“17 febbraio, la sinistra imperialista infatuata dei curdi”

Sabato 17 febbraio si presenta in piazza a Roma, con la manifestazione nazionale dei curdi, un condensato di tutta l’ipocrisia, l’idiozia e la malafede con cui da sinistra, con poche eccezioni, sono state accompagnate negli ultimi decenni le guerre scatenate dall’imperialismo USA e dai suoi interessati reggicoda europei. Intanto da sette anni la Siria è dilaniata da una guerra atroce e nessuna mobilitazione significativa a sostegno del legittimo governo di Damasco.

 

17 febbraio, la sinistra imperialista infatuata dei curdi

 

Sabato 17 febbraio si presenta in piazza a Roma, con la manifestazione nazionale dei curdi, un condensato di tutta l’ipocrisia, l’idiozia e la malafede con cui da sinistra, con poche eccezioni, sono state accompagnate negli ultimi decenni le guerre scatenate dall’imperialismo USA e dai suoi interessati reggicoda europei.

Da sette anni ormai la Siria è dilaniata da una guerra atroce. Si è vista forse una sola mobilitazione significativa a sostegno del legittimo governo di Damasco? No? Ah già, ma quella in Siria viene correntemente chiamata “guerra civile” e Assad è il tiranno sanguinario!

Con la Libia e Gheddafi lo schemino della ‘rivolta popolare’ contro il tiranno ha funzionato bene, sia pure con l’aiutino di diecimila missioni aeree di bombardamento NATO in partenza dall’Italia. In Ucraina è stato ancora più facile: per portare i nazisti al potere sono bastati un buon flusso di dollari e l’uso sapiente di mercenari e cecchini. In Siria no!

La Siria ha resistito con le sue forze e la sua storia e anche con la possibilità, dopo quattro anni e mezzo di guerra, di chiamare a soccorso i russi, cosa che per fermare gli assassini NATO la Jugoslavia di Milosevic non aveva potuto fare quando a Mosca regnava Eltsin pupazzo degli occidentali.

La Siria ha resistito, vanificando l’utilizzo degli eserciti mercenari messi in piedi e armati dagli USA con i loro alleati regionali – Turchia, Arabia Saudita – più Francia e Gran Bretagna.

Sarebbe il caso di scendere in piazza per festeggiare la resistenza e onorare i caduti, come è stato fatto recentemente ad Aleppo. En passant si potrebbe esigere che la UE (e magari l’Italia per prima) annullino le odiose sanzioni imposte alla Siria fin dal 2011. Soprattutto si potrebbe esigere che l’aggressione imperialista cessi finalmente e i siriani, curdi o non curdi, possano finalmente uscire dall’incubo della guerra e ricostruire la vita e l’economia distrutta.

Questa sarebbe la cosa più importante perchè i fatti di cronaca ci dicono invece che si sta entrando in una nuova fase della guerra. Dopo sette anni!

Ipocrisia, idiozia e malafede dicevamo.

In questi anni infatti a sinistra ci si è ben guardati dall’affrontare la questione dell’imperialismo (che dire per esempio della demonizzazione senza freni della Corea del Nord, eretta a nemico pubblico numero uno?). Siccome però bisognava preservare in qualche modo un’idea romantica e sentimentale della solidarietà internazionale, che magari in un lontano passato era stata anche una cosa seria, si è coltivata l’immagine idilliaca dei curdi, oppressi e privi di un loro stato, che creano nel nord-est della Siria, nel cosiddetto Rojava (l'”Occidente”), un ordinamento sociale democratico e partecipativo. Noi, sia chiaro, non abbiamo niente contro i curdi e i loro esperimenti politico-sociali. Disgusta però l’assenza totale di solidarietà umana e politica per le altre infinite vittime dell’imperialismo – a cominciare dalla Siria, ma la lista è lunga – mentre si manifesta un particolare sentimento di vicinanza con i curdi, i quali però, sarà un caso, per le scelte scellerate dei loro dirigenti, non sono solo vittime dell’aggressione turca ma sono anche parte attiva nella nuova fase dell’intervento imperialista in Siria.

La Turchia di Erdogan non gode di buona stampa in occidente. Chiamare perciò a raccolta contro l’aggressione turca (anche se non è certo una novità in Siria) suona molto democratico e progressista. La parte difficile, su cui non a caso si preferisce glissare, è quella che riguarda gli USA e i piani in atto di spartizione della Siria, e anche la parte che riguarda Israele. Su questo si sorvola.

Fin dal 2011 l’obiettivo dell’imperialismo è stato l’abbattimento del governo siriano e la creazione di una situazione simile a quella attuale della Libia. L’ISIS e le altre formazioni jihadiste sono state create e pesantemente armate per questo scopo, con decine di migliaia di combattenti che affluivano da vari paesi passando dalla Turchia. L’ISIS disponeva di un migliaio di autocisterne per finanziarsi con il petrolio siriano contrabbandandolo in Turchia, ma fino al novembre 2015 gli USA e la loro potentissima “coalizione anti ISIS” hanno evitato di colpirle (“per non fare vittime civili”, come ha avuto la faccia tosta di scrivere il New York Times). Solo l’intervento russo ha posto fine a quella situazione e ha consentito alle forze armate siriane di liberare, in due anni di durissimi combattimenti e a prezzo di perdite enormi, gran parte del territorio nazionale.

Intanto gli USA più che a combattere l’ISIS badavano a stabilire – con l’aiuto dei curdi – loro basi permanenti in Siria e organizzavano i loro ascari battezzandoli Syrian Democratic Forces (SDF). Queste sono le milizie – tanto care a quelli che scendono in piazza il 17 – prevalentemente composte dagli YPG (le Unità di Protezione del Popolo) curdi che, mentre l’esercito siriano era impegnato a combattere l’ISIS a Deir Ezzor, hanno occupato senza colpo ferire per conto USA i maggior pozzi petroliferi siriani, quelli stessi da cui attingeva l’ISIS fino al 2015.

Col pretesto di difendere quelle milizie, gli USA hanno attaccato dal cielo nei giorni scorsi una formazione lealista siriana causando gravi perdite. Negli stessi giorni, con l’olimpica indifferenza per il diritto internazionale che ormai distingue in permanenza gli USA, il ministro degli esteri nordamericano Tillerson ha annunciato la creazione di una forza militare di 30.000 unità costituita in prevalenza da miliziani curdi, col sostegno di 5.000 soldati americani acquartierati in tre grandi basi nella regione e delle portaerei dal Mediterraneo. La pretesa USA di rimanere indefinitamente in Siria e controllare militarmente un vasto territorio non suscita però lo sdegno dei manifestanti e, a quanto pare, neanche dei curdi siriani, che adesso, stando ad alcune fonti, per bocca di alcuni loro esponenti chiedono l’aiuto di Damasco ma, prima dell’intervento turco e della Free Syrian Army al soldo dei turchi, avevano rifiutato la possibilità che il legittimo esercito della Siria presidiasse il confine.

Si può passar sotto silenzio l’invasione USA della Siria favorita dai curdi? Si può minimizzare il ruolo di Israele con i suoi ripetuti attacchi contro le basi siriane e le sue malcelate simpatie per i curdi e per tutto quello che può contribuire a dividere la Siria, l’Iraq e l’Iran? Si può sostenere che i turchi bombardano Afrin con la complicità della Russia, come affermato nelle prime righe del manifesto di convocazione della manifestazione? Si può partecipare alla demonizzazione dell’Iran, tanto cara a Trump e a Netanyahu? Si può rimanere indifferenti alle minacce di nuovi sfracelli nel Libano?

La manifestazione di sabato – purtroppo – è ancora una volta la spia della mancanza di discernimento e della complicità con l’imperialismo che regna pressochè incontrastata. La impressionante capacità di manipolazione dei mass media asserviti all’imperialismo e dell’ideologia dominante è innegabile, ma non può essere una scusante.

Aginform
16 febbraio 2018

Sharing - Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *