Armi esplosive, ONU E Croce Rossa lanciano appello agli Stati

Il 18 settembre il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e il Presidente della Croce Rossa Internazionale, Peter Maurer, hanno diramato un appello congiunto contro l’impiego delle armi esplosive nelle zone urbane in conflitto.

 

Armi Esplosive: le Nazioni Unite e la Croce Rossa Internazionale lanciano un appello agli Stati

Il 18 settembre il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e il Presidente della Croce Rossa Internazionale, Peter Maurer, hanno diramato un appello congiunto contro l’impiego delle armi esplosive nelle zone urbane in conflitto.

“Idlib e Tripoli stanno attualmente vivendo una indicibile situazione di sofferenza e distruzione mentre una gradine di proiettili e bombe si abbatte su di esse, e così si uniscono ad una lunga lista di città prima di loro – tra cui, più di recente Mosul, Aleppo, Raqqa, Taiz, Donetsk, Fallujah e Sana’a. Raramente fanno notizia sui giornali, ma dovrebbero. Le guerre che si consumano nelle città non possono essere relegate ad un trafiletto. Infatti, ad ora circa 50 milioni di persone ne soffronto le conseguenze.

Allarmati per le devastanti conseguenze umanitarie delle guerre urbane, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e le Nazioni Unite oggi fanno appello congiuntamente agli Stati e a tutte le parti in conflitto per evitare l’uso di armi esplosive ad ampio raggio nelle zone urbane.

Mentre il mondo subisce un processo di urbanizzazione, allo stesso modo si trasformano i conflitti. Quando le città vengono bombardate ripetutamente – sia con attacchi aerei, missili, artiglieria o ordigni esplosivi improvvisati – i civili ne sopportano il peso maggiore in maniera preponderante. In effetti, la grande maggioranza delle vittime – oltre il 90%, secondo le stime – sono civili. Le immagini strazianti di centri abitati in Afghanistan, Iraq, Siria e Ucraina – solo per citarne alcuni – rivelano un grave schema di danno impossibile da ignorare, ma troppo spesso dimenticato.

Le parti in conflitto dovrebbero riconoscere che non possono combattere nelle zone abitate come farebbero in campi di battaglia aperti. Devono riconoscere che l’uso di armi esplosive con effetti a largo raggio in città, paesi e campi profughi pone i civili ad alto rischio di danni indiscriminati.

I conflitti armati nelle città uccidono e feriscono gravemente innumerevoli civili, lasciando molti con disabilità per tutta la vita e traumi psicologici. Le infrastrutture necessarie per il funzionamento dei servizi di base – acqua, elettricità, servizi sanitari, assistenza sanitaria – sono danneggiate o distrutte. Ciò innesca effetti domino che esacerbano la sofferenza. Tra gli innumerevoli esempi, il mese scorso ad Aden, nello Yemen, almeno 200.000 persone sono rimaste senza acqua pulita dopo intensi combattimenti. E quando l’acqua o l’elettricità vengono interrotte perché le linee di alimentazione sono state fatte saltare, fornire assistenza sanitaria diventa estremamente difficile o impossibile. In effetti, quando le città vengono bombardate, anche l’assistenza sanitaria viene colpita duramente: il personale medico viene ucciso e ferito, le ambulanze non possono raggiungere i feriti e gli ospedali vengono irrimediabilmente danneggiati.

Per coloro che sopravvivono, la vita diventa insopportabile e spesso sono costretti a fuggire. La scorsa estate, in soli due mesi, circa 100.000 persone sono state sfollate a causa dei pesanti bombardamenti a Tripoli. Gli sfollati sono particolarmente vulnerabili alle minacce per la loro salute e la loro vita, in particolare donne e bambini. In Iraq, 1,5 milioni di sfollati interni in tutto il paese non sono in grado di tornare a casa. Coloro che lo fanno, lottano per ricostruire la propria vita contro ogni previsione; le loro case sono state distrutte, le reti di servizi essenziali sono crollate e la minaccia di residuati bellici ancora esplosivi è ovunque.

La massiccia distruzione causata dai conflitti armati nelle città può riportare gli indici di sviluppo indietro di anni e persino di decenni: ad esempio, dopo i primi quattro anni del conflitto armato nello Yemen, gli indicatori di sviluppo umano sono scesi al livello di 20 anni fa. Questa è una grave battuta d’arresto per il raggiungimento di molti degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. I progressi compiuti nel corso dei decenni possono essere rapidamente invertiti, nel momento in cui centri abitati un tempo vivaci e prosperi si trasformano in città fantasma.

Quest’anno ricorre il 70 ° anniversario delle Convenzioni di Ginevra del 1949, trattati universalmente accettati, che forniscono il potere protettivo del Diritto Internazionale Umanitario (DIU) quando le sue regole vengono scrupolosamente rispettate. Il DIU proibisce assolutamente di rivolgere attacchi contro civili o oggetti civili, condurre attacchi indiscriminati o sproporzionati, magari con armi indiscriminate, e usare civili come scudi umani. Chiede alle parti in conflitto di adottare misure per ridurre al minimo i danni accidentali ai civili. Il rispetto di queste regole è tanto più critico quando si combattono conflitti armati in zone popolate – in cui vengono colpiti obiettivi militari e strutture civili, e le popolazioni corrono un grave rischio di danno.

La vulnerabilità intrinseca dei civili nelle aree popolate rende imperativo per gli Stati rivalutare e adattare la loro scelta di armi e tattiche per evitare danni ai civili e per preparare, addestrare ed equipaggiare adeguatamente le loro forze armate a tale scopo. A tal fine, gli Stati devono anche esercitare influenza sui propri partner e le altre parti in conflitto da loro sostenute. Ed è indispensabile che la protezione dei civili sia una priorità strategica nella pianificazione e nello svolgimento delle operazioni militari. Alcuni passi in questa direzione sono stati compiuti, ma molto altro deve essere fatto e presto.

Siamo incoraggiati a mettere in atto una serie di iniziative per rafforzare la protezione civile nei conflitti armati urbani. Come primo passo, sosteniamo gli sforzi degli Stati per lo sviluppo di una dichiarazione politica, nonché adeguate limitazioni, standard comuni e politiche operative relative all’uso di armi esplosive nelle aree popolate che siano in conformità con il DIU.

Esortiamo inoltre gli Stati e le altre parti interessate a rafforzare la raccolta di dati sulle vittime civili e a istituire meccanismi per mitigare e investigare sui danni ai civili, garantire che sia fatta giustizia e trarre insegnamenti per le operazioni future.

Incoraggiamo gli Stati a identificare e condividere le buone pratiche per mitigare il rischio di danni civili nei conflitti armati urbani, comprese le restrizioni e le limitazioni all’uso di armi esplosive pesanti nelle aree popolate e ci impegniamo a sostenere tali scambi di buone pratiche.

Chiediamo a tutte le parti in conflitto di impiegare strategie e tattiche per combattere al di fuori delle aree popolate, per cercare di ridurre del tutto i combattimenti urbani, e raccomandiamo alle parti di consentire ai civili di poter scappare dalle aree assediate.

E facciamo appello agli Stati affinché adottino politiche e pratiche che miglioreranno la protezione dei civili quando la guerra si consuma nelle zone urbane, comprese politiche e pratiche per evitare l’uso di armi esplosive a largo raggio, a causa della significativa probabilità di effetti indiscriminati. Ciò farà molto per mitigare l’impatto della guerra sulle città e per ridurre le sofferenze dei civili”.

Per il testo originale in lingua inglese cliccare qui

 

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