Le conseguenze dello scacco matto di Putin

L’inserimento della Russia di Putin nella situazione mediorientale modifica completamente il quadro che si era andato determinando con l’erompere sulla scena delle forze del Califfato.

Le conseguenze dello scacco matto di Putin

 

L’inserimento della Russia di Putin nella situazione mediorientale modifica completamente il quadro che si era andato determinando con l’erompere sulla scena delle forze del Califfato.

L’intervento russo è stata la contromossa strategica rispetto a ciò che per iniziativa americana, saudita, israeliana e turca si era verificato in Siria, in Iraq, in Libia a che stava dilagando in varie altre situazioni.

Spesso per definire la situazione si cerca di fare di tutta l’erba un fascio, di mettere assieme cose diverse che invece bisogna tenere separate. Da una parte c’è l’operazione Califfato, dall’altra ci sono guerre di liberazione come quelle in atto in Afghanistan o in Somalia che vengono omologate col terrorismo, ma che terrorismo non sono. In realtà la nascita del Califfato viene dalla reazione rabbiosa di chi vede avanzare l’egemonia sciita in Medio Oriente e cioè Arabia saudita, americani, israeliani e turchi. L’IS nasce in questo contesto. I suoi ispiratori e finanziatori, sfruttando la reazione sunnita all’egemonia sciita, hanno deciso di introdurre la novità di un non-stato in modo da disgregare i punti di riferimento non omologati del Medio Oriente per favorire così l’imperialismo americano in cerca di recupero dopo le sconfitte subite, bloccare l’avanzata sciita, distruggere la Siria di Assad, permettere ad Israele di muoversi senza antagonisti degni di questo nome e alla Turchia di tentare un rilancio neo-ottomano.

D’altra parte però ciò che è avvenuto sul campo ha portato a conseguenze non previste. I tagliagole e mercenari del Califfato hanno generato una reazione politica e mediatica che, alla fine, ha permesso a Putin di entrare in scena nel conflitto mediorientale non col solo supporto tecnico ad Assad, ma a vele spiegate .

Gli ispiratori dell’operazione Califfato hanno dunque sottovalutato due cose: in primo luogo non hanno tenuto conto del fatto che il mondo che ruota attorno all’Iran ( libanesi, sciiti iracheni, curdi, siriani) o che è interessato a vario titolo a combattere l’IS (egiziani, tunisini, algerini, libici) costituisce un’area politica assai vasta, cosa che si traduce di fatto in un supporto importante all’azione russa a sostegno di Assad. In secondo luogo gli ispiratori del Califfato hanno sottovalutato la possibilità di diventare vittime della loro stessa propaganda. L’effetto mediatico dei tagliagole, la loro violenza sulle minoranze, in particolare cristiane, ha creato una predisposizione allo scontro con l’IS e reso plausibile e importante l’intervento russo. La finzione americana della lotta ai terroristi si è dimostrata per quel che era e quando la Russia di Putin ha deciso di fare sul serio era ormai troppo tardi. Gli apprendisti stregoni si sono chiusi in una trappola.

Da come è partita l’operazione militare russa non vi è ormai dubbio che le probabilità di sopravvivenza dell’IS e del Califfato sono assai scarse. Ma con la sconfitta dell’IS, a questo punto, non si può immaginare che le cose torneranno al punto di partenza. La sconfitta del Califfato segnerà un cambiamento epocale non solo per il Medio Oriente, ma su scala molto più vasta.

L’audacia di Putin, seppure molto calibrata, ha però i suoi risvolti. Fino a che punto gli americani sono disposti ad accettare una nuova sconfitta? E’ vero che l’imperialismo è una tigre di carta, ma sul piano tattico è pericoloso e potrebbe scatenare una guerra di vaste proporzioni in Medio Oriente. Prepariamoci alla nuova fase.

Aginform

10 ottobre 2015

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