’invasione è quella degli immigrati!”.

Ora, posso capire l’esigenza della sintesi, di lanciare un messaggio breve ed efficace che faccia presa sull’elettorato ma questa è una frase che potrebbe stare in bocca al più inveterato leghista o a qualsiasi catenaccio di estrema destra, anche di un militante di Casapound o di Forza Nuova.

Un comunista o un socialista dovrebbero entrare un po’ più nel merito e spiegare quali sono le cause strutturali dell’immigrazione, e cioè lo sfruttamento e il saccheggio a cui sono sottoposti i paesi della periferia del mondo a opera dei paesi ricchi, cioè sostanzialmente dell’Occidente a guida USA ma anche di altri, penso ad esempio al Qatar o all’Arabia Saudita che vivono anch’essi sullo sfruttamento dei lavoratori immigrati oltre che dai proventi del petrolio.

Leggi tutto

Alberto Giovanni Biuso: Migranti e capitale

aldous

Migranti e capitale

di Alberto Giovanni Biuso

Il significato del marxismo come analisi volta a comprendere la realtà e come spinta rivoluzionaria a trasformarla sta anche e specialmente nel rifiuto costante che Marx oppose a ogni prospettiva moralistica e sentimentale, proponendosi invece di pervenire a una comprensione quanto più oggettiva e fredda del divenire storico e dei conflitti tra le classi.

Das Kapital rappresenta il vertice di questa intenzione che è stata ed è feconda non in quanto ‘scientifica’, aggettivo che ricorre spessissimo nei testi marxiani ma che ne mostra la dipendenza dal clima positivistico dell’epoca, bensì in un fitto ragionare e argomentare, fondato su una miriade di dati statistici, di analisi sociologiche, di resoconti evenemenziali. Tutti trasformati poi in categorie generali dell’economia politica.

C’è nel Capitale una sezione che affronta un argomento centrale per comprendere il funzionamento e gli obiettivi del modo di produzione capitalistico. Si tratta della VII sezione del I libro, più esattamente del § 3 del capitolo n. 23. Il titolo del capitolo è La legge generale dell’accumulazione capitalistica (Das allgemeine Gesetz der kapitalistichen Akkumulation), quello del paragrafo è Produzione progressiva di una sovrappopolazione relativa ossia di un esercito industriale di riserva (Progressive Produktion einer relativen Übervölkerung oder industriellen Reservearmee).

In queste poche ma fondamentali pagine Marx applica la distinzione tra capitale costante (i macchinari e le materie prime) e capitale variabile (la forza lavoro, gli operai) alla relazione tra il plusvalore e i cicli di maggiore o minore impiego della forza lavoro, individuando in tale relazione una delle fonti più importanti dell’accumulazione capitalistica.

Leggi tutto

Enrico Tomaselli: Due anni, la Storia

metis

Due anni, la Storia

di Enrico Tomaselli

61kSqf32pyL. UF350350 QL50 .jpgOggi sono passati due anni da quel fatidico 7 ottobre 2023, e ora che con il piano Trump si apre uno spiraglio – non ancora di pace per il Medio Oriente, ma forse di tregua per Gaza – si può fare un bilancio, anche se certamente non ancora definitivo. E poiché si tratta di una questione assai articolata e complessa, questo primo bilancio sarà diviso per comodità in due parti. In questo articolo esaminerò, sia sotto il profilo politico che militare, questi due anni di guerra, e soprattutto cosa ne emerge; in un articolo successivo invece esaminerò la vexata questio del via libera calcolato, da parte del governo israeliano, affinché l’attacco palestinese fungesse da giustificazione per il successivo genocidio. E cercherò di farlo non a partire da una posizione preconcetta – pro o contro questa tesi – ma da un esame quanto più oggettivo possibile, e sottolineo possibile, delle informazioni certe di cui a oggi disponiamo. Per il momento, mi limito a osservare che, se davvero l’operazione Al Aqsa Flood ha potuto essere messa in atto grazie a una decisione del governo di Tel Aviv, possiamo oggi affermare, con tutta evidenza, che in tal caso si sarebbe trattato della decisione più folle, più errata e più controproducente dell’intera storia di Israele.

Una delle cose che scrissi, nell’immediatezza dell’attacco palestinese del 7 ottobre, fu che quella operazione rappresentava la definitiva sconfitta politica del progetto sionista; e che, a quel punto, restava soltanto da attendere la sconfitta militare. Che, a due anni esatti di distanza, e anticipata da due fondamentali passaggi (il conflitto con Hezbollah, settembre-novembre 2024, e il conflitto con l’Iran, giugno 2025), è ora arrivata. Nell’arco di questo biennio, Israele ha semplicemente fatto a pezzi il progetto sionista, lo ha sbriciolato in un modo che rende semplicemente impossibile rimettere insieme i pezzi, e quando la spinta cinetica del conflitto si arresterà, la società israeliana sarà semplicemente squassata sino alle fondamenta dall’onda d’urto di questi due anni.Quando le formazioni combattenti della Resistenza palestinese lanciano l’attacco, il contesto geopolitico regionale – e non solo, ma questo al momento, lo lasciamo da parte – è caratterizzato fondamentalmente da due elementi.

Leggi tutto

kamo: Aria frizzante. Un punto di vista dalla provincia sulla marea del «Blocchiamo tutto» 

kamomodena

Aria frizzante. Un punto di vista dalla provincia sulla marea del «Blocchiamo tutto» 

di kamo

WhatsApp Image 2025 10 06 at 16.10.47.jpeg0. Ci sono giorni che valgono anni. Le ultime settimane, dal 22 settembre al 4 ottobre, sono state tra questi. Anche a Modena.

1. Due scioperi generali che hanno travalicato le appartenenze (o non appartenenze) sindacali e fermato, rallentato, sabotato, la fabbrica della guerra che è nel suo complesso il sistema-Italia e di cui Modena è uno dei suoi reparti più avanzati. Una composizione eterogenea e trasversale di massa e diffusa che ha utilizzato strumentalmente e pragmaticamente le scadenze di sigle, collettivi e delle più svariate infrastrutture organizzative per scendere in mobilitazione permanente. Che, capillarmente, dai territori metropolitani a quelli provinciali, su livelli di intensità variabile da territorio a territorio, ha occupato le strade, le piazze, le facoltà, le scuole, i magazzini, gli stabilimenti, le stazioni, le tangenziali, tentando di praticare con slancio e determinazione l’obiettivo del “blocchiamo tutto”. Una oceanica manifestazione nazionale che ha fatto tremare, per la prima volta, un governo di postfascisti, atlantisti e sionisti – scappati fuori Roma – a digiuno di opposizione. Per non parlare, appunto, delle imbelli, inutili e ipocrite opposizioni della Sinistra, atlantista e sionista, saltate a bordo all’ultimo – citofonare Landini e Schlein – per timore di rimanere naufraghe.

2. L’avevamo percepito il lunedì di sciopero generale che l’aria non era più la stessa. Certe cose le senti: ti lasciano il sapore dell’elettricità in bocca. Il 22 settembre abbiamo assaporato un gusto che non sentivamo da molto tempo a Modena.

La manifestazione degli studenti è rumorosa e con numeri (circa 400-500) che non si vedevano da decenni – anche se a maggioranza liceali e con poco apporto di seconde generazioni – portati per la gran parte dal “lavorio invisibile” di un gruppo di giovani senza pregressi politici nato, più o meno spontaneamente, un paio di settimane prima, “Giovani di Modena per la Palestina”. Piazza Grande è ingrossata da lavoratori delle più disparate categorie: operai della logistica e non solo, professionisti e partite iva, insegnanti, impiegati dell’industria, tecnici, precari, operatori delle cooperative, tirocinanti, universitari, perfino i funzionari della CGIL. La manifestazione arriva a contare circa 3000 persone e si carica di un’energia che neanche i soliti, interminabili comizi al microfono riescono a spegnere.

Leggi tutto

Riccardo Fedriga: IA è compatibile con noi?

doppiozero 

IA è compatibile con noi?

di Riccardo Fedriga

pexels thisisengineering 3913025 0.jpgImmaginiamo di vivere in un mondo popolato da umani perfettamente razionali, chiamiamoli Penelope, che convivono con altrettanti Ulisse, macchine artificiali deferenti e utili: la convivenza tra le due specie non sarebbe un problema. Ulisse passa la vita a imparare, con discrezione e pazienza, le preferenze della sua padrona, diventandone l’assistente perfetto. Ma la realtà è ben diversa: l’umanità non è un blocco monolitico, bensì una costellazione di individui contraddittori, invidiosi, irrazionali, incoerenti e complessi. Una moltitudine che si evolve, si scontra, cambia direzione, pretende di ottenere tutto e subito per ciascuno. Qui nasce il dilemma. Come far coesistere preferenze individuali e interessi collettivi e istruire le intelligenze artificiali così che soddisfino i requisiti per il bene comune? Come può Ulisse prendere le misure per soddisfare i capricci egoistici e le pretese degli umani? Ce ne parla Compatibile con l’uomo, pubblicato oggi da Einaudi e uscito nel 2019 dalla penna di Stuart Russell, informatico e direttore del Center for Human-Compatible Artificial Intelligence a Berkeley. Insisto sul 2019 non per sottolineare ritardi dell’editore quanto per rilevare come sia incredibile che un volume, uscito solo sei anni fa, possa già essere considerato un classico.

Partendo da un dibattito filosofico che affonda le sue radici nelle ricerche sviluppate dagli utilitaristi tra la metà del XVIII secolo e il XIX, Bentham e Mill su tutti, Stuart Russell ripercorre per temi le tappe di un’area di studi, che certo non è nata nel 2020 con il lancio di GPT-3, ma che pochi oggi hanno la capacità di disegnare in modo organico. Dalle discussioni avviate da Alan Turing alla metà degli anni Trenta del secolo scorso (che sfociarono nel congresso del 1956 al Darmouth College – New Hampshire, con McCarthy, Minsky, Shannon, Rochester, Newell e Samuel) il libro, che per chiarezza, attendibilità e capacità di organizzare gli argomenti dovrebbe essere adottato ovunque si studi intelligenza artificiale, ne ripercorre la storia sino alle AI generative e ai modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM).

Compatibile con l’uomo, tuttavia, non è solo un viatico autorevole tra storia e problemi dell’intelligenza artificiale. È soprattutto una proposta su come l’uomo possa pensare non meglio o peggio ma con essa: una soluzione ‘compatibilista’ che presenta molti aspetti su cui vale la pena di soffermarsi.

Leggi tutto

Docenti per Gaza: Il prossimo 14 ottobre, a Udine, si giocherà la partita di calcio tra Italia e Israele…

ilpungolorosso

Il prossimo 14 ottobre, a Udine, si giocherà la partita di calcio tra Italia e Israele…

di Docenti per Gaza

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa presa di posizione di “Docenti per Gaza” su (e contro) questo prossimo evento sportivo, che di autenticamente sportivo avrà ben poco, e sarà al centro di un’ampia contestazione di massa. Quanto alle leggi e alla Costituzione del 1948, all’occorrenza, come in questo e altri mille casi, lo stato non esita a mettersele sotto i piedi. Carta straccia, come le infinite risoluzioni ONU di condanna dello stato sionista. (Red.)

Il prossimo 14 ottobre, a Udine, si giocherà la partita di calcio tra Italia e Israele valevole per le qualificazioni ai campionati mondiali del 2026.

Incuranti degli appelli che si susseguono, ormai da mesi, per chiedere la sospensione di questo evento, FIGC, prefettura e governo ritengono che non ci sia nulla di male a ospitare la squadra che rappresenta un’entità coloniale che da decenni occupa il territorio palestinese illegalmente, costringendo i suoi abitanti a vivere sotto assedio, e che negli ultimi due anni ha accelerato e inasprito a dismisura un progetto dichiaratamente genocidiario.

“Cosa c’entra lo sport?”, qualcuno si domanda. Tante, forse troppe persone non sono a conoscenza del fatto che molti dei componenti della squadra israeliana sono membri effettivi dell’esercito, e che non perdono occasione per esaltare le ignobili “imprese” dell’IDF; la propaganda sionista e la copertura al genocidio in atto passano anche per manifestazioni come questa.

Leggi tutto

Redazione Contropiano: Gli “scontri” di Roma. Come ti cucino un falso

contropiano2

Gli “scontri” di Roma. Come ti cucino un falso

di Redazione Contropiano

Il governo Meloni non regge le critiche, si sa. I suoi quasi-avversari liberal fanno notare che non dà interviste da una vita (quelle di Bruno Vespa non possono onestamente essere considerate tali…), che non risponde mai a nessuna domanda, che il suo stile comunicativo è praticamente autistico.

Ma nella pratica di governo – nella concretezza delle decisioni, prima e più che nelle dichiarazioni – è solarmente evidente che sta velocemente passando dalla “tolleranza occhiuta” del dissenso alla repressione pura e semplice.

Pensare di fermare così un movimento di popolo capace di portare in piazza due milioni di persone in due giorni – oltre che di dar sostanza a due sciopero generali in meno di 15 giorni, che hanno portato realmente a “bloccare tutto” come promesso – è miope. Quasi autolesionistico.

Perché l’indignazione morale che ha mosso tanta gente davanti a un genocidio in diretta può solo crescere, se messa davanti a plotoni di celere che pestano gente inerme (anche se poi tutti – ma proprio tutti – i giornalisti li definiscono “scontri”; come del resto chiamano quel che accade a Gaza una “guerra”, anche se lì c’è un esercito tecnologicamente avanzato che martella su una popolazione civile e qualche miglio di combattenti armati al massimo di fucili, qualche bazooka e trappole esplosive mimetizzate tra le macerie).

Leggi tutto

Militant: Da Roma a Gaza: Palestina vincerà!

militant

Da Roma a Gaza: Palestina vincerà!

di Militant

Il 4 ottobre è stata una giornata figlia di un lungo percorso, durato due anni, che ha visto nel suo corteo oceanico uno dei momenti di apice per un movimento che in questo autunno ha iniziato a dispiegare tutta la sua capacità di mobilitazione. Una settimana lunga e intensa, inedita, che ha portato milioni di persone in piazza in tutta Italia e che ha saputo esprimere numerosi momenti di conflitto. Questa settimana ha dimostrato plasticamente che la società italiana è schierata convintamente per la Palestina e contro le politiche terroristiche di Israele, contro il sionismo colonizzatore, e contro un sistema di relazioni internazionali marcio e complice, che permette da 70 anni al sionismo genocida di annientare un popolo senza Stato, senza esercito e senza economia, armato solo della convinzione e della necessità di dover resistere per sopravvivere.

Un movimento ormai composto dai più diversi settori sociali e che rivendica con forza il proprio sostegno alla resistenza palestinese. Che ha preso le mosse dalle organizzazioni della diaspora palestinese che per prime si sono organizzate all’alba del 7 ottobre e che hanno avuto la capacità di generalizzare, nel pieno di una crisi di mobilitazione che durava da un decennio, le ragioni della Palestina e dell’opposizione all’operato del governo Meloni, uno dei più filo-irsraeliani d’europa, in piena e sostanziale sintonia con quello di Netanyahu.

Leggi tutto

Francesco Piccioni: Manifestare per Gaza significa

contropiano2

Manifestare per Gaza significa

di Francesco Piccioni

Ai reazionari – dichiarati o camuffati – che in questi giorni fanno finta di chiedere “ma perché protestate per Gaza?” (sottinteso spesso urlato: “andate a lavorare!”) si può facilmente rispondere, e asfaltarli, mettendo in fila un po’ di notizie che in questi giorni di mobilitazione continua forse sono passate un po’ inosservate.

Prima notizia.

Nella vicinissima Grecia, che tanto ci somiglia da aver fatto coniare il detto “una faccia, una razza”, sono cominciati gli scioperi contro la nuova legge sul lavoro che il governo Mitsotakis sta cercando di far approvare dal Parlamento.

Non stupisce che si protesti. Il testo prevede – per i lavoratori che hanno un solo padrone, di innalzare l’orario di lavoro fino a 13 ore al giorno, per un massimo di 37 giorni all’anno, con l’unica limitazione formale (facilmente aggirabile, come sappiamo da sempre qui in Italia) che il lavoratore sia d’accordo e riceva un aumento del 40% della retribuzione.

Respirate un attimo, perché non è finita qui. Si prevede anche di innalzare l’età pensionabile a 74 anni, l’introduzione della settimana lavorativa di sei giorni, i licenziamenti senza preavviso nel primo anno di contratto, un periodo di prova fino a sei mesi, nonché sanzioni fino a 5.000 euro o sei mesi di carcere per chi blocca il lavoro altrui durante uno sciopero.

In pratica: lavorare sempre (se riesci a trovare un lavoro), fino alla morte (è davvero improbabile che lavorando 13 ore al giorno di possa arrivare a 74 anni), senza protestare mai se no finisci in galera.

Leggi tutto

 

Sharing - Condividi