monoscopio rai

“Le porcate della cosiddetta sinistra”

Alessandro Di Battista – 13/10/2025

https://alessandrodibattista.substack.com/p/le-porcate-della-cosiddetta-sinistra

 

Quando sentite esponenti del PD (o loro alleati) attaccare il governo Meloni per l’occupazione quasi militare della TV pubblica e per i diritti dei lavoratori sempre più deboli ricordatevi queste due date: 4 dicembre 2014 e 22 dicembre 2015.

Il 4 dicembre 2014 il Senato della Repubblica (166 voti a favore, 112 no e 1 astenuto) ha approvato il decreto legge delega sul lavoro meglio noto come “Jobs Act”. Si tratta di un provvedimento fortemente voluto da Renzi e contrastato (a parole, soltanto a parole) dall’allora minoranza del PD che oggi controlla gran parte del partito. Infatti anche la minoranza del PD, il 4 dicembre 2014, seppur “in modo sofferto” (con queste parole pensarono di giustificare la porcheria appena fatta) approvò l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori proposta da Renzi. Lo abolirono “per senso di responsabilità” e “rispetto per il partito”. Così, proprio così dissero. In pratica anche coloro che oggi sostengono la rivoluzione della Schlein all’interno del PD (quale rivoluzione poi?) preferirono “per senso di responsabilità” rispettare più il partito che i lavoratori. Nel nostro paese fatto alla rovescia l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori l’hanno abolito gli ex comunisti, pensate, non gli ex fascisti. Quello che non riuscì a Berlusconi riuscì al PD!

Oggi in tanti provano a smarcarsi ma i voti sono scolpiti nella roccia della Storia. Vi invito a non valutare un politico dalle dichiarazioni, dai programmi (quelli sono sempre tutti buoni e sempre più simili da destra a sinistra) né dai comunicati stampa. No, i politici vanno valutati in base ai voti che esprimono in Parlamento. Sono pagati per votare del resto. Passiamo alla seconda data.

Il 22 dicembre 2015 il Senato della Repubblica ha approvato il Ddl di riforma della Rai, il provvedimento tanto voluto da Renzi per far sì che il controllo della TV di Stato passasse dal Parlamento (o meglio da una parte di esso) al governo. 162 i sì quel giorno, tutti provenienti dal PD e dai suoi alleati. È da quel giorno che il governo, di fatto, controlla la TV pubblica. Il PD è riuscito nell’impresa di peggiorare addirittura il sistema delle lottizzazioni che caratterizzava la Rai durante la Prima Repubblica.

Durante la Prima Repubblica, paradossalmente, la Rai era più libera di oggi. Certo il controllo politico esisteva eccome ma era più “plurale” di quello di oggi. Durante la Prima Repubblica, infatti, Rai1 era controllata dalla DC, il partito più votato dagli italiani che controllava le nomine, i palinsesti e la linea editoriale della rete ammiraglia della Rai. Il Partito Socialista Italiano (PSI) controllava Rai2 e il PCI, il più grande partito comunista europeo nonché prima forza d’opposizione, controllava Rai3. Ovviamente restavano fuori dalla spartizione della torta alcuni partiti, a cominciare dal Movimento Sociale Italiano, ciononostante, ripeto, chi esercitava il “controllo” sulla Rai era il Parlamento più che il governo e questo determinava maggiore libertà e qualità informativa.

Poi, grazie a Renzi e al PD, la Rai è diventata un patrimonio governativo. Le principali nomine le fa il governo che a pioggia (in modo diretto o indiretto) piazza coloro che decidono le linee editoriali e i titoli dei Tg. Una porcheria illiberale e antidemocratica.

Oggi quelli che hanno reso possibile l’esistenza di una TeleGoverno si scandalizzano per TeleMeloni. Ipocriti! Sono gli stessi ipocriti che non fiatavano quando la Rai era TeleDraghi e i giornalisti addirittura applaudivano il messia al posto di fare domande durante le conferenze stampa del cosiddetto “Cristiano Ronaldo della Politica”.

Gran parte delle porcate che poi vengono utilizzate da quelli della destra per portare avanti i loro piani le hanno fatte quelli di sinistra.

Per questo in molti non votano. C’è chi ha capito il giochetto e al voto utile (utile per chi?) e alla logica del meno peggio, comprensibilmente, non crede più.

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