Processo a Vigilanza Democratica: confermata la condanna a Rosalba

Il 12 gennaio la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da Rosalba Romano contro la condanna per diffamazione dell’ex celerino del VII Reparto mobile di Bologna Vladimiro Rulli.

 

Confermato pure il ruolo di cane da guardia degli interessi padronali della Cassazione.

Il 12 gennaio la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da Rosalba Romano contro la condanna per diffamazione dell’ex celerino del VII Reparto mobile di Bologna Vladimiro Rulli.

Quando Rosalba ha presentato il ricorso in Cassazione avevamo ben chiaro che ciò fosse funzionale a continuare la battaglia politica usando tutti gli strumenti a disposizione; non era un “affidarsi” ai tribunali borghesi affinché riconoscessero la sua “innocenza”. E così è stato. La Corte Suprema ha così ratificato e legittimato gli arbitri giudiziari che hanno contraddistinto tutto il processo a Vigilanza Democratica. Stavolta però la giustizia borghese ha indossato l’abito “più presentabile”, ha chiamato un giudice “democratico” e apparentemente super partes per dare maggiore legittimità a una sentenza che invece è una porcata.

Il presidente della V Sezione Penale della Cassazione è Gerardo Sabeone, giudice noto alle cronache per la sua opera “a difesa e tutela” dell’articolo 21 della Costituzione che sancisce la libertà di espressione. Tra le varie sentenze da lui emesse sul tema, una di esse viene definita persino “storica” dalla stampa borghese. Quale figura più imparziale di lui per giudicare Rosalba che, in tutti questi anni, ha rivendicato il diritto al dissenso e alla controinformazione?
Non solo. Gerardo Sabeone, è anche uno dei giudici che ha confermato in Cassazione le condanne contro i poliziotti del G8 di Genova, quindi, almeno in apparenza, il magistrato giusto al posto giusto nel processo a Vigilanza Democratica.

Le sentenze di condanna precedenti emesse dal Tribunale di Milano contro Rosalba (leggi le motivazioni del primo grado e secondo grado di giudizio) avevano dimostrato ampiamente il carattere politico del processo: una rappresaglia tesa a colpire duramente chi, nell’ambito della lotta contro gli abusi in divisa, ha sempre cercato di andare oltre la narrazione giornalistica e “buonista” della singola mela marcia (della scheggia impazzita all’interno del corpo sano) chiamando in causa e mettendo in discussione la catena di comando, l’addestramento in senso “eversivo” che alcuni reparti ricevono, le coperture e l’impunità di cui godono corpi speciali, come il famigerato VII Reparto mobile di Bologna (leggi 12) in virtù della commistione e del mercimonio tra potere politico e giudiziario.
Le forzature evidenti compiute dai giudici di Milano (leggi il ricorso in Cassazione) avevano dimostrato ampiamente che la posta in gioco era ben differente da ciò che veniva discusso in aula e che il poliziotto Rulli era solo la pedina di un gioco manovrato da altri.
A Sabeone, allora, il compito di “riequilibrare la situazione”, a fronte anche del polverone alzato dalla campagna in solidarietà di Rosalba.

Ma gli specchietti per le allodole non incantano tutti.
Infatti c’è anche un altro motivo per cui Sabeone è passato agli “onori” della cronaca: la parentela diretta (cugino) con Paolo Auriemma, già Procuratore a Viterbo, finito nell’inchiesta sul CSM per le relazioni con Palamara, al quale lo stesso Auriemma avrebbe chiesto la promozione del cugino, Sabeone, alla presidenza della Cassazione. Richiesta con sollecito per “evitare altre figuracce in ambito familiare”.
Noi non abbiamo alcuna prova per dubitare del fatto che Gerardo Sabeone si sia guadagnato sul campo la carica che ricopre (e del resto lo zelo con cui ha protetto il VII reparto mobile di Bologna, il Sindacato autonomi di Polizia (SAP) e il blocco SAP/Lega/Salvini dimostra la sua affidabilità verso i “poteri forti”), rimane il fatto che a giudicare sulla condanna contro Rosalba, una infermiera precaria che ha dovuto lasciare il lavoro per non essere rovinata a vita dalla condanna a risarcire un celerino, c’era, fra gli altri, un “cugino degli amici” che ha chiuso tutti e due gli occhi sulle violazioni e le forzature prodotte dai colleghi del Tribunale di Milano.

Se questi sono i giudici, se questa è la giustizia, se questa è la legge è ragionevole e legittimo affermare che la legalità borghese non ha più nemmeno la parvenza di legittimità.

 

Avolte condannare dei poliziotti, come nel caso del G8 di Genova, è necessario: è il contesto generale che lo richiede. E può rientrare nel gioco: una volta placata l’indignazione generale, ci sta che non solo quei poliziotti non sconteranno la pena ricevuta, ma saranno addirittura promossi.
Le “sentenze storiche” a volte sono solo parvenza di giustizia o strumento per garantire alcuni piuttosto che altri.

Tuttavia la conferma della condanna per Rosalba non si racchiude nel comportamento di un singolo giudice. Sabeone è solo il perfetto interprete della democrazia borghese che vale per i ricchi ma non per le masse popolari. Tre gradi di giudizio hanno sancito che in questo paese le Forze dell’Ordine possono agire al di fuori della legge, tre sentenze “nel nome del popolo italiano” hanno coperto chi agisce impunemente contro “il popolo italiano”.
Pochi giorni fa, d’altronde, sempre la Cassazione ha dato “bella mostra” del suo ruolo annullando le condanne per l’ex A.D. di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti e gli altri responsabili della strage ferroviaria di Viareggio.
Sempre la Cassazione ha annullato le condanne del processo Eternit e anche le condanne ai carabinieri che hanno ammazzato Giuseppe Uva a Varese e Riccardo Magherini a Firenze.

Se con la marchetta della Cassazione al Tribunale di Milano, al SAP, a Tonelli, alla Lega e a Salvini si chiude l’iter giudiziario di Rosalba, rimane aperta la questione politica e anzi si allarga.
Rimane aperta la questione della trasparenza nelle catene di comando, dell’introduzione di un vero reato di tortura nel codice penale, rimane aperta la questione del codice identificativo per le Forze dell’Ordine e la lotta contro abusi e omicidi di Stato.
Si allarga la questione di sostituire le attuali istituzioni borghesi corrotte, marce, eversive con nuove istituzioni che basano la loro opera e la loro azione sull’affermazione dei diritti e degli interessi delle masse popolari. Non è un problema di quale forza politica governa il paese, è una questione di qual è la forza che muove il paese.
Le autorità e le istituzioni della classe dominante si comportano come una forza occupante che poggia la sua esistenza sull’oppressione della popolazione, sullo smantellamento dell’apparato produttivo, sulla speculazione e il saccheggio e che ha, sempre più, nella repressione l’unica risposta ai problemi posti dalla crisi che avanza.
Da mille parti emerge l’esigenza per milioni di persone di liberarsene e avviare un corso nuovo.
In questa lotta vive e prosegue l’ampia mobilitazione di solidarietà nei confronti di Rosalba Romano e Vigilanza Democratica che abbiamo raccolto in questi anni.

Solidarietà per Rosalba e l’opera di Vigilanza Democratica!

Applichiamo l’articolo 21 della Costituzione!

Continuiamo a sostenere Rosalba:
Scatta una foto con un cartello “Solidarietà a Rosalba, basta impunità per le Forze dell’Ordine” e inviala a carc@riseup.net
Fai una sottoscrizione economica – sulla Postepay n. 5333 1710 9377 5704 intestata a Gemmi Renzo (specificando la causale).

 

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