“Siamo al bagnasciuga”

“I conti sono in regola e l’Italia è forte, continua a ripetere quel servo sciocco dell’UE che è il ministro Padoan, quello che può essere definito il ragioniere della crisi economica”.

 

Siamo al bagnasciuga

 

La caricatura mussoliniana di quel personaggio che interpreta oggi la figura di capo del governo è arrivata ormai ai discorsi del periodo del bagnasciuga quando, nel 1943, di fronte alle disfatte militari si cercava con la retorica di nascondere la realtà. Si è visto poi con lo sbarco in Sicilia come sono andate le cose. Il parallelo col 1943 non è poi così peregrino, perchè il quadro generale in cui la crisi italiana si muove è arrivato a una fase drammatica. La resa dei conti dell’UE con la Grecia prepara, finalmente diciamo noi, la tempesta dell’Euro, mentre incalzano le manovre militari americane nell’est europeo e la guerra in Medio Oriente e dintorni si allarga.

Siamo quindi alla vigilia di grandi avvenimenti in cui il modo di vivere degli italiani e le regole che hanno finora configurato lo scontro politico e di classe possono essere radicalmente modificate, il che fa apparire ancora più cialtronesco il modo di operare di Renzi e non credibili le veline su cui il nuovo Minculpop orienta la quasi totalità dei mass-media.

I conti sono in regola e l’Italia è forte, continua a ripetere quel servo sciocco dell’UE che è il ministro Padoan, quello che può essere definito il ragioniere della crisi economica. Ma ormai la retorica del nuovo unto dal signore non riesce a penetrare e mostra crepe sempre più evidenti. I fatti sono questi: il 53% degli italiani non vota, i successi dei 5Stelle ne consolidano il ruolo di opposizione radicale al governo e la destra trova sbocchi diversi da quelli di ruota di scorta di Renzi.

Finanche a sinistra, nella palude dei fiancheggiatori storici del PD, si sta tentando di ricostruire una forza elettorale per raccogliere il disagio di una parte dell’elettorato storico del Partito Democratico. Il disegno renziano, fatto di demagogia, di spacconate e di ideologia confindustriale, non ha più la forza e la credibilità di andare molto oltre.

E quindi? Quindi, a meno che gli avvenimenti internazionali non creino condizioni del tutto diverse, la situazione che si va del delineando è quella di una crisi del vecchio modo di governare, con un partito come quello di 5Stelle che assume il ruolo di Tsipras, anche se con contenuti diversi. In Italia il tema dominante è quello della criminalità politica e della corruzione più che quello economico sociale che non riesce ad emergere in modo forte con lotte che siano all’altezza della profondità della crisi economica. Un esempio è quello dei dipendenti pubblici: c’è voluta la sentenza della Corte Costituzionale per imporre lo sblocco dei contratti a una categoria sostanzialmente inerte, quanto allo scontro sul Jobs act, si è svolto sul terreno del dibattito politico più che dello scontro di classe e delle lotte. Solo la scuola è riuscita ad emergere come fattore importante della crisi del renzismo ed ha lasciato il segno, ma non ha trascinato altri settori sociali.

Se non vogliamo quindi che la crisi proceda senza che gli interessi di classe rimangano subordinati a ciò che emerge politicamente – e purtroppo dobbiamo tenere presente che c’è anche la destra di Salvini – bisogna superare il ritardo accumulato. Landini ha detto che i lavoratori sono privi di rappresentanza: dobbiamo fare in modo che questa ci sia per pesare sulle prospettive. Ma la rappresentanza non può essere affidata ad ambigue coalizioni sociali, ma direttamente ai lavoratori e alle lavoratrici.

Aginform

30 giugno 2015

 

 

http://aginform.org/

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