“Perchè l’Unione Europea rimane in piedi”

Nel valutare gli obiettivi dei 27 governi riunitisi a Roma per il 60° dell’UE dobbiamo prescindere, ovviamente, dalla retorica delle celebrazioni, che peraltro sembravano piuttosto un funerale, e capire gli obiettivi che i protagonisti dell’evento si sono proposti.

 

 

Perchè l’Unione Europea rimane in piedi

 

Nel valutare gli obiettivi dei 27 governi riunitisi a Roma per il 60° dell’UE dobbiamo prescindere, ovviamente, dalla retorica delle celebrazioni, che peraltro sembravano piuttosto un funerale, e capire gli obiettivi che i protagonisti dell’evento si sono proposti.

E’ il caso di farsi questa domanda perchè a Roma è mancato, aldilà delle parole, un disegno strategico di rilancio che fosse in grado di giustificare il mantenimento di un’Unione Europea che fa acqua da tutte le parti con l’uscita della GB, con la crescita di forze politiche che minacciano la leadership degli europeisti, con un discredito di massa tra le popolazioni e soprattutto con un’America molto poco solidale. Eppure il gruppo europeista, anche se malconcio, per ora ha raccolto la sfida e per due motivi, uno tutto europeo e un altro legato alla strategia internazionale dei globalisti di cui Obama si è fatto portatore e che cerca di risalire la china dopo la vittoria di Trump.

La questione del futuro dell’Europa rimane al centro della situazione ma per decidere in che direzione andare bisogna sciogliere molti nodi ed è per questo che a Roma non si è potuto nè voluto andare oltre le parole di circostanza. Per questo si sta anche prendendo tempo per verificare se ci sono le forze e la compattezza per rilanciare un’Europa che deve decidere se, dopo la Brexit, può diventare una potenza continentale che esordisca in questa nuova veste, molto svincolata dalla tutela americana, antagonista alla Russia, che viene percepita come nemico, senza la GB come spina nel fianco, e con un impegno militare a vasto raggio seppure subalterno.

Questa Europa che si vuole rafforzare come polo imperialista non sarà la nuova culla della libertà e dei diritti sociali, ma tutt’altro. E vediamo perchè.

Sul terreno economico, con l’acutizzarsi dello scontro tra le grandi aree, il capitalismo europeo dovrà accelerare i suoi progetti di tenuta e rilancio riversandone sul piano sociale tutte le conseguenze, anche se la nuova Europa continentale per attutire l’urto delle sue scelte cercherà di darsi una ‘sensibilità sociale’. Essa deve poi anche tutelarsi nei confronti della Russia perchè in una fase di crisi con gli USA l’allentarsi delle tutele americane può scatenare movimenti centrifughi che rovescerebbero i rapporti di forza nel continente. Una Russia troppo forte e attrattiva diventa quindi un nemico con cui non ci si può permettere di allentare la tensione. Infine, lo scacchiere mediorentale non offre a questa Europa la speranza di inserirsi in un gioco dominato da altri. Bisognerà perciò insistere, con le guerre, per conquistarsi un posto al sole. Più difficile diventa, in questo contesto, la possibilità che un recupero di Obama riesca, almeno a breve, a modificare la situazione, anche se la campagna anti Trump sta assumendo toni isterici.

Per opporci alla nuova fase dell’imperialismo continentale bisognerà perciò affrontare uno scontro molto duro, sia con le lotte sociali che con un serio movimento anti UE che abbia connotati antimperialisti. Ci sono però precise ragioni sociali e di indirizzo culturale che impediscono in tempi brevi una svolta che rimuova una manifesta condizione di inadeguatezza. Con questo dobbiamo fare innanzitutto i conti se non vogliamo che altre svolte, ancora più drammatiche, prendano il sopravvento.

Aginform
30 marzo 2017

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