Forum Italiano dei Comunisti – 26/10/2025
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LA MOSSA DEL CAVALLO
DELL’IMPERIALISMO TRUMPIANO
UNA TIGRE DI CARTA
SEMPRE MOLTO PERICOLOSA
Perchè le posizioni di Trump sono così ondivaghe? E perché, nonostante la brutalità del suo modo di fare, egli vuole apparire un pacificatore, una persona che sarebbe riuscita, a suo dire, a spegnere ben otto focolai di guerra? In sostanza, qual è l’essenza della strategia trumpiana?
Apparentemente sembrerebbe che non ci sia nessuna strategia e che Trump viva alla giornata. Ma le cose non stanno effettivamente così. Il personaggio in realtà ha invece le idee chiare su alcune questioni che rappresentano il punto di arrivo di una crisi che investe sia la situazione interna che le relazioni internazionali degli USA.
La questione che Trump ha in mente e che da quando è stato rieletto sta gestendo con estremo cinismo, riguarda modi e forme con cui affrontare la crisi che si è aperta per gli Stati Uniti con l’avanzare della Cina nella scena internazionale e del progetto Brics che tende a sostituire un mondo multipolare alla vecchia egemonia economica, finanziaria e militare americana.
Nonostante alcune mosse muscolari come l’attacco all’Iran e la prolungata protezione di Israele nel genocidio palestinese, il tentativo di Trump di riconquistare posizioni di forza per gli USA si è sviluppato secondo la logica del bastone e della carota. Consapevole delle difficoltà e dei rischi che lo scontro diretto con la Russia e con la Cina comporterebbe, Trump ha scelto la mossa del cavallo cioè di procedere con una logica asimmetrica, a seconda dei punti di resistenza che trova sul terreno.
Si ferma quando deve constatare che lo scontro con l’Iran è troppo impegnativo, impone a un Netanyahu privo di prospettive se non quelle della macelleria di Gaza un compromesso che dovrebbe coinvolgere tutti gli attori mediorientali in un’alleanza ad egemonia americana, tenta di agganciare una Russia vista non come un nemico, ma come una prateria dove si potrebbero fare affari di ogni tipo. E’ come una sorta di magliaro che saggia il terreno senza atti risolutivi per vedere chi abboccherà all’amo. Contemporaneamente Trump opera a livello mondiale per agganciare tutte quelle correnti politiche di destra che nelle varie aree del mondo, dall’America Latina, all’Asia, all’Europa cercano un nuovo protagonismo contro le vecchie classi dirigenti logorate dalla loro incapacità di affrontare la crisi delle relazioni internazionali, a partire dall’Europa.
Ed è proprio l’Europa una delle vittime consapevoli della politica trumpiana. Messi in crisi da una America che vuole scuotere i vecchi termini di una alleanza subalterna e parassitaria, i paesi che si stringono attorno a una UE senza futuro trovano l’unica possibilità di sopravvivenza nel riarmo e nella mobilitazione contro il nemico russo e cercano di trascinare così i popoli europei alla guerra. L’autonomia da Trump si limita a questo.
Due cose da considerare infine: il modo di fare di Trump non risolve nel lungo periodo le contraddizioni che si sono accumulate a livello mondiale. Il Medio Oriente è apparentemente sotto controllo, ma le forze in campo non hanno ceduto nella prospettiva di mettere in crisi Israele, l’America Latina è in grande fermento, l’Europa è un buco nero dove può succedere di tutto. Il grande scontro è dunque solo rimandato, ma l’America si ritroverà all’appuntamento ancora più indebolita per le contraddizioni provocate dall’empirismo trumpiano, mentre i suoi avversari strategici si sono attrezzati per ogni evenienza. Basta guardare l’immagine della sfilata della vittoria in Cina.
In questo contesto la lotta contro l’imperialismo e le guerre diventa elemento permanente della politica dei comunisti. Tenendo conto che la tigre di carta può comunque provocare un grande incendio. Fare dunque come la Russia e la Cina: essere disponibili, ma far capire all’avversario che non troverà vita facile se sceglierà la guerra come soluzione delle controversie internazionali.

