“Oltre il ‘contratto’ gialloverde”

La nascita del governo gialloverde è stato un avvenimento importante che ha scosso l’equilibrio basato sull’egemonia liberal-imperialista e ha dato a milioni di persone la possibilità di riflettere sul ruolo dell’Europa di Bruxelles e sulla necessità di politiche sociali antiliberiste.

Oltre il ‘contratto’ gialloverde
Per la creazione di un fronte politico
che abbia come base
l’indipendenza dell’Italia dai meccanismi
economici e militari UE/NATO

e per realizzare
un programma sociale basato sulla Costituzione

La nascita del governo gialloverde è stato un avvenimento importante che ha scosso l’equilibrio basato sull’egemonia liberal-imperialista e ha dato a milioni di persone la possibilità di riflettere sul ruolo dell’Europa di Bruxelles e sulla necessità di politiche sociali antiliberiste.

   Per questo non solo ci siamo rifiutati di cadere nella trappola democraticista e buonista dell’area PD e dei suoi alleati, che tentano così di ritornare al vecchio ordine, ma anzi abbiamo sollecitato un intervento attivo di coloro che esprimono posizioni finalizzate ad esaltare gli elementi anti-UE e i provvedimenti sociali e di difesa contro la corruzione che erano presenti nel patto di governo.

   Alcuni gruppi si sono mossi in questa direzione, ma in modo troppo debole (e a volte anche equivoco) per produrre un’accelerazione dei processi in corso. Per avanzare in questa direzione si trattava – e si tratta tuttora – di rimuovere il macigno rappresentato dall’ipocrisia insita nella politica del blocco ideologico liberal-imperialista e di recuperare i settori disponibili ai cambiamenti. Questo macigno ha perso credibilità, ma opera ancora come freno a una chiarificazione definitiva sulle forze in campo e sul loro ruolo effettivo.

   Nel frattempo l’evoluzione della situazione – in cui la Lega ha assunto un ruolo di sostanziale stravolgimento dell’indirizzo di governo aprendo la porta alla possibilità di derive autoritarie – pone nuovi problemi che vanno attentamente valutati e da cui si devono trarre le conclusioni necessarie.

   Il movimento 5 Stelle, in questo contesto, si è dovuto muovere in una situazione molto difficile, sotto il ricatto non solo della Lega, ma soprattutto della finanza europea e internazionale, delle organizzazioni padronali italiane e dei sindacati confederali ad esse collegati. Tenendo conto di questo, non possiamo scandalizzarci dei compromessi, ma c’è il rischio che gli elementi essenziali del programma pentastellato e la sua stessa credibilità vengano neutralizzati.

   Dopo circa un anno di governo gialloverde siamo probabilmente a un giro di boa dove i parametri su cui la situazione si è mossa finora possono essere rapidamente cambiati e gli elementi di novità possono essere schiacciati da nuove ipotesi politiche. Per questo, se ci siamo spesi in questi mesi in una battaglia contro il ritorno dell’egemonia del PD e dei suoi vassalli di ‘sinistra’ e per spingere sugli obiettivi che ci sono sembrati interessanti, tanto più ora riteniamo necessario unire le forze per combattere un’altra importante battaglia di orientamento e di azione politica.

   Senza ambiguità e improvvisazioni e senza farsi illusioni sulla rapidità di un nuovo processo di aggregazione politica, è necessario però che ci si muova nella direzione giusta, con serietà, e soprattutto fuori dalle logiche a cui la demagogia delle mosche cocchiere ci ha abituati.

   La richiesta di un nuovo movimento politico che intervenga con forza, aldilà dei risultati immediati e senza strumentalizzazioni elettoralistiche, non è una velleità, ma una necessità oggettiva di cui dobbiamo discutere e farci carico, soprattutto perchè il nuovo e negativo ruolo della Lega salviniana – un misto di nordismo corporativo e di richiami al partito dell’ordine, che mantiene comunque aperta la polemica con l’UE – e le incertezze, peraltro inevitabili, del movimento 5 Stelle, non ci consentono di essere spettatori. Nè ci attrae l’idea di ritornare ai vecchi riti di una sinistra movimentista che ha dimostrato la sua inconsistenza e la sua subalternità all’area liberal-imperialista.

   Dunque non vogliamo mettere le braghe al mondo, ma raccogliere un’esigenza a cui finora non è stata data risposta. Un’esigenza che in questo momento può anche essere di minoranza, ma non intende essere certamente minoritaria.

   1. Intanto sul ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo a partire dalle relazioni con l’UE.

   Su questo punto dobbiamo evitare ogni ambiguità, comprese quelle che si accompagnano a un uso disinvolto ormai invalso del termine ‘sovranista’, e affermare chiaramente la necessità che il nostro paese esca dalla gabbia imposta dai trattati di Bruxelles e dai rapporti con la NATO che ne è il garante militare. Questa gabbia e questi rapporti sono basati su una concertazione economica e militare che fa dell’Unione Europea un centro importante della globalizzazione imperialista.

   Questa collocazione dell’Italia si ripercuote anche contro vasti settori della società in termini di restringimento dell’area produttiva, di livelli di vita, di uso dell’immigrazione per ridurre i salari, di endemica disoccupazione, di crisi di prospettive e di valori.

   Non solo, ma la questione dell’Italia è anche di blocco delle relazioni internazionali in un momento in cui si presentano opportunità di ampi rapporti economici, in particolare con la Russia e con la Cina. Inoltre, il ruolo neocoloniale del nostro paese ci rende complici delle guerre in atto, ci preclude lo sviluppo pacifico delle relazioni, a partire dal Mediterraneo, e ci impone la condivisione di embarghi e guerre economiche che vanno contro gli interessi del popolo italiano.

   Riconquista dell’indipendenza significa dunque, per noi, uscire da questi vincoli e ricomporre le relazioni, in Europa e nel mondo, su basi completamente diverse da quelle attuali. Arrivare a questo risultato, sappiamo, non è cosa che si possa limitare a qualche slogan. Ci sono forze potenti che agiscono contro ogni tentativo di cambiamento (e lo si è visto col trattamento fatto al governo gialloverde) e quindi la strada è in salita. Per questo abbiamo visto, dopo le elezioni del marzo 2018, una possibilità – peraltro duramente contrastata anche dalla sinistra imperialista – di aprire contraddizioni nuove nel blocco liberal-imperialista europeo nelle sue varie articolazioni.

   2. Esiste una questione geopolitica per l’Italia, ma anche una questione economica e sociale aperta.

   I processi di globalizzazione e la politica dell’UE hanno determinato una situazione di grave tensione sociale, anche se i lavoratori purtroppo in questi anni non hanno avuto la possibilità di difendersi adeguatamente a causa della disoccupazione diffusa, del precariato, dell’uso di manodopera straniera per abbassare i salari, della delocalizzazione delle attività produttive e per il collaborazionismo delle confederazioni sindacali che, col consenso dei padroni, si sono riservate il monopolio della contrattazione.

   L’indirizzo di sfrenato liberismo adottato dai governi liberal-imperialisti, accompagnato alla nuova fase di riorganizzazione tecnologica, ha determinato un vasto sviluppo di pauperizzazione e di emarginazione di milioni di italiani e una forte riduzione del tessuto produttivo. Questo impone la definizione di una prospettiva che inverta la tendenza in atto e ciò non si può realizzare con un mercato affidato alla globalizzazione liberista e al dirigismo imperialista dell’UE; c’è bisogno che lo Stato sia consapevole del ruolo sociale che l’economia deve avere secondo i dettami costituzionali. L’economia non come sfruttamento, ma come crescita a servizio della collettività. Non siamo per uno stato corporativo, ma per il rispetto di un quadro di relazioni sociali incompatibile con l’attuale liberismo.

   Da questo punto di vista la Costituzione del 1948 – mai applicata dai governi di destra, di centro e di ‘sinistra’ – può diventare il riferimento unitario per chi vuol cambiare veramente le cose.

  

La nostra proposta dunque è di organizzare un fronte politico che abbia come obiettivi principali:

 

– la lotta all’UE e alle sue attuali articolazioni per riorganizzare i rapporti tra i paesi europei su un piano di autonomia nazionale;

– la riacquisizione della piena indipendenza dell’Italia nelle relazioni internazionali, contro ogni forma di embargo e di guerra ‘umanitaria’ e la messa in stato di accusa di coloro che hanno ripetutamente violato l’art.11 della Costituzione;

– la definizione dei compiti dello Stato nella direzione dell’economia, in modo che essa rispetti il dettame costituzionale che ne dispone le caratteristiche sociali;

– l’obbligo per la Repubblica italiana di soddisfare i diritti sociali dei cittadini.

 

Per costruire il Fronte politico costituzionale bisogna definire anche gli strumenti di lavoro e di organizzazione per uscire dalla retorica. Queste le proposte operative:

 

– costituzione di un comitato scientifico che orienti i cittadini sulle questioni economiche, denunci la criminalità delle istituzioni finanziarie internazionali, recuperi una progettualità a misura delle esigenze della popolazione;

– strutturazione di un movimento di massa contro le guerre e per relazioni pacifiche tra le nazioni;

– costruzione di comitati locali di appoggio all’attuazione piena della Costituzione con articolazioni nei posti di lavoro (delegati dei lavoratori) e sul territorio (comitati di difesa del cittadino).

 

Su questo vogliamo che si apra una discussione che vada in profondità e misuri la disponibilità di ciascuno.

Roberto Gabriele
Alessandro Leoni
Paolo Pioppi
Elio Trocini

 

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