[SinistraInRete] John Mearsheimer: “La lobby israeliana è potente come sempre”

Rassegna 17/02/2024

 

John Mearsheimer: “La lobby israeliana è potente come sempre”

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“La lobby israeliana è potente come sempre”

di John Mearsheimer

Lo studioso americano di relazioni internazionali parla delle guerre a Gaza e in Ucraina e della competizione per il potere in Medio Oriente, i9ntervistato da Gavin Jacobson

Da The New Statesman. Traduzione di Antonio Gisoldi.

Gavin Jacobson: Iniziamo con l’Ucraina. Cosa ne pensi del pacchetto di aiuti dell’Unione Europea di 50 miliardi di euro a Kiev? Farà una differenza sostanziale nella guerra contro la Russia?

John Mearsheimer: No, penso che quei soldi siano essenzialmente destinati a mantenere a galla il governo ucraino. Ciò di cui gli ucraini hanno bisogno sono armi, e quei soldi dall’UE non sono destinati ad aiutarli a comprare armi. Il denaro non è davvero il problema per quanto riguarda ciò che sta accadendo sul campo di battaglia. Quello di cui gli ucraini hanno bisogno sono un sacco di armi – artiglieria, carri armati, munizioni – e l’Occidente semplicemente non ha abbastanza armamenti da dare agli ucraini per consentire loro di stare al passo con tutto il materiale che i russi stanno costruendo e fornendo alle loro truppe. C’è sempre stato uno squilibrio nelle armi tra Ucraina e Russia, e soprattutto uno squilibrio nell’artiglieria, che conta molto in una guerra d’attrito. Ma tale squilibrio sta crescendo col passare del tempo. La radice del problema non è il denaro, ma il fatto che l’Occidente non abbia le armi disponibili da dare agli ucraini ora, o in un futuro prossimo, o nei prossimi anni.

 

GJ: Puoi commentare sulle divisioni ai vertici del governo ucraino? Visto da lontano, pensi che Volodymyr Zelensky sarà in grado di mantenere le cose sotto controllo?

JM: Non c’è dubbio che Zelensky sia stato gravemente indebolito. E ai fini del proseguimento della lotta al fronte, non può che essere dannoso avere questa lotta titanica in corso tra il leader politico e il comandante in capo Valery Zaluzhny. Come ciò sarà risolto è difficile da dire.

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Giuseppe Amata: Nuovi rigurgiti dell’imperialismo straccione

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Nuovi rigurgiti dell’imperialismo straccione

di Giuseppe Amata

md30504836261.jpg1. La definizione di “imperialismo straccione”, come è sin troppo noto, è stata di Lenin, in riferimento alle mire espansionistiche del capitalismo italiano verso la mitteleuropa e i balcani partecipando alla Grande guerra. Straccione, perché il suo sviluppo era iniziato con ritardo rispetto a quello degli altri Stati imperialistici (Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Giappone, Germania, Austria e anche Turchia) e avvenuto con eccessivo protezionismo e soprattutto sfruttando in modo selvaggio, dopo l’Unità, il Mezzogiorno, del quale analizzarono superficialmente alcune cause prima Gaetano Salvemini e Guido Dorso e dopo, con un’analisi storica ed economica molto approfondita, Gramsci, il quale ha messo in risalto la questione contadina, quella vaticana e la grande disgregazione del tessuto sociale che ne è scaturita con il drenaggio e il trasferimento di forza-lavoro (migrazione interna da Sud a Nord ed estera verso le Americhe e l’Australia) a basso costo, con la crisi delle piccole attività imprenditoriali nel settore zolfifero in seguito alla scoperta negli Stati Uniti di procedimenti estrattivi più economici, attività che a loro volta si basavano, oltre che su salari di fame, impiegando migliaia di ragazzini (i carusi) al di sotto dei quattordici anni nel trasporto del materiale estrattivo in superficie e nelle attività collaterali, quando in molti Paesi europei il lavoro minorile era espressamente vietato dalle rispettive legislazioni; nonché soppiantando l’industria artigianale nel settore della lavorazione della seta e delle costruzioni legnose (piccoli cantieri navali per barconi da pesca e da trasporto, mobilifici e arredi, sviluppatisi nel tempo per la bravura e abilità di chi vi lavorava) per favorire la grande industria tessile del Piemonte e le industrie del Nord in generale; infine raccattando i risparmi della piccola borghesia urbana e rurale a favore delle grandi banche.

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Lanfranco Binni: Un programma per il programma

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Un programma per il programma

di Lanfranco Binni

images 2 2048x1366.jpegIl crollo della globalizzazione finanziaria occidentale, statunitense ed europea, annunciato dalla crisi economica del 2008 e accelerato dalla crisi pandemica del 2019-2020, si sta oggi trasformando in una conclamata crisi politica mondiale; e, sullo sfondo, una crisi climatica inarrestabile, non contrastata per non rinunciare alle antiche predazioni di un capitalismo estrattivo e colonialista, in armi contro il mondo. I vecchi e nuovi strumenti di guerra, dalle cannoniere alle piattaforme digitali, con tutti i loro corollari di propaganda mediatica e di esercizio autoritario dei poteri, stanno registrando arresti e sconfitte in ogni scenario. L’estensione di una guerra globale occidentale contro il “sud” del mondo in una visione di resa dei conti militare con la Russia e la Cina per il dominio dei mercati e delle materie prime del pianeta sta mettendo a nudo una realtà profondamente diversa dalle fantasiose narrazioni dell’unipolarismo statunitense e dei suoi gregari europei, mentre si rafforza una tendenza al multipolarismo orientata dal cartello dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) a cui si sono aggregati nell’ultimo anno sempre più numerosi Stati del pianeta, e le adesioni si vanno moltiplicando. La crisi è occidentale, e il cuore della crisi è costituito dalla situazione interna agli Stati Uniti, alla vigilia di una drammatica guerra civile e interetnica che già sta determinando conseguenze prevedibili nell’intera area di influenza atlantica.

La guerra statunitense ed europea in Ucraina, per spezzare le reni alla Russia, è perduta; il taglio dei finanziamenti statunitensi al governo vassallo di Kiev e la conseguente riduzione degli aiuti militari europei costringeranno a una soluzione negoziale sulla base degli accordi di Minsk del 2015, in un paese desertificato da nove anni di guerra del tutto inutili nel cuore dell’Europa.

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Fulvio Grimaldi: Tucker Carlson da Putin. Che non gliela manda a dire

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Tucker Carlson da Putin. Che non gliela manda a dire

Cosa ha detto e cosa non ha detto

di Fulvio Grimaldi

Intervista di Francesco Capo per “L’Identitario” con il sottoscritto F.G., Gigi Lista, editore dell’”Identitario”, Mauro Belardi, russista: https://youtu.be/hJ6j0aR09bE

Grazie al più popolare e alternativo giornalista e conduttore statunitense, non per nulla cacciato dalla CNN, di sinistra finta e con le zanne, e dalla Fox, di destra trumpista, abbiamo ascoltato un uomo pensante, come natura vorrebbe che fosse e né un burattinaio, né un burattino, né una prostituta, né un lenone, né uno stracciarolo, né un mazziere con la baionetta tra i denti. Esperienza inedita e gratificante.

Quando i media falsi, bugiardi e venduti ti dicono che la guerra in Ucraina è iniziata il 22 febbraio del 2022, con l’ingresso dei russi in Ucraina, come a me, da Floris, asserì Pierluigi Bersani, e non nel febbraio 2014, colpo di Stato USA-Nazi e attacco al Donbass, come gli risposi io, coltivano l’inganno di tutta la strategia dell’imperialismo terrorista. Tolgono di mezzo il contesto e annientano la memoria che lo tiene in piedi.

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Gigi Sartorelli: RAI e politici si ergono a difesa del genocidio… contro Ghali

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RAI e politici si ergono a difesa del genocidio… contro Ghali

di Gigi Sartorelli

Stop al genocidio“. Queste tre parole sono bastate a mettere in moto la macchina del servilismo sionista di questo paese contro il cantante Ghali. Il giovane rapper italo-tunisino, che nella serata conclusiva del Festival di Sanremo ha detto delle semplici parole di pace, ha ricevuto come risposta critiche e attacchi.

Per capire a pieno il disgusto che deve provocare questa situazione, bisogna fare una piccola premessa. Dal palco dell’Ariston Ghali non è stato l’unico a fare affermazioni legate agli attuali conflitti in giro per il mondo. Con grandi lodi sono stati presentati gli Antytila, uno dei più famosi gruppi pop-rock ucraini.

La loro canzone ha un titolo inequivocabile: Fortezza Bakhmut, la città presso cui si è svolta una delle principali battaglie tra le forze russe e della Repubblica Popolare di Donetsk e quelle ucraine. Giusto per ribadire l’evidente, al cantante è stato dato tutto lo spazio per ricordare che loro stanno combattendo una guerra che “non abbiamo iniziato noi“, per la “nostra libertà” e per i “nostri ideali in comune“.

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Fabrizio Poggi: Così fiorisce il principale baluardo yankee in Europa (anche grazie ai contribuenti italiani)

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Così fiorisce il principale baluardo yankee in Europa (anche grazie ai contribuenti italiani)

di Fabrizio Poggi

Se il Pentagono sta esaurendo le riserve per armare la junta di Kiev, decidendo di dirottarle su altri fronti di guerra, sono in discussione anche quei tipi di armamenti sulla presenza dei quali i nazigolpisti ripongono via via le sempre nuove ultime speranze. È così, ad esempio, per i fantomatici caccia F-16 che, nel migliore dei casi, dovrebbero arrivare in Ucraina a fine 2024.

Anche in questo caso, data la scarsità di risorse, pare che soltanto quattro piloti ucraini vengano attualmente addestrati in Arizona, complice anche l’incertezza su quale paese europeo – Olanda e Belgio, o Danimarca e Norvegia – debba infine fornire i velivoli a Kiev. Unito alla scarsità di munizionamento per le artiglierie e i sistemi razzo, ciò mette in dubbio le capacità ucraine di tenere la linea del fronte da qui all’estate.

Ma questo è ancora poco. Da Lugansk giungono “curiose” informazioni a proposito della “fame d’armi” delle truppe agli ordini di Aleksandr Syrskij. Ora, non da oggi si sentono qua e là voci, tra i “sostenitori” occidentali della junta, sulla necessità di condurre audit sulla fine dei fondi destinati all’Ucraina.

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Alastair Crooke: I tre filoni dello “sciame” di Biden’

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I tre filoni dello “sciame” di Biden’

di Alastair Crooke – Strategic Culture

Gli Stati Uniti sembrano voler trovare un modo per danneggiare le forze iraniane e della Resistenza quanto basta per dimostrare che Biden è “molto arrabbiato”, scrive Alastair Crooke

Gli iraniani hanno una strategia e noi no“, ha dichiarato ad Al-Monitor un ex alto funzionario del Dipartimento della Difesa statunitense: “Ci stiamo impantanando in questioni tattiche – su chi colpire e come – e nessuno pensa in modo strategico“.

L’ex diplomatico indiano M.K. Bhadrakumar ha coniato il termine “swarming” (letteralmente, “sciamare”, N.d.T.) per descrivere questo processo di attori non statali che impantanano gli Stati Uniti nel logorio tattico – dal Levante al Golfo Persico.

Lo “swarming” è stato associato più di recente a un’evoluzione radicale della guerra moderna (più evidente in Ucraina) in cui, grazie all’uso di droni autonomi che comunicano continuamente tra loro tramite l’intelligenza artificiale, è possibile selezionare e dirigere l’attacco verso obiettivi identificati dallo sciame.

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Emiliano Brancaccio: Il capitale nelle campagne

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Il capitale nelle campagne

di Emiliano Brancaccio

Lavoratori divisi. Illudere i piccoli proprietari che si possa rovesciare la centralizzazione capitalistica come se si potesse fare andare il tempo a ritroso, è da sempre il mestiere politico dei reazionari

Se Marx potesse guardare i trattori che oggi marciano sulle metropoli, noterebbe che la sua «legge di tendenza» verso la centralizzazione dei capitali sta agendo nell’agricoltura con una ferocia persino superiore che altrove.

I dati della Fao mostrano che nel mondo la piccola azienda agricola a conduzione familiare resta numericamente rilevante, soprattutto nei paesi più poveri. Ma ogni anno perde quote di produzione, sopraffatta dalle economie di scala delle grandi compagnie. In quasi tutti i rami dell’agricoltura, le prime quattro aziende leader coprono ormai quote di mercato che vanno dal 50 fino al 90 percento del totale.

La tendenza alla centralizzazione del capitale agricolo non risparmia nemmeno l’Italia. L’Istat ci dice che negli ultimi quarant’anni le aziende agricole del nostro paese sono passate da tre milioni a un milione di unità. Nei seminativi, nelle coltivazioni legnose, nei pascoli, ovunque abbiamo assistito all’uscita dal mercato di migliaia di piccoli produttori, i cui terreni e impianti sono stati abbandonati oppure acquisiti dalle aziende più forti. In agricoltura, anche più che nell’industria o nei servizi, il pesce grande mangia il pesce piccolo.

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Giorgio Gattei: La giungla contro il giardino. A proposito di “La guerra capitalista”

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La giungla contro il giardino. A proposito di “La guerra capitalista”

di Giorgio Gattei

guerra capitalista giungla.jpg1) Mi sembra doveroso partire dalla preoccupata constatazione di Papa Bergoglio, espressa il 10.3.2023 in occasione del decimo anniversario del suo pontificato, che «in poco più di cent’anni ci sono state tre guerre mondali: 1914-1918, 1939-1945, e la nostra; che è anch’essa una guerra mondiale. È cominciata a pezzetti ma adesso nessuno può dire che non è mondiale. Le grandi potenze vi sono tutte invischiate. Il campo di battaglia è l’Ucraina, ma lì lottano tutti».

E bravo il nostro Papa nel riconoscere che la guerra russo-ucraina non è affatto “locale”, come quelle precedenti in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Siria o Libia, bensì planetaria!

Però bisognerebbe sforzarsi di indicare anche in maniera esplicita quali sono le effettive parti in lotta, che solo superficialmente sono la Russia e l’Ucraina. Infatti, tutti sappiamo che dietro l’Ucraina c’è la NATO a guida americana con l’Unione Europea al traino e che la Russia di Putin, nell’immaginario occidentale, altro non è se non la prosecuzione di quella Unione Sovietica che aveva dato del filo da torcere agli Stati Uniti lungo tutto il periodo della c.d. “guerra fredda”.

Per questo il conflitto in corso è “mondiale”, potendosi anche considerare come quel “finale caldo di partita” che finora era stato scansato per la minaccia di Mutua Distruzione Atomica Assicurata, ma che adesso potrebbe anche non essere più evitabile.

Proprio questo gli Stati Uniti ci vanno dentro con mano leggera senza inviare “scarponi sul terreno” (come hanno fatto in Vietnam, Afghanistan e Iraq) e senza applicare la “no fly zone” (come nel caso della Serbia e della Libia) per il pericolo che Putin finisca per utilizzare (come ha minacciato), se aggredito sul territorio nazionale, anche armi atomiche “tattiche”, dove però non si sa bene dove il “tattico” finisca.

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Ascanio Bernardeschi e Alessandra Ciattini: La guerra mondiale e l’Europa

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La guerra mondiale e l’Europa

di Ascanio Bernardeschi e Alessandra Ciattini

bernardeschi ciattini guerra.jpgLe varie parti della “guerra mondiale a pezzi” hanno una logica comune e l’Europa, contro i propri stessi interessi, tollera questa logica. I comunisti devono invece appoggiare lo sforzo dei popoli che vogliono liberarsi dalla violenta supremazia occidentale.

Se alcuni mesi fa papa Bergoglio aveva parlato, con riferimento ai troppi conflitti in corso, di “guerra mondiale a pezzi”, ci pare che questi pezzi si stiano pericolosamente fondendo nell’ambito di un orientamento sistemico alla guerra da parte delle maggiori potenze occidentali e della Nato.

Il motivo fondamentale è che stanno crollando i vecchi equilibri di fronte all’emergere impetuoso di nuovi protagonisti, fino a poco tempo fa dominati dalla violenza, più che dall’egemonia, del cartello di nazioni “evolute” dominato dagli Usa.

È proprio la potenza americana che, nel disperato tentativo di salvaguardare il suo predominio – e il predominio della propria valuta che le consente di vivere ben al di sopra delle proprie capacità produttive –, ha scelto il terreno militare dello scontro, consapevole che su quello economico la sua supremazia sta vacillando. La logica della maggior parte delle guerre in atto si può spiegare solo tenendo presente questa premessa.

 

Ucraina

Sta fallendo il tentativo della Nato di sconfiggere la Russia in Ucraina.

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Damiano Palano: Cattivo per natura. L’antropologia del realismo politico

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Cattivo per natura. L’antropologia del realismo politico

di Damiano Palano

Estratto da L’uomo non è buono. Per la critica del progresso 

Schermata del 2024 02 15 17 16 41.pngIn occasione dell’uscita di L’uomo non è buono. Per la critica del progresso, curato da Veronica Marchio e uscito per il nuovo marchio editoriale MachinaLibro – legato al lavoro della rivista e di DeriveApprodi -, pubblichiamo un estratto dal saggio di Damiano Palano che s’interroga sulla tradizione filosofica del realismo politico.

Il libro, ripercorrendo le fondamenta e i principali autori di quella che viene definita «antropologia negativa», formula un’importante ipotesi di ricerca teorico-politica: bisogna spezzare l’alternativa tra progresso e conservazione, tra fede nella bontà umana e inevitabilità dell’autodistruzione, usando anche il grande pensiero conservatore e reazionario piegandolo contro i propri fini.

Gli altri autori del libro sono Dario Gentili, Ubaldo Fadini, Maria Russo, Miguel Mellino, Franco Piperno, Marco Spagnuolo e Mario Tronti.

È possibile acquistarlo qui.

* * * *

In un famoso passaggio del Concetto del «politico», Carl Schmitt scrive che tutte le dottrine politiche potrebbero essere classificate in base alla loro antropologia e suddivise «a seconda che esse presuppongano, consapevolmente o inconsapevolmente, un uomo “cattivo per natura” o “buono per natura”» (Schmitt 1972, p. 143). Benché non sia facile rinvenire nei suoi testi una nitida esplicitazione dei presupposti antropologici della sua visione del ‘politico’, le simpatie di Schmitt vanno naturalmente alla prima di queste due prospettive, ossia a quella che propone l’immagine sinistra di un essere umano «cattivo per natura».

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Federico Giusti ed Emiliano Gentili: L’apprendistato ossia lo strumento per favorire le imprese e i bassi salari

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L’apprendistato ossia lo strumento per favorire le imprese e i bassi salari

di Federico Giusti ed Emiliano Gentili

Quasi 30 anni all’insegna della precarietà lavorativa non hanno reso il capitalismo italiano attrattivo per gli investitori e capace di performance elevate. Al contrario, la tanto decantata produttività lascia alquanto a desiderare e i salari e il potere di acquisto sono in caduta libera.

I posti di lavoro creati attraverso contratti precari continuano a non coprire nemmeno il fabbisogno aziendale: da un lato gli imprenditori italiani sono alla costante ricerca di profili professionali specializzati, per avere i quali servono tempo, formazione e investimenti, mentre dall’altro non riescono nemmeno a utilizzare i contratti di apprendistato, nonostante rappresentino un grosso favore per le imprese.

Nel 2023 registriamo un 5% in meno di contratti di apprendistato trasformati in indeterminato, nonostante gli interventi attuati dal Governo1 con il decreto lavoro: rispetto al passato è possibile sottoscrivere un contratto di apprendistato anche oltre compimento dei 30 anni di età… una estensione di questa tipologia contrattuale alquanto pericolosa. Per assumere gli over 40 con un contratto di apprendistato professionalizzante sarà necessario che questi siano disoccupati e che abbiano sottoscritto l’immediata disponibilità al lavoro, partecipando alle politiche attive concordate con il Centro per l’Impiego locale.

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Antonio Castronovi: L’Italia e le miserie delle “sinistre” nella rivoluzione multipolare in atto. Che fare?

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L’Italia e le miserie delle “sinistre” nella rivoluzione multipolare in atto. Che fare?

di Antonio Castronovi

Siamo senza dubbio immersi in una nuova fase della storia del mondo in cui un vecchio ordine basato sulla pretesa da parte di una grande potenza imperiale di governare il mondo viene messa in discussione e contestata dalla gran parte dell’umanità rappresentata dal Sud del mondo e da nuove potenze che non accettano le sue regole come Cina e Russia, e che reclamano una nuova configurazione del mondo di tipo multipolare. Le guerre in corso, in Ucraina e non ultima quella che sta coinvolgendo l’intero medio-oriente collegata ai movimenti di decolonizzazione, sono il sintomo e la manifestazione delle difficoltà a trovare, da parte della potenza egemone, nuovi equilibri pacifici condivisi con le aspirazioni dei diversi interessi dei vari popoli e delle varie civiltà che reclamano un loro posto nella storia.

Questo movimento tellurico rimette in gioco i vecchi equilibri geopolitici e pone certamente inedite domande ai popoli, ai governi, alle forze politiche e sociali, anche in Europa e nel nostro paese.

Come dare un nostro contributo, ci si chiede, alla lotta per un mondo multipolare e nello stesso tempo riposizionare l’Italia nello scacchiere geopolitico europeo? Soprattutto per garantire la pace minacciata da un bieco euro-atlantismo guerrafondaio?

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Il Chimico Scettico: Il rapporto con il passato dell’occidente odierno in un murales

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Il rapporto con il passato dell’occidente odierno in un murales

di Il Chimico Scettico

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È un rapporto pessimo, si direbbe. Ok, se si esaminano i media si può facilmente notare come all’agenda della propaganda sia necessario riscrivere il passato, perché il mostro di ieri non può essere il giusto di oggi.

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Aristide Bellacicco: Semi di un mondo futuribile. Note sparse su alcuni problemi internazionali del nostro tempo

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Semi di un mondo futuribile. Note sparse su alcuni problemi internazionali del nostro tempo

di Aristide Bellacicco

Recensione del libro di Alessandra Ciattini, Semi di un mondo futuribile. Note sparse su alcuni problemi internazionali del nostro tempo, Multimage, Firenze 2023

L’epoca in cui viviamo, così come emerge dalle pagine di questo bel libro di Alessandra Ciattini, potrebbe apparire folle o insensata, vittima del caos generato da conflitti furibondi che hanno senz’altro trovato un motivo di ulteriore scatenamento nella fine dell’assetto internazionale conseguente, in modo determinante, alla scomparsa dell’Unione Sovietica.

Eppure, per dirla con l’Amleto, può darsi che “in questa follia” ci sia “del metodo”: il punto è capire in cosa tale metodo consiste e quali sono gli esiti ai quali potrebbe condurre.

È questo, mi sembra, il tentativo che anima il testo, a partire dal titolo che, come l’autrice sintetizza nella quarta di copertina, allude alla possibilità del comparire di “qualche spiraglio di cambiamento positivo” in un mondo che “tenta a fatica di darsi un ordine”.

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Edoardo Todaro: Per giusta causa di Danilo Conte

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Per giusta causa di Danilo Conte

di Edoardo Todaro

Danilo Conte, Per giusta causa, Milieu editore, 2023, pp 144, euro 17

Dalle aule di tribunale a scrivere un libro, il passo è breve se si considera il materiale a disposizione, e di materiale Danilo Conte ne ha avuto, e ne ha, tanto. Comunque con Per giusta causa l’avvocato Conte ci ha piacevolmente sorpreso ancora una volta.

Ci troviamo di fronte a 143 pagine, ma senza ombra di dubbio potevano essere molte di più, visto che il suo essere avvocato del lavoro lo ha portato a incontrare centinaia di persone. Detto questo, sorge spontaneo domandarsi se qualcuno ha avuto la fortuna di aver avuto a che fare con Danilo Conte e il suo studio, con l’indispensabile Letizia Martini, per questioni non riguardanti cause di lavoro. Ad esempio il sottoscritto è entrato in contatto con lui in quanto come CobaS Poste abbiamo portato avanti le cause intentate da un bel numero di precari/e contro Poste Italiane SpA per l’uso di contratti che si rinnovavano all’infinito e che in realtà erano un vero e proprio sfruttamento continuato nel tempo di mano d’opera, nonostante la denunciata emergenza produttiva, un emergenza continua; e in quanto, sempre Poste decise di affibbiarmi 2 giorni di sospensione “per non aver commesso il fatto”, così definimmo la cosa.

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